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Esperimento di Meselson e Stahl

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Presentazione sul tema: "Esperimento di Meselson e Stahl"— Transcript della presentazione:

1 Esperimento di Meselson e Stahl
Meselson and Stahl nel 1957 fornirono prove sperimentali che ciascun filamento di DNA serviva da stampo per il nuovo sintetizzato, un processo che fu chiamato duplicazione semi-conservativa. Coltivando cellule di E. coli in un terreno contenente solo azoto pesante (15N) e centrifugandone il DNA in un gradiente di densità di CsCl, si osserva un'unica banda corrispondente all'azoto pesante. Le cellule trasferite in un terreno contenente solo azoto leggero (14N) dopo la replicazione generano una banda di sedimentazione ad un livello più alto (meno denso), risultato interpretato con la formazione di un ibrido (14N/15N). Continuando la replicazione per una generazione si producevano due DNA ibridi e due DNA leggeri.

2 azoto pesante (15N) ibrido (14N/15N). 50% ibrido (14N/15N) e 50% 14N azoto leggero (14N)

3 Centrifugazione in gradiente di Saccarosio
Il metodo prevede la creazione di un gradiente di saccarosio crescente dall’alto verso il basso e sfrutta la diversa velocità di sedimentazione che acquistano le particelle in funzione del loro peso molecolare: ogni particella sedimenta ad una velocità che dipende dalla massa e dalla conformazione. Le particelle più pesanti sedimentano più velocemente e si muovono verso il fondo mentre quelle più leggere, migrando meno velocemente, si dispongono in bande via via più vicine all’apice della miscela. Tecnica che viene usata per separare o stimare le dimensioni di proteine e molecole di RNA.

4 I ribosomi Ciascuna subunità dei ribosomi è caratterizzata dal proprio coefficiente di sedimentazione espresso in unità Svedberg (S). Il coefficiente di sedimentazione dei ribosomi nei procarioti è 50S per la subunità maggiore e 30S per la subunità minore; negli eucarioti è 60S per la subunità maggiore e 40S per la minore.

5 La distillazione Tecnica che consiste nel vaporizzare una sostanza, condensarne i vapori e raccogliere il condensato in un altro recipiente. Permette di separare una miscela i cui componenti abbiano un differente punto di ebollizione. E’ il principale metodo per purificare un liquido.

6 Obiettivi didattici: Acquisizione di conoscenze relative alla purificazione e separazione dei liquidi, mediante le tecniche della distillazione. Acquisizione di conoscenze delle tecniche di laboratorio di chimica organica attraverso la sperimentazione diretta della distillazione di Acetato di Isopentile (essenza di banana).

7 Prerequisiti Conoscenza di: soluto, solvente, solubilità e soluzione
proprietà colligative gruppi funzionali dei composti organici diagrammi di stato legge di Raoult strumenti e vetreria di laboratorio

8 La distillazione La distillazione consiste nel vaporizzare un liquido riscaldandolo, condensarne i vapori e raccogliere il condensato in un differente recipiente. Il condensato raccolto si definisce distillato, mentre il liquido rimasto è chiamato residuo di distillazione Questa tecnica consente di separare una miscela i cui componenti abbiano un differente punto di ebollizione.

9 Tipi di distillazione La distillazione semplice
La distillazione frazionata La distillazione sotto vuoto La distillazione in corrente di vapore.

10 Il punto di ebollizione di un liquido
Il punto di ebollizione è la temperatura alla quale un liquido esercita una tensione di vapore pari a 1 atm. A questa temperatura, si formano bolle di vapore che raggiungono la superficie del liquido, se esso si trova alla pressione atmosferica. 60 30 100 760 Tensione di vapore (torr) Temperatura (°C)

11 Quando si distilla un liquido puro
Esempio di distillazione semplice: la temperatura osservata durante la distil- lazione di una sostanza pura rimane costante finché liquido e vapore sono presenti contemporaneamente.

12 Quando si distilla una miscela di liquidi
Quando si distilla una miscela di liquidi spesso la temperatura non rimane costante ma aumenta durante la distillazione, perché la composizione del vapore varia continuamente.

13 Diagramma di fase liquido – vapore per una miscela a due componenti
In una miscela la composizione del vapore in equilibrio con la soluzione bollente è diversa dalla composizione della soluzione stessa. La fase vapore è più ricca nel componente più volatile La fase liquida è più ricca nel componente meno volatile.

14 Distillazione semplice
La distillazione semplice permette la separazione dei vari compo-nenti della miscela a un ragionevole livello di purezza se: solo un componente della miscela da distillare è volatile, cosi che il distillato è un composto puro. la differenza dei punti di ebollizione dei vari componenti puri della miscela è maggiore di 100 °C.

15 Distillazione semplice
La distillazione semplice di una miscela consiste in un ciclo di vaporizzazione – condensazione che produce un distillato che è sempre impuro . Distillare il distillato’ ottenuto attraverso più cicli sequenziali di vapo-rizzazione – condensazione potrebbe produrre sostanze sempre più pure, ma tale procedimento è dispendioso.

16 Distillazione frazionata
La distillazione frazionata viene utilizzata per separare componenti puri presenti in una miscela nel caso in cui la differenza tra i punti di ebollizione è piccola. In questo caso si usa una colonna di frazionamento che provoca una continua serie di parziali condensa-zioni del vapore e di parziale vaporizzazione del condensato. L’effetto complessivo è analogo a quello di una serie di distillazioni successive e permette quindi una separazione più efficace delle diverse frazioni.

17 Condensazione in una colonna di frazionamento

18 Diagramma di fase liquido – vapore per la distillazione frazionata per una miscela a due componenti
Ogni singolo passaggio lungo il cammino rappresenta una singola distillazione ideale. In ciascun ciclo lungo la colonna la composizione del vapore si arricchisce progres- sivamente del componente più volatile.

19 Efficienza della colonna
Una comune misura dell’ efficienza della colonna di frazionamento è data dal numero dei piatti teorici. Un piatto teorico è equivalente a una distillazione semplice o ad un ciclo di vaporizzazione-condensazione. Più piccola è la differenza del punto di ebollizione, più grande sarà il numero di piatti teorici che la colonna di frazionamento deve avere per ottenere la separa-zione della miscela nei suoi componenti puri Differenza dei punto di ebollizione Numero dei piatti teorici 108 1 54 3 20 10 7 30 4 50 2 100

20 Distillazione sotto vuoto
La distillazione sotto vuoto o a pressione ridotta viene utilizzata quando i com-posti hanno un punto di ebollizione molto alto (> 200*C) e/o si decompon-gono alle alte temperature richieste per la distillazione a pressione atmosferica. Il punto di ebollizione viene ridotto sensibilmente riducendo la pressione. Spesso la separazione non è altrettanto buona

21 Distillazione in corrente di vapore
La distillazione in corrente di vapore viene usata per la separazione e la purificazione di composti organici insolubili o quasi insolubili in acqua. E’ largamente usata per estrarre liquidi e solidi da fonti naturali Essa consiste nel passaggio di un flusso di vapore attraverso la miscela. Il prodotto bolle a tempe-rature inferiori a 100°C evitando così fenomeni di decomposizione per le so-stanze termolabili o molto altobollenti Con la vaporizzazione, le sostanze si mescolano tra di loro e codistillano. Quando si condensa il distillato, il componente desiderato, non essendo miscibile si separa dall’acqua.

22 Distillazione in corrente di vapore esterno

23 Miscele non ideali

24 H20-etanolo

25 Distillazione del limonene
Il limonene è un terpene termolabile presente nelle bucce degli agrumi e comunemente usato in profumeria. tagliare le bucce di agrumi in piccoli pezzi pesarle e porle in un pallone insieme all’acqua distillata porre il pallone in un mantello riscaldante in modo che il vapore acqueo trasporti con sé il limonene raccogliere il condensato in un becker trasferire il distillato in un imbuto separatore a cui si aggiungerà uno stesso volume di diclorometano (che legandosi col limonene lo separa dall’acqua) utilizzare solfato di sodio che idratandosi allontana l’eventuale acqua residua filtrare il distillato e porre in un rotavapor per separare il diclorometano dal limonene

26 Distillazione e liquori
Il procedimento più noto è quello di distillazione di miscele contenenti alcool per ottenere alcool ad elevata concentrazione. Questo procedimento viene anche impiegato per produrre liquori.

27 Distillatori – GLI ALAMBICCHI
Tecnicamente il termine alambicco si riferisce solamente al contenitore in cui si portano a ebollizione i liquidi da distillare; nella maggior parte dei casi, però, viene usato per indicare l'intero apparato, costituito dalla colonna di frazionamento, dal condensatore e dal contenitore in cui viene raccolto il distillato. Gli alambicchi utilizzati in laboratorio sono in genere di vetro, mentre quelli adibiti a impieghi industriali sono di ferro o d'acciaio

28 Distillazione frazionata
La distillazione viene detta frazionata quando viene realizzata in più stadi, sottoponendo le frazioni che si formano nelle prime fasi del processo a più distillazioni successive. QUESTO METODO VIENE USATO INDUSTRIALMENTE NON SOLO PER SEMPLICI MISCELE DI DUE SOSTANZE MA ANCHE PER SOLUZIONI PIÙ COMPLESSE COME IL PETROLIO.

29 LA LAVORAZIONE DEL PETROLIO PRODOTTI DELLA DISTILLAZIONE

30 ESTRAZIONE Processo di separazione di uno o più componenti solidi o liquidi di una miscela o di una soluzione, per dissoluzione in un solvente appropriato. Il solvente deve essere miscibile soltanto con il componente da estrarre; quest’ultimo può essere recuperato, dopo una serie di operazioni, per distillazione o evaporazione. -estrazione di prodotti naturali: presenti in tessuti animali e vegetali ad elevato contenuto di H2O, i prodotti possono essere separati mediante estrazione da questi tessuti con solventi immiscibili con l’acqua (oli essenziali).  -estrazione di una miscela organica con H2O: serve per separare materiali altamente polari, quali sali inorganici, acidi e basi forti e sostanze polari a basso peso molecolare come alcoli e ammine dalla miscela di composti organici. E’ in genere utilizzata alla fine di una sintesi organica  -estrazione con acidi o basi diluiti: serve per separare prodotti organici sulla base delle loro proprietà acide e basiche

31 L’imbuto separatore Quando una sostanza è posta a contatto con due suoi solventi non miscibili tra loro, si ripartisce in misura tale che per una data temperatura il rapporto tra le concentrazioni nelle due soluzioni sia costante. In particolare, si definisce coefficiente di ripartizione, R, il rapporto: R = liquido estrattore / liquido da cui si effettua l'estrazione

32

33 Estrazione continua liquido-liquido
Quando il composto organico è più solubile in acqua che nel solvente organico occorrono quantità molto grandi di solvente perfino per una moderata resa di estrazione. Questo può essere evitato adoperando un'apparecchiatura per estrazione in continuo di liquidi che richiede solo volumi relativamente piccoli di solvente.

34 Liquidi più pesanti Liquidi più leggeri

35 Estrazione di principi attivi da prodotti naturali
Il Soxhlet Questo processo è in genere adoperato per isolare prodotti naturali da tessuti secchi di piante, funghi, alghe, mammiferi, ecc. I prodotti naturali volatili, come oli essenziali, alcoli, esteri, vengono isolati per distillazione in corrente di vapore. I prodotti non volatili possono essere estratti con un solvente in cui siano solubili, con un processo continuo o discontinuo. Non di rado lo studio completo delle sostanze organiche contenute in un particolare tessuto richiede l'estrazione con una serie di solventi a polarità crescente, a partire dall'etere, che rimuove i componenti meno polari, e continuando con solventi sempre più polari come acetone, metanolo e infine acqua. L'estrazione discontinua richiede di macerare il tessuto e nel porlo in grosso recipiente a contatto con il solvente prescelto per l'estrazione per alcun ore. Dopodiché il solvente si filtra e si svapora sotto pressione ridotta. Il processo va ripetuto almeno tre volte con solvente fresco. Talvolta può essere necessario riscaldare a ricadere il solido nel solvente. L'estrazione in continuo di un solido con un solvente caldo si effettua comunemente con un apparecchio Soxhlet.

36 Estrazione della caffeina
MATERIALI calce spenta foglie di caffè o tè imbuto separatore cloroformio carbone vegetale Preparazione Le foglie si impastano con la calce spenta in acqua tiepida. La massa pastosa si lascia asciugare e si estrae con cloroformio. Si lascia evaporare il solvente (il cloroformio è un sospetto cancerogeno! Lasciare all’aria aperta) e il residuo viene disciolto in acqua bollente, fatto bollire con pochissimo carbone vegetale, filtrato a caldo e fatto cristallizzare. La caffeina pura è tossica per ingestione, irritante per occhi, pelle e vie respiratorie. Le polveri non vanno respirate ed è opportuno usare guanti di lattice. Si raccomanda di NON ASSAGGIARE ASSOLUTAMENTE IL COMPOSTO!

37 CROMATOGRAFIA CENNI STORICI "scrittura con il colore“
Il termine cromatografia deriva dal greco e significa "scrittura con il colore“ La cromatografia è la più versatile fra le tecniche di separazione. Fu ideata nel 1906 dal botanico russo Mikhail Tswett nell’affrontare lo studio dei carotenoidi. Egli immerse foglie verdi in etere di petrolio e versò la miscela in un tubo di vetro (colonna) riempito di carbonato di calcio. Mentre la soluzione percolava attraverso la colonna, i vari componenti si spostavano a diverse velocità, dando luogo a una successione di bande orizzontali di diversi colori. In questo modo separò alcuni pigmenti delle piante.

38 CROMATOGRAFIA Tecnica di separazione basata sulla diversa affinità che i componenti di una miscela possono manifestare nei confronti di determinate sostanze o materiali. I vari componenti di una miscela tendono a ripartirsi in modo diverso tra due fasi. Una fase rimane fissa (la fase stazionaria), ed è generalmente un solido o un gel, un'altra fase, liquida o gassosa, (la fase mobile) fluisce su di essa trascinando con sé in quantità maggiore i componenti della miscela che le risultano più affini.

39 Si distinguono in base alla fase mobile eluente liquida (LC) o gassosa (GC).
CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC) GAS-CROMATOGRAFIA (GC) Adsorbimento Liquido-Solido (TLC) gas cromatografia gas-solido GSC Ripartizione Liquido-Liquido (HPLC) gas cromatografia gas-liquido GLC Scambio Ionico Gel - filtrazione

40 CROMATOGRAFIA SU CARTA (strato sottile) SU COLONNA HPLC
PER GEL FILTRAZIONE A SCAMBIO IONICO

41 CROMATOGRAFIA SU CARTA o STRATO SOTTILE
(TLC: Thin Layer Cromatography ) La cromatografia su carta permette di separare i componenti di una soluzione liquida. Essa sfrutta la differente capacità che hanno i componenti di aderire ad un mezzo poroso, come la carta da filtro, quando sono trascinati da un fluido, detto eluente (o effluente). Il sistema è ascendente o discendente: l’eluente liquido (la fase mobile) sale per capillarità sulla fase fissa solida (carta, silice o allumina supportata su vetro o alluminio); nel suo movimento ascensionale scioglie, e quindi stacca dall’interazione con la fase fissa, preferenzialmente le sostanze più solubili in esso, spostandole più in alto nella “lastrina”.

42 CROMATOGRAFIA SU CARTA
APPLICAZIONI Determinazione degli amminoacidi nel sangue e nelle urine Separazione di piccole molecole (Amminoacidi)

43 Applicazione della TLC ai pigmenti fogliari
Mettendo su carta da filtro più gocce in successione di soluzione alcolica di pigmenti fogliari ottenuti rispettivamente da foglie verdi, rosse e ingiallite, e lasciando asciugare, si può osservare la presenza (tranne che nelle foglie ingiallite) di pigmenti verdi (clorofilla), gialli (xantofille) e arancio (carotenoidi).

44 Cromatografia su colonna
La cromatografia su colonna è un sistema analogo alla TLC, ma gravitazionale per cui le sostanze che “corrono” di più si trovano nel basso della colonna e vengono eluite per prime. Si tratta di una tecnica di ripartizione tra una fase solida ed una liquida.

45 CROMATOGRAFIA SU COLONNA
La miscela dei composti da separare viene messa in cima ad una colonna di vetro cilindrico riempita di gel di silice. L’assorbente viene continuamente dilavato dal flusso di solvente. Questo flusso continuo estrarrà soluti dalla silice trascinandoli verso il basso con velocità diverse in dipendenza dalla loro affinità relativa per l’assorbente. Man mano che i componenti della miscela si separano, iniziano a formarsi bande che si spostano verso il basso. A questa fase segue la fase di eluizione, con questo termine intendiamo l’allontanamento dalla colonna e la raccolta delle sostanze separate mediante uno o più solventi.

46 PARAMETRI CHE INFLUENZANO LA PREPARAZIONE di una cromatografia
Scelta dell’ assorbente Scelta della polarità del solvente Dimensioni della colonna (lunghezza e diametro) in relazione alla quantità di materiale da cromatografare Velocità di eluizione, detta anche velocità di flusso

47 CROMATOGRAFIA a scambio ionico
Questa tecnica viene usata principalmente per la purificazione delle proteine e si basa sull’attrazione che si instaura tra i gruppi carichi positivamente o negativamente presenti su una resina e la molecola d’interesse. Essa è condotta in colonne cromatografiche caricate con scambiatori di ioni; tale supporto cromatografico è di solito la cellulosa, la poliacrilammide o l’agarosio scelti in base alle proprietà anioniche o cationiche per frazionare proteine che si trovano in soluzione rispettivamente come cationi o come anioni. Il fenomeno dello scambio ionico si verifica quando una resina viene a contatto con una soluzione di composti ionizzati: una parte degli ioni presenti nella soluzione migrano verso la sostanza scambiatrice e vanno ad occupare nella sua struttura il posto di uno ione di uguale carica che a sua volta migrerà nella soluzione.

48 Resina a scambio cationico:
Resina a scambio anionico:

49 CROMATOGRAFIA a scambio ionico
In definitiva le applicazioni della cromatografia a scambio ionico riguardano: separazione di molecole organiche cariche (proteine, polisaccaridi, nucleotidi, aminoacidi) separazione di ioni metallici (es. Ca2+ e Mg2+) Impiego alternativo alla gel-filtrazione per rimuovere sali da molecole piccole Preparazione di H2O deionizzata.

50 GEL-FILTRAZIONE o CROMATOGRAFIA per ESCLUSIONE MOLECOLARE
Questa tecnica permette di separare le proteine in base alla loro massa molecolare; il supporto cromatografico è costituito da resine polimeriche come la poliacrilammide prodotte sotto forma di microsfere idratate. Le catene di questi polimeri formano una fitta rete tridimensionale. VIENE USATA per: La separazione delle proteine dagli oligosaccaridi La determinazione del peso molecolare delle proteine e di altre molecole La separazione dell’ormone prolattina dal plasma umano

51 CROMATOGRAFIA PER GEL FILTRAZIONE
Il termine gel filtrazione si riferisce al fatto che le sfere di resina impregnandosi di acqua, acquistano una natura di gel e ciascuna di esse si comporta come un filtro molecolare consentendo alle molecole più piccole di penetrare nelle maglie della rete mentre la penetrazione non è possibile per le molecole più grandi delle maglie. Ad ogni contatto delle molecole proteiche con le sfere di gel esse vengono selezionate: quelle che possono permeare le maglie della rete formata dalle sfere vi penetrano, mentre quelle più grandi vanno oltre. Il tragitto delle molecole più grandi che non penetrano nelle sfere di gel è più rapido di quello delle molecole piccole ritardate dalle particelle di gel.

52 Cromatografia HPLC (High Performance Liquid Chromatography o High Pressure Liquid Chromatography) L’HPLC permette di analizzare miscele difficilmente risolvibili con le tradizionali cromatografie. La fase stazionaria è posta in una colonna cromatografica fatta con un materiale adatto per sopportare pressioni elevate (generalmente sono d’acciaio) e la colonna stessa deve essere inserita in una camicia all’interno della quale sarà esercitata una pressione tale da equilibrare la pressione esercitata dalla fase mobile all’interno della colonna.

53 Cromatografia HPLC (High Performance Liquid Chromatography o High Pressure Liquid Chromatography) Le colonne HPLC hanno una maggiore risoluzione dovuta all’impiego di fasi stazionarie molto finemente suddivise allo scopo di realizzare una superficie di interazione molto grande ed un migliore impaccamento, questo comporta che la fase mobile attraversi la fase stazionaria della colonna ad una pressione molto alta per permettere una eluizione accettabile nel tempo. Per una simile tecnica cromatografica, la fase stazionaria, che presenta una granulometria generalmente compresa tra 5-10 m, deve avere requisiti particolari per adattarsi al tipo di separazione da effettuare ed inoltre deve avere come requisiti indispensabili: a) essere stabile idroliticamente e termicamente; b) resistere all’azione meccanica del flusso dell’eluente

54 II solvente filtrato e depurato viene inviato alla colonna tramite una pompa. Un flussimetro, posto dopo la pompa, regolerà la quantità di eluente che sarà immesso nella colonna. Prima della colonna cromatografica viene posto un iniettore, che permette l’inserimento del campione sciolto in un solvente opportuno. Per evitare di danneggiare la fase stazionaria della colonna é opportuno eseguire una prefiltrazione, attraverso una analoga colonna più piccola posta in serie. Alla fine della colonna cromatografia viene posto un adatto rivelatore che, attraverso il cromatogramma, darà indicazioni sull’andamento della separazione. Cromatografia HPLC

55 Cromatografia HPLC I vantaggi dell’HPLC possono essere cosi riassunti:
1.     tempi brevi d’esecuzione 2.     riproducibilità delle condizioni sperimentali 3.     le colonne possono essere usate più volte 4.     possono essere analizzate miscele di sostanze termolabili, esplosive e non volatili. 5.     possono essere evidenziate piccolissime quantità di sostanze grazie all’alta sensibilità dei rivelatori che si utilizzano; 6.     semplicità d’uso

56 GASCROMATOGRAFIA Viene utilizzata per separare miscele di acidi grassi e miscele di monosaccaridi sfruttando il loro diverso punto di ebollizione. Attualmente si stanno sperimentando metodi gas-cromatografici per la caratterizzazione ed il controllo tossicologico dello yogurt.

57 GAS-CROMATOGRAFIA Esistono due tipi di gas cromatografia a seconda della natura della fase fissa utilizzata: Si parla di gas cromatografia gas-solido GSC quando la fase fissa è costituita da un adsorbente attivo. Si parla di gas cromatografia gas-liquido GLC quando la fase fissa è costituita da un liquido distribuito in uno strato sottile su un materiale solido inerte. La fase di supporto utilizzata quasi universalmente in GLC è la terra di diatomee detta anche Kieselgur, perché presenta requisiti quali: elevata superficie, inerzia chimica, potere assorbente quasi nullo ed elevata porosità; esso è composto per il 90% da silice. I liquidi devono avere forte inerzia chimica verso il supporto e le sostanze da separare, notevole stabilità termica e scarsa viscosità,e soprattutto bassa tensione di vapore perché se fosse alta si avrebbe una continua perdita della fase stazionaria della colonna. Tra i liquidi ve ne sono molti ricordiamo i glicoli polietilenici, i polimeri al silicone,ecc..

58 Gascromatografia La gascromatografia è una tecnica per l'analisi delle sostanze, di larghissimo uso in quanto presenta notevoli vantaggi: tempi di analisi molto ridotti possibilità di separare, operando nelle opportune condizioni, qualsiasi miscela di sostanze possibilità di effettuare analisi in serie, in quanto la stessa colonna può essere rigenerata di continuo dal gas di trasporto Quantità di sostanza analizzabile = g. Le analisi gas-cromatografiche sono applicabili soltanto a sostanze volatili o comunque rese tali e vengono realizzate con ilgascromatografo.

59 Gascromatografia Il gas cromatografo è costituito da una bombola che contiene gas che costituisce la fase mobile. La colonna cromatografica contenente la fase stazionaria è posta all'interno di una camera termostatata allo scopo di tenere in fase gassosa i vari costituenti della miscela da separare. Tramite l'iniettore s'introduce la miscela da analizzare in colonna, questa può essere iniettata in fase gassosa, se la miscela è un gas, oppure solubilizzata in un opportuno solvente se la miscela da analizzare è liquida o solida. Alla fine della colonna viene posto un rivelatore in grado di evidenziare le varie sostanze che fuoriescono in tempi diversi emettendo un segnale con una intensità proporzionale alla loro concentrazione, il segnale viene registrato da uno strumento che darà così luogo al cromatogramma. I gas più comunemente usati come fase mobile sono: azoto, elio, argon. Per una questione di reperibilità e di costi, generalmente si usa l'azoto. La gascromatografia permette di avere informazioni sia tipo qualitativo che di tipo quantitativo sui componenti di un miscuglio di sostanze.

60 DIAGRAMMA SCHEMATICO DI UN GAS-CROMATOGRAFO

61 SCHEMA di Funzionamento
GASCROMATOGRAFO Camera iniezione Rilevatore Colonna (fase fissa) Amplificatore Registratore Gas (fase mobile)

62 I rivelatori Le sostanze che fuoriescono da una colonna cromatografica possono essere evidenziate con diversi tipi di rivelatori, che hanno il compito di trasformare in impulso elettrico il passaggio di ciascun componente della miscela gassosa cromatografata, fra questi i più diffusi sono: - rivelatori a fiamma; - rivelatori a ionizzazione chimica; - rivelatori a cattura di elettroni; - rivelatori a conducibilità termica. Questi rivelatori sono di tipo differenziale, cioè sono strutturati in maniera tale che quando vengono attraversati dal gas di trasporto puro non danno alcun tipo di risposta, mentre, quando sono attraversati da un componente che fuoriesce dalla colonna cromatografica, danno una risposta direttamente proporzionale alla quantità di quel componente. Non appena il componente è passato, il rivelatore torna a dare una risposta nulla perché attraversato di nuovo soltanto dalla fase mobile.


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