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GASCROMATOGRAFIA (CAS-3c) L.S. in Scienze e tecnologie alimentari

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Presentazione sul tema: "GASCROMATOGRAFIA (CAS-3c) L.S. in Scienze e tecnologie alimentari"— Transcript della presentazione:

1 GASCROMATOGRAFIA (CAS-3c) L.S. in Scienze e tecnologie alimentari
Anno Accademico 2008/2009 Corso integrato: Controllo delle modificazioni chimiche negli alimenti (7 CFU) Modulo: Chimica analitica strumentale (4 CFU) Giorgio Bonaga GASCROMATOGRAFIA (CAS-3c) Giorgio Bonaga

2 5) INIETTORI PER GC Per campioni liquidi o soluzioni si utilizzano apposite siringhe della capacità di 1-5 ml (colonne impaccate) e di 1 ml (colonne capillari). Per campioni gassosi si utilizzano siringhe da gas, con pistoni a tenuta e iniettori a valvola rotante con “loop” di riempimento (come nella LC), della capacità di ml. La siringa depone la soluzione in dispositivi detti iniettori (“injector”), la cui geometria e le cui specifiche tecniche ed operative dipendono essenzialmente dal fatto che si operi con colonne impaccate o con colonne capillari. Giorgio Bonaga

3 COLONNE IMPACCATE Il campione viene introdotto nell’iniettore (packed column injector) con una microsiringa che perfora un setto siliconico (septum). Il gas di trasporto (carrier gas), al flusso di esercizio (flow rate), lambisce il setto per eliminare (septum purge) le sostanze che, alla temperatura dell’iniettore (heating block), potrebbero trasferirsi all’interno della colonna e contaminare il campione. Nel cilindro di vetro (glass liner) che lo accoglie, il campione vaporizza. Il gas di trasporto “spinge” le molecole vaporizzate di solvente e di soluto (nella gascromatografia la fase mobile non partecipa al processo di partizione) all’interno della colonna, nelle quantità esattamente corrispondenti a quelle presenti nel volume di soluzione iniettato. Giorgio Bonaga 3

4 camera di vaporizzazione
setto septum riscaldatore heating block ghiera septum cap parete del forno oven wall guarnizione gasket pulizia setto septum purge camera di vaporizzazione glass liner gas di trasporto carrier gas inlet Giorgio Bonaga 4

5 COLONNE CAPILLARI Il campione viene introdotto nell’iniettore (capillary column injector) con una microsiringa, il cui ago perfora un setto siliconico (nella modalità split/splitless) o viene accolto nel canale dell’ago della valvola di introduzione (nella modalità on-column). In considerazione delle specifiche delle colonne capillari (diametro interno, lunghezza, spessore del liquido di partizione, tipologia del supporto) e delle caratteristiche chimico-fisiche della soluzione iniettata, con le colonne capillari si può operare in tre modi: modalità “split” (= con divisione) modalità “splitless” (= senza divisione) modalità “on-column” (= in colonna) Giorgio Bonaga 5

6 Capillary Column Injector - Split mode
Giorgio Bonaga Capillary Column Injector - Split mode Il campione è iniettato in una camera di vaporizzazione di vetro (glass liner) nella quale volatilizza rapidamente. Il flusso di gas è relativamente elevato e segue 3 vie: una parte (purge line) lambisce e pulisce il setto siliconico, una parte (sample line) trasporta i vapori di campione nella colonna e una parte (split line) trasporta i vapori di campione all’uscita del separatore (splitter), regolato da una valvola a spillo (split valve). Il rapporto tra il flusso del separatore (split flow) e il flusso della colonna (column flow) si chiama “rapporto di splittaggio” (split ratio) ed è quello che, regolato dalla split valve, determina la quantità di campione che effettivamente entra nella colonna cromatografica. Esempi split flow = 50 ml/min column flow = 2 ml/min split ratio = 2:50 = 1:25 (solo 1/25 del campione iniettato entra in colonna) split flow = 500 ml/min column flow = 0,5 ml/min split ratio = 0,5:500 = 1:1000 (solo 1/1000 del campione iniettato entra in colonna) 6

7 produce picchi normalmente di ottima forma;
Lo split mode: è semplice; è applicabile a campioni con un ampio intervallo di concentrazioni dei soluti, ma non a bassa concentrazione; produce picchi normalmente di ottima forma; tende a penalizzare i soluti con punti di ebollizione più elevati, a causa della non linearità del processo di splittaggio (ovvero lo split ratio, in realtà, non è costante per tutti i componenti e l’iniettore opera una sorta di “distillazione frazionata” che rende poco attendibile la valutazione quantitativa dei soluti); non è facile conoscere il valore reale dello split ratio perché dipende da numerosi parametri: volume iniettato, quantità di soluto, temperatura dell’iniettore, densità del gas di trasporto, densità del solvente, densità del soluto, ecc.; per le considerazioni precedenti è particolarmente idoneo all’analisi di miscele di soluti con un intervallo ridotto di volatilità (“spazi di testa”), operando in condizioni isoterme e ad elevate temperature del forno. Giorgio Bonaga 7

8 1 3 [7] [1] 2 carrier gas inlet split valve open purge line split line
sample line 2 Giorgio Bonaga 8

9 SPLIT POINT 25-1000 1 SPLIT RATIO: 1:25-1:1000
column flow: 0,5-2,0 ml/min split flow: ml/min 1 9

10 Capillary Column Injector - Splitless mode
Giorgio Bonaga Capillary Column Injector - Splitless mode Il campione è iniettato in una appropriata camera di vaporizzazione di vetro (glass liner) con la valvola dello splitter chiusa. Il processo di volatilizzazione del campione, dunque, è progressivo dal punto di iniezione in poi e il trasferimento verso la colonna dei soluti volatilizzati non solo è lento, ma avviene con una miscelazione solvente/soluti. Dopo un certo tempo (splitless period), durante il quale rimane aperta solo la purge line, la split line viene riaperta sia per splittare una parte dei soluti che per fare fluire velocemente l’altra parte verso la colonna. Per limitare al massimo la perdita di componenti del campione per condensazione sulla parte superiore dell’iniettore, la temperatura viene mantenuta costante dal setto in giù grazie ad un riscaldatore supplementare. Dato il maggior tempo di permanenza del campione nella camera di vaporizzazione, la temperatura dell’iniettore in splitless mode (circa 280°C) è inferiore a quella utilizzata in split mode ed anche il flusso del gas di trasporto è inferiore. Durante l’iniezione la temperatura del forno, invece, deve essere tenuta a valori bassi per facilitare l’intrappolamento freddo (“cold trapping”) dei componenti volatili del campione all’entrata della colonna ed anche per sfruttare l’effetto solvente 10

11 ha maggiore sensibilità e precisione rispetto lo split mode;
(“solvent effect”), cioè un aumento di concentrazione di soluti per condensazione del solvente, se la temperatura iniziale del forno viene selezionata a 10-20°C sotto il punto di ebollizione del solvente. Tutta l’efficienza dello splitless mode dipende comunque dalla scelta del flusso del gas di trasporto e dalla durata dello splitless period (cioè il tempo di chiusura della split valve). Normalmente per un flusso di 2-4 ml/minuto lo splitless period è compreso tra 50 e 90 secondi (per soluti ben separati può essere più lungo). Lo splitless mode: ha maggiore sensibilità e precisione rispetto lo split mode; è applicabile a campioni a bassa concentrazione di soluti perché si possono iniettare volumi elevati di campione (> 5 ml); è applicabile a matrici così dette “sporche”, cioè non precedentemente purificate per via preparativa; è particolarmente idoneo all’analisi di miscele di soluti basso-bollenti, cioè con tempi di ritenzione molto simili a quello del solvente, per fare in modo che il picco del solvente sia molto stretto e non presenti asimmetria “tailing” (scodamento). Giorgio Bonaga 11

12 1 2 3 carrier gas split period (50-90 s) split valve split valve open
purge line 1 carrier gas split line 2 split period (50-90 s) split valve closed split valve open column line 3 Giorgio Bonaga 12

13 miscela generica di composti basso-bollenti
solvente solvente split mode splitless mode Giorgio Bonaga 13

14 Capillary Column Injector - On-column mode
La disponibilità di siringhe capaci di iniettare anche frazioni di ml (0,2-0,3) ha contribuito alla diffusione di iniettori per capillari che introducono il campione direttamente nella colonna. Gli iniettori “on-column” non prevedono un setto, ma una valvola di introduzione manuale (a rotazione) che accoglie l’ago della siringa in un canale dell’ago. La valvola viene aperta prima dell’introduzione della siringa e richiusa subito dopo la sua estrazione. La miscela di soluti entra nella glass liner con l’iniettore mantenuto a temperatura ambiente da un flusso di aria fredda; solo successivamente si opera il riscaldamento dell’iniettore per ottenere l’evaporazione del solvente e la vaporizzazione dei componenti del campione, che vengono trasportati dal gas dentro la colonna. Il programma termico del forno ideale è di tipo balistico. La modalità on-column è utile nell’analisi di sostanze termolabili in soluzioni diluite, ma è anche la modalità che non discriminando in alcun modo i soluti fornisce l’analisi quantitativa più attendibile. Giorgio Bonaga 14

15 Giorgio Bonaga 15

16 6) RIVELATORI PER GC segnale integrale segnale differenziale
GENERALITA’ I rivelatori (detector) GC forniscono un segnale di tipo integrale o di tipo differenziale. segnale integrale (distanza D proporzionale alla massa del soluto eluito nell’intervallo t4-t3) D segnale differenziale (area A proporzionale alla massa del soluto eluito nell’intervallo t4-t3) A t1t2 t t4 Giorgio Bonaga 16

17 RIVELATORI DIFFERENZIALI
Il segnale integrale produce un cromatogramma cumulativo, rappresentato da una serie di rampe a cui corrispondono i soluti separati dalla colonna, con un ordine che corrisponde al loro ordine di eluizione. Il segnale differenziale produce un cromatogramma rappresentato da una serie di picchi a cui corrispondono i soluti separati dalla colonna, con un ordine che corrisponde al loro ordine di eluizione. RIVELATORI DIFFERENZIALI Sono i più diffusi perché consentono la valutazione diretta della quantità di sostanza rilevata. Sono classificati: 1. rivelatori con risposta in funzione della concentrazione del soluto (TCD) 2. rivelatori con risposta in funzione della massa del soluto (FID, ECD, NPD) Giorgio Bonaga 17

18 L’area A del picco è data dall’integrale:
1. La risposta R di un rivelatore differenziale sensibile alla concentrazione del soluto è un picco gascromatografico la cui area A è proporzionale alla concentrazione del soluto rivelato. A R t t2 Dt L’area A del picco è data dall’integrale: in cui: R = k . C (funzione della concentrazione) dove: k = costante di proporzionalità tipica del rivelatore C = concentrazione del soluto rivelato Pertanto: Giorgio Bonaga 18

19 da cui: Conoscendo la dipendenza della concentrazione rispetto il tempo, si può integrare l’equazione. Se, in altre parole, consideriamo il picco come una gaussiana perfetta l’equazione può essere risolta tenendo conto che: C = costante = massa/volume (m/V) Infatti: Essendo: V = F . t con : F = flusso del carrier gas t = tempo si ottiene: ovvero: In conclusione l’area del picco è inversamente proporzionale al flusso del carrier gas. Giorgio Bonaga 19

20 L’area A del picco è data dall’integrale:
2. La risposta R di un rivelatore differenziale sensibile alla massa del soluto è un picco gascromatografico la cui area A è proporzionale al flusso di massa del soluto rivelato. A R t t2 Dt L’area A del picco è data dall’integrale: in cui: R = k . Y (funzione della massa) dove: k = costante di proporzionalità tipica del rivelatore Y = flusso di massa del soluto rivelato essendo: Y Giorgio Bonaga 20

21 RANGE DINAMICO LINEARE
si ottiene: da cui: A = k . m In definitiva l’area del picco è proporzionale al flusso di massa del soluto, indipendentemente dal flusso del carrier gas. RANGE DINAMICO LINEARE Dalla espressione: R è ragionevole porsi una domanda: per quale intervallo di massa è valida ? Questo intervallo, detto range dinamico lineare, esprime la linearità della risposta del rivelatore in funzione della variazione di quantità di soluto introdotto (a flusso costante di carrier gas) ed è una delle specifiche tecniche più importanti dei rivelatori GC perché correla l’attendibilità della risposta del rivelatore ad un intervallo di concentrazione dei soluti.. Diagrammando la forma logaritmica dell’espressione si ottiene un andamento lineare con pendenza unitaria (bisettrice) e con intercetta pari a log K. Giorgio Bonaga 21

22 b = 107 a c = 1,5 . 102 b c b Risposta del FID logk a massa di soluto
Giorgio Bonaga c 108 b 107 106 105 104 b = 107 a Risposta del FID 103 c = 1, b 102 101 logk a 100 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 1010 1011 1012 massa di soluto Range dinamico lineare di un FID in funzione della massa del soluto 22

23 Il rivelatore ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
selettività: fornire un segnale soltanto per una classe di soluti (l’opposto del “rivelatore universale”); sensibilità: fornire un segnale (signal), anche per “ultra” subtracce di soluto (10-15g = 1 fg); basso rumore di fondo: in assenza di soluto il rumore (noise) dev’essere minimo, in modo da ottimizzare il rapporto signal/noise (S/N); risposta elevata: un elevato rapporto signal/noise (LOD e LOQ); range dinamico lineare ampio: la dipendenza della risposta dalla concentrazione o dalla massa è lineare per ampi intervalli di concentrazione o di massa; stabilità: fornire prestazioni costanti nel tempo. Giorgio Bonaga 23

24 LOD = lowest (amount) detectable
È la quantità di soluto che produce un segnale pari a 5 volte (per alcuni autori 2) la deviazione standard (SD) del rumore di fondo, per un mol wt pari a 200 e iniettando 10 ml. 5 segnale analita SD rumore di fondo rumore di fondo Giorgio Bonaga 24

25 FLAME IONIZATION DETECTOR (FID)
Il rivelatore a ionizzazione di fiamma si basa sul principio che una fiamma prodotta dal giusto rapporto combustibile (H2)/comburente (aria o O2) pirolizza le molecole organiche producendo ioni ed elettroni che possono condurre l’elettricità attraverso la fiamma. I due elettrodi collegati al circuito di misura sono l’ugello stesso della fiamma (anodo +) e il cilindro metallico che lo circonda (catodo -). Tra gli elettrodi è applicata una d.d.p. di circa 300 volt. Se dalla colonna arriva soltanto il carrier gas (inerte), la fiamma produce prevalentemente i radicali liberi dell’acqua: 2H2 + O H2O 3H OH + .O Se il carrier gas trasporta dei soluti organici la fiamma provoca la loro combustione finale a CO2 e H2O, ma la pirolisi intermedia dei soluti organici forma i radicali R. e HC.. Questi ultimi reagiscono con i radicali .O presenti nella fiamma, secondo la reazione: HC. + .O HCO+ + e- Giorgio Bonaga 25

26 La formazione di ioni positivi e di elettroni produce la loro migrazione rispettivamente verso il catodo e verso l’anodo, con produzione di un flusso di cariche, cioè di una corrente elettrica capace di fornire un segnale. La risposta del FID non dipende dalla concentrazione del soluto, ma dal numero di atomi di carbonio presenti nella molecola. CHO+ CHO+ innesco fiamma ddp = 300 volt + entrata aria entrata H2 segnale Giorgio Bonaga 26

27 ANALISI DI UN DIESEL (RIVELATORE FID) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14
15 16 1 C10 2 C11 3 C12 4 C13 5 C14 7 C16 8 C17 9 C18 10 C20 11 C21 12 C22 13 C23 14 C24 15 C25 16 C26 Giorgio Bonaga

28 CARATTERISTICHE DEL FID
selettività: universale (composti organici) sensibilità: g = 1 pg (risposta proporzionale al numero di C) range dinamico: 107 stabilità: elevata modalità: distruttiva gas di trasporto: N2 , He temperatura limite: < 400°C esigenze: carrier gas puri e flusso costante I limiti del FID sono la sua scarsa sensibilità verso i gruppi funzionali C=O, -NH2, -OH e l’impossibilità di ottenere il segnale elettrico dalle molecole che non possono essere carbonizzate (He, Ne, Ar, Kr, Xe, O2, N2, H2O, CS2, H2S, SO2, NO, N2O, NO2, NH3, CO, CO2, SiCl4, SiF4). FLUSSI IMPACCATE CAPILLARI carrier gas ml/min ml/min idrogeno 30 ml/min ml/min aria 600 ml/min 350 ml/min Giorgio Bonaga 28

29 THERMAL CONDUCTIVITY DETECTOR (TCD)
Il rivelatore a conducibilità termica (detto in passato catarometro) si basa sul principio che un gas, fluendo su un filamento riscaldato, ne abbassa la temperatura rimuovendo parte del calore. La quantità di calore rimosso dipende dal flusso e dalla conducibilità termica del gas che fluisce. In una miscela di gas, pertanto, dipende dalla conducibilità termica di ogni componente (soluti, solvente, gas di trasporto) e dalla pressione parziale di ciascuno di essi. Il corpo del TCD a doppia cella è un blocco metallico di massa ed inerzia termica elevate nel quale sono ricavate due celle. Esso è termostatato ad una temperatura di circa 50°C superiore a quella massima della colonna, in modo da evitare fenomeni di condensazione. Sia nella cella di riferimento che nella cella di misura è alloggiato un filamento di tungsteno (o di leghe tungsteno/renio) riscaldato elettricamente. Il carrier gas attraversa sia la cella di riferimento che la cella di misura, mentre l’effluente dalla colonna (carrier gas, solventi e soluti) attraversa soltanto la cella di misura. Giorgio Bonaga

30 zoccolo ceramico filamenti cella di misura cella di riferimento
Giorgio Bonaga

31 La resistenza R (in ohm) del filamento varia in funzione della temperatura
L’alimentatore elettrico porta la temperatura del filamento da T0 a T1 e, al passaggio del carrier gas, che è alla temperatura T0 , si ha un trasferimento di calore per conduzione e per irraggiamento dal filamento (che ritorna a T0) alle molecole del carrier gas (che salgono a T1), ma anche per convezione tra le molecole. Il blocco metallico è costruito in modo che il filamento trasferisca il calore al gas quasi esclusivamente per conduzione (90%). R1 = R0 [1+0,04 . (T1-T0)] T1 T0 T0 irraggiamento T0 T1 convezione conduzione (90%) Giorgio Bonaga 31

32 conducibilità termica (l)
Se il flusso di gas è costante la temperatura del filamento si porta ad un valore di equilibrio (ovviamente dipendente dal valore del flusso) e se la temperatura è costante anche la resistenza elettrica R è costante. Quando il carrier gas trasporta sul filamento un soluto volatilizzato del campione, in teoria ci potrà essere un minore o maggiore trasferimento di calore in funzione del fatto che il soluto abbia rispettivamente una minore o una maggiore conducibilità termica rispetto il carrier gas. In realtà i gas di trasporto impiegati nel TCD sono quelli a più elevata conducibilità termica (H2 e He, quest’ultimo preferito per problemi di sicurezza e di minore reattività con i soluti) in modo che la presenza di soluti produca un abbassamento della conducibilità termica del carrier gas. Questo effetto produce un aumento di temperatura del filamento che determina un aumento della sua resistenza R, ovvero una diminuzione dell’intensità I della corrente. conducibilità termica (l) (W/cm°K) H2 = 18, He = 15, N2 = 2, Ar = 1, Giorgio Bonaga 32

33 l = 10 x 15,2 . 10-4 watt/cm°K l = 5 x 15,2 . 10-4 watt/cm°K
1, l = 5 x 15, watt/cm°K 7, Giorgio Bonaga 33

34 Le variazioni di conducibilità si misurano indirettamente con il ponte di Wheatstone, un circuito a sei lati e quattro nodi idoneo alla misura di precisione delle resistenze medie. Dei sei lati, uno è costituito dalla resistenza incognita RX, tre da altrettante resistenze di precisione tarate, di cui almeno una variabile, mentre le altre due sono rappresentate da un galvanometro G (sulla diagonale di rivelazione) e da un generatore V costituito da una pila o da un accumulatore (sulla diagonale di alimentazione). In un circuito di questo tipo risultano determinati a priori, in base alla polarità della pila, i versi delle correnti nella diagonale di alimentazione e nei quattro lati del quadrilatero,, mentre la corrente nella diagonale di rivelazione può assumere l'uno o l'altro dei due versi oppure annullarsi, a seconda che il potenziale elettrico in B risulti maggiore, minore o eguale a quello in D. Se B = D, il galvanometro G non rileverà alcuna deviazione perché il ponte si trova nella condizione di equilibrio. Nelle condizioni di equilibrio del ponte valgono le seguenti relazioni: IG = 0 ; I1 = I4 ; I2 = I3 ; VB = VD Poiché in tali condizioni i punti B e D vengono a trovarsi allo stesso potenziale, la caduta di tensione che si ha nella resistenza R1 eguaglia esattamente la caduta che si ha nella resistenza R2, e risulta quindi: R1 . I1 = R2 . I2 e RX·I4 = R3 . I3 Giorgio Bonaga 34

35 Dal rapporto tra queste 2 relazioni, ricordando le eguaglianze I1=I4 e I2= I3, si ottiene la condizione di equilibrio del ponte: da cui: Il procedimento per la misura della resistenza incognita si riduce pertanto a variare almeno una delle tre resistenze fino a realizzare la condizione di equilibrio del ponte, la quale è raggiunta quando si osserva che aprendo e chiudendo il tasto TG del galvanometro, questo rimane immobile. Poiché la misura si effettua regolando il ponte in modo da annullare la corrente che attraversa il galvanometro, si dice che il procedimento in questione è un metodo di riduzione a zero. Le due resistenze R1 ed R2 di cui interessa sostanzialmente il solo rapporto vengono indicate col nome di lati di proporzione del ponte, mentre la resistenza R3 viene considerata come lato di paragone. R1 RX R2 R3 = R1 R2 RX () = . RX = Giorgio Bonaga Giorgio Bonaga 35

36 dove: V = tensione (in volt) I = intensità della corrente (in ampère)
Quando dalla colonna fluisce il solo carrier gas le resistenze ohmiche sono bilanciate e i punti B e D si trovano alla stessa tensione. Il ponte è nella condizione di equlibrio e il galvanometro non produce alcun segnale. da cui: dove: V = tensione (in volt) I = intensità della corrente (in ampère) R = resistenza elettrica (in ohm) Quando dalla colonna fluisce il carrier gas con i soluti, la diminuzione di conducibilità termica del gas dovuta ai soluti produce un aumento della resistenza ohmica e, dunque, lo sbilanciamento del ponte. L’effetto è la produzione di un segnale elettrico tra B e D, perché ora i due punti hanno tensioni diverse. Questo segnale viene inviato ad un registratore che produce il gascromatogramma differenziale. R = V I V = I . R Giorgio Bonaga Giorgio Bonaga 36

37 PONTE DI WHEATSTONE - - B VB I1 TG I4 RX R1 A C RS IG R3 R2 A I I2 I
diagonale di rivelazione R1 A C RS IG R3 R2 A I I2 I I3 VD - + D V0 TA R0 - + diagonale di alimentazione Giorgio Bonaga 37

38 ANALISI DI UNA MISCELA GASSOSA
(DETECTOR TCD) CO2 t (min) CH4 CO O2 N2 H2 Giorgio Bonaga 38

39 CARATTERISTICHE DEL TCD
selettività: universale sensibilità: g (10 ng) range dinamico: 104 stabilità: buona modalità: non distruttiva gas di trasporto: He temperatura limite: < 450°C esigenze: flusso e temperatura costanti Giorgio Bonaga 39

40 ELECTRON CAPTURE DETECTOR (ECD)
Il rivelatore a cattura di elettroni si basa sulla ionizzazione primaria delle sostanze per emissione di particelle b- (elettroni veloci) da parte di un debole emettitore, come l’isotopo radioattivo 63Ni. Quando nel detector entra solo il carrier gas (ad esempio Ar) avviene la ionizzazione con formazione di un plasma di elettroni e cationi Ar+, a cui segue la loro migrazione (accelerati da un d.d.p. tra gli elettrodi) rispettivamente all’anodo e al catodo. Si genera quindi una corrente elettrica stazionaria all’interno del circuito di misura. ANODO + 63Ni 63 Ni placca di oro d.d.p. 63Ni 63Ni + b Ar e CATODO - Giorgio Bonaga 40

41 Quando nel detector entra il carrier gas con i componenti del campione separati dalla colonna, se i soluti contengono gruppi elettron-attrattori (alogeni, perossidi, chinoni, nitrogruppi, ecc.), avviene il fenomeno inverso, ovvero una ionizzazione secondaria dei gruppi elettron-attrattori in seguito alla cattura di una frazione dei numerosi elettroni presenti nel circuito di misura. La conseguenza è una diminuzione della corrente che è, ovviamente, il segnale rivelatore del soluto. Gli anioni che si formano hanno una mobilità ridotta verso l’anodo (rispetto quella degli elettroni verso lo stesso anodo) e dunque una conducibilità elettrica talmente modesta da non alterare il valore della diminuzione di corrente elettrica dovuta alla cattura degli elettroni. e ANODO + - d.d.p. R-Cl CATODO - Giorgio Bonaga 41

42 L’ECD è costituiito da un corpo con pareti di piombo, non permeabile alle radiazioni b. L’elettrodo centrale cilindrico (anodo +) è circondato da un cilindro cavo la cui parete interna è in parte rivestita da una placca di oro sulla quale è stato elettrodepositato il 63Ni, la parete esterna del rivelatore è l’altro elettrodo (catodo -). Tra i due elettrodi è applicata una d.d.p. che genera una corrente elettrica costante (D.C.). elettrodo centrale (ANODO) + pareti di Pb d.d.p.(D.C.) 63Ni cilindro cavo elettrodo esterno (CATODO) Giorgio Bonaga 42

43 In realtà la ionizzazione e la cattura degli elettroni è un fenomeno più complesso: i prodotti della ionizzazione primaria (Ar+) e della ionizzazione secondaria (gli anioni dei soluti contenenti sostituenti elettron-attrattori, ma che non incidono sul bilancio della corrente elettrica), accelerati dagli impulsi del campo elettrico applicato in modo continuo (DC = direct current), prima di scaricarsi sugli elettrodi, acquistano energia cinetica e producono una serie di collisioni che determinano una ionizzazione terziaria di parte dei soluti eluiti dalla colonna, con produzione di altri ioni positivi ed altri elettroni. Il saldo di tutti questi fenomeni è la diminuzione di corrente elettrica per effetto della ionizzazione secondaria dei soluti, ma anche un aumento di corrente per effetto della ionizzazione terziaria. Per evitare questo scarso rendimento del rivelatore in termine di range dinamico, la soluzione logica è quella di evitare gli effetti della ionizzazione terziaria. Questo obiettivo si raggiunge operando 1) sulla corrente elettrica o 2) sulla composizione del carrier gas. Nel primo caso si tratta di trasformare la corrente continua (DC) - che accelera tutti gli ioni positivi e negativi presenti nel rivelatore - in una corrente pulsata (pulsed current = PC) a modulazione di frequenza. La durata dell’impulso e l’intervallo degli impulsi sono scelti in modo da evitare l’accelerazione verso gli elettrodi di tutti gli ioni prodotti dalla ionizzazione terziaria. Nel secondo caso al carrier si aggiunge una sostanza “pulitrice” (scavenger) che reagisce con gli ioni positivi prodotti dalla ionizzazione terziaria (ad esempio, Ar + 5% di CH4) . 43

44 + + + t 1 ms 1 ms CATODO - CH4 CH4 CH4 scavenger (5% in Ar)
Modulazione di frequenza: durata degli impulsi e intervallo degli impulsi di accelerazione in P.C. + CATODO - + CH4 + CH4 CH4 scavenger (5% in Ar) Effetti dell’uso di uno scavenger sugli ioni positivi accelerati verso il catodo Giorgio Bonaga 44

45 ANALISI DI ACIDI ALO-ACETICI IN ACQUA (RIVELATORE ECD)
CAA = acido cloroacetico BAA = acido bromoacetico DCAA = acido dicloroacetico 2,2-DCPA = acido 2,2-dicloropropanoico TCAA = acido tricloroacetico BCAA = acido bromocloroacetico DBAA = acido dibromoacetico BDCAA = acido bromodicloroacetico CDBAA = acido clorodibromoacetico TBAA = acido tribromoacetico Giorgio Bonaga 45

46 CARATTERISTICHE DELL’ECD
selettività: elevata sensibilità: g = 1 pg range dinamico: 103 stabilità: moderata modalità: non distruttiva gas di trasporto: N2 o Ar (+ 5% CH4) temperatura limite: < 350°C esigenze: carrier gas purissimo Giorgio Bonaga 46

47 NITROGEN PHOSPHORUS DETECTOR (NPD)
Il rivelatore azoto/fosforo, si basa su una ionizzazione di fiamma (tipo FID) in presenza di sali alcalini (silicato di Rb o di Cs). + d.d.p. d.d.p. e T fiamma = costanti Rb e + Rb Rb + - + + e e CN R Giorgio Bonaga 47

48 Nell’NPD, detto anche rivelatore a emissione termoionica (Thermoionic Emission Detector = TED), la fiamma vaporizza e ionizza il Rb del silicato, con formazione di ioni Rb+ ed elettroni. Gli ioni Rb+ migrano verso il catodo, dove si scaricano e riformano il sale, mentre gli elettroni sono attratti dall’anodo. Se la d.d.p. tra i due elettrodi e la temperatura della fiamma sono costanti, si realizza un equilibrio: Rb Rb+ + e- a cui corrisponde una corrente elettrica costante tra i due elettrodi. Quando nel rivelatore entrano i soluti che eluiscono dalla colonna, se alcuni di essi contengono degli atomi di N, di P o di alogeni, vengono decomposti dalla fiamma e formano delle specie radicaliche (CN., .PO2, CX.). Questi radicali reagiscono selettivamente con gli ioni Rb+ presenti nella fiamma, sottraendoli all’equilibrio di ionizzazione del silicato di Rb. Per ripristinare questo equilibrio il sistema ricorre ad un’ulteriore vaporizzazione e ionizzazione del silicato di Rb, con formazione di nuovi elettroni. Il saldo netto di questi processi è, dunque, un aumento della corrente elettrica nel circuito, cioè il segnale che rivela i soluti. Giorgio Bonaga 48

49 L’NPD è sostanzialmente uguale al FID; le uniche varianti sono la presenza di un filamento elettrico riscaldato sul quale è depositata una sferetta di silicato di Rb (o di Cs) e l’elettrodo collettore degli elettroni collocato al di sopra del sale alcalino. elettrodo collettore + silicato di Rb Rb e ddp innesco fiamma entrata aria entrata H2 segnale Giorgio Bonaga 49

50 ANALISI DI RESIDUI DI PESTICIDI NEL PEPERONE
(RIVELATORE NPD) 1. metamidophos (P), 2. acephate (P), 3. omethoate (P, S), 4. diazinon (N, P, S), 5. dimetoate (N,P, S) 6. chlorothalomil (N, Cl), 7. chloropyrifos-methyl (N, P, N), 8. tolchofos-methyl (N, P, S), 9. pirimiphos-methyl (N, P, S), 10. malathion-methyl (P, S), 11. matacarban (N, S), 12. thiabendazole (N, S) 13. triazophos (N, P, S), 14. phosalone (N, P, S), 15. azinphos-methyl (N, P, S) Giorgio Bonaga 50

51 CARATTERISTICHE DELL’NPD
selettività: elevata (sostanze contenenti N, P, X) sensibilità: /-12g = 10 pg (P)/1 pg (N) range dinamico: 104 stabilità: moderata modalità: non distruttiva gas di trasporto: N2 o He temperatura limite: < 350°C esigenze: controllo accurati dei flussi della fiamma Giorgio Bonaga 51

52 FAST–GC E ULTRA FAST-GC
Perché questa ossessione ? Per almeno 3 motivi: riducono drasticamente i tempi dell’analisi hanno un’elevata risoluzione R (compressione dei picchi) forniscono risultati quali-quantitativi molto attendibili consentono analisi di composti presenti in sub-tracce (10-14) Quali colonne impiegano ? GC GC convenzionale fast ultra fast diametro interno (mm) ,25-0, ,10-0, ,05 lunghezza (m) film thickness (mm) ,25-5, ,05-0,4 tempi (minuti) gas di trasporto He, H H2 Giorgio Bonaga 52

53 Quali condizioni strumentali offrono ?
flessibilità verso i detector (FID, TCD, ECD, NPD, MS) purché ad alta velocità di acquisizione (es.: FAST FID) rampe termiche con notevoli incrementi di temperatura (FAST: 120°C/min; ULTRAFAST: 1200°C/min) tempo di raffreddamento da 350 a 50°C in 1 minuto; temperatura accurata (± 0,01°C) flessibilità della temperatura (intervalli di 0,1°C) vita media delle colonne più lunga di oltre 3 volte elemento riscaldante colonna capillare sensore della T fibra ceramica Giorgio Bonaga 53

54 Quali injector impiegano ?
pressioni elevate (quasi 1000 kPa) split ratio elevato (1:1200) riproducibilità dello split ratio possibilità di lavorare in splitless controllo elevato di velocità media lineare (v), pressione (P) e flusso (F) Quali i settori di applicazione ? ambientale alimenti e bevande chimico-farmaceutico ricerca Quali sono i limiti ? strumenti dedicati (injector, oven, detector) Giorgio Bonaga 54

55 3 minuti 30 minuti Ultrafast GC Tradizionale 3 8 7 6 11 1 4 5 13 2 9
Giorgio Bonaga 3 8 1 = C14:0 2 = C15:0 3 = C16:0 4 = C16:1 (w-9) 5 = C17:0 6 = C18:0 7 = C18:1 (w-9) 8 = C18:2 (w-6) 9 = C18:3 (w-3) 10 = C20:0 11 = C20:4 (w-6) 12 = C20:5 (w-3) 13 = C22:6 (w-3) 7 3 minuti 6 Ultrafast GC 11 1 4 5 13 2 9 10 12 , , , , , min 3 30 minuti 1 = C14:0 2 = C15:0 3 = C16:0 4 = C16:1 (w-9) 5 = C17:0 6 = C18:0 7 = C18:1 (w-9) 8 = C18:2 (w-6) 9 = C18:3 (w-3) 10 = C20:0 11 = C20:4 (w-6) 12 = C20:5 (w-3) 13 = C22:6 (w-3) 8 7 Tradizionale unknow 6 11 4 5 12 13 1 2 9 10 min 55

56 FAME dell’olio di oliva
C16:0 C18:1 C18:2 C18:0 C16:1 C18:3 C20:0 C23:0 C24:1 C20:1 C22:0 C17:0 C17:1 C24:0 COLONNA: silice fusa di 5 m x 0,1 mm i.d., MEGAWAX, 0,2 mm f.t. PROGRAMMA TERMICO: da 150°C (10”) a 250°C (20”) con 1,7°C/s Giorgio Bonaga 56

57 ANALISI DEI COSTITUENTI DELL’HASHISH
THC CBD THC i.s. CBN 1’10” COLONNA: silice fusa 5 m x 0,1 mm i.d., RT-X5, 0,1 µm f.t. PROGRAMMA TERMIVO: da 50°C (6”) a 150°C con 10°C/s e da 150°C a 320°C (0,2”) con 6°C/s Giorgio Bonaga

58 ANALISI DI UN LUBRIFICANTE
standard C25 C26 C27 olio lubrificante COLONNA: silice fusa 5 m x 0,32 mm i.d., RTX1 0,25 µm f.t. PROGRAMMA TERMICO: da 40°C (6”) a 370°C (30”) con 5°C/s Giorgio Bonaga

59 ANALISI DI PESTICIDI Giorgio Bonaga

60 2D GC E COMPREHENSIVE GC (GCxGC)
A volte le matrici naturali, di varia complessità, mostrano dei tracciati gascromatografici talmente complicati che diventa necessario un livello molto elevato di efficienza per ottenere la completa risoluzione dei componenti. Di conseguenza, l’impiego di una singola colonna capillare può essere insufficiente. I metodi bidimensionali si stanno diffondendo in tutti i campi (scienze farmacologiche, scienze degli alimenti, scienze biologiche e ambientali, industria petrolifera) perché queste tecniche hanno un potere risolutivo R molto maggiore rispetto la gascromatografia tradizionale. Un sistema GC bidimensionale deve possedere i seguenti requisiti: tutti i componenti presenti in un campione vengono sottoposti a due separazioni basate su criteri di selettività diversi (punto di ebollizione e polarità dei soluti); i composti separati nella prima dimensione non devono riunirsi nella seconda dimensione; i profili di eluizione devono conservarsi in entrambe le dimensioni. Una separazione bidimensionale viene effettuata su due distinte colonne (con diversa selettività) connesse in serie mediante un modulatore di flusso capillare. Giorgio Bonaga 60

61 I modulatori impiegano: jet a gas criogenico (CO2)
La funzione del modulatore di flusso (jet flow modulator o differential flow modulator) è quella di raccogliere le frazioni che eluiscono dalla prima colonna (conventional capillary, 30 m x 0,25 mm i.d., f.t. 0,25 mm, non polare) e trasferirle in una seconda colonna più corta (short narrow bore, 5m x 0,25 mm i.d., f.t. 0,15 mm, polare). I modulatori impiegano: jet a gas criogenico (CO2) flusso differenziale di carrier gas Indipendentemente dal principio su cui si basa il modulatore svolge 3 funzioni: raccoglie una frazione di effluente dalla prima colonna per un tempo uguale alla larghezza del picco, suddiviso in “cut” (ad es: se la larghezza di un picco è di 6”, il modulatore accumula materiale ogni 2-3”, pari a 3-2 cut; compatta il materiale raccolto da ciascun cut in una banda (picco) molto stretta, mediante un gas criogenico o un aumento del flusso; introduce le bande compattate, in sequenza, nella seconda colonna per una nuova separazione degli analiti che costituiscono ciascuna banda. Giorgio Bonaga 61

62 DUAL JET MODULATOR fast detector injector MODULATORE DUAL JET
(sampling rate > 100 Hz) injector MODULATORE DUAL JET (CO2 spray) focalizzazione pulsata ≤ 10 ms e riiniezione prima colonna (non polare) conventional capillary seconda colonna (polare) short narrow bore Giorgio Bonaga 62

63 DIFFERENTIAL FLOW MODULATOR
injector MODULATORE fast detector (sampling rate > 100 Hz) conventional capillary (0,8 ml/min) modulation valve collection channel H2 short narrow bore (20 ml/min) Giorgio Bonaga 63

64 Affinchè la separazione nella prima dimensione venga conservata, una banda introdotta nella seconda colonna deve eluire prima dell’introduzione della banda successiva. In sintesi, tempi di ritenzione secondari devono essere, al massimo, uguali alla durata di un singolo periodo di modulazione. I dati cromatografici bidimensionali possono essere meglio apprezzati se trasformati in un cromatogramma bidimensionale nel quale ad ogni componente corrisponde un picco definito dai due tempi di ritenzione (uno nella coordinata x, l’altro in quella y). Nei diagrammi tridimensionali è invece riportata anche il colore e la dimensione della coordinata z che è correlata alla quantità totale del soluto presente nel campione. Lo spazio bidimensionale può contenere molti più picchi e quindi ha una maggiore capacità rispetto ad un gascromatogramma monodimensionale. La sovrapposizione di due soluti diversi è statisticamente improbabile perché richiederebbe due tempi di eluizione uguali in due colonne aventi fasi stazionarie diverse. Bisogna anche sottolineare che soluti appartenenti alla stessa classe chimica formano, nello spazio bidimensionale, dei pattern caratteristici che aumentano il potere di identificazione dei componenti. Giorgio Bonaga 64

65 GC vs. 2D GC GC MONODIMENSIONALE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14
HEART- CUT GC 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 5a 10a 5b 10b 5c 10c 5d 2D GC COMPREHENSIVE GC 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 1a 2a 3a 4a 5a 6a 7a 8a 9a 10a 11a 12a 13a 14a 2b 3b 4b 5b 6b 9b 10b 11b 12b 13b 3c 4c 5c 10c 11c 12c 4d 11d Giorgio Bonaga

66 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 ecc., ecc.

67 Conventional GC - I^ colonna: numero picchi (n) = 1100
C’è una grande differenza nel numero di picchi che si possono separare con la Conventional GC e con la GC Comprehensive GC Conventional GC - I^ colonna: numero picchi (n) = II^ colonna: numero picchi (n) = TOTALE (n+n) = Comprehensive GC - I^ colonna : numero picchi (n) = II^ colonna: numero picchi (n) = TOTALE (n x n) = Dimensione 2 Dimensione 1

68 VANTAGGI DELLA COMPREHENSIVE GC
Comprehensive GC ha una capacità di separazione notevolmente più elevata della Conventional GC; Comprehensive GC ha una sensibilità più elevata della Conventional GC perché la forma dei picchi è decisimente più stretta; Comprehensive GC permette una migliore identificazione dei picchi perché l’eluizione è caratterizzata da due tempi di ritenzione; Comprehensive GC è compatibile con i sistemi di iniezione e con le tecniche di campionamento della GC Conventional GC; Comprehensive GC riduce la fase preparativa di campioni complessi: la capacità separativa è così elevata che consente di eliminare le interferenze critiche che si verificano nella Conventional GC.

69 COMPREHENSIVE GC 3 1 2 1 3 2 … CROMATOGRAMMA 1D
(alla fine della I^ colonnna) 3 1 2 1 3 II^ dimensione 2 I^ dimensione MODULAZIONE TRASFORMAZIONE CROMATOGRAMMA 2D DOPO ALLINEAMENTO CROMATOGRAMMA 2D (alla fine della II^ colonnna)

70 ANALISI DEI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI (VOCs)
17+18 I^ DIMENSIONE 4 1 clorobenzene ,1,1,2-tetracloroetano 3 etilbenzene 4 p- +m-xylene 5 bromoformio 6 stirene 7 o-xilene ,1,2,2-tetracloroetano ,2,3-tricloropropano isopropilbenzene bromobenzene clorotoluene n-propilbenzene clorotoluene impurity ,3,5-trimetilbenzene terz-butilbenzene ,2,4-trimetilbenzene ,3-diclorobenzene sec-butilbenzene ,4-diclorobenzene p-isopropiltoluene ,2-diclorobenzene n-butilbenzene 16 22 24 5+6+7 11 15 23 3 9+10 1+2 8

71 cromatogramma ricostruito 1^ dimensione polarità 2^ dimensione
isopropilbenzene - 1,2,3-trimetilbenzene - 1,2,4-trimetilbenzene terz-butilbenzene p- + m- cymene iso-butilbenzene indano 0.2 - n-nonano 5 0.1 mono-aromatici 4 olefine 3 paraffine 2 polarità 61 1 2^ dimensione 62 63 64 65 punti di ebollizione 66 1^ dimensione Giorgio Bonaga 71

72 DERIVATIZZAZIONI IN GC
In gascromatografia le derivatizzazioni vengono impiegate per due motivi: abbassare i punti di ebollizione dei soluti in modo da effettuare le analisi a temperature inferiori (con maggiore stabilità dei campioni, maggiore durata della colonna, maggiore disponibilità di fasi stazionarie stabili) aumentare la sensibilità del detector Il principio base è di convertire i gruppi funzionali capaci di deprotonarsi (idrossiderivati, mercaptani, acidi carbossilici, ammine, ammidi, ossime, ecc.), che per questo conferiscono ai composti bassa volatilità ed alta polarità, in derivati più volatili e termicamente stabili. Le reazioni si fanno in piccole fiale (microvial) nelle quali al campione da derivatizzare (R-H) si aggiunge la soluzione del derivatizzante (D-X). R - H + D - X Giorgio Bonaga 72

73 R - H Cl - + Si (CH3)3 SILANIZZAZIONE
È la reazione di composti deprotonabili con sostituenti polialchilsilanizzanti. GRUPPI TRIMETILSIL SILANIZZABILI DERIVATI -OH -O-TMS SH S-TMS COOH COO-TMS POH PO-TMS SOH SO-TMS NOH NO-TMS BOH BO-TMS NH HN-TMS NH N-TMS CONH COHN-TMS CH2=C=O CH=C=O-TMS R - H Cl - + Si (CH3)3 Giorgio Bonaga 73

74 I più comuni agenti trimetilsilanizzanti sono:
Giorgio Bonaga I più comuni agenti trimetilsilanizzanti sono: La reazione di sililazione viene fatta in presenza di un solvente polare (piridina, N,N-dimetilformammide, acetonitrile, tetraidrofurano) ad una temperatura che varia da 30 a 140°C a seconda del gruppo funzionale da derivatizzare e per un tempo variabile da alcuni minuti a ore. Il sostituente trimetilsilil- aggiunge alla molecola 73 (-1) Dalton. trimetilclorosilano (TMCS) N-trimetilsililimidazolo (TMSIM) N-metil-N-trimetilsililtrifluoroacetammide (TSTFA) esametildisilazano (HMDS) N-metil-N-trimetilsililacetammide (MSTA) 74

75 O R – C O - H + HO - R ESTERIFICAZIONE
Giorgio Bonaga ESTERIFICAZIONE Principalmente è la conversione degli acidi carbossilici nei corrispondenti esteri per reazione con un eccesso di alcol (metanolo, etanolo, propanolo), riscaldando a riflusso e in presenza di un catalizzatore (HCl, H2SO4, SO2Cl2, BCl3). Gli alchil-esteri hanno punti di ebollizione inferiori agli acidi di partenza e hanno minori interazioni con le fasi stazionarie polari. Il sostituente metilico, etilico e propilico aggiungono alla molecola 15 (-1), 29 (-1), 43 (-1) Dalton. O R – C O - H + HO - R Un sostituente molto “utile” per la sensibilità dell’ECD è il C6F5-(pentafluorofenil-) che viene introdotto con numerosi reagenti (pentafluorobenzaldeide, alcol pentafluorobenzilico, ecc.). Il sostituente pentafluorofenil- aggiunge alla molecola 167 (-1) Dalton. 75

76 H R – N H + CH3 - I ALCHILAZIONE
È una reazione che impiega un bromuro o uno ioduro (di metile, etile, propile o butile) per trasferire un gruppo alchilico su un eteroatomo (O, N, S, ecc.), a temperatura ambiente e in presenza di un catalizzatore (Ag2O). I gruppi alcolici vengono alchilati lentamente e con reazioni non quantitative. I sostituenti alchilici aggiungono alla molecola rispettivamente 15 (-1), 29 (-1), 43 (-1), 57 (-1) Dalton. H R – N H + CH3 - I Giorgio Bonaga 76

77 O R – C N O C CH3 + Cl - H H ACILAZIONE
È una reazione che impiega un cloruro acilico (R-COCl) per trasferire un gruppo acile (R-C=O) su un eteroatomo (O, N, S, ecc.). Il sostituente acetile aggiunge alla molecola 43 (-1) Dalton. O R – C N O C CH3 + Cl - H H Giorgio Bonaga 77


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