VITA E OPERA ANALISI CONTENUTI IL LEONE E LA VOLPE ESORTAZIONE FINALE.

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VITA E OPERA ANALISI CONTENUTI IL LEONE E LA VOLPE ESORTAZIONE FINALE

VITA 1469 – Nasce a Firenze. 1498-1512 – Ricopre incarichi importanti per la Repubblica fiorentina. 1512 – I Medici tornano a Firenze. 1525-1527 – Nuovi incarichi politici. 1527 – Restaurazione repubblica. 21 giugno 1527 – Morte.

IL PRINCIPE Manuale d’uso sul comportamento dei principi. PERCHE’ A FIRENZE ARRIVO DEI MEDICI PERDE INCARICO POLITICO VUOLE DIMOSTRARE DI ESSERE UNA RISORSA PER LO STATO IN ITALIA CRISI NECESSITA’ DI RICONSIDERARE GLOBALMENTE LA POLITICA

STRUTTURA LINGUA LINGUAGGIO ANALISI DEL TESTO

STRUTTURA Il Principe è un TRATTATO POLITICO. Si divide in 25 brevi capitoli più un brevissimo capitolo introduttivo. Si può dividere in 4 sezioni per argomenti: Concetto di “principato”; Questione dell’ esercito; Comportamenti e virtù del principe; Situazione italiana ed esortazione alla famiglia de’ Medici.

LINGUA E’ un’opera scritta in prosa in colto volgare fiorentino. I titoli di ogni capitolo sono in latino. Ci sono inoltre espressioni ricorrenti di forma latineggiante. Si trovano anche espressioni scientifiche e espressioni popolaresche che derivano dal dialetto fiorentino contemporaneo all’autore. Si cerca di imitare un aspetto dialogico disinvolto. Sono usati diversi stili di scrittura.

TERMINOLOGIA E SINTASSI Per ogni argomento è usato un lessico specifico. LESSICO POLITICO: -ordine (leggi) -avversarii -oppositori/difensori -ruinare (perdere il potere) LESSICO MILITARE: -armi proprie, ausiliarie, mercenarie -disciplina -infedeltà In tutto il libro l’ambito semantico è legato strettamente alla sintassi. Infatti: La sintassi riflette una terminologia relativamente semplice. Il linguaggio risulta spesso complesso perché riflette il contenuto.

ANDAMENTO DILEMMATICO QUOT SINT GENERA PRINCIPATUUM ET QUIBUS MODIS ACQUIRANTUR. Linguaggio di tipo DILEMMATICO (o/o). Il discorso proposto da Machiavelli consiste nel scegliere di analizzare ogni volta un solo elemento di due proposti, seguendo lo schema aut- aut riassumibile così: Tutti gli stati, tutti e’ dominii […]o republiche o principati. E’ principati sono, o ereditarii […]o e’ sono nuovi. E’ nuovi, o sono nuovi tutti, […] o sono come membri aggiunti allo stato ereditario le principe che li acquista […]. Sono questi dominii così acquitati, o consueti a vivere sotto uno principe, o usi ad essere liberi, e acquistonsi o con le armi d’ altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù. STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO STATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO PRINCIPATO REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA REPUBBLICA NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO NUOVO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO EREDITARIO FORTUNA e VIRTU’ FORTUNA e VIRTU’ FORTUNA e VIRTU’ FORTUNA e VIRTU’ FORTUNA e VIRTU’ ARMI ARMI ARMI ARMI ARMI ARMI

CONNETTIVI LOGICI […] Dico, adunque, che ne’ principati tutti nuovi si trova a mantenerli più o meno difficultà. E perché questo evento diventare, di privato, principe, presuppone o virtù o fortuna, pare che l’una o l’altra di queste dua cose mitighi, in parte, di molte difficultà; nondimanco colui che è stato meno in sulla fortuna, si è mantenuto più. Genera ancora facilità essere il principe costretto per non avere altri stati, venire personalmente ad abitarvi. Ma per venire a quelli che, per propria virtù e non per fortuna, sono diventati principi, dico che li più eccellenti sono Moisè, Ciro, Romulo, Teseo e simili. E benchè di Moisè non si debba ragionare, sendo suto uno mero esecutore delle cose che gli erano ordinate da Dio, tamen debbe essere ammirato solum per quella grazia che lo facea degno di parlare con Dio. […] Il principe, cap. IV Servono per rendere razionale e scientifico il discorso.

IL RAGIONAMENTO SCIENTIFICO Ogni capitolo del libro si articola secondo uno schema argomentativo di tipo scientifico, molto somigliante al procedimento usato da Galileo, del tipo: ESPOSIZIONE dell’argomento. Formulazione di IPOTESI. ESPERIMENTO pratico. ESEMPIO pratico. GENERALIZZAZIONE del concetto iniziale. Formulazione di una LEGGE. CONCLUSIONI e APPLICAZIONI tratte dall’applicare la legge. CONCLUSIONE e INSEGNAMENTO. Il tutto è supportato da un rigido schema argomentativo che prevede tesi, antitesi e argomenti in favore dell’una e dell’altra.

INTRODUZIONE TITOLO IN LATINO DE PRINCIPATIBUS NOVIS QUI ARMIS PROPIIS ET VIRTUTE ACQUIRUNTUR. TITOLO IN LATINO Non si maravigli alcuno se, nel parlare che io farò de’principati al tutto nuovi, e di principe e di stato,io addurrò grandissimi esempi;perché, camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri,e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni,né si potendo le vie di altri al tutto temere,né alla virtù di quelli che tu imiti aggiugnere, debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi,e quelli che sono stati eccellentissimi imitare, acciò che, se la sua virtù non vi arrivi, almeno ne renda qualche odore; […] ESPOSIZIONE RAZIONALE DEL FILO ARGOMENTATIVO DEL CAPITOLO

TESI ED ESEMPI Dico, adunque, che né principati tutti nuovi, dove sia uno nuovo principe, si trova a mantenerli più o meno difficultà, secondo che più o meno è virtuoso colui che gli acquista. E perché questo evento diventare, di privato, principe, presuppone o virtù o fortuna, pare che l’una o l’altra di queste dua cose mitighi, in parte, di molte difficultà; nondimanco colui che è stato meno in sulla fortuna, si è mantenuto più. Genera ancora facilità essere il principe costretto per non avere altri stati, venire personalmente ad abitarvi. Ma per venire a quelli che, per propria virtù e non per fortuna, sono diventati principi, dico che li più eccellenti sono Moisè, Ciro, Romulo, Teseo e simili. E benchè di Moisè non si debba ragionare, sendo suto uno mero esecutore delle cose che gli erano ordinate da Dio, tamen debbe essere ammirato solum per quella grazia che lo facea degno di parlare con Dio. Ma consideriamo Ciro e gli altri che hanno acquistato o ondato regni: li troverrete tutti mirabili; e se si considerranno le azioni e ordini loro particulari, parranno non discrepanti da quelli di Moisè, che ebbe sì gran precettore. Ed esaminando le azioni e vita loro, non si vede che quelli avessino altro dalla fortuna che la occasione;la quale dette loro materia a potere introdurvi dentro quella forma parse loro; e sanza quella occasione la virtù dello animo loro si sarebbe spenta, e sanza quella virtù la occasione sarebbe venuta invano.

GENERALIZZAZIONE GENERALIZZAZIONE A PROPOSITO DELLE LEGGI Quelli e’ quali per vie virtuose, simili a costoro, diventano principi, acquistano el principato con difficoltà, ma con facilità lo tengono; e le difficultà che gli hanno nello acquistare el principato, en parte nascono da’ ordini nuovi e modi che sono forzati introdurre per fondare lo stato loro e la loro securtà. E debbasi come non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più periculosa a maneggiare, che farsi capo a introdurre nuovi ordini; perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che degli ordini vecchi fanno bene, e ha tiepidi difensori tutti quelli che degli ordini nuovi farebbero bene.[…] Perché, oltre alle cose dette, la natura de’ populi è varia; ed è facile a persuadere loro una cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione; e però conviene essere ordinato in modo che, quando e’ non credono più, si possa fare loro credere per forza. GENERALIZZAZIONE A PROPOSITO DELLE LEGGI GENERALIZZAZIONE A PROPOSITO DELL’USO DELLA FORZA

CONCLUSIONE E INSEGNAMENTO Moisè, Ciro, Teseo e Romulo non arebbono possuto fare osservare loro lungamente le loro costituzioni, se fussino stati disarmati: come ne’ nostri tempi intervenne a fra Girolamo Savonerola; il quale ruinò ne’ sua ordini nuovi, come la moltitudine cominciò a non credergli; e lui non aveva modo a tenere fermi quelli che avevano creduto, né a far credere e’ discredenti. Però questi tali hanno nel condursi gran difficultà, e tutti e’ loro periculi sono fra via, e conviene che con la virtù li superino: ma superati che gli hanno, e che cominciano ad essere in venerazione, avendo spenti quelli che di sua qualità li avevano invidia, rimangono potenti, securi, onorati, felici. CONCLUSIONI TRATTE DAL CONFRONTO ESEMPIO-GENERALIZZAZIONE INSEGNAMENTO E CONSIGLIO PER IL PRINCIPE

IL CONCETTO DI: VIRTU’ OCCASIONE FORTUNA VERITA’ EFFETTUALE

LA VIRTU’ CAPACITA’ DINAMICA DI SOSTENERE IL CONTRASTO CON LA SORTE E LE VARIE AVVERSITA’ DEL CONTESTO STORICO. POSSIBILITA’ CONCRETA DI AGIRE NELLA REALTA’. CAPACITA’ DI ADATTARSI ALLE CIRCOSTANZE. 17

VIRTU’- OCCASIONE “Et esaminando le azioni e vita loro, non si vede che quelli avessino altro dalla fortuna che la occasione; la quale dette loro materia a potere introdurvi drento quella forma parse loro; e sanza quella occasione la virtù dello animo loro si sarebbe spenta, e sanza quella virtù la occasione sarebbe venuta invano.” Il principe ,cap.VI 18

L’OCCASIONE CONDIZIONE E SITUAZIONE FAVOREVOLE NECESSARIA PER OTTENERE I PROPRI OBIETTIVI DISPOSIZIONE PARTICOLARE DELLE CIRCOSTANZE 19

LA FORTUNA INSIEME DEI LIMITI CHE LA REALTA’ OPPONE ALLA VIRTU’ CONCEZIONE LAICA IL CASO\LA SORTE LEGATA ALL’ESERCITAZIONE DELLA VIRTU’ E ALL’ AGIRE DELL’UOMO E’ VARIA E MUTEVOLE

IMMAGINE DELLA FORTUNA “Similmente interviene della fortuna: la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle, e quivi volta li sua impeti, dove la sa che non sono fatti li argini e li ripari a tenerla.” Il principe, cap. XXV 21

FORTUNA- DONNA “Io iudico bene questo, che sia meglio essere impetuoso che respettivo; perché la fortuna è donna, et è necessario, volendola tenere sotto, batterla et urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano. E però sempre, come donna, è amica de' giovani, perché sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano.” Il principe, cap. XXV 22

LA VERITA’ EFFETTUALE E’ IL BISOGNO DI ADERIRE ALLA REALTA’ RIFIUTANDO I PROCEDIMENTI ASTRATTI E DEDUTTIVI. BASARSI SUI FATTI CONCRETI E NON VIVERE IN UN MONDO COSTRUITO O ISPIRATO A NOBILI IDEALI. DESCRIZIONE DELLA REALTA’ NON SOLO NEL SUO ESSERE MA ANCHE NEL SUO DIVENIRE. 23

LA VERITA’ EFFETTUALE “Ma, sendo l'intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa. E molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero; perché elli è tanto discosto da come si vive a come si doverrebbe vivere, che colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare, impara più tosto la ruina che la perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene rovini infra tanti che non sono buoni.” Il principe, cap. XV 24

LE CARATTERISTICHE DEL PRINCIPE IDEALE: 25

IL BUON PRINCIPE: A uno principe,adunque,non é necessario avere in fatto tutte le soprascritte qualità,ma è bene necessario parere di averle. Anzi ardirò di dire questo,che,avendole e osservandole sempre,sono dannose;e parendo di averle sono utili;come parere pietoso,fedele,umano,intero,religioso,ed essere;ma stare in modo edificato con l'animo,che,bisognando non essere,tu possa e sappi mutare el contrario. (…) E però bisogna che egli abbia uno animo disposto a volgersi secondo ch'é ventu della fortuna e delle variazioni delle cose li comandano,e,come di sopra dissi,non partirsi dal bene,potendo,ma sapere intrare nel male,necessitato.” Il principe, cap. XVIII 26

CAMBIAMENTO ETICA E’ più importante il bene dello stato che la morale personale del principe. INVENTORE DELLA SCIENZA POLITICA Separa la politica dalla religione.

IL LEONE E LA VOLPE

QUOMODO FIDES A PRINCIPIBUS SIT SERVANDA Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede, e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende: nondimanco si vede, per esperienza ne’ nostri tempi, quelli príncipi avere fatto gran cose, che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con l’astuzia aggirare e’ cervelli delli uomini; e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in sulla lealtà.

Dovete adunque sapere come sono dua generazione [modi] di combattere: l’uno con le leggi, l’altro, con la forza: quel primo è proprio dello uomo, quel secondo delle bestie: ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo. Per tanto a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e lo uomo. Questa parte è suta insegnata a’ principi copertamente [ricorrendo alla mitologia] dalli antichi scrittori; li quali scrivono come Achille, e molti altri di quelli principi antichi, furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi. Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia et mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra natura; e l’una sanza l’altra non è durabile.

Sendo adunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può per tanto uno signore prudente, né debbe, osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro, e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E, se li uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma, perché sono tristi e non la osservarebbano a te, tu etiam non l’hai ad osservare a loro. Né mai a uno principe mancarono cagioni legittime di colorire [simulare] la inosservanzia. Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni, e monstrare quanta pace, quante promesse sono state fatte irrite [prive di valore legale], e vane per la infidelità de’ principi: e quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato. 

Ma è necessario questa natura saperla bene colorire, et essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici li uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare. Io non voglio delli esempli freschi tacerne uno. Alessandro VI non fece mai altro, non pensò mai ad altro che ad ingannare uomini, e sempre trovò subietto da poterlo fare. E non fu mai uomo che avessi maggiore efficacia in asseverare, e con maggiori giuramenti affermarsi una cosa, che l’osservassi meno; non di meno, sempre li succederono li inganni ad votum [secondo il suo desiderio], perché conosceva bene questa parte del mondo.

A uno principe, adunque, non è necessario avere tutte le soprascritte qualità, ma è bene necessario parere di averle. Anzi, ardirò di dire questo, che avendole et osservandole sempre, sono dannose, e parendo di averle, sono utile; come parere pietoso, fedele, umano, intero, relligioso, et essere; ma stare in modo edificato [predisposto] con l’animo, che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario. Et hassi ad intendere questo, che uno principe, e massime uno principe nuovo, non può osservare tutte quelle cose per le quali li uomini sono tenuti buoni, sendo spesso necessitato, per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla religione. E però bisogna che elli abbi uno animo disposto a volgersi secondo ch’e’ venti e le variazioni della fortuna li comandono, e, come di sopra dissi, non partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel male, necessitato.

Debbe adunque avere uno principe gran cura che non li esca mai di bocca una cosa che non sia piena delle soprascritte cinque qualità, e paia, a vederlo et udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità, tutto umanità, tutto relligione.

E li uomini in universali iudicano piú alli occhi che alle mani; perché tocca a vedere a ognuno, a sentire a pochi. Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’; e quelli pochi non ardiscano opporsi alla opinione di molti, che abbino la maestà dello stato che li difenda: e nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare [un tribunale a cui presentare una protesta], si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e’ mezzi saranno sempre iudicati onorevoli, e da ciascuno laudati; perché el vulgo ne va preso con quello che pare e con lo evento della cosa; e nel mondo non è se non vulgo; e li pochi ci hanno luogo quando li assai hanno dove appoggiarsi.

Alcuno principe de’ presenti tempi, quale non è bene nominare, non predica mai altro che pace e fede, e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e l’una e l’altra, quando e’ l’avessi osservata, li arebbe piú volte tolto o la reputazione o lo stato.

ESORTAZIONE FINALE Invito ai Medici a seguire i suoi consigli per arrivare alla libertà e unità nazionale italiana.

Non si debba, adunque, lasciare passare questa occasione, acciò che la Italia, dopo tanto tempo, vegga uno suo redentore. Né posso esprimere con quale amore e’ fussi ricevuto in tutte quelle provincie che hanno patito per queste illuvioni esterne; con che sete di vendetta, con che ostinata fede, con che pietà, con che lacrime. Quali porte se gli serrerebbano? Quali populi gli negherebbano la obedienzia? Quale invidia se gli opporrebbe? Quale Italiano gli negherebbe l’ ossequio? A ognuno puzza questo barbaro dominio. Pigli, adunque, la illustre casa vostra questo assunto con quello animo e con quella speranza che si pigliano le imprese iuste; acciò che, sotto la sua insegna, e questa patria ne sia nobilitata, e, sotto li sua auspizi, si verifichi quel detto di Petrarca:

Virtù contro a furore renderà l’ arme, e fia el combatter corto; Ché l’ antico valore Nell’ italici cor non è ancora morto.

LAVORO REALIZZATO DALLA CLASSE 4L