LO STILE DELL’OSPITALITA’ “…… se ne andarono” “… lo portò nell’albergo e si prese cura di lui”
Salmo 133 Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! E’ come olio profumato sul capo che scende sulla barba sulla barba di Aronne, che scende sulla sua veste. E’ come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre.
LA PAROLA Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nei briganti………se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione….lo portò in un albergo e si prese cura di lui
A) Quando il cuore dell’uomo è toccato dal dono dello Spirito si fa espressione di gesti inattesi e sorprendenti (capaci di farsi carico – di portare il peso della fatica dei fratelli) si fa “albergo”, cioè spazio accogliente (perché il frutto dello Spirito è amore, gioia, pazienza, benevolenza, fedeltà e domino di sé)
B) Quando una comunità è plasmata dall’azione dello Spirito e educata alla Parola diventa “casa” per tutti della lode e della preghiera della misericordia e del perdono dell’accoglienza e della fraternità della sobrietà e della solidarietà
C) Quando una famiglia è animata dallo spirito del Vangelo diventa dimora ospitale, con le porte aperte e le finestre spalancate ai bisogni dei fratelli fondata sulla “roccia” della Parola disponibile e lasciarsi “scoperchiare il tetto” dal grido dei fratelli (Mc 2,1-4 pag 51)
a chi ha bisogno di un po’ del nostro tempo, della Il samaritano della parabola ci insegna che l’ospitalità nasce dalla “compassione” e si esprime nella “condivisione” E’ questo lo “stile dell’ospitalità”: SAPER FARE SPAZIO nel proprio cuore nella propria vita nella propria casa a chi ha bisogno di un po’ del nostro tempo, della nostra attenzione e del nostro affetto per “guarire”, per andare avanti e riprendere il cammino
Si tratta di passare dalla pura “assistenza” all’amicizia e alla fraternità autentica Bisogna essere disposti a “lasciarsi scoperchiare il tetto” delle nostre presunte sicurezze “spalancare” le finestre della nostra casa sulle miserie dei fratelli aprire le porte per far entrare l’altro, ma anche per uscire ed entrare in altre case e condividere brandelli di vita altrui prendere le difese dei più deboli
Quando poi, come il samaritano della parabola, ci accorgiamo di non poter rispondere pienamente, da soli, alle necessità di chi ci chiede aiuto, allora occorre accompagnarli alla “locanda” delle istituzioni pubbliche collaborando con i servizi sociali, comunali o parrocchiali (prendersi cura e farsi curare, pag. 53) Condividendo ciò che si ha , si sazia il fratello nel bisogno, si è saziati nella fame di giustizia e si crea l’abbondanza (Enzo Bianchi, le vie della felicità) (Immigrazione P. Giorgio)
Che cosa significa per noi e per la nostra famiglia “essere ospitali”? Siamo pronti ad aggiungere un posto a tavola, un materasso per la notte quando occorre? Quali paure e timori ci trattengono dall’aprire la porta di casa, dall’ospitare chi non si conosce? (raduno mondiale della famiglia) La nostra società è ormai multi etnica: come ci poniamo nei confronti dei compagni di scuola dei nostri figli, dei colleghi o vicini extracomunitari e delle loro famiglie?
Nel nostro gruppo familiare c’è chi ha vissuto o vive l’esperienza dell’adozione o dall’affido? Come viene condivisa dal gruppo? Nel nostro gruppo familiare riusciamo a condividere fatiche e problemi, ci “soccorriamo a vicenda” nella vita di tutti i giorni? Come, concretamente? Chiediamoci: come famiglie e come gruppo, di chi “abbiamo compassione”?