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PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI

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Presentazione sul tema: "PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI"— Transcript della presentazione:

1 PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI

2 LATTE FORMAGGI MIELE MARMELLATA

3 LATTE

4 Glossario del latte Etichettatura latte Tipologie merceologiche di latte Caratteristiche chimiche di differenti tipologie di latte Analisi chimiche e microbiologiche del latte

5 Glossario del latte Latte Crudo: latte appena munto viene raffreddato e conservato a T non superiore a 6°C e non oltre 48 ore; Latte Pastorizzato: latte trattato con il calore in modo blando, 72 – 75°C per 15 – 20 secondi, che riduce molto la quantità di batteri e inattiva i patogeni, aumentando la sua conservabilità conservabilità del prodotto 6 giorni; Latte UHT a lunga conservazione: latte che subisce il trattamento U.H.T., cioè l’applicazione di calore elevato, 141°C per 2 secondi, a cui segue il confezionamento sterile e dura 90 giorni; Latte sterilizzato a lunga conservazione: trattato dopo il confezionamento mediante alte temperature e per un tempo conveniente, ha una lunga conservazione, con qualità nutrizionali inferiori al latte pastorizzato o UHT, conservabilità di 180 giorni; Latte pastorizzato e microfiltrato: latte ottenuto con un procedimento di microfiltrazione conservablità del prodotto 10 giorni Latte intero: con un contenuto in grassi pari e non inferiore a 3,5%; Latte parzialmente scremato: con un tenore in grassi compreso tra 1,5% e 1,8%; Latte scremato: tenore in grasso non superiore allo 0,5%; Latte omogeneizzato: latte trattato meccanicamente in modo da evitare il fenomeno di affioramento del grasso

6 Glossario del latte Latte vitaminizzato: latte addizionato di vitamine; Latte delattosato: Latte vitaminizzato: latte speciale trattato con enzimi che hanno il compito di scindere il lattosio in glucosio e galattosio (carboidrati semplici e facilmente digeribili); Latte evaporato, concentrato, in polvere: concentrati di latte, spesso con aggiunta di zucchero; Latte umanizzato (per bambini): latte trattato in modo da renderlo simile a quello umano; Latte di alta qualità: latte che ha subito una blanda pastorizzazione, tale da mantenere le frazioni sieroproteiche al 15,5% delle proteine totali del latte, quindi deve essere ottenuto da latte crudo di elevata qualità microbiologica; Latte biologico: deve derivare da animali alimentati biologicamente, quindi senza alimenti geneticamente modificati, senza mangimi addizionati con alcali, antibiotici, composti azotati non proteici; Latte probiotico: latte speciale fresco addizionato di lactobacillus Acidophilus

7 Etichettatura latte L’etichettatura del latte alimentare, ossia del latte destinato ad essere venduto come tale al consumo (Reg. CEE n° 2595/97) deve fornire le stesse informazioni, previste dal D. lgs. ° 109 del 27/01/92 nonché nel D.lgs. N°181 del 23/06/03 riferimenti di legge per l’etichettatura dei prodotti alimentari in genere. Oltre alle indicazioni sopra riportate l’etichettatura del latte alimentare deve riportare una dicitura idonea a specificare la natura del trattamento termico subito dal latte, la temperatura alla quale deve essere conservato il prodotto, il riferimento territoriale della mungitura (Decreto MIPAF del 2002) e la data di confezionamento . L’etichettatura nutrizionale come per tutti i prodotti alimentari è facoltativa ad eccezione, secondo quanto stabilito dalla Direttiva CEE 90 / 496, quando il latte viene arricchito con proteine, sali minerali, vitamine. Oppure ancora quando viene ridotto il tenore in lattosio (Art. 3 Reg. CE n° 2597 / 97). Dal 1° Aprile 2004 coloro che producono latte alimentare vaccino sono tenuti a realizzare un “Manuale Aziendale per la rintracciabilità del latte” al fine di consentire una efficace ricostruzione del processo produttivo del latte. In particolare gli stabilimenti che lavorano latte, sono tenuti ad indicare nell’etichettatura del latte confezionato il riferimento territoriale di origine, con la dicitura “origine latte crudo”

8 Parzialmente scremato arricchito in vitamina D
Marca Commerciale Nome di Fantasia LATTE FRESCO PASTORIZZATO Parzialmente scremato arricchito in vitamina D Contenuto 1000 ml e Vecchia Terra S.r.l. – Milano Prodotto nello stabilimento di Via delle Rose 55 – Torino Proviene esclusivamente da allevamenti Italiani Da consumarsi entro il XXXXXX Confezionato il XXXXXX E’ facoltativa E’ la denominazione di vendita, cioè la dicitura della tipologia di alimento, e varia a secondo del trattamento che il latte crudo ha subito. E’ un’informazione obbligatoria E’ la quantità netta, si tratta di una informazione obbligatoria E’ il nome e la sede del produttore o del confezionatore. E’ una informazione obbligatoria E’ il riferimento territoriale della mungitura- E’ una informazione obbligatoria “Da consumarsi preferibilmente entro” è la dicitura a lunga conservazione. “Da consumarsi entro” è invece la dicitura del latte fresco. La dicitura varia a seconda del trattamento che il latte crudo ha subito. E’ una informazione obbligatoria E’ la data di confezionamento ed è diventata una informazione obbligatoria

9 Conservare in frigorifero tra 0° e +6° C
L XXX Conservare in frigorifero tra 0° e +6° C Questo latte è pronto da bare. Si consiglia di non bollirlo per non alterare le propietà nutritive Informazioni nutrizionali medi per 100 ml di prodotto Il n° di lotto è obbligatorio se non è stata indicata la data di scadenza, altrimenti si può omettere Sono delle indicazioni sulla modalità di conservazione sono raccomandate ma non obbligatorie Sono le istruzioni per l’uso e sono obbliagatorie soltanto quando sono indispensabili per un buon utilizzo del prodotto E’ il codice a barre, un sistema di codificazione che identifica la merce in base ad una combinazione di barre e numeri, alcuni dei quali indicano il paese dove l’azienda ha richiesto la registrazione Si riporta una tabella nutrizionale. Indica il contenuto in principi nutritivi e le calorie per 100 ml di prodotto. E’ obbligatoria soltanto quando sulla confezione o pubblicità del prodotto si fa riferimento a particolari caratteristiche nutrizionali.

10 LATTE Prodotti del siero Latti di consumo Latti concentrati
Latti modificati Fermentati Aromatizzati Ricostituiti Maternizzati LATTE Prodotti alimentari Formaggi Burro Panna

11 LATTE UHT E STERILIZZATO LATTE CONCENTRATO STERILIZZATO
LATTE CRUDO LATTE ALIMENTARE DERIVATI DEL LATTE Pastorizzazione Concentrazione Sterilizzazione Essiccazione LATTE PASTORIZZATO LATTE IN POLVERE LATTE CONCENTRATO LATTE UHT E STERILIZZATO Sterilizzazione Zuccheraggio LATTE CONCENTRATO STERILIZZATO LATTE CONDENSATO

12 Il latte è il prodotto fluido della secrezione delle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi e rappresenta l’unico e il più idoneo alimento per il lattante. Per latte alimentare deve intendersi, come prevede la legislazione italiana “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa della mammella di animali in buono stato di salute e nutrizionale” Esso risulta essere una miscela complessa di sostanze di notevole importanza biologica e nutrizionale (proteine, grassi, lattosio, vitamine, sali minerali, ecc.), costituisce un sistema dietetico bilanciato e favorisce la moltiplicazione della flora intestinale Generalmente con la dizione latte si intende il prodotto della mungitura della vacca: il latte di pecora, bufala o capra è normalmente utilizzato dall’industria lattiero casearia, ma deve essere specificato che si tratta di latte di specie animali diverse.

13 Il latte è il prodotto di secrezione delle cellule dell’epitelio che costituiscono le ghiandole mammarie, secrezione che inizia al termine della gravidanza. Le cellule mammarie sono organizzate in strutture cave, chiamate alveoli o acinus, che raccolgono il latte prodotto dalle singole cellule. In presenza di un opportuno stimolo ormonale il contenuto dell’alveolo è scaricato, tramite un sistema di condotti, in un sacco di raccolta: la cisterna. A sua volta la cisterna sbocca nella cavità del capezzolo tramite una piega della mucosa. La produzione del latte avviene a spese del sangue ed è legata al volume di sangue circolante: per produrre 1 litro di latte ad esempio è necessario il passaggio nella mammella di circa 400 litri di sangue. Il passaggio dei metaboliti, dal sangue al latte, avviene attraverso la parete dei capillari arteriosi; alcune sostanze possono passare inalterate nel latte, altre invece vengono trasformate attraverso meccanismi più o meno complessi. L’inizio della lattazione è probabilmente dovuto alla rimozione dei fattori ormonali di inibizione che agirebbero attivamente ostacolando la produzione del latte.

14 SECREZIONE LATTE Sintesi e secrezione del latte sono regolate da un meccanismo fisiologico molto complesso, eminentemente endocrino, nel quale intervengono una serie di ormoni in grado sia di favorire direttamente la produzione di latte che di accentuare il metabolismo animale per sostenere l’attività di sintesi della mammella: IPOFISI Prolattina Ossitocina Somatotropo Adenocorticotropo Triade del miracolo

15 FUNZIONE DEI SINGOLI ORMONI COINVOLTI NELLA SINTESI E SECREZIONE DEL LATTE
Prolattina (LTH): ormone direttamente coinvolto nel processo di secrezione del latte da parte delle cellule secernenti, è infatti tale ormone a stimolare l’attività secernente degli stessi alveoli; Somatotropo (STH): stimola l’assorbimento dei nutrienti presenti nel sangue (precursori dei costituenti del latte) da parte delle cellule costituenti il tessuto mammario ove appunto avviene la sintesi del latte; Adenocorticotropo (ACTH): tale ormone serve per stimolare l’ipofisi a produrre nuovi ormoni; Ossitocina (TSH): ormone direttamente coinvolto nel meccanismo di svuotamento della ghiandola mammaria.

16 PRECURSORI NEL SANGUE COSTITUENTI DEL LATTE
Proteine: a-caseina / b-caseina K-caseina / Y-caseina a-lattoalbumina b-lattoglobuline Amminoacidi Filtrazione ed elaborazione Immunoglobuline Immunoglobuline Filtrazione Sieroalbumine Sieroalbumine Filtrazione Glucosio Lattosio Filtrazione ed elaborazione Acetato b-idrossibutirrato Acidi grassi a catena corta: C4 / C6 / C8 Filtrazione ed elaborazione Acetato Acidi grassi a catena media: C10 / C12 / C14 Filtrazione ed elaborazione Vitamine / Minerali / Acqua Vitamine / Minerali / Acqua Filtrazione

17 LATTOGENESI Sangue Trasformazioni nella mammella Latte Glucosio
Epimerizzazione Lattosio Condensazione Ciclo della glicolisi Piruvato Gluconeogenesi Acetato attivo Gliceridi Condensazione: C4-C14 + glicerolo Lipidi Idrolisi / Riarrangiamento C6-C18 / Deidrogenazione Ciclo degli acidi tricarbossilici (Ciclo di Krebs) Acido citrico Amminoacidi: Ala, Asp, Glu, Ser, Amminoacidi Attivazione / Trasferimento / Condensazione Proteine (solubili) Fosforilazione Caseine

18 FATTORI ENDOGENI FATTORI ESOGENI
La composizione chimica del latte può variare in relazione a fattori endogeni o esogeni all’animale, questi ultimi sono quelli più facilmente influenzabili dall’uomo Fattori genetici: specie / razza / individuo FATTORI ENDOGENI Fattori fisiologici: stato di salute / stato di lattazione numero di parti Sistemi di allevamento Clima Alimentazione FATTORI ESOGENI

19 CONFRONTO FRA DIVERSE TIPOLOGIE DI LATTE
Origine Acqua % Lipidi Proteine Lattosio Energia MJ/kg Donna 87,0 4,5 1,0 7,0 3,2 Vacca 87,7 3,5 3,3 5,0 2,9 Pecora 83,3 6,0 5,5 4,4 Capra 86,8 Bufala 81,2 8,0 5,1 Coniglia 65,0 18,0 14,0 2,0 10,6 La digeribilità del latte è sempre molto elevata per tutti i principi nutritivi, superando in ogni caso il 90 % per cui l’energia digeribile da esso fornita è molto prossima alla sua energia lorda.

20 COMPOSIZIONE MEDIA DEL LATTE DI ALCUNE RAZZE BOVINE
Razza Acqua % Residuo secco Grasso Lattosio Sostanze azotate Caseina % Bruna alpina 87,25 12,75 3,60 5,15 3,25 0,75 Frisona 87,50 12,50 3,90 4,80 3,30 0,73 Jersey 85,85 14,15 4,97 4,70 3,66 0,77 Guersney 86,31 13,69 4,58 4,78 3,50 100 % Residuo secco

21 Il latte è dal punto di vista chimico-fisico una miscela di fasi in cui il mezzo disperdente è l’acqua, presente per oltre l’87 %. In essa alcune sostanze si trovano in emulsione, altre in dispersione colloidale, altre infine in soluzione vera. Alcune delle caratteristiche chimico-fisiche, come ad esempio, il punto di congelamento, sono determinati esclusivamente dai costituenti presenti in soluzione vera, altre, come la viscosità e la densità, dipendono da tutti i costituenti. Non tutta l’acqua presente nel latte si comporta effettivamente da solvente: una parte che oscilla tra il 3,1 ed il 3,7 % è infatti legata alle sostanze colloidali o in emulsione. L’acqua combinata è così ripartita: 55% acqua legata alle micelle di fosfocaseinato di calcio; 30% legata alle proteine del siero; 15% ai fosfolipidi

22 COMPOSIZIONE MEDIA QUANTITATIVA DEL LATTE
Acqua 87,7 % Residuo secco 12,3 % E Residuo secco magro 8,8 % ( Direttiva 92/46 DPR 54/97 ) Lipidi 3,5 % Glucidi 5 % (lattosio / glucosio) triglicerdi acidi grassi liberi steroli vitamine liposolubili ( A, D, E, K ) S S NPN (ammoniaca, amminoacidi, urea) Sostanze azotate 3,1 % Proteine as1-caseina / as2-caseina / b-caseina / k-caseina a-lattoalbumina / b-lattoglobulina / sieroproteine / enzimi D Lattoperossidasi Fosfatasi alcalina Fosfatasi acida Lipasi Minerali 0,7 % ( Calcio / Fosforo / Sodio / Potassio / Magnesio / ………) S Vitamine idrosolubili ( vit. C, vit. B1, vit. B2, Niacina ) < 0,1 % S Gas disciolti ( CO2 / N2 / O2 ) < 0,1 % S

23 COMPOSIZIONE E PROPRIETÀ DEL LATTE COMPARATE PER ALCUNE SPECIE ANIMALI DI INTERESSE CASEARIO
Parametri Vacca Pecora Capra Bufala Acqua % Grasso % Proteine % Caseina % Albumine % Lattosio % Fosforo (mg / 100g) Calcio (mg / 100g) Ceneri % pH Acidità Titol. °SH/50 Densità (15°C) Punto crioscopico (-°C) Viscosità (Cp) 87,5 3,6 – 4,5 2,8 – 3,3 2,6 – 3,0 0,7 – 0,8 4,9 65 120 0,90 6,6 – 6,7 3,3 – 3,5 1,028 – 1035 0,52 – 0,55 2,0 81,3 4,5 – 7,5 4,6 – 6,0 4,5 1,5 4,1 80 180 1,10 6,5 – 6,8 4,0 – 4,5 1,034 – 1040 0,55 – 0,57 3,0 86,9 3,7 – 4,3 3,1 – 4,5 2,7 1,2 4,3 90 110 3,1 – 3,4 1,028 – 1034 0,52 – 0,54 2,1 84,5 7,0 – 9,6 3,5 – 5,7 2,8 – 4,2 0,7 – 1,0 4,8 120 –140 180 – 240 0,85 6,5 – 6,7 4,2 – 5,0 1,031 – 1034 0,56 – 0,59 2,3

24 Secondo la legislazione europea e italiana (Direttiva 92 / 46 e DPR 54 / 97) il residuo magro del latte non deve essere inferiore a 8,50 %. Il latte possiede una viscosità assoluta superiore a quella dell’acqua (1 centipoise a 20°C), facendo riscontrare valori compresi tra 1,5 e 2 centipoise a 20°C. La viscosità del latte tende a diminuire al crescere della temperatura. Il punto di congelamento è compreso tra – 0,520 e – 0,565°C; si tratta di una caratteristica assai costante nel latte poiché questo tende a rimanere isotonico con il sangue. Così, in condizioni di minore produzione di lattosio (il componente con maggiore effetto osmotico) tale effetto è compensato da un maggior contenuto in NaCl nel latte. Il punto di ebollizione del latte è pari a 100,15 – 100,17°C a pressione atmosferica. L’indice di rifrazione dipende dal lattosio e dai Sali solubili e risulta oscillare tra 1,3340 e 1,3480 a 20°C.

25 La composizione del latte varia nel corso della lattazione; immediatamente dopo il parto e per i primi 3 / 4 giorni, l’animale produce un latte di particolare composizione detto “Colostro”. Quest’ultimo è un liquido giallastro particolarmente ricco di proteine (globuline, albumine e caseina), Sali minerali e vitamine, e più povero in lattosio ed in azoto non proteico. Il colostro assume pienamente le caratteristiche normali del latte circa 10 giorni dopo il parto, ma già dopo 4 giorni la sua composizione è tale da renderlo utilizzabile a scopi caseari. Le variazioni subite dal latte durante le successive fasi della lattazione avvengono a carico delle proteine, del fosforo, del calcio e del residuo magro che, dopo un’iniziale diminuzione, tendono a rimanere costanti per aumentare al termine della lattazione. Analogo discorso vale per il tenore in grasso. Di contro il tenore del lattosio tende progressivamente a diminuire.

26 VALORE IGIENICO E SANITARIO DEL LATTE
Il latte è un eccellente terreno di crescita per i microrganismi sia esso raccolto manualmente che meccanicamente, sia che esso provenga da animali in perfetto stato di salute, può sempre contenere dei batteri e delle cellule del sangue e della mammella. Il contagio delle infezioni e la contaminazione batterica del latte avvengono spesso attraverso i sistemi di mungitura o direttamente tramite le ferite causate alla mammella da una mungitura brutale. La presenza di microrganismi nel latte può avere delle profonde ripercussioni sul sapore e sulla composizione del latte (off-flavour) o può essere inaccettabile per la patogenicità verso l’uomo

27 Il valore igienico e sanitario del latte è determinato soprattutto dalla presenza di batteri, cellule somatiche e in misura ridotta da lieviti e muffe (comunque la presenza di quest’ultimi non è quasi mai rilevante). La presenza di batteri e cellule somatiche assume particolare importanza, in quanto tali indici influiscono sulla conservabilità e sui processi tecnologici di trasformazione del latte. MICRORGANISMI NON PATOGENI Lattobacilli / Streptococchi / Clostridi / Escherichia Coli MICRORGANISMI PATOGENI Agenti della TBC bovina / Agenti del Tifo / Agenti della Brucellosi / Agenti del Colera CARICA BATTERICA Indica il numero di germi totali presenti in 1cm3 = 1 ml di latte e capaci di svilupparsi a 30° – 32°C per 48 – 72 ore. CELLULE SOMATICHE Si intendono sia i leucociti (globuli bianchi) sia le cellule derivanti da sfaldamenti epiteliali dell’epitelio della mammella

28 EFFETTO DELLA PRESENZA DI MASTITI SULLE CARATTERISTICHE DEL LATTE
Componente Tipo di variazione Variazione % Sostanza grassa Caseina as1 Caseina b Caseina k b-Lattoglobulina a-Lattoalbumina Sieroalbumina Immunoglobuline Peptoni Lattosio Vitamine Sodio Fosforo Calcio Sviluppo batteri lattici Sviluppo batteri anticaseari Resa in formaggio Diminuisce Aumenta Aumentano Diminuiscono 5 – 15 % 30 – 35 % 35 – 40 % 5 – 10 % 5 – 20 % 10 – 15 % 30 – 40 % 10 – 30 % 15 – 20 % 2 – 5 %

29 I TRATTAMENTI TERMICI NEL LATTE
TERMIZZAZIONE Il latte viene riscaldato al ricevimento oppure prima della coagulazione ad una T compresa tra i 50°C e i 65°C per 15 secondi. PASTORIZZAZIONE Il latte viene riscaldato ad una temperatura inferiore al suo punto di ebollizione e comunque per un t ed una T tale da non alterare in modo fondamentale le caratteristiche fisico–chimiche e nutritive e nello stesso tempo però in grado di distruggere tutti i microrganismi patogeni e la maggior parte dei microrganismi non patogeni: > 63°C per 30 minuti ( Pastorizzazione Bassa: LTLT ) > 71,7 °C per 15,5 secondi ( Pastorizzazione Alta: HTST ) > 85°C per 1 – 4 secondi ( Flash Pasteurization ) > 135°C per 1 secondo ( Trattamento UHT) STERILIZZAZIONE 110°C – 120°C per il processo di sterilizzazione del latte direttamente nei contenitori 130°C – 150°C per un secondo, processo di sterilizzazione UHT

30 PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL LATTE ALIMENTARE TRATTATO TERMICAMENTE
Parametro Latte Crudo Latte Crudo A. Q. Latte Pastorizzato Latte UHT Latte Sterilizzato Proteine > 2,8 % Sieroproteine > 14 % > 15,5% Grasso > 3,0% > 3,5 % R.S.M. > 8,5 % Fosfatasi Negativa Perossidasi Positiva Penicillina < 0,004mg/ml Altri Antibiotici Assenti Cellule Somatiche < /ml < /ml Germi Patogeni Coliformi < 1 UFC/ml

31 GLUCIDI DEL LATTE Il lattosio oltre alla sua importanza nutrizionale è anche importante dal punto di vista tecnologico: È importantissimo, per il neonato, infatti dal lattosio deriva il galattosio (indispensabile per la sintesi dei cerebrosidi). Nello stesso tempo però può determinare problemi seri dovuti all’intolleranza al lattosio (scomparsa dell’enzima lattasi); Il potere dolcificante del lattosio è 6 volte più debole di quello presentato dallo zucchero comune; È poco solubile, anche se tale caratteristica dipende dal rapporto fra gli anomeri a e b , tuttavia la sua solubilità è 10 volte inferiore a quella dello zucchero comune; È fortemente igroscopico (latte in polvere) / tende a cristallizzare nel latte concentrato; Determina la solubilità e la stabilità delle altre molecole presenti nel latte (proteine e globuli di grasso); È uno dei responsabili delle alterazioni di colore, aroma e sapore che avvengono nel latte in seguito al riscaldamento dello stesso; È il substrato principale delle fermentazioni microbiche del latte e casearie.

32 Latte sterilizzato a lunga conservazione
ALTERAZIONI LATTOSIO Alterazioni di tipo chimico dovute al riscaldamento del latte: Reazioni del lattosio da solo: avvengono in relazione alla T di riscaldamento cui è sottoposto il latte. Lattosio = glucosio + galattosio / Lattulosio = fruttosio + galattosio TIPOLOGIA DI LATTE LATTULOSIO ( mg/100g ) Latte crudo Latte pastorizzato Latte UHT 10 – 50 Latte sterilizzato a lunga conservazione 57 – 137

33 ESOSO (Glucosio o Galattosio) - 3 H2O IDROSSIMETIL FURFUROLO
Particolarmente importanti sono gli effetti derivanti dall’azione del riscaldamento sul lattosio, che provocano una serie di modifiche con la formazione di svariati composti, dipendenti dalla temperatura raggiunta, dal pH del mezzo, dalla presenza o meno di sostanze azotate che possono provocare la reazione di Maillard. Il lattosio (nel latte) sottoposto a riscaldamento ( 90 – 100°C e più come nei trattamenti UHT e di sterilizzazione del latte alimentare ), può perdere 3 molecole di acqua in una reazione di condensazione del tipo: ESOSO (Glucosio o Galattosio) - 3 H2O IDROSSIMETIL FURFUROLO ACIDO FORMICO + ACIDO LEVULONICO Questa alterazione può dare al latte un sapore anormale dovuto all’acido levulonico ed un odore pungente imputabile all’acido formico. Questi acidi favoriscono lo sviluppo della flora lattica, per cui nella produzione dello yogurt e nella preparazione del latte per la produzione dei fermenti si ricorre a trattamenti termici a temperature simili a quelle riportate

34 1-amino-1-deossi-chetoso
ALTERAZIONI LATTOSIO Reazione del lattosio con altre sostane presenti nel latte: riscaldando il latte si innesca una reazione autocatalitica tra il gruppo aldeidico del lattosio e i gruppi amminici liberi degli aminoacidi costituenti le proteine (reazione di Maillard). GLUCOSIO + RNH BASE DI SCHIFF GLUCOSILAMINA COMPOSTO DI AMADORI 1-amino-1-deossi-chetoso (Lattulosil-lisina) REAZIONE AVANZATA FUROSINA LISINA PIRIDOSSINA Idrolisi acida LIMITI DI LEGGE: 8,5 mg / 100 g di proteine per il latte fresco 12 mg / 100 g di proteine per la pasta filata

35 ALTERAZIONI LATTOSIO Alterazioni di tipo microbico o enzimatico dovute all’attività microbica o degli enzimi presenti nel latte: FERMENTAZIONE LATTICA (batteri lattici) A) Omolattica: C12H22O11 + H2O C6H12O Acido piruvico 4 Acido lattico B) Eterolattica: C12H22O11 + H2O C6H12O Acido lattico + 2 CO2 + 2 Etanolo FERMENTAZIONE LATTO-ALCOLICA (lieviti) C12H22O11 + H2O C6H12O Etanolo + 2 CO2 FERMENTAZIONE ACIDO-MISTA (batteri lattici) C12H22O11 + H2O Ac. lattico / Ac. succinico / Ac. acetico / Ac. Formico / Etanolo FERMENTAZIONE PROPIONICA FERMENTAZIONE BUTIRRICA FERMENTAZIONE DIACETALICA

36 LIPIDI NEL LATTE I lipidi presenti nel latte sono così classificabili:
LIPIDI NEUTRI ( glicerolo esterificato nelle posizioni 1, 2, 3 con 3 molecole di acidi grassi ); % LIPIDI POLARI ( glicerolo esterificato nelle posizioni 1e 2 con 2 molecole di acidi grassi e nella posizione 3 con un gruppo fosfato a sua volta legato ad una base organica, normalmente aminica. Fosfolipidi caratteristici del latte: lecitina, cefaline, sfingomieline ); 1% INSAPONIFICABILE ( steroli e vitamine liposolubili: A, D, E, K ); 1% Il grasso è presente sottoforma di emulsione in globuli di diametro variabile e dispersi nella fase acquosa: il 20 % dei globuli ha un diametro di 2 – 8 mm, il restante 80 % dei globuli presenta un diametro compreso tra 0,5 – 1 mm.

37 LIPIDI NEL LATTE La membrana esterna dei globuli di grasso implica conseguenze molto importanti: RELATIVA STABILITÀ DELL’EMULSIONE PLASMA LATTEO – LIPIDI PROTEZIONE DALLE ALTERAZIONI PROBLEMI NELLA BURRIFICAZIONE DELLA CREMA INTERAZIONI TRA GLOBULI DI GRASSO E MICELLE CASEINICHE

38 CH2OH CHOH + RCOOH CH2OCOR CHOCOR - 3 H2O Glicerina Acidi grassi Trigliceride Si è soliti denominare grassi i lipidi che a temperatura ambiente si presentano allo stato solido, mentre si identificano con oli i lipidi che a temperatura ambiente si presenatano allo stato liquido. I grassi sono sostanze instabili e vanno facilmente soggetti a processi di idrolisi (saponificazione o idrolisi alcalina) e di ossidazione (irrancidimento). Sono generalmente insolubili in acqua e solubili in solventi organici (acetone, etere). La loro caratterizzazione chimica comporta l’identificazione di tutti gli acidi grassi che li compongono. Tale caratterizzazione viene effettuata mediante gascromatografia o in modo indiretto attraverso l’esame di alcuni indici da cui si può estrapolare in modo indiretto la composizione media in acidi grassi del grasso in esame

39 FORMAZIONE DI UN TRIGLICERIDE
CH2 OH CH OH R – COOH CH2 OOC – R CH OOC – R1 CH2 OOC – R2 R1 – COOH + H2O + R2 – COOH Glicerolo Acidi grassi Trigliceride misto CH2 – Oleico CH – Palmitico CH2 – Butirrico

40 I principali numeri di tali indici sono i seguenti:
Numero di saponificazione: rappresenta il numero di ml di KOH necessari per saponificare gli acidi grassi liberi e combinati presenti in 1 grammo di grasso; tale numero indice permette di avere delle informazioni del peso molecolare medio , ovvero della lunghezza delle catene degli acidi grassi presenti, infatti tanto minore è il peso molecolare, tanto maggiore sarà il quantitativo di alcali necessario per saponificare una stessa quantità di grasso. Numero di iodio: esprime il numero di grammi iodio che possono essere fissati da 100 grammi di grasso fuso e filtrato. Lo iodio si fissa esclusivamente sui doppi legami degli acidi grassi; questo numero esprime il grado di insaturazione degli acidi grassi presenti ed è tanto più alto quanto più il grasso è ricco di acidi insaturi R C C R H H I2 R C C R H H I

41 Numero di acidità: rappresenta il numero di ml di una soluzione alcalina che sono necessari per neutralizzare alla fenolftaleina 100 grammi di grasso. Tale numero esprime il quantitativo di acidi grassi liberi di un grasso ed è tanto più elevato quanto più tale tenore è alto. Numero di Reichert-Meissel-Wollny (RMW): si tratta del numero di ml di NaOH 0,1 N necessari per neutralizzare alla fenolftaleina gli acidi grassi volatili solubili in acqua (butirrico e capronico) presenti in 5 grammi di grasso fuso e filtrato. Numero di Polenske: si tratta del numero di ml di una soluzione 0,1 N di NaOH impiegati per neutralizzare gli acidi grassi volatili insolubili (caprilico e capronico) in acqua in 5 grammi di grasso fuso e filtrato.

42 Numero di Saponificazione
Caratteristiche del grasso del latte rispetto ai grassi comuni Grasso Indice R.M.W. Indice di Polenske Numero di Iodio Numero di Saponificazione Latte di Vacca 25 – 33 1,5 – 3 32 – 42 220 – 232 Latte di Capra 19 – 25 5 – 10 232 – 240 Latte di Pecora 25 – 31 4,3 – 6,6 30 – 35 230 – 245 Latte di Donna 1,4 – 2,7 1,7 – 2,2 44 – 47 205 – 212 Olio commestibile 0 – 1 85 – 90

43 LIPIDI: ACIDI GRASSI DEL LATTE
ACIDI GRASSI SATURI 67 % Distribuzione % Acido butirrico C4 3 – 4 % Acido capronico C6 2 – 5 % Acido caprilico C8 1 – 1,5 % Acido caprinico C10 2 % Acido laurico C12 3 % Acido miristico C14 11 % Acido palmitico C16 25 – 30 % Acido stearico C18 12 % Acido arachico C20 0,2 % ACIDI GRASSI INSATURI 33 % Acido palmitoleico C16 : 1 Acido oleico C18 : 1 23 % Acido vaccenico 2 – 3 % Acido linoleico C18 : 2 Acido linolenico C18 : 3 0,5 % Acido arachidonico C20 : 4

44 ALTERAZIONI DEL GRASSO
I lipidi ed i grassi essendo composti instabili sono soggetti a numerose reazioni. Il legame estere tra un acido grasso ed una funzione estere del glicerolo può essere attaccato in diversi modi. Le reazioni più importanti, per le loro conseguenze tecnologiche, igieniche e nutrizionali sono: Irrancidimento idrolitico o lipolitico Irrancidimento chetonico o b-ossidativo Irrancidimento ossidativo

45 IRRANCIDIMENTO IDROLITICO O LIPOLITICO
CH2 OH CH OH CH2 OOC – R CH OOC – R1 CH2 OOC – R2 + 3 R – COOH + H2O enzimi lipolitici Acidi grassi liberi Trigliceride misto Glicerolo

46 IRRANCIDIMENTO CHETONICO O b-OSSIDATIVO
R – C – CH2 –COOH O b a O2 R – CH2 – CH2 –COOH b-ossidasi b-chetoacido Acido grasso libero O CO2 + R – C – CH3 Metil – chetone

47 IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO
FASE DI INDUZIONE – CH CH –CH2 – + Me – CH CH –CH – + H. molecola n° 1 FASE DI PROPAGAZIONE radicale perossidico – CH CH –CH – + O2 – CH CH –CH – O + – CH CH –CH – + – CH CH –CH – O OH – CH CH –CH2 – molecola n° 2 idroperossido

48 IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO
FASE DI TERMINAZIONE – CH CH –CH – – CH CH –CH – + – CH CH –CH – – CH CH –CH – O + – CH CH –CH – – CH CH –CH – O – CH CH –CH – O + – CH CH –CH – O – CH CH –CH – O – CH CH –CH – O

49 FATTORI CHE NON FAVORISCONO L’IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO
FATTORI CHE FAVORISCONO L’IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO Presenza di ossigeno Presenza di ioni metallici (Cu, Fe, ecc.) Luce solare (in particolare i raggi UV) Temperature elevate Grado di insaturazione dei grassi Scarsità di sostanze antiossidanti (fosfolipidi e altre sostanze insaponificabili) FATTORI CHE NON FAVORISCONO L’IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO Carenza dei fattori indicati precedentemente Sostanze antiossidanti presenti naturalmente (vitamina C e vitamina E) Fosfolipidi delle membrane dei globuli di grasso Gruppi SH delle sieroproteiene (il gruppo SH ha un notevole potere di legare l’O2)

50 AMMINOACIDI PROTIDI POLIPEPTIDI PROTEINE ETEROPROTIDI OLOPROTIDI Glicoproteine Fosfoproteine Lipoproteine Nucleoproteine

51 Le proteine semplici, così come la parte essenziale delle proteine coniugate, sono polimeri di un certo numero di a-amminoacidi nella forma L. Gli a-amminoacidi sono quelli in cui il gruppo amminico (NH2) è legato allo stesso atomo di carbonio a cui è legato il carbossile e rispondono alla seguente formula generale: COOH C H NH2 R Il gruppo R varia dall’uno all’altro amminoacido. Gli a-amminoacidi contengono sempre un atomo di carbonio asimmetrico per cui risultano otticamente attivi. Gli amminoacidi che compongono le proteine sono sempre del tipo L, che analogamente a quanto visto per gli zuccheri ha un significato convenzionale rispetto alla disposizione della L-gliceraldeidie: COO- C H NH3 + R CHO C H OH CH2OH L- Amminoacido L- Gliceraldeide

52 Proporzioni Degli Elementi Costituenti Le Proteine
Gli amminoacidi sono costituiti essenzialmente da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto e così le proteine risultano costituite da questi elementi in proporzioni che rispecchiano le proporzioni degli stessi contenuti negli amminoacidi. Con deboli variazioni dall’una all’altra proteina, le proporzioni degli elementi componenti sono le seguenti: Proporzioni Degli Elementi Costituenti Le Proteine Carbonio ca. 53 % Ossigeno ca. 24 % Azoto ca. 16 % Idrogeno ca. 7 % Il contenuto di azoto medio delle proteine è pari al 16%, che considerato in frazione percentuale (100:16) dà un coefficiente pari a 6,25. Questo coefficiente (coefficiente di Kjeldhal) o coefficienti simili, secondo la diversa composizione base delle proteine che si debbono analizzare, è quello utilizzato analiticamente per la determinazione del contenuto in proteine di una sostanza. Il metodo di Kjeldhal consiste infatti nel determinare preliminarmente il contenuto di azoto della sostanza in esame (che si esprime come ammoniaca) e moltiplicare lo stesso per questo, o simile, coefficiente per derivare il contenuto in proteine totali. Nel latte e nei prodotti lattiero-caseari il titolo medio di azoto riscontrato nelle proteine è pari a 15,65 % ed il coefficiente Kjeldhal ufficialmente adottato è quindi pari a 6,38.

53 Il legame che nelle proteine unisce gli amminoacidi in lunghe catene è caratteristico ed è chiamato legame peptidico. Esso risulta dalla reazione fra un gruppo amminico di un amminoacido e il gruppo carbossilico di un altro amminoacido con liberazione di acqua. La stessa reazione può ripetersi a destra o a sinistra per mezzo di nuovi legami peptidici con altri amminoacidi, arrivando alla formazione di catene polipeptidiche anche molto lunghe alle cui estremità si trovano sempre due amminoacidi: l’uno con il gruppo amminico libero, l’altro con il gruppo carbossilico libero. N CH CO R2 H N CH COOH R3 H H2N H2N CH CO R1 OH H OH H H2N CH CO R1 N R2 H COOH R3

54 AMMINOACIDI TROVATI NELLE PROTEINE DEL LATTE
Glicina Alanina Serina Cisteina Treonina Valina Metionina Leucina Isoleucina Fenilalanina Tirosina Triptofano Acido aspartico Asparagina Acido glutammico Glutammina Amminoacidi acidi Amminoacidi alifatici Amminoacidi neutri Arginina Lisina Istidina Amminoacidi basici Amminoacidi aromatici Imminoacidi Prolina

55 PROTEINE DEL LATTE Nel latte le sostanze azotate presenti assommano al 3 – 3,4 % nel modo così ripartito: proteine dializzabili (caseina e sieroproteine) – circa il 95 %; sostanze azotate non proteiche non dializzabili (urea, nucleotii, amminoacidi liberi, ecc.) – circa il 5 % Distribuzione media delle frazioni azotate nel latte di vacca, pecora e capra % di Vacca Capra Pecora Proteina grezza (N x 6,38) Proteina vera (N-NPN) 6,38 Caseina 77,8 82,0 75,6 82,7 78,5 82,4 Sieroproteine 17,0 18,0 15,7 17,3 16,8 17,6 NPN 5,2 8,7 4,7

56 Le proteine del latte vengono così classificate:
PRIMO GRUPPO Caseina as1 / Caseina as2 / Caseina b / Caseina k / b-lattoglobulina / a-lattoalbumina SECONDO GRUPPO Sieroalbumina / Immunoglobuline / Lattoferrina / Proteoso – peptone / Ceruloplasmina Lipasi / Proteasi / Fosfatasi alcalina / Lattoperossidasi / Lisozima TERZO GRUPPO Caseina g1 / Caseina g2 / Caseina g3 / Caseina l La caseina del latte non è costituita a una singola proteina, ma da distinti gruppi similari di proteine identificabili, con diversa velocità elettroforetica e denominate appunto caseina a, caseina b, caseina k, caseina g e l (queste ultime considerate oramai frammenti della caseina k

57 Caseina as [ 4,9 ] Caseina b [ 5,7 ] Caseina k [ 5,1]
Fosfoproteina costituita da una singola catena polipeptidica (199 AA) e 8 gruppi fosfato legati in forma estere ad altrettanti residui di Serina. Le varianti s1, s2, s3, presentano un differente numero di gruppi fosfato legati ad amminoacidi differenti. Amminoacidi terminali: arginina (NH2) e triptofano (COOH) Caseina b [ 5,7 ] Fosfoproteina costituita da una singola catena polipeptidica (209 AA) e 5 gruppi fosfato legati in forma estere ad altrettanti residui di Serina. La b caseina è la caseina più idrofobica Amminoacidi terminali: arginina (NH2) e valina (COOH) Caseina k [ 5,1] Fosfoglicoproteina costituita da una singola catena polipeptidica (169 AA) e 1 gruppo fosfato legato in forma estere ad un residuo di Serina e da 5 gruppi glucidici. Alla k caseina si attribuisce il compito di stabilizzare le micelle di caseina; il legame (fenilalanina-metionina) di tale catena polipeptidica è particolarmente sensibile all’azione della chimosina: la sua rottura infatti da inizio alla coagulazione del latteè da luogo alla formazione di due tronconi polipeptidici chiamati “para k caseina” e “caseinoglicopeptide”, quest’ultimo riunisce tutti i gruppi glucidici della k caseina facendo perdere in tal senso l’effetto di colloide protettore delle micelle caseiniche.

58 Un’altra classe di proteine del latte: le Sieroproteine
Proteine solubili, dato che residuano dopo la precipitazione delle caseine; Il contenuto in amminoacidi solforati (metionina, cisteina e cistina) è superiore rispetto a quello presente nelle caseine; Minore peso molecolare rispetto a quello delle caseine, tale peculiarità determina fra l’altro che tale tipologia di proteine non precipiti una volta raggiunto il punto isoelettrico (pH circa di 6); Le sieroproteine non sono presenti nel plasma latteo in forma di aggregati proteici (a differenza delle caseine) ma come monomeri o polimeri; Le sieroproteine non precipitano a seguito di un’azione enzimatica ma a seguito di riscaldamento inteso o per salatura; Le sieroproteine non contengono né gruppi fosfato né molecole zuccherine.

59 b-lattoglobulina La più rappresentata delle proteine del siero, costituita da 152 AA. Nella sequenza amminoacidica figurano 5 residui di cisteina dei quali quattro danno origine a legami bisolfuro. Polimorfismo genetico: Variante A / Variante B / Variante C / Variante D / Variante E a-lattoglobulina Costituita da 123 AA. Nella sequenza amminoacidica figurano 8 residui di Cisteina i quali danno tutti origine a legami bisolfuro. Polimorfismo genetico: Variante A / Variante B sieroalbumina Costituita da 542 AA. Nella sequenza amminoacidica figurano 35 residui di Cisteina che danno luogo alla formazione di 17 legami bisolfuro. immunoglobuline Classe proteica costituita da diversi composti: IgG1 / IgG2 / IgGA / IgM

60 Proteoso – peptoni Metalloproteine
Tali molecole amminoacidiche non hanno la dimensione molecolare caratteristica di una proteina ( PM > ) ma al tempo stesso non sono neppure assimilabili all’azoto non proteico. Ad un componente dei proteoso – peptoni, il sigma proteoso, ed alla sua interazione con la caseina, si deve la formazione della “pelle” che affiora nel latte bollito. Metalloproteine La lattoferina, la transferrina e la ceruplasmina sono delle proteine importanti per la fissazione dei metalli pesanti.

61 SOSTANZE AZOTATE NON PROTEICHE: NPN Sostanze azotate non proteiche
Tale categoria di sostanze nel latte dei ruminanti rappresenta un modesto quantitativo rispetto all’azoto presente complessivamente: dal 5 al 7%. La stessa tipologia di sostanze nel latte umano rappresenta una delle frazioni più importanti: 15 – 25%; la sostanza più abbondante di questa frazione è l’urea, seguita dalla creatina, dalla creatinina e dall’ammoniaca. Sostanze azotate non proteiche Latte Vacca Pecora Urea 32, ,79 Amminoacidi 22, ,66 Creatinina 1, ,69 Creatina 2, ,41 Azoto ammonico 0, ,99 Acido urico 0, ,10 Indeterminate 40, ,34

62 ENZIMI DEL LATTE Il latte contiene allo stato nativo un gran numero di enzimi attivi, oltre sessanta dei quali sono stati identificati. Alcuni di tali enzimi si trovano sullo strato superficiale dei globuli di grasso (aldeido-reduttasi, fosfatasi), altri precipitano con la caseina al punto isolettrico (proteasi, catalasi, lipasi, ecc.). A questi enzimi naturali devono inoltre aggiungersi gli enzimi derivanti dai batteri presenti nel latte. L’importanza degli enzimi nel latte deriva dal fatto che: alcuni sono responsabili della degradazione di alcuni componenti fondamentali del latte, per cui vengono ad avere un’importanza tecnologica non indifferente (proteasi,, lipasi); la loro stabilità al calore permette di poter monitorare l’entità dei trattamenti termici cui il prodotto è stato sottoposto (fosfatasi alcalina); possono dare un’indicazione della qualità igienica del latte, poiché il quantitativo di alcuni enzimi è strettamente correlato alla carica batterica e leucocitaria del latte (catalasi e lattoperossidasi); differenze nei quantitativi enzimatici possono permettere di differenziare latte proveniente da specie diverse (xantinossidasi); Alcuni enzimi sono dotati di attività battericida e apportano una certa protezione al latte (lisozima, lattoperossidasi).

63 LIPASI Attività peculiare è quella di idrolizzare i legami esteri dei trigliceridi presenti nel latte. Distinguiamo una lipasi presente naturalmente nel latte da quella invece di origine microbica molto più termoresistente. La lipasi naturale del latte è la principale responsabile dei fenomeni di irrancidimento idrolitico del latte. PROTEASI Tale attività nel latte è fondamentalmente eseguita da due enzimi proteolitici specifici: Plasmina e Proteasi acida; alla Plasmina è imputabile l’azione sulla b-caseina e la conseguente formazione della g-caseina e di altri peptoni. La Proteasi acida è invece molto più attiva nei riguardi della a-caseina.

64 FOSFATASI Nel latte sono presenti due enzimi che idrolizzano gli esteri fosforici: fosfatasi alcalina fosfatasi acida La fosfatasi alcalina è abitualmente utilizzata per testare l’idoneità dei trattamenti di pastorizzazione (viene disattivata a 72°C per 15,5 secondi). La fosfatasi acida per la sua azione defosforilante sulle caseine è particolarmente importante per l’attività degli enzimi del caglio, permettendo realmente la lisi molecolare di tali proteine. Si tratta a differenza della fosfatasi alcalina di un enzima particolarmente termoresistente (viene disattivata a 95°C). LATTOPEROSSIDASI Si tratta di un enzima particolarmente termoresistente (80°C per 20 secondi, 75°C per 20 minuti; per cui la sua disattivazione è indice di una pastorizzazione eseguita per tempi prolungati o a temperature eccessive.

65 K / Ca / Citrico / Fosfati
COMPONENTI MINERALI Il contenuto in componenti minerali ne latte è di circa 1g per 100 ml di latte; i Sali presenti sono costituiti da radicali cationici e da anioni inorganici e organici, con una netta prevalenza dei primi sui secondi: K / Ca / Citrico / Fosfati Nel corso della lattazione normale il tenore in elementi minerali del latte varia poco e l’alimentazione delle lattifere influisce poco. Il colostro è molto ricco in componenti minerali, ma nell’arco di 10 giorni tale quantitativo decresce per poi mantenersi a valori sostanzialmente costanti nel tempo

66 Valori medi in differenti tipologie di latte (g / litro)
Elementi Valori medi in differenti tipologie di latte (g / litro) Capra Pecora Umano Potassio (K2O) 1,9 (2,3) 1,3 (1,6) 0,6 (0,85) Sodio (Na2O) 0,4 (0,54) 0,45 (0,6) 0,17 (0,25) Calcio (CaO) (1,8) 2,10 (3,0) 0,3 (0,42) Magnesio (MgO) 0,14 0,16 0,04 (0,07) Fosforo (P2O4) 1,0 1,5 (3,7) (0,4) Cloro (NaCl) (2,5) 0,1 (1,85) (0,75) Zolfo 0,2 0,15 Acido Citrico 0.8 Ceneri 8,0 11,0 2,5

67 VITAMINE Le vitamine sono piccole molecole di varia struttura, anche molto complessa, che hanno un rapporto molto stretto con gli enzimi esercitando, per la maggior parte, il ruolo di coenzimi. Il latte è abbastanza ricco di vitamine, tanto da ritenerlo uno dei migliori alimenti vitaminici, in esso è infatti possibile riscontrare: Vitamine liposolubili: A, D, E, K Vitamine idrosolubili: B1, B2, B6, B12, PP, C, H, acido pantotenico, acido folico, inositolo Vitamine termolabili: D, C, K, acido pantotenico, vitamine del gruppo B Vitamine termostabili: A, E, PP, H

68 PRINCIPALI ANALISI QUALITATIVE E DI SALUBRITÀ EFFETTUATE SUL LATTE

69 DENSITÀ O PESO SPECIFICO
Il valore finale di tale parametro dipende dal plasma latteo (Acqua + Residuo secco magro) con un valore medio di 1,036 – 1,037 (g/ml) e dal grasso avente una densità media pari a 0,930 – 0,950; Il valore della densità è influenzato dalla temperatura: d 15°C = d T °C + 0,0002 (T°C –15°C) Secondo le norme europee e italiane il latte vaccino per essere commercializzato e trasformato deve avere una densità compresa tra 1,028 e 1,033 e comunque mai inferiore a 1,028. La misuara di tale parametro viene effettuata mediante il densimetro di Quevenne attraverso il quale è possibile risalire facilmente ai gradi densimetrici. La densità del latte dipende dalla ricchezza o povertà di tutti i componenti in soluzione e dispersione, è peratanto un indice della ricchezza compositiva del latte: in genere maggiore è il valore della densità più il latte è ricco.

70 Parametri Vacca Pecora Capra Bufala Grasso % Proteine % Caseina %
Albumine % Lattosio % Fosforo (mg / 100g) Calcio (mg / 100g) Ceneri % Densità (15°C) 3,6 – 4,5 2,8 – 3,3 2,6 – 3,0 0,7 – 0,8 4,9 65 120 0,90 1,028 – 1035 4,5 – 7,5 4,6 – 6,0 4,5 1,5 4,1 80 180 1,10 1,034 – 1040 3,7 – 4,3 3,1 – 4,5 2,7 1,2 4,3 90 110 1,028 – 1034 7,0 – 9,6 3,5 – 5,7 2,8 – 4,2 0,7 – 1,0 4,8 120 –140 180 – 240 0,85 1,031 – 1034 I latti di pecora, capra e bufala più ricchi compositivamente del latte vaccino normalmente indici di densità superiori. Dipendente dalla differenza di densità tra i componenti grassi del latte e la matrice acquosa è il processo di affioramento della panna, infatti la velocità di affioramento fra i vari parametri è direttamente proporzionale alla differenza di peso specifico fra il plasma latteo e i globuli di grasso.

71 ESTRATTO SECCO E RESIDUO SECCO MAGRO
Per sostanza secca o residuo secco s’intende il peso dei costituenti del latte non volatili alla temperatura di 100°C. Determinato sperimentalmente pesando 10g di latte in una capsula evaporando a secco a bagnomaria, ponendo poi la capsula in stufa a 100°C per due ore, quindi raffreddando la stessa in un essiccatore e pesando il residuo così ottenuto, che moltiplicato per 10 dà il “Residuo secco totale”. L’estratto secco del latte si può ricavare anche empiricamente utilizzando la formula di Fleischman   RS = 1,2 * G + 2,665 * ( 100 P –100 ) / P RS è il % di sostanza secca in 100g di latte; G è il % di grasso in; P è il peso specifico o la densità del latte. Il “Residuo secco magro” si ottiene sottraendo dal “residuo secco totale” il contenuto di grasso determinato a parte utilizzando il butirrometro di Gerber: RSM = ES – G

72 Residuo Secco Latte Intero : 12,50 – 13,00 %
Residuo Secco Latte Magro : 8,50 – 10,2 % Per il latte vaccino il “limite legale” relativo all’estratto secco magro è di 8,50% (in taluni casi viene anche considerato pari al 9%) ; Per il latte ovino il “limite legale” relativo all’estratto secco magro è dell’11% ; Esempio. Un campione di latte su cui è stata effettuata la determinazione dell’estratto secco magro ha dato un valore pari a 7,65%, ciò significa che: 8,50 – 7,65 = 0,85 (0,85 / 8,50 ) x 100 = ~10% Pertanto a questo campione di latte è stato aggiunto circa un 10% di acqua

73 PUNTO DI CONGELAMENTO Si definisce punto di congelamento la temepratura alla quale la fase solida (ghiaccio) e quella liquida (acqua o soluzione acquosa) coesistono, hanno cioè uguale tensione di vapore. Il punto di congelamento o punto crioscopico del latte è un indice importante ed ufficiale che permette di verifcare l’effettuazione di un eventuale annacquamento. La variabilità di tale indice dipende esclusivamente dal numero di molecole o di moli in soluzione vera Il latte a differenza dell’acqua congela a una temperatura inferiore a 0°C, poichè le sostanze disciolte abbassano il punto di congelamento del solvente. Poichè le sostanze che influenzano l’indice crioscopico del latte sono tra le più costanti (zuccheri e sostanze minerali), questo parametro può essere impiegato internazionalemte per il riconoscimento di un eventuale annacquamento del latte

74 PUNTO DI CONGELAMENTO LATTE VACCINO da - 0,530°Ca - 0,540°C
PUNTO DI CONGELAMENTO LATTE DI PECORA da - 0,535°C a - 0,565°C Annacquamento del latte per crioscopia: ACQUA % = { 100 * [ D -DI ]} / D D = Punto crioscopico normale del latte DI = Punto crioscopico determinato del campione sospetto Annacquamento del latte via residuo secco magro: % DI H2O AGGIUNTA A 100 Kg DI LATTE PURO = {100 * [ rI - r ]} / rI rI = residuo secco sgrassato relativo a un campione testimone r = residuo seccco sgrassato relativo al campione sospetto

75 % DI GRASSO PRELEVATO = 100 *[ ( f1 – f ) ] / f1
Scrematura % DI GRASSO PRELEVATO = 100 *[ ( f1 – f ) ] / f1 F1 = % materia grassa campione testimone F = % materia grassa campione sospetto Scrematura ed annacquamento combinati % DI ACQUA AGGIUNTA = ( [ r1 * w ] / r – w1) % DI CREMA PRELEVATA = * r1 = residuo secco sgrassato campione testimone r = residuo secco sgrassato campione sospetto f1 = % materia grassa campione testimone f = % materia grassa campione sospetto w1 = contenuto in acqua campione testimone w = contenuto in acqua campione sospetto f * r1 f1 * r

76 Determinazione del grasso
Tale parametro viene determinato attraverso il classico metodo di Gerber, che si basa sul principio che mescolando acido solforico avente peso specifico 1,82, questo discioglie tutti i componenti del latte, fatta eccezione del grasso che resta inalterato e che può quindi essere separato il tutto risulta favorito aggiungendo una piccola quantità di alcool amilico. Praticamente la misura viene eseguita ponendo all’interno del butirrometro di Gerber: 10 ml di acido solforico 11 ml di latte 1 ml di alcool amilico A questo punto si osserva un notevole riscaldamento dovuto all’idratazione dell’acido solforico e alla parziale carbonizzazione dei costituenti organici del latte; a questo punto il butirrometro viene posto all’interno di una centrifuga per agevolare la separazione della fase lipidica dalla fase organica bruciata e poter leggere quindi direttamente dalla scala graduata del butirrometro la percentuale di grasso presente.

77 Equazione di Anderson - Hasselbach
pH e ACIDITÀ L’acidità del latte rappresenta la quantità globale degli idrogenioni dissociati (dissociazione elettrolitica) in esso contenuti, tale parametro si misura attraverso la misura del pH che rappresenta pertanto l’acidità vera del latte espressa come concentrazione di ioni H+. pH = log [ H + ] = log log pK = log pH = pK + log Ka 1 H2O OH- Ka 1 H2O OH- Equazione di Anderson - Hasselbach I valori di pH che scendono da 7 fino a 0 rappresentano in scala crescente i diversi livelli di acidità, mentre i valori che salgono da 7 fino a 14 rappresentano in scala crescente i livelli di basicità, fermo restando che il valore 7, pH dell’acqua pura bidistillata rappresenta il punto di neutralità

78 L’acidità di titolozazione del latte è data dal contributo di:
Tipologia latte pH Latte fresco di vacca 6,6 – 6,8 Latte fresco di pecora 6,4 – 6,8 Latte fresco di capra 6,5 – 6,7 Latte fresco di bufala Latte fresco di donna 7,0 – 7,2 L’acidità del latte è data pure dagli ml di una soluzione a titolo noto di NaOH necessari per portare il pH di una certa quantità di latte al pH di viraggio della fenolftaleina (pH 8,3). L’acidità di titolozazione del latte è data dal contributo di: neutralizzazione gruppi acidi caseina neutralizzazione dei fosfati acidi, dell’acido carbonico e di altri anioni minerali neutralizzazione di acidi organici reazione secondarie di over-run 3 Ca H2PO Ca3(PO4) H+

79 Valori di pH e acidità per il latte vaccino
Tipologia prodotto Acidità °D °SH 6,6 – 6,8 Latte fresco di vacca 16 – 19 7 – 8,5 6,9 – 7,2 Latte di tipo alcalino: latte patologico (latte mastitico), latte di fine lattazione, latte fortemente annacquato 15 e – 6,5 e – 6,5 – 6,6 Latte leggermente acido: latte di inizio lattazione, latte di massa 19 – 20 8,4 – 8,9 6,4 Latte che non sopporta la sterilizzazione a 110°C ~ 20 ~ 8,9 6,1 Latte che non sopporta la pastorizzazione a 72°C ~ 24 e + 10,7 e + 5,2 Latte che inizia a flocculare già a temperatura ambiente 55 – 60 24,4 – 26,7 Siero (latticello) 9 – 13 25 – 27

80 Determinazione dell’acidità:
L’acidità viene espressa come gradi Soxlet-Henkel (SH°), ed è data dal numero di ml di NaOH 0,25 N impiegati per ottenere il viraggio dell’indicatore fenolftaleina dall’incoloro al rosa in 100 ml di latte; L’acidità viene espressa come gradi Soxlet-Henkel (SH / 50), ed è data dal numero di ml di NaOH 0,25 N impiegati per ottenere il viraggio dell’indicatore fenolftaleina dall’incoloro al rosa in 50 ml di latte; L’acidità viene espressa come gradi Dornic (D°), ed è data dal numero di ml di NaOH 0,1 N impiegati per ottenere il viraggio dell’indicatore fenolftaleina dall’incoloro al rosa in 10 ml di latte;

81 °S.H. = (4 x °D) / 9 °D = (9 x °S.H.) / 4
UNITÀ DI MISURA ACIDITÀ: Gradi Dornic, Gradi Soxlet-Henkel, % di acido lattico ° SH ° DORNIC ° LATTICI 6 13,50 0,1350 7 15,75 0,1575 8 18,00 0,1800 9 20,25 0,2025 10 22,50 0,2250 11 24,75 0,2475 Formule di conversione °S.H. = (4 x °D) / °D = (9 x °S.H.) / 4 1°SH = 0,0225 di acido lattico. Un latte fresco vaccino risulta avere 0,14 – 0,16 °L ; i gradi lattici esprimono la percentuale di acido lattico presente nel dato campione.

82 DETERMINAZIONE ANTIBIOTICI
DELVOTEST Saggio qualitativo: Test specifico per la determinazione di residui antibiotici e sulfamidici nel latte. All’interno di una fiala contenente BACILLUS STEARO-THERMOPHILUS CALIDOLACTIS in mezzo solido si aggiunge una compressa nutritiva e 5 gocce del nostro campione di latte; mettere in un termostato a 64° C per 3 ore. Interpretazione dei risultati giudicando il colore del fondo del mezzo solido: 1. Colorazione gialla, indica l’assenza di residui di antibiotici e sulfamidici; 2. Colorazione viola, indica la presenza di antibiotici e sulfamidici; 3. Colorazione in parte gialla e in parte viola, sta ad indicare la presenza di antibiotici e sulfamidici in una concentrazione tollerabile.

83 FORMAGGI

84 DEFINIZIONI FORMAGGI Ginevra 1908 Il prodotto di maturazione della cagliata, ottenuta mediante coagulazione presamica o acida del latte intero o scremato parzialmente o totalmente, con o senza aggiunta di coloranti e di sale sufficientemente liberato dal siero di latte Codex Alimentarius Formaggio è il prodotto fresco o maturato, solido o semisolido derivato dal latte nel quale il rapporto sieroproteine / caseine non eccede quello del latte, ottenuto per: coagulazione (parziale o totale) delle seguenti materie prime: latte, latte scremato, latte parzialmente scremato, panna, latticello, tramite l’azione del caglio o altri coagulanti adatti, con parziale drenaggio del siero; da procedimenti tecnici comprendenti la coagulazione del latte e/o sostanze derivate dal latte capaci di dare un prodotto finale simile per caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche ai prodotti classificati sotto la voce formaggi

85 Altre classificazioni
Stagionati “formaggi non pronti per il consumo immediatamente dopo la fabbricazione, ma che devono essere mantenuti per un certo tempo a temperature e condizioni determinate tali da risultare in cambiamenti fisico-chimici capaci di caratterizzare il formaggio” Formaggi muffettati o muffettati stagionati “ formaggi nei quali la maturazione si realizza preliminarmente attraverso lo sviluppo e la crescita di muffe caratteristiche all’interno e/o sulla superficie del formaggio” Formaggi freschi o non stagionati “formaggi pronti per il consumo immediatamente dopo la fabbricazione

86 Per la legge italiana la denominazione “Formaggio” è riservato al prodotto che si ricava dal latte intero o parzialmente o totalmente scremato, oppure dalla panna in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e di sale. Da tale definizione ne scaturisce che non si può definire formaggio un prodotto che: non derivi da latte o da panna ma da sottoprodotti, o derivi da latte cui sono stati aggiunti sottoprodotti (es. siero). In base a tale definizione la ricotta non è un formaggio, mentre il mascarpone (derivante dalla panna) si. non si possono definire formaggi i derivati del latte coagulati o stabilizzati col calore teoricamente non si potrebbe definire formaggio il prodotto derivante da latte concentrato

87 TALEGGIO, GORGONZOLA, ROBIOLA STAGIONATA, CRESCENZA, ITALICO, CACIOTTA
Formaggi a Pasta Molle Maturazione rapida(da 6 gg a 6 mesi); percentuale di umidità 45 – 55%; coagulazione lenta; notevole acidità; spurgo spontaneo; crosta per lo più ammuffita responsabile della caratteristica colorazione TALEGGIO, GORGONZOLA, ROBIOLA STAGIONATA, CRESCENZA, ITALICO, CACIOTTA Formaggi a Pasta Semidura e Dura Maturazione media o lunga; cagliata cotta in caldaia; molto disidratati di lunga conservazione GRANA PADANO, PARMIGGIANO REGGIANO, PECORINO SICILIANO, EMMENAL, ASIAGO Formaggi a Pasta Filata Tenera Sono caratterizzati dalla peculiare proprietà della caseina di lasciarsi filare in opportune condizioni di acidità e temperatura; la filatura avviene quando la cagliata ha eliminato parte del calcio combinato; umidità elevata MOZZARELLA DI BUFALA, FIOR DI LATTE, SCAMORZA, PROVOLA Formaggi a Pasta Filata Dura Sono caratterizzati dalla peculiare proprietà della caseina di lasciarsi filare in opportune condizioni di acidità e temperatura; la filatura avviene quando la cagliata ha eliminato parte del calcio combinato; per acquisire le peculiari caratteristiche vengono poi posti ad asciugare; umidità media CACIOCAVALLO, PROVOLONE Formaggi Freschi Di consumo immediato, prodotto con alto tenore in acqua, estratto secco 30% e meno, coagulazione molto lenta MASCARPONE, RICOTTA, TOMINO FRESCO, ROBIOLA FRESCA, CACIOTTE FRESCHE Formaggi Fusi Si ottengono solitamente dal formaggio di scarto, rilavorando con il concorso della temperatura e con l’aggiunta di un fondente adeguato ed altri componenti FORMAGGINI, SOTTILETTE

88 Cottura Maturazione Consistenza Tipologie
A Bassa Temperatura o Crudi Rapida MOLLI CRESCENZA SEMISOFFICI FETA Media GORGONZOLA BRIE A Media Temperatura 35°C 48°C MOZZARELLA HAVARTI EDAM SEMIDURI CHEDDAR Lenta PROVOLONE DURI P. ROMANO Ad Alta Temperatura > 48°C COTTAGE EMMENTAL SBRINZ MOLTO DURI GRANA

89 % UMIDITÁ PRODOTTO FINITO Formaggi molto duri 28 – 33 % Formaggi duri
TIPOLOGIA FORMAGGIO % UMIDITÁ PRODOTTO FINITO Formaggi molto duri 28 – 33 % Formaggi duri 33 – 36 % Formaggi semiduri 36 – 45 % Formaggi semisoffici 45 – 55 % Formaggi molli > 55 % TIPOLOGIA FORMAGGIO % GRASSO PRODOTTO FINITO Formaggio Fresco Magro 0 – 20 % di grasso SS; ES tot. ca. 25 % Formaggio Fresco Grasso 40 – 50 % di grasso SS, ES tot. ca. 35 % Formaggio Fresco “Doppia Panna” > 60 % di grasso SS, ES tot. > 42 %

90 FLOW SHEET PRODUZIONE RICOTTA FRESCA
LATTE FLOW SHEET PRODUZIONE RICOTTA FRESCA PRODUZIONE DI SIERO (Formaggio) SIERO NELLA CALDAIA DI LAVORAZIONE (doppio fondo o riscaldatore in continuo) FORTIFICAZIONE SIERO (addizione di latte, panna, concentrato) RAFFREDDAMENTO RISCALDAMENTO (diretto / indiretto) CONFEZIONAMENTO (a caldo, meccanico, asettico) ACIDIFICAZIONE (addizione continua o discontinua di acidualnte) COAGULAZIONE MISCELAZIONE SAPORI RIMOZIONE DEL COAGULO (continua automatica o discontinua manuale) DRENAGGIO (naturale o meccanico)

91 TRASFERIMENTO IN FISCELLA
FLOW SHEET PRODUZIONE RICOTTA SALATA SIERO DI LATTE DI PECORA E/O CAPRA FILTRAZIONE 1° RISCALDAMENTO 60 – 65°C LATTE DI PECORA 10 % 2° RISCALDAMENTO 80 – 90°C SALE 0,5 – 1 % TRASFERIMENTO IN FISCELLA SPURGO 12 – 24 h T ambiente SALATURA A SECCO STAGIONATURA CONFEZIONAMENTO

92 FLOW SHEET PRODUZIONE RICOTTA INFORNATA SIERO DI LATTE DI VACCA
1° RISCALDAMENTO 70 °C LATTE DI VACCA 10 % 2° RISCALDAMENTO 80 – 85°C SALE 0,7 – 1 % TRASFERIMENTO IN FISCELLA SPURGO 1 – 2 h T Ambiente SOSTA 4°C 1 – 2 gg PULITURA SUPERFICIALE SALATURA A SECCO COTTURA 180° - 200° C 20 – 25 min RAFFREDDAMENTO CONFEZIONAMENTO

93

94 LINEA CASEIFICAZIONE FORMAGGIO RAGUSANO
LATTE LINEA CASEIFICAZIONE FORMAGGIO RAGUSANO IN CALDAIA (34 °C pH 6,4) Caglio 270 ml / hl – indurimento 70 – 72 ore Siero-Fermento 1% COAGULAZIONE 50 °C 1° ROTTURA 5’ Aggiunta acqua calda 10% 78 – 80°C 2° ROTTURA 5’ Estrazione ¾ di siero RIPOSO CAGLIATA Aggiunta acqua calda e/o scotta 20% 82 – 84°C CAGLIATA pH 6.2 – 50 °C ESTRAZIONE CAGLIATA ACIDIFICAZIONE (dopo 20 ore T ambiente pH 5,2)

95 RIPOSO O RAFFREDDAMENTO (in acqua fredda)
FILATURA (10 – 15 ‘ ; 62 – 68 °C) FORMATURA RIPOSO O RAFFREDDAMENTO (in acqua fredda) SALATURA (dopo 24 h immersione delle forme in salamoia per 2 giorni STAGIONATURA (14 – 15°C per 8 mesi)

96 MIELE

97 DEFINIZIONE "Il miele è il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie e lasciano maturare nei favi dell'alveare." Legge n° 753 del 12 ottobre 1982, Commissione Internazionale sul miele,Commissione del Codex Alimentarius, FAO/OMS Tale definizione è stata successivamente ripresa dalla Direttiva Comunitaria n° 110 del 2001 e dal Decreto Legislativo di Recepimento n° 174 del 21/05/2004 Il miele è, quindi, la sostanza zuccherina elaborata dalle api mellifere e non da altri insetti, che ha origine dal nettare dei fiori o dalla melata, non da altri prodotti zuccherini; nessuna sostanza può essere aggiunta o sottratta al prodotto delle api, perché possa essere definito miele

98 NETTARE Il nettare è la fonte principale dalla quale trae origine il miele; si tratta di un liquido zuccherino derivato dalla linfa dei vegetali superiori e secreto da particolari organi ghiandolari detti nettarì. La composizione del nettare, proveniente da differenti specie botaniche, è simile per quanto attiene i costituenti principali, acqua e zuccheri. Il tenore in acqua è molto variabile, in relazione a diversi fattori quali, umidità relativa dell’aria, altitudine, latitudine, ecc.; varia pure la concentrazione totale degli zuccheri, che a seconda della specie vegetale e delle condizioni esterne, può oscillare tra il 5 e l’80% circa. Gli zuccheri presenti nel nettare sono: saccarosio, glucosio e fruttosio; le loro proporzioni relative portano alla definizione di tre diverse tipologie di nettare: con prevalenza di saccarosio; con prevalenza di glucosio e fruttosio; con i tre zuccheri presenti in proporzioni circa uguali.

99 MELATA La melata, come il nettare, deriva dalla linfa delle piante; tuttavia, mentre il nettare è secreto grazie ad un processo attivo, al contrario la melata è prodotta da insetti parassiti che succhiano la linfa delle piante. I produttori di melata, così chiamati questi insetti, perforano i tessuti vegetali della pianta ospite, con lo scopo di assorbire la linfa presente. Chimicamente la linfa contiene soprattutto zuccheri mentre le sostanze azotate sono in proporzione notevolmente minore. Gli insetti per procurarsi l’azoto necessario sono costretti ad assorbire grandi quantità di linfa, trattenendone le sostanze azotate ed eliminando invece il liquido in eccesso, contenente prevalentemente zuccheri, come melata. Anche la melata è composta fondamentalmente da zuccheri, e si discosta notevolmente dal nettare per il contenuto enzimatico poiché possiede enzimi secreti dalle ghiandole salivari e dall’intestino dell’insetto che la produce.

100 FORMAZIONE DEL MIELE Al momento della suzione delle soluzioni zuccherine (siano esse nettare o melata), l’ape bottinatrice aggiunge delle secrezioni ghiandolari ricche d’enzimi, inizia la scissione del saccarosio nei suoi due monomeri costituenti. All’interno dell’alveare, l’ape bottinatrice cede il suo “carico di nettare–miele ” ad un’ape di casa, quindi ad un’altra ape ancora; questo processo, dura circa 15 – 20 minuti ed ha una sua funzione specifica, provocare la riduzione dell’elevato contenuto iniziale di acqua, grazie all’aria relativamente calda e secca all’interno dell’alveare e all’estesa superficie che occupa la goccia lungo la ligula allungata dell’ape. Inoltre, questo continuo scambio delle gocce di nettare, determina l’aggiunta di secrezioni ghiandolari dell’ape ricche di enzimi. In un secondo momento, quando la goccia è depositata nelle celle del favo cereo, avviene una seconda fase di evaporazione, finalizzata alla rimozione di un ulteriore quantitativo di acqua, quindi la cella, contenente ormai il miele maturo, viene sigillata con un opercolo di cera per impedire il contatto tra miele e aria che determinerebbe l’assorbimento di nuova umidità.

101 COMPOSIZIONE MEDIA DEL MIELE

102 Carboidrati Monosaccaridi: Fruttosio / Glucosio Disaccaridi: Saccarosio / Trealosio / Turanosio / Maltosio / Maltulosio Trisaccaridi: Centosio / Isomaltotriosio / Maltotriosio / Melezitosio Enzimi Amilasi / Invertasi / Glucosio ossidasi / Fosfatasi Vitamine Acido ascorbico / Riboflavina / Niacina / Piridossina / Biotina Minerali Potassio / Calcio / Magnesio / Manganese / Ferro Acidi Ac. Acetico / Ac. Lattico / Ac. Butirrico / Ac. Maleico / Ac. Malico Aminoacidi Prolina / Fenilalanina / Ac. Aspartico / Ac. Glutammico / Valina

103 RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Direttiva Comunitaria n° 110 (2001) Decreto Legislativo n° 174 del 21/05/04 HMF max 40 mg/kg, indice diastasico non meno di 8 (Scala Schade), ad eccezione dei: Mieli provenienti da aree tropicali, max 80 mg/kg Mieli aventi un indice diastasico non meno di 3, max 15 mg/kg Acidità Totale max 50 meq/kg

104 L’attuale legislazione prevede le seguenti caratteristiche di composizione: a) tenore apparente di zuccheri riduttori, espresso in zucchero invertito: miele di nettare non meno del 65%; miele di melata, solo o in miscela con il miele di nettare, non meno del 60%; b) tenore di acqua:non più del 21%; c) tenore apparente di saccarosio: non più del 5%; miele di melata, solo o in miscela con miele di nettare, miele di acacia, di lavanda non più del 10%; d) tenore di sostanze insolubili in acqua: non più dello 0,1%; miele torchiato non più dello 0,5%; e) tenore in sostanze minerali (ceneri): non più dello 0,6%; miele di melata, solo o in miscela con miele di nettare, non più dell’1%;

105 La legislazione comunitaria prevede ancora …….
Al miele commercializzato come tale non può essere aggiunto nessun altro prodotto. Un miele di produzione comunitaria miscelato con miele di produzione extracomunitaria deve essere commercializzato con la denominazione “Miscela di mieli Comunitari ed Extracomunitari”. La miscela di produzione di soli paesi extracomunitari deve essere commercializzata con la denominazione “Miscela di mieli extracomunitari”. I mieli di produzione extracomunitaria provenienti da un solo Paese devono riportare l’indicazione “Miele extracomunitario”. Inoltre per il miele di produzione extracomunitaria, commercializzato tal quale o miscelato con miele di produzione comunitaria, va indicato il Paese di produzione extracomunitario I mieli di produzione comunitaria provenienti da un solo Paese devono riportare l’indicazione della provenienza del prodotto. Se il prodotto deriva da più Paesi di origine comunitaria deve essere specificata la dizione “Miscela Paesi CE”

106 Il miele commercializzato come tale o utilizzato in qualsiasi prodotto destinato all’alimentazione umana non deve contenere materie organiche o inorganiche estranee alla sua composizione, come muffe, insetti e parti di insetti, covate e granelli di sabbia. In nessun caso il miele può contenere sostanze di qualsiasi natura in quantità tali da presentare un pericolo per la salute umana. Il miele non deve: 1. presentare sapore e odore estranei; 2. avere iniziato un processo di fermentazione o essere effervescente; 3. essere sottoposto a trattamento termico in modo che gli enzimi vengano distrutti o resi in gran parte inattivi; 4. presentare un’acidità modificata artificialmente; 5. essere sottoposto a procedimenti di filtrazione che rendano impossibile la determinazione dell’origine.

107 Estrazione: disopercolatura e centrifugazione
Miele su telaino Deumidificazione Stoccaggio melari Fluidificazione Estrazione: disopercolatura e centrifugazione Filtrazione Decantazione Miele filtrato Confezionamento per lo stoccaggio Confezionamento in vasetti Approvvigionamento miele in fusti Stoccaggio prodotto finito Stoccaggio miele in fusti Distribuzione Riscaldamento miele Svuotamento fusti Filtrazione miele Miscelazione Pastorizzazione Omogeneizzazione Cristallizzazione Guidata Miscelazione Decantazione Confezionamento Omogeneizzazione Stoccaggio prodotto finito Confezionamento Distribuzione Condizionamento a 14°C

108 ATTIVITÁ DI PRODUZIONE IN CAMPO

109 Possibile danno al miele
Tecnica apistica Possibile danno al miele Posizionamento degli alveari in zone densamente urbanizzate o industrializzate o comunque soggette a forte inquinamento ambientale (anche da pesticidi per uso agricolo) Contaminazione con residui di sostanze nocive alla salute Utilizzo improprio di sostanze antibiotiche o disinfestanti per combattere o prevenire avversità delle api Contaminazione con residui di dette sostanze Utilizzo di sostanze organiche quali naftalina o p-diclorobenzolo per la protezione dalla tarma della cera dei favi Utilizzo di repellenti chimici per allontanare le api dal melario Utilizzo di fumo inadeguato per quantità o tipo di materiale combusto Odore e sapore di fumo del miele prodotto, impurità microscopiche di fuliggine Utilizzo di favi vecchi e scuri e che abbiano contenuto covata Miele con colore più scuro, odore "di favo", acidità più elevata, invecchiamento più rapido Utilizzo di favi da melario contenenti residui di miele dell'anno precedente Elevata presenza di lieviti, quindi possibile fermentazione; cristallizzazione prematura di mieli tendenzialmente liquidi Prelievo dei favi durante il flusso nettarifero Eccesso di umidità Prelievo di favi non completamente opercolati

110 PREVENZIONE DELLA FERMENTAZIONE

111 DISOPERCOLATURA E CENTRIFUGAZIONE

112 RISCALDAMENTO MIELE IN CAMERE CALDE

113 Analisi chimiche Analisi sensoriale Analisi del polline
La qualità del miele e la relativa rispondenza all’origine floreale dichiarata è determinata attraverso: Analisi chimiche Analisi sensoriale Analisi del polline

114 PARAMETRI CHIMICI DETERMINATI PER RISALIRE ALLA QUALITÀ DEL PRODOTTO
Tenore apparente di zuccheri riduttori (non meno del 65%); Tenore in saccarosio (non più del 5%); Tenore in acqua (sarebbero da evitare valori superiori al 18%); pH e acidità (non più di 50 meq/kg) Conducibilità elettrica; Sali minerali; Indice diastasico (non meno di 8 UD); Tenore in HMF (non più di 40 mg/kg o di 15 mg/kg); Determinazione colore

115 ANALISI SENSORIALE Nel campo della lavorazione e commercializzazione del miele uniflorale, l’analisi sensoriale trova la sua applicazione come verifica delle caratteristiche organolettiche del prodotto ma anche come supporto alle analisi di laboratorio, non solo per il controllo qualità, ma anche per quello relativo alla rispondenza dell’origine botanica dichiarata. Inoltre attraverso l’analisi sensoriale è possibile individuare la presenza di alcune frodi,quali ad esempio materie prime di differente origine (melata, nettare), contaminazione con sostanze estranee come tarmicidi (p-diclorobenzolo), impregnanti (carbonile), oli essenziali (timolo), repellenti (acido fenico, benzaldiede, essenza di mirbana), eventuale presenza di odore e sapore di fumo. I tre parametri importanti dell’analisi sensoriale sono: Colore / Odore / Aroma

116 ANALISI MELISSOPALINOLOGICA
Tale analisi, previa diluizione e centrifugazione di un’aliquota di miele, prevede il riconoscimento al microscopio di tutti gli elementi figurati presenti in esso, dallo studio morfologico e quantitativo dei granuli di polline si può contemporaneamente risalire alla specie botanica maggiormente visitata dall’ape e attraverso la conoscenza delle caratteristiche dei pollini tipici di un territorio, anche alla zona geografica di provenienza del miele. Inoltre l’osservazione al microscopio permette di fare le seguenti considerazioni: La presenza di spore e ife di funghi o di alghe verdi microscopiche è indice di miele contenente melata; La presenza di lieviti evidenzia la reale possibilità di possibili processi fermentativi; La presenza di impurezze e corpi estranei rivela un mancato rispetto delle corrette norme igieniche durante le fasi di condizionamento

117 MARMELLATE

118 RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Direttiva Comunitaria n° 113 (2001) Decreto Legislativo n° 104 del 21/05/04 In questi riferimenti legislativi vengono riportate: Definizioni di prodotto Categorie merceologiche di prodotto finito; Quantitativi di frutta utilizzabili per ciascuna tipologia di prodotto finito Considerazioni qualitative sul prodotto finito

119 Frutti Freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato dopo pulitura, mondatura e spuntatura. Sono equiparati alla frutta: pomodori, carote, cetrioli, zucche, meloni, angurie Polpa di Frutta Parte commestibile del frutto intero eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata ma non ridotta in purea. Purea di Frutta Si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile viene ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. Estratto Acquoso (di frutta) Si intende l’estratto acquoso di frutta che contiene tutti i costituenti solubili nell’acqua della frutta utilizzata.

120 La CONFETTURA è la mescolanza, portata a consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: 350 g in generale 250 g per ribes rosso e nero, cotogne La CONFETTURA EXTRA è la mescolanza, portata a consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. La Confettura Extra di lamponi, mirtilli, ribes rossi e neri può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea concentrata di queste specie di frutta La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: 450 g in generale 350 g per ribes rosso e nero, cotogne

121 La GELATINA è la mescolanza sufficientemente gelificata di zuccheri del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura ovvero: 350 g in generale 250 g per ribes rosso e nero, cotogne Nella GELATINA EXTRA la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzato per la fabbricazione di 1000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra La MARMELLATA è la mescolanza, portata a consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di uno più dei seguenti prodotti a partire dagli agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze La quantità di agrumi impiegata per la fabbricazione di 1000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g

122 La CREMA DI MARRONI è la mescolanza, portata a consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni per 1000 g di prodotto finito Tutti i prodotti ora definiti devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro uguale o superiore al 60 %

123 RICEVIMENTO MATERIE PRIME
STOCCAGGIO FRUTTA LAVAGGI CERNITA MONDATURA Pectina COTTURA Zuccheri INVASETTAMENTO PASTORIZZAZIONE ETICHETTATURA STOCCAGGIO PRODOTTO FINITO


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