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Corso di Storia delle Relazioni Internazionali

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Presentazione sul tema: "Corso di Storia delle Relazioni Internazionali"— Transcript della presentazione:

1 Corso di Storia delle Relazioni Internazionali
A.A. 2012/2013 Giovanni Bernardini

2 Cosa significa “competizione di modelli”?

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4 Un mondo più complesso La crisi di Suez aveva rivelato un elemento che stava cambiando il mondo: nel 1945 i paesi rappresentati all’ONU erano 51 nel 1960 erano 99 nel 1975 erano 144 Lo sgretolamento degli imperi, la decolonizzazione e il proliferare di nuovi stati sovrani mutavano in modo sostanziale le relazioni internazionali

5 Un mondo più complesso In alcuni casi, i nuovi paesi si inseriscono nell’ottica della guerra fredda, ampliandone il perimetro In altri, cercano con forza (ma scarsi risultati) di rimanerne al di fuori, “non allineati” Tuttavia, queste definizioni (Terzo mondo, Paesi in via di sviluppo, capitalisti o marxisti, allineati o non allineati) imponevano schemi rigidi a una pluralità di situazioni estremamente diverse

6 Un mondo più complesso Nel 1955 si riunirono a Bandung (Indonesia) alcuni dei principali leader anticoloniali Definizione di “non allineati”, che non significa soltanto rifiuto di scelta tra USA e URSS, ma anche rigetto delle logiche, dei costi e dei pericoli della guerra fredda, e rispetto delle diversità Si trattò più di un’aspirazione che di un risultato concreto. Ben presto emersero contrasti e problemi all’interno del fronte stesso Tuttavia, il movimento dei “non allineati” si impose all’attenzione mondiale e mutò in parte la natura stessa della Guerra fredda

7 Un mondo più complesso Basti pensare ai problemi razziali che ancora affliggevano gli Stati Uniti, e che per lungo tempo erano stati trascurati L’URSS non aveva questo problema, ma il caso ungherese aveva mostrato quanto poco flessibile fosse il regime sovietico di fronte alle differenziazioni di partner e “alleati” Tuttavia, quando l’Unione Sovietica riesce ad appoggiare la vittoria della rivoluzione castrista a Cuba, sembra che il fenomeno le offra opportunità persino nel continente americano, fino a quel momento “intoccabile”

8 La Presidenza Kennedy

9 La Presidenza Kennedy Accettazione della sfida di Crusciov per “l’anima” del Terzo Mondo Rilancio del contenimento su scala globale: “Pagheremo ogni prezzo, sopporteremo ogni peso, affronteremo qualsiasi difficoltà, sosterremo ogni amico e ci opporremo a ogni nemico pur di assicurare la sopravvivenza e la vittoria della libertà”

10 La Presidenza Kennedy Gli Stati Uniti, soprattutto dopo l’elezione di Kennedy alla presidenza, avrebbero risposto con l’ideologia della “modernizzazione”, che è già un passo ulteriore rispetto alla dottrina “ricchezza contro comunismo” È l’idea che il capitalismo postbellico (già affermatosi in Europa occidentale) offrisse una ricetta efficace per governare i conflitti sociali, diffondere il benessere e “omogeneizzare” il Terzo Mondo rispetto all’Occidente Critica: era una riformulazione delle dottrine “civilizzatrici” degli imperi?

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12 La Presidenza Kennedy Banco di prova fu l’ “Alleanza per il Progresso” in America Latina È una reazione diretta e contraria alla rivoluzione cubana Lotta alla povertà e al comunismo, obiettivo di crescita di una classe media per depotenziare le classi (operai, contadini) più a rischio della propaganda rivoluzionaria Legare lo sviluppo del subcontinente agli Stati Uniti

13 La Presidenza Kennedy I risultati, in larga parte deludenti, dimostrano quando fossero errati i presupposti: Pur di contrastare il comunismo, si finisce per dialogare e spesso appoggiare governanti tutt’altro che democratici L’imposizione di un modello di sviluppo esterno e uguale per tutti su situazioni del tutto differenti porta a distorsioni e sperequazioni enormi Si rafforza la dualità continentale: Stati Uniti ricchi e “prepotenti”

14 Lo scontro sino-sovietico
Ma i problemi nell’esportazione del proprio modello non riguardavano soltanto gli Stati Uniti Nel campo sovietico l’emersione di contrasti e divergenze diventa evidente con lo scontro tra Cina e Unione Sovietica Dal 1954 la cooperazione economica si era intensificata. Tuttavia, la richiesta di Pechino alla tecnologia nucleare costituisce un probema Critica di Mao al “revisionismo” contro Stalin e all’intervento in Ungheria

15 Lo scontro sino-sovietico
Soprattutto: critica alla leadership di Mosca sul movimento comunista mondiale; e critica del modello unico di socialismo che Mosca vorrebbe imporre ovunque Inizia la sfida per il primato tra i movimenti anticolonialisti e rivoluzionari Dal 1958 inizia il “Grande balzo in avanti”: politica di industrializzazione a tappe forzate, collettivizzazione dell’agricoltura e requisizioni di terre. Risultati devastanti, con carestie che fecero 20 milioni di morti. Attriti con Mosca, che intendeva imporre ritmi più moderati

16 Lo scontro sino-sovietico
Allo stesso tempo, Mao decide di accrescere la tensione internazionale, bombardando le isole tra Cina e Taiwan occupate dai nazionalisti (Quemoy e Matsu) L’obiettivo è sabotare qualunque ipotesi di “Coesistenza pacifica” tra i due campi e di dialogo tra URSS e USA Anche se gli attacchi finiscono, i sovietici bloccano il trasferimento di materiale e tecnologia nucleare verso la Cina

17 Lo scontro sino-sovietico
Dal 1959 Mao accusa l’URSS di voler controllare completamente gli affari cinesi, anteponendo i loro interessi Tutti i tecnici sovietici nel paese vengono ritirati; la diatriba diventa pubblica Pechino arriverà alla bomba atomica nel 1964 È l’inizio di un dissidio politico che attraverserà tutto il momento comunista internazionale MA: la lente ideologica (il “monolitismo comunista” è un postulato) sarà lentissimo nel cercare di approfittare del dissidio

18 La crisi di Berlino Si discute ancora delle ragioni per cui Krusciov dette origini alla crisi: dimostrazione di “vitalità” sovietica in Europa? Cedimento ai partner tedeschi orientali? Desiderio di testare per l’ennesima volta la determinazione statunitense a rimanere in Europa? Forzare il riconoscimento paritetico dell’Unione Sovietica e spingere gli Stati Uniti a regolamentare i rapporti bipolari? Di certo c’era una distanza economica e di benessere tra le due Germanie che cresceva progressivamente

19 La crisi di Berlino

20 La crisi di Berlino Nel novembre 1958 Krusciov annuncia un ultimatum: senza un trattato di pace sulla Germania, entro sei mesi l’URSS avrebbe trasferito alle autorità della Repubblica Democratica Tedesca il pieno controllo degli accessi su Berlino Questo significa che Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti (responsabili per Berlino ovest) saranno obbligati a trattare direttamente con autorità che non riconoscono Nonostante le tentazioni di negoziare, alla fine i tre rigettano l’ultimatum

21 La crisi di Berlino Elezione di Kennedy e incontro con Krusciov a Vienna nel giugno 1961: viene ribadito l’ultimatum su Berlino ma Kennedy lo rigetta In definitiva, Krusciov non ha intenzione di rischiare una guerra nucleare per Berlino Il 13 agosto si prende l’unica soluzione che sembra percorribile, che viene auspicata dai governanti tedeschi dell’est (unità di fuga dal paese intorno alle al giorno!) e che in fin dei conti non dispiace nemmeno agli statunitensi

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23 La crisi di Berlino

24 La crisi di Berlino Ulteriore, devastante insuccesso sovietico in Europa e nel mondo. Si rafforza l’idea che i popoli dell’est siano prigionieri dei loro regimi Fu però evidente presto che anche per gli americani la soluzione non era così sgradita. Come avrebbe detto Kennedy in sede riservata: “Meglio un muro di una guerra” Si rafforza l’idea, almeno presso alcuni, che l’Europa (o il mondo intero?) sia ostaggio della contrapposizione USA-URSS: “Guerra impossibile – pace improbabile”

25 La crisi di Berlino Dopo molte accuse di scarsa reazione (ma si sarebbe potuto fare qualcosa?), Kennedy compie un viaggio “riparatore” a Berlino. Accolto da una folla oceanica che testimonia il desiderio della città di resistere.

26 Verso l’equilibrio del terrore

27 Verso l’equilibrio del terrore
Gli anni ‘50 e ‘60 non sono caratterizzati soltanto da una sfida di modelli Inizia una corsa folle ad armamenti nucleari sempre più potenti e quindi distruttivi Già alla fine degli anni ‘40, come abbiamo visto, gli Stati Uniti hanno perso il monopolio nucleare Nel 1952 esplode la prima bomba statunitense a fusione nucleare (molto più potente di quelle a fissione sganciate sul Giappone) Anche su questo terreno, l’URSS avrebbe raggiunto presto la parità

28 Verso l’equilibrio del terrore
Nel frattempo, altri paesi che desiderano condurre una politica estera più autonoma dai blocchi, o che percepiscono pericoli del tutto particolari, si adoperano per costruire la bomba (Francia, Israele, Cina Popolare, poi India) Si tratta di armamenti che potrebbero mettere fine alla vita sulla terra Einstein (sarebbe morto nel 1955): “Non so con quali arme sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta sarà sicuramente combattuta con la fionda” Nascono movimenti in tutto il mondo contro gli armamenti nucleari e soprattutto contro la segretezza degli esperimenti (che incentiva una rincorsa senza fine)

29 Verso l’equilibrio del terrore
Ma presso i governanti e le alte sfere militari si afferma il paradosso per cui l’arma nucleare è irrinunciabile proprio per la sua estrema distruttività, e che si tratti infondo di armi difensive “First strike capability” e “second strike capability” Dal 1954 l’amministrazione statunitense di Eisenhower afferma la dottrina della “Rappresaglia massiccia”: qualunque atto offensivo sovietico causerà una risposta con tutto l’arsenale statunitense

30 Verso l’equilibrio del terrore
Il paradosso è: minacciare in modo credibile che la guerra sarà più distruttiva possibile in modo da dissuadere l’avversario a scatenarla MA c’è un presupposto non detto: il territorio statunitense non può subire minacce dirette, al contrario di quello sovietico. L’URSS può essere colpita da armamenti nucleari dislocati in Europa, lo stesso non vale dagli Stati Uniti. O meglio, non valeva fino al 1957…

31 Verso l’equilibrio del terrore
In quell’anno vengono testati missili intercontinentali sovietici, capaci in teoria di colpire il territorio statunitense I sovietici sono persino in grado di mettere in orbita il primo satellite artificiale della storia: lo Sputnik Teoricamente, l’Unione Sovietica è in grado di lanciare testate nucleari sugli Stati Uniti e su tutti i loro alleati L’effetto psicologico negli Stati Uniti è devastante Il colpo ulteriore è il viaggio nello spazio del primo essere umano, Jurij Gagarin

32 Verso l’equilibrio del terrore
Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap tecnologico che invece esiste tra USA e URSS La reazione è un investimento massiccio in tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13% Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet) L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

33 Verso l’equilibrio del terrore
Per qualche anno, serve a mascherare il reale gap tecnologico che invece esiste tra USA e URSS La reazione è un investimento massiccio in tecnologia e armamenti da parte dell’amministrazione statunitense (tra il ‘61 e il ’64 le spese militari Usa crescono del 13% Basti pensare che in quegli anni, come reazione, nasce il progetto di sbarco sulla luna e persino il primo embrione di una rete di trasmissione dati a pacchetti per scopi militari (il “nonno” di internet) L’aumento vertiginoso di spese militari avviene in entrambe le superpotenze

34 Mutual Assured Destruction = M.A.D.

35 La crisi di Cuba Ma il territorio degli Stati Uniti sembrava vulnerabile anche da un altro punto: Cuba L’amministrazione Eisenhower, ormai avviata alla conclusione, aveva immaginato diversi piani per risolvere il problema cubano Uno di questi fu tentato nell’aprile del 1961, quando ormai Kennedy era Presidente Cubani addestrati e armati negli Stati Uniti sbarcarono nella Baia dei Porci. Dovevano incontrare il favore della popolazione e innescare la controrivoluzione, avendo poi l’appoggio militare degli Stati Uniti

36 La crisi di Cuba Al contrario, essi furono immediatamente bloccati dall’esercito cubano Kennedy si rifiutò di impegnare l’aviazione statunitense e l’operazione fallì Ma la minaccia di nuovi interventi non era sfumata Il valore simbolico di Cuba è enorme per Mosca: decisa una massiccia assistenza economica, tecnica e militare Portare sul posto anche un credibile deterrente contro nuove iniziative: missili nucleari che controbilanciassero quelli statunitensi in Europa

37 La crisi di Cuba Dal maggio 1962 inizia l’operazione che doveva dispiegare in segreto 40 missili nucleari a Cuba. Teoricamente sono per “autodifesa”

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39 La crisi di Cuba A settembre, di fronte ai primi sospetti, sia Kennedy che il Congresso si impegnano pubblicamente a impedire che Cuba ospitasse armi pericolose per gli Stati Uniti Un mese dopo le prove sono schiaccianti Hanno origine 13 lunghissimi giorni di quella che probabilmente è stata la più grave crisi della Guerra fredda, il momento in cui l’umanità arrivò a “contemplare il baratro della propria autodistruzione”

40 La crisi di Cuba Tuttavia, le stime realistiche dell’amministrazione statunitense confermavano che l’equilibrio complessivo non mutava sostanzialmente Quindi, come sempre, il problema è ben più politico che militare

41 La crisi di Cuba Come sempre è a rischio la credibilità (“una sconfitta in ogni luogo è una sconfitta ovunque”, come nell’NSC-68): Gli alleati avrebbero dubitato della risolutezza dei “protettori” Il germe del castrismo si sarebbe diffuso in America Latina L’URSS avrebbe guadagnato in sicurezza e Krusciov avrebbe avuto prova che, nonostante il mezzo insuccesso su Berlino, la sua strategia “provocatoria” era corretta Il Congresso e l’opinione pubblica avrebbero scatenato una tempesta politica per il cedimento dopo 15 anni di dogma di Guerra fredda

42 La crisi di Cuba Kennedy scarta le ipotesi più rischiose: né attacco né invasione: “quarantena” (blocco) navale attorno a Cuba L’ONU serve come palcoscenico per la denuncia Discorso alla nazione: gli Stati Uniti non accettano mutamenti provocatori e ingiustificati dello status quo Il mondo col fiato sospeso Ciò che Kennedy non poteva sapere è che Krusciov aveva dato ordine di non usare armi nucleari neanche in caso di invasione

43 La crisi di Cuba Quindi è sempre più evidente l’assurdità delle armi atomiche: non servono a nulla (visto che non si possono usare!), ma comportano rischi inimmaginabili

44 La crisi di Cuba 170 vascelli della marina Usa attuano il blocco; ai mercantili sovietici viene dato ordine di fermarsi

45 La crisi di Cuba Dopo giorni convulsi (abbattimento di un aereo spia statunitense su Cuba; dubbi che Krusciov sia ancora al comando a Mosca, a causa di richieste contraddittorie da parte del Cremlino) Come se ne esce: promessa scritta solenne (praticamente pubblica) da parte di Kennedy che gli Stati Uniti non invaderanno mai Cuba In via riservata, impegno a rimuovere missili Jupiter dalla Turchia entro sei mesi. Ma lo scambio deve rimanere segreto L’impressione finale è che gli Stati Uniti abbiano vinto il braccio di ferro

46 La crisi di Cuba Questa “sconfitta” avrebbe determinato il declino di Krusciov: la sua linea “avventurista” viene sempre più criticata dentro al Cremlino. Dal 1964 viene esautorato ma non eliminato fisicamente (è già una novità) In realtà, l’episodio genera disorientamento in entrambi i blocchi La leadership cinese denuncia sia l’avventurismo che il cedimento finale agli Usa e la disponibilità a trovare un accordo sopra alle teste e a spese altrui

47 La crisi di Cuba Discorsi non dissimili si fanno anche a occidente: Washington rischia una guerra disastrosa, che sarebbe stata combattuta soprattutto in Europa, quando il suo territorio è minacciato. Ma farebbe lo stesso per difendere Berlino o l’Europa occidentale (o magari il Giappone)? In generale, cresce la coscienza che il mondo è preda dell’ “equilibrio del terrore”, e che un minimo incidente può portare alle peggiori conseguenze per tutti Sarà un motivo ricorrente di lì a poco nei movimenti di protesta del “ ’68 ”

48 La crisi di Cuba Per le due Superpotenze, i risultati sono paradossali: Ulteriore incremento delle spese militari per ottenere la superiorità strategica sull’avversario. Non soltanto il nucleare, ma anche armamenti di terra, sistemi di difesa e di prevenzione, spionaggio, guerriglia e controguerriglia D’altro canto, entrambi i contendenti sanno che le armi nucleari non possono essere usate. Nonostante la rivalità intrinseca alla Guerra fredda, è possibile giungere a una sua regolamentazione?

49 Il lungo inizio della distensione
Il 5 agosto 1963 USA, URSS e Gran Bretagna firmano un accordo che bandisce gli esperimenti atomici nell’atmosfera e nello spazio. Nasce anche il “telefono rosso”: linea diretta tra Mosca e Washington Inizia un lungo e travagliato negoziato per “blindare” il club atomico: non fornire tecnologia e materiali a chi vuole realizzare un proprio arsenale nucleare

50 Il lungo inizio della distensione
Quali sono le reazioni nel mondo? Certo c’è sollievo per il ridimensionamento del rischio atomico. Ma è un reale ridimensionamento? Infondo gli arsenali rimango intatti e il loro “miglioramento” tecnologico prosegue Ma mentre di discute di limitazioni degli armamenti, le crisi locali dimostrano che la Guerra fredda è lontano dall’essere regolamentata, e anzi coinvolge sempre nuove aree del globo

51 La guerra del Vietnam

52 La guerra del Vietnam Manifestazione più concreta ed evidente della “teoria del domino” Allo stesso tempo, crisi paradigmatica della fine dei vecchi imperi e della diffusione della logica di Guerra fredda Fino al 1954, la Francia cerca di riprendere il controllo dell’area ma si scontra con l’esercito guidato dal Viet Minh, fronte di liberazione nazionale a guida comunista (supportato dall’Unione Sovietica ma, soprattutto, dalla Cina Popolare)

53 La guerra del Vietnam

54 La guerra del Vietnam Nel 1954 i francesi subiscono una disastrosa sconfitta militare a Dien Bien Phu; ammissione pubblica che non possono più sostenere l’impegno in Indocina (molto simile a quanto avevano fatto i britannici nell’immediato dopoguerra in Grecia!) Viene organizzata una conferenza a Ginevra a cui partecipano Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia, Gran Bretagna e Repubblica Popolare Cinese (è la prima partecipazione in un consesso simile)

55 La guerra del Vietnam Viene raggiunto un accordo: divisione tra Vietnam del Nord (governato dal Viet Minh) e il Vietnam del Sud (sotto l’Imperatore) lungo il 17° parallelo “Elezioni generali” (formula volutamente vaga) da tenere entro la metà del 1956 L’accordo non viene sottoscritto da Stati Uniti (e Vietnam del Sud): troppo recente è l’esperienza della Corea per non sapere che una divisione “provvisoria” può durare indefinitamente e dare origine a nuovi scontri

56 La guerra del Vietnam Piuttosto, gli Stati Uniti vorrebbero tenere subito unificazione e libere elezioni sotto controllo ONU. Proposta rigettata da URSS e Vietnam del Nord I francesi completano il loro ritiro Dal 1955 gli Stati Uniti si sostituiscono completamente ai francesi e supportano il cambio di regime a sud: via l’imperatore, diventa presiente Ngo Dinh Diem, cattolico e di provata fede anticomunista. In alcuni distretti, otterrà il 133% dei voti (consiglieri statunitensi avevano suggerito un margine più modesto del 60-70%)

57 La guerra del Vietnam Nel nord prosegue l’opera di socializzazione dell’economia a tappe forzate, con molte vittime tra i possidenti terrieri e gli oppositori Nel sud inizia a dilagare la corruzione del regime; Diem fa eliminare moltissimi oppositori politici (anche contro il parere degli Stati Uniti) Soprattutto, il conservatorismo sociale, il nepotismo e il fervente cattolicesimo di Diem (in un paese a larga maggioranza buddista) iniziano a creare forti tensioni con la popolazione di molte zone del sud. Crescono i dubbi anche negli USA sulla sua scelta.

58 La guerra del Vietnam Serie di insurrezioni in varie zone del sud. Nel 1960 nasce il Fronte di Liberazione Nazionale, chiaramente ispirato dal nord, che vuole la riunificazione e il ritiro degli statunitensi. MA: ancora una volta, questo non è direttamente ispirato da Mosca, che anzi predica prudenza La Presidenza Kennedy, soprattutto dopo il fallimento della “Baia dei Porci”, rafforza l’impegno in Vietnam: “Now we have a problem making our power credible and Vietnam looks like the place.”

59 La guerra del Vietnam Cresce il numero di “consiglieri militari” statunitensi nel paese, ma Kennedy è contrario all’invio di truppe in massa, perché convinto che sia necessario mettere le truppe del sud in condizione di sconfiggere la guerriglia da sole Piuttosto, gli Stati Uniti si impegnano nella “modernizzazione” del sud: creazione dei “villaggi strategici”, in cui trapiantare i contadini e modernizzare l’agricoltura Vengono percepiti come deportazioni e accrescono l’ostilità nei confronti degli USA

60 La guerra del Vietnam La corruzione e l’inefficienza del regime del sud faceva il resto nello sprecare gli investimenti statunitensi Tuttavia, il dogma della credibilità finisce per trasformare questa situazione in un circolo vizioso: più si investe nel Vietnam del Sud, più è impensabile un fallimento, perché questo colpirebbe duramente il prestigio statunitense. Il Vietnam assomiglia sempre più a un piano inclinato dal quale nessuno negli Stati Uniti ha idee per uscire, né volontà di sottrarsi

61 La guerra del Vietnam Il sostegno a Diem si sta rivelando disastroso: la copertura mediatica della guerra (senza precedenti) non fa altro che amplificare gli orrori in corso e, soprattutto, portarli nelle case degli americani

62 La guerra del Vietnam Ngo Dinh Diem viene assassinato, ancora oggi non è chiaro il grado di coinvolgimento statunitense nell’attentato Da quel momento il Vietnam del Sud non avrà più un governo stabile 20 giorni dopo anche Kennedy è assassinato. Il nuovo Presidente Lyndon Johnson è deciso a proseguire l’impegno militare su vasta scala “centinaia di piccole nazioni osservano cosa succede. Se il Vietnam del Sud può essere inghiottito, lo stesso può capitare a loro”

63 La guerra del Vietnam Rifiuto di qualunque soluzione negoziata
Nell’agosto del 1964 viene di fatto provocato dagli Stati Uniti un incidente nel Golfo del Tonchino (imbarcazioni USA attaccate dall’esercito del Nord) Il Congresso autorizza il Presidente a usare la forza contro l’aggressore: bombardamenti sul nord e invio truppe A fine 1964 i militari statunitensi in Vietnam erano già 200mila. Sarebbero arrivati fino a 540mila

64 La guerra del Vietnam Ma:
La situazione del regime del sud non migliora, anzi cresce la dissidenza e la collaborazione col nord I mezzi militari statunitensi si rivelano del tutto inadeguati al terreno su cui si combatte la guerra (giungla) Crescono esponenzialmente i costi materiali e umani per gli Stati Uniti, e con essi la protesta in patria In Vietnam si stava perdendo la lotta “per il cuore e le menti”

65 La guerra del Vietnam

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68 La guerra del Vietnam Difficoltà a presentare la guerra come una “difesa della libertà” Vasto movimento internazionale contro la guerra Nel gennaio 1968 il nord scatena l’offensiva del Tet: insurrezione generale La guerra sembra sempre più contrapporre gli Stati Uniti al popolo vietnamita Pur non rinnegando la propria strategia, Johnson annuncia che non si sarebbe ricandidato La soluzione del conflitto sarebbe passata al successore Nixon, ma con la consapevolezza che una vittoria era semplicemente impossibile


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