Testo: Luca 15, 1 ‑ 3. 11 ‑ 32 - Quaresima 4 –C- Musica: Albinoni. Concerto Nº 12. Adagio. Una parabola si muove sempre intorno a qualcosa di “scandaloso”

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Transcript della presentazione:

Testo: Luca 15, 1 ‑ ‑ 32 - Quaresima 4 –C- Musica: Albinoni. Concerto Nº 12. Adagio. Una parabola si muove sempre intorno a qualcosa di “scandaloso” o, per lo meno, paradossale e insolito. La parabola spesso mette le cose al rovescio; è un attacco ai pregiudizi della nostra mentalità. La parabola vuol far pensare chi ascolta incorporando un elemento di “stranezza” e di “sorpresa” a un fatto normale e comune… L’ intenzione è obbligarci a considerare la nostra vita, la nostra condotta e il nostro stesso mondo da una prospettiva diversa.. Le parabole aprono nuove possibilità di vita, molte volte opposte ai nostri comportamenti convenzionali; permettono una nuova esperienza della realtà. Schillebeeckx

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». La scena ci presenta Gesù parlando con gente poco raccomandabile: peccatori pubblici e pubblicani con scandalo della gente considerata per bene: i farisei e i maestri della legge. Al tempo di Gesù sedersi alla stessa mensa era una espressione particolarmente intima di amicizia e solidarietà. Per nessun motivo si poteva condividere mensa con qualcuno di un ceto inferiore e molto meno con qualcuno di condotta riprovevole. Gesù si fa vicino agli indesiderabili e scandalizza i farisei. Anche loro sono invitati. Gesù non esclude nessuno.

Ed egli disse loro questa parabola: I farisei e maestri della legge sono scandalizzati dal comportamento atipico di Gesù. Mormorano perché accoglie i peccatori e mangia con loro. Gesù risponde loro con questa parabola che rivela come è Dio. Gesù dirige la parabola agli “uomini religiosi”, che l’avevano accusato di essere “amico di pubblicani e peccatori” (Lc 7, 34), alle persone che non hanno misericordia, che si scandalizzano del comportamento di Gesù e del messaggio del Vangelo. Con questa parabola, Gesù riscopre e mostra il vero volto del Padre, che sente un amore materno per i suoi figli e figlie, molto spesso sfigurato dal peso della legge e dal rigore della sua osservanza farisaica. I farisei e maestri della legge sono scandalizzati dal comportamento atipico di Gesù. Mormorano perché accoglie i peccatori e mangia con loro. Gesù risponde loro con questa parabola che rivela come è Dio. Gesù dirige la parabola agli “uomini religiosi”, che l’avevano accusato di essere “amico di pubblicani e peccatori” (Lc 7, 34), alle persone che non hanno misericordia, che si scandalizzano del comportamento di Gesù e del messaggio del Vangelo. Con questa parabola, Gesù riscopre e mostra il vero volto del Padre, che sente un amore materno per i suoi figli e figlie, molto spesso sfigurato dal peso della legge e dal rigore della sua osservanza farisaica.

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Gesù ci parla di Dio come di un padre amorevole. Un Padre pieno di tenerezza, rispetto, generosità, pazienza, speranza, fiducia, capacità infinita di acoglienza… È un padre che tollera che un figlio se ne vada da casa, con la parte della sua eredità che ancora non gli corrisponde, invece di proibirglielo con la sua autorità. È un padre che lascia libertà ai suoi figli, anche se sa che non sono preparati per usare questa libertà con responsabilità e maturità. Gesù ci mostra e dimostra che il Padre ha un cuore.

Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allontanandosi da casa la sua vita peggiora. Prova nostalgia di ciò che suppone essere nella casa del Padre: dignità, affetto, gioia di sentirsi figlio, fiducia, solidarietà, cibo materiale e spirituale, felicità… Allontanandosi da casa la sua vita peggiora. Prova nostalgia di ciò che suppone essere nella casa del Padre: dignità, affetto, gioia di sentirsi figlio, fiducia, solidarietà, cibo materiale e spirituale, felicità…

Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre. La fame, più che il pentimento, è la vera motivazione per il suo ritorno. Fame fisica e fame di recuperare la sua dignità e la sua identità. Conosce suo padre e sa che, per molto che si sia allontanato da casa, mai potrá arrivare così lontano che non lo raggiunga la sua accoglienza e il suo amore. Sa che sempre sarà ricevuto con le braccia e il cuore aperti. La fame, più che il pentimento, è la vera motivazione per il suo ritorno. Fame fisica e fame di recuperare la sua dignità e la sua identità. Conosce suo padre e sa che, per molto che si sia allontanato da casa, mai potrá arrivare così lontano che non lo raggiunga la sua accoglienza e il suo amore. Sa che sempre sarà ricevuto con le braccia e il cuore aperti.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Il padre va incontro al figlio, non ha bisogno di ascoltare la sua confessione, né che il figlio scenda a dettagli delle sue colpe, non gli impone nessuna penitenza; agisce come un padre non come un giudice, prende l’iniziativa di baciarlo e abbracciarlo, il suo ritorno a casa è una festa. L’abbraccio del Padre stringe tutti i nostri errori, accarezza tutte le nostre cicatrici, cancella tutti i nostri sbagli. Sapersi amato e perdonato incondizionatamente, rende capaci di perdonare e amare.

Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il padre non dice una sola parola di perdono. Organizza una festa. La gioia del Padre, come ogni gioia, ha bisogno di essere condivisa e comunicata. Accoglie, fa sedere alla sua mensa, dona gioia, libertà e vita. Il “figlio minore” ha accolto già l’ amore del Padre. La sua vita senza senso e le sue carenze l’hanno ricondotto alle braccia del Padre che l’aspettava senza condizioni. Recupera la sua dignità di figlio, senza dover sopportare un interrogatorio umiliante né nessun castigo. Non c’è castigo né penitenze. C’è gioia e festa. È la vera grazia, quella gratuita; l’amore non si paga, ma si gode e si celebra. “Se il figlio fa male, la madre non si indigna, ma si addolora. Se il figlio “ritorna” la madre non perdona, è per lei una grande gioia. (J.E.Galarreta)

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Come dimostra l’atteggiamento del fratello maggiore, il non essersi allontanato da casa non significa essere più vicino né conoscere il padre, né partecipare del calore familiare e della fraternità. Il padre insegna, a lui e a noi, che per apprezzare l’accoglienza e l’amore non c’è niente di meglio che accogliere e amare.

Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Il padre misericordioso esce anche a cercare il figlio maggiore. Questo figlio rappresenta l’atteggiamento farisaico che Gesù voleva, e vuole, combattere. Si crede migliore e con più diritti degli altri, non ama, non ha cuore capace di accoglienza. Parla di obblighi e non di effusione. È indignato per il comportamento del Padre verso suo fratello, gli sembra troppo debole. Egli lo avrebbe minacciato con un buon castigo, gli avrebbe proibito di partecipare alla mensa familiare, l’avrebbe diseredato definitivamente. Pesa, conta, misura.... meriti e indulgenze. Lavora per la ricompensa. Si crede in diritto di giudicare, di escludere e di condannare. Non dice “mio fratello”, ma “questo figlio tuo”. Mi è più facile: essere inquisitore, giudicare, accusare, condannare - come “i fratelli maggiori” - o accogliere, comprendere, aver fiducia... come fa il padre della parabola, come fa il Padre? Godo del bene, della felicità altrui? Sono figlio! Sono fratello?

Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». La Buona Notizia, la miglior notizia è sapere che Dio è così come il padre affettuoso della parabola. E un gran sollievo e gioia il sapere che non assomiglia affatto ai “fratelli maggiori”. La parabola non ha il finale. Si conclude con l’invito del padre a entrare in casa, ad accogliere il fratello e a celebrare una grande festa. Non sappiamo la sua reazione. Non sappiamo se entró o non entró. Riceviamo lo stesso invito. E sappiamo che per entrare nella casa del Padre e partecipare alla festa, c’è solo una porta: l’accoglienza, l’aiuto, l’amore verso gli altri. Entriamo?

Salmo 33. Il Signore è buono, la Bontà, effusione traboccante di amore. Rispetta la libertà dei suoi figli e figlie, li lega solo con lacci di amore. Com’è buono il Signore!. Non scomunica né maledice il figlio che si allontana, ma segue con il cuore i suoi passi e aspetta e sogna, non si rimargina la ferita della sua assenza. Il ritorno del figlio è per Lui la festa delle feste. Non castiga, non regola i conti, regala dignità e vestito, con calzari, anello e banchetto e bellezza. Baci e abbracci sono la sua penitenza. Gustate e vedete com’è buono il Signore!. Neppure maledice né scomunica il figlio “buono”, che non si rallegrava per il ritorno del fratello. Volle aprire i suoi occhi alla luce dell’amore, cambiare il suo cuore con sapienza, con pazienza e con fuoco. L’immensità del suo amore si effonde su tutte le sue creature. Com’è buono il Signore!.