D N A Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007.

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Transcript della presentazione:

D N A Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

L'acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (DNA) è, dal punto di vista della biochimica, un polimero organico i cui monomeri sono i desossiribonucleotidi. È presente in tutti gli organismi viventi e lo si trova nei cromosomi. È una molecola molto importante perché trasporta l' informazione genetica necessaria alla trasmissione dei caratteri ereditari. Cromosomi umani Mappa cromosomica embrionale Cromatina Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

La struttura del DNA fu spiegata attraverso il modello a doppia elica, proposto nel 1953 dal biochimico statunitense James Watson e dal biofisico britannico Francis Crick. Ogni molecola di questo acido nucleico può essere Immaginata come una scala a pioli, i cui montanti sono composti da una sequenza di molecole dello zucchero desossiribosio e di gruppi fosfato, e i cui pioli corrispondono a coppie di basi azotate. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Nel DNA, in particolare, sono presenti l’ adenina e la gua- nina, la citosina e la timina. Esse si appaiano in modo che vi sia complementarietà di struttura tra due di loro; pertanto, l’ adenina si appaia alla timina, la citosina alla guanina. Della molecola del DNA è stato possibile determinare il peso, grazie allo sviluppo delle nanotecnologie. La misurazione è stata resa nota nel maggio 2005: il peso di una molecola è pari a 995.000 dalton, pari a un miliardesimo di grammo. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Composizione del DNA Cromosoma Nucleosoma Doppia elica Basi Adenina Citosina Guanina Timina Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Quindi ecco la struttura del DNA: una doppia elica formata da due filamenti avvolti come i montanti di una scala a chiocciola, i cui gradini sono i legami ad idrogeno tra i nucleotidi. Scoperto com’era fatto il DNA, restava da capire qual’ era la sua funzione… e le ricerche future dimostrarono che dentro questa struttura c’ erano molti “misteri” da risolvere. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Primo fra tutti, suggeriva un meccanismo di duplicazione La scoperta della struttura del DNA conteneva in sé alcune ipotesi importanti di funzionamento. Primo fra tutti, suggeriva un meccanismo di duplicazione della molecola composto da tre fasi: prima l’ apertura della doppia elica mediante rottura dei legami idrogeno, quindi ognuno dei due filamenti funzio- na da stampo per la sintesi di quelli complementari, poi al termine si ritrovano due nuove doppie eliche. Quest’ipotesi maturò subito nella mente di Watson e Crick che la pubblicarono su Nature neanche un mese dopo l’articolo sulla struttura del DNA. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Crick aveva una sua risposta:l’informa- Già gli antichi avevano osservato la presenza di tratti ricorrenti nelle generazioni, i cosiddetti caratteri ereditari, e da tempo gli scienziati rincorrevano frugando dentro le cellule la molecola responsabile di questa trasmissione. Crick aveva una sua risposta:l’informa- zione biologica, cioè l’ insieme di istruzioni che orchestrano la vita, risiede nella successione dei matton- cini di una molecola di DNA. Il meccanismo semiconservativo di duplicazione del DNA ne faceva la molecola di elezione per la trasmissione dell’informazione genetica attraverso le generazioni, e la struttura del DNA deponeva a favore di quest’ipotesi. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

L’analisi del DNA ha rivelato molte informazioni per la comprensione della natura delle malattie, ma non è ancora stato possibile stabilire una regola universale per lo studio delle patologie. malattie monofattoriali, in cui la mutazione in un solo gene è suf-ficiente per l’insorgenza della malattia Malattie multifattoriali in cui la concorrenza di determinati fattori, spesso non solo genetici ma anche ambientali, è necessaria per lo sviluppo della patologia. Mentre molto si sa delle prime, quasi nulla è noto delle ultime. Le moderne tecnologie di studio stanno però aprendo una finestra sulla comprensione di queste patologie, tra le quali si annoverano il cancro, le malattie cardiovascolari e le allergie. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

L’influenza dell’ambiente sulla genetica si esplica a diversi livelli. Per modificazioni che la presenza di determinati agenti mutageni possono generare all’interno della molecola del DNA, variandone la composizione. Le modificazioni indotte dai raggi ultravioletti nel nostro genoma, che possono essere responsabili dell’ insorgenza di tumori Per selezione in maniera casuale durante le generazioni, a causa di errori di copiatura e di eventi di rimescolamento genico. L’influenza dell’ambiente sulla genetica si esplica a diversi livelli. La mutazione genetica che causa la talassemia e che protegge dall’infezione della malaria Alcuni tipi di ipercolesterolemia (elevato tasso di colesterolo nel sangue) sono strettamente correlati alla dieta, per cui si tratta di malattie che si osservano solo nei paesi ricchi dove l’alimentazione contiene molti grassi. Per modellamento dell’ambiente sulle caratteristiche genetica-mente determinate Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Questa tematica apre un grosso problema etico sulla conoscenze Nonostante non sia possibile stabilire nel 99% dei casi una correlazione fissa tra malattia e genetica, è diffusa nella popolazione l’idea che i dati genetici possano essere utilizzati per discriminazioni causata dalla conoscenza di possedere determinate predisposizioni genetiche a malattie. Questa tematica apre un grosso problema etico sulla conoscenze derivanti dalle analisi genetiche. Quello che sappiamo per il momento è che siamo ancora lontani da quella rivoluzione, che proba-bilmente si verificherà, che è la medicina predittiva. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Proprio per questo motivo in questi La medicina predittiva è anche la medicina dell’individualità: implica un’analisi del DNA per stabilire in ogni situazione la cura migliore, con massima efficacia e minor rischio per il soggetto. Proprio per questo motivo in questi ultimi anni, gli scienziati si stanno unendo in consorzi di studio per analizzare enormi fette di popo- lazione. Se i progressi nella conoscenza della genetica saranno estensivi assisteremo alla nascita di una medicina incredibilmente più complessa e personalizzata, il cui ruolo non sarà curare i malati bensì impedire l’insorgenza delle malattie. In poche parole far diventare le parole “paziente”, “terapia” e “malattie” superate. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Questo vuol dire che gli stessi geni sono tanto più simili quanto più due organismi sono vicini nella scala evolutiva. Nel lontano 1949 Chargaff notò come le regole di distribuzione dei nucleotidi erano conservate in organismi diversi. Più tardi la scoperta del codice genetico, rivelò che questo era uguale in tutti gli organismi: nonostante specie diverse utilizzino sistemi di comunica- zione diversa, la molecola in cui risiede l’informazione biologica e il linguaggio con cui questa è scritta è uguale in tutti gli esseri viventi. Questo concetto di universalità del codice genetico ha permesso non solo di studiare la funzione di ogni singolo tratto di DNA, ma anche di studiare la storia del patrimonio genetico. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Per capire la nostra origine biologica, la cosa più immediata è paragonare il nostro genoma con quello delle scimmie. In particolare, il nostro DNA differisce da quello degli scimpanzé per solo l’1,2 % dei nucleotidi, ed è più simile alle scimmie africane che a quelle di altri continenti. Questo dato fa supporre che scimpanzé ed uomini possano realmente aver avuto un comune antenato, probabilmente africano. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Questo tipo di analisi dimostra che L’analisi del DNA mitocondriale che viene trasmesso unicamente per via materna e paterna ci fornisce delle informazioni molto importanti su tratti genici che non hanno subito grandi variazioni durante l’evoluzione. Questo tipo di analisi dimostra che tutte le variazioni genetiche osservabili si sono originate in Africa, da una popolazione piuttosto piccola che poi si è espansa e ha iniziato ad emigrare nel resto del mondo. In pratica dal punto di vista genetico, come afferma il ricercatore Svante Paabo, siamo tutti africani, qualcuno di noi vive in Africa, qualcuno vive in esilio al di fuori di questo continente, da un tempo che, geneticamente parlando, è relativamente breve. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007

Su questo fronte, si fa sempre più Geneticamente parlando sono più diversi due italiani che un italiano e un africano presi a caso: si può affermare quindi senza ombra di dubbio che nella specie umana non esistono razze dal punto di vista genetico. Su questo fronte, si fa sempre più strada l’idea che la visione corretta non sia quella di dividere la popola- zione umana in razze od etnia, ma di considerare ogni singolo indivi- duo come un contenitore di variabilità genetica a sé stante, che gli deriva dalla storia della propria evoluzione e migrazione e dall’origine comune con tutti gli altri membri della comunità umana. Prof. Pianese Mariarosaria – Scuola Media Statale “N.Martoglio” – Anno Scolastico 2006/2007