Parole per andare oltre

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Transcript della presentazione:

Parole per andare oltre La poesia e la dignità umana al di là di ogni barriera

Gli esseri umani hanno bisogno di comunicare per ragioni pratiche.

Anche gli animali lo fanno, pur non essendo in grado di parlare. Alcuni di loro, come molti mammiferi, sono in grado di comunicare agli esseri umani emozioni come gioia, affetto, paura, rabbia.

Solo gli esseri umani sono in grado di dare alla loro comunicazione un senso più profondo andando oltre alla trasmissione di informazioni o di emozioni superficiali.

Le differenze linguistiche non impediscono questo scambio, questa è la storia di un italiano e di un belga che volevano dirsi qualche cosa di importante.

“Shoah” (tempesta devastante) è una parola ebraica che si usa attualmente per indicare lo sterminio sistematico degli ebrei da parte dei nazisti tra il 1942 e il 1945.

Il campo di sterminio di Auschwitz è il luogo in cui il muro dell’incomunicabilità tra esseri umani è stato più difficile da abbattere.

Primo Levi è stato un grande scrittore italiano, originario di Torino, deportato ad Auschwitz perché antifascista ed ebreo, definito dallo scrittore albanese Ismail Kadare “La luce all’interno del dolore”. (Se questo è un uomo, 1947 La tregua 1963)

La letteratura autentica e le dittature sono incompatibili…lo scrittore è nemico naturale delle dittature (Kadare) Nel testo “Se questo è un uomo” parla di una circostanza in cui cerca di comunicare con un giovane deportato francese, Jean Samuel, morto nel 2010, (il Pikolo del loro gruppo), mentre vanno insieme a prendere il pentolone della zuppa.

Jean Samuel è autore del testo “Mi chiamava Pikolo”, dedicato a Primo Levi. I due sono rimasti amici dopo l’esperienza del campo.

Era molto importante per un italiano essere vicino a detenuti francesi o comunque francofoni perché potevano comunicare più facilmente. La deportata politica Lidia Rolfi testimonia di essere sopravvissuta anche grazie ai colloqui di letteratura con le amiche francesi che le parlavano di Baudelaire, Prévert o Proust.

Primo Levi decide di raccontare a Jean il canto della Divina Commedia in cui Dante rievoca la vicenda medioevale della morte di Ulisse.

...Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere, quest’ora già non è piú un’ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto. ... Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l’Inferno, cosa è il contrappasso. Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed io comincio,lento e accurato : Lo maggior corno della fiamma antica Cominciò a crollarsi mormorando, Pur come quella cui vento affatica. Indi, la cima in qua e in là menando Come fosse la lingua che parlasse Mise fuori la voce, e disse : Quando...

Qui mi fermo e cerco di tradurre Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l’esperienza pare prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi suggerisce il termine appropriato per rendere « antica». E dopo «Quando»? Il nulla. Un buco nella memoria.... Ma misi me per l’alto mare aperto. Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché « misi me » non è « je me mis », è molto piú forte e piú audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c’è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane.

Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando pur come quella cui vento affatica; indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, gittò voce di fuori, e disse: « Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enea la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual dovea Penelopé far lieta, vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’Ercule segnò li suoi riguardi, acciò che l’uom più oltre non si metta: da la man destra mi lasciai Sibilia, da l’altra già m’avea lasciata Setta. "O frati", dissi "che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente, non vogliate negar l’esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, ……..

«Quando mi allontanai da Circe, che mi tenne più di un anno là vicino a Gaeta, prima che Enea desse questo nome al promontorio,né la tenerezza per mio figlio, né la devozione per il mio vecchio padre, né il legittimo amore che doveva fare felice Penelope poterono vincere in me il desiderio che ebbi di diventare esperto del mondo, dei vizi e delle virtù degli uomini; ma mi misi in viaggio in alto mare solo con una nave e con quei pochi compagni dai quali non fui abbandonato. …. Io e i miei compagni eravamo vecchi e deboli quando giungemmo a quello stretto (di Gibilterra) dove Ercole pose le colonne, limite oltre il quale l'uomo non deve procedere… Dissi: "O fratelli, che siete giunti all'estremo ovest attraverso centomila pericoli, non vogliate negare a questa piccola veglia che rimane ai vostri sensi (ai vostri ultimi anni) l'esperienza del mondo disabitato, seguendo la rotta verso occidente. Pensate alla vostra origine: non siete stati creati per vivere come bestie, ma per seguire la virtù e la conoscenza".

Con questo breve discorso resi i miei compagni così smaniosi di mettersi in viaggio, che in seguito avrei stentato a trattenerli; e volta la poppa a est, facemmo dei remi le ali al nostro folle volo….. La luce dell'emisfero lunare a noi visibile si era già spenta e riaccesa cinque volte (erano passati circa cinque mesi), dopo che avevamo intrapreso il viaggio, quando ci apparve una montagna (il Purgatorio) scura per la lontananza, e mi sembrò più alta di qualunque altra io avessi mai vista. Noi ci rallegrammo, ma l'allegria si tramutò presto in pianto: infatti da quella nuova terra nacque una tempesta che colpì la nave a prua. La fece girare su se stessa tre volte, in un vortice; la quarta volta fece levare in alto la poppa e fece inabissare la prua, come piacque ad altri (Dio), finché il mare si fu richiuso sopra di noi».

Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo, quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avea alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, ché de la nova terra un turbo nacque, e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso».

(Il canto di Ulisse) Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca : Considerate la vostra semenza : Fatti non foste a viver come bruti, Ma per seguir virtute e conoscenza. Come se anch’io lo sentissi per la prima volta : come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono. Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di piú: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie ; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle.

Li miei compagni fec’io sí acuti... e mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo « acuti ». Qui ancora una lacuna, questa volta irreparabile. « ... Lo lume era di sotto della luna » o qualcosa di simile ; ma prima ?... Nessuna idea, « keine Ahnung » come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho dimenticato almeno quattro terzine. - Ça ne fait rien, vas-y tout de même. ...Quando mi apparve una montagna, bruna Per la distanza, e parvemi alta tanto Che mai veduta non ne avevo alcuna. Sí, sí, « alta tanto », non « molto alta », proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di lontano... le montagne... oh Pikolo, Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie montagne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino! Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono.

Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo attende e mi guarda. …. È tardi, è tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere : Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque, Alla quarta levar la poppa in suso E la prora ire in giú, come altrui piacque... Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda che questo «come altrui piacque», prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui …

Il testo contiene un messaggio fondamentale che deve accomunare tutti gli uomini senza distinzione, un messaggio che è la negazione del nazismo, dello sterminio, della guerra, della violenza e della sopraffazione.

La frase “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” è diventata proverbiale in Italia (anche se Dante l’aveva usata con un significato diverso) come invito ad amare la conoscenza, il sapere.

Per i due, nel campo di Auschwitz diventa un invito a non cedere alla sopraffazione, visto che l’intento dei nazisti era esattamente quello di distruggere la dignità delle loro vittime e ridurle in uno stato animalesco.

Le immagini utilizzate sono state tratte da vari siti, in particolare quello di Massimo de Rigo “Il dono di vedere”