La povertà nei paesi sviluppati: come si misura e come si contrasta

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Transcript della presentazione:

La povertà nei paesi sviluppati: come si misura e come si contrasta Ugo Trivellato Università di Padova Orientarsi nella società e capire la crisi Facoltà di Scienze Statistiche Padova, 12 febbraio 2010

Traccia Fondamenti Alcune definizioni La povertà in Italia Perché interessarsi di disuguaglianza? Riferimento a quali aspirazioni? Quale spazio valutativo? Alcune definizioni Indici di povertà [ e di disuguaglianza] Standard e soglie di povertà Questioni empiriche La povertà in Italia La povertà nei paesi sviluppati Le politiche di contrasto Partecipazione al lavoro Tasse & trasferimenti Misure di contrasto della povertà

1. Fondamenti: perché? Interesse descrittivo: - La variabilità di un fenomeno rileva come la sua media. Interesse strumentale: - L’effetto su altre variabili economiche o sociali: es. crescita economica; stabilità sociale. Interesse normativo: - Le persone hanno giudizi etici (variamente condivisi) sulla distribuzione delle risorse.

Fondamenti: riferimento a quali aspirazioni? Definizione di povertà (1) Grande dizionario della lingua italiana (Battaglia) “mancanza più o meno completa o accentuata insufficienza dei mezzi necessari per vivere; la condizione di chi ha a disposizione insufficienti mezzi di sussistenza” (1961, p. 1136). Ma cos’è necessario? A quali aspirazioni, e di chi, si fa riferimento?

Definizione di povertà (2) Carlo Cattaneo, su Il Politecnico (1839) “Qual è il grado di stento al quale una famiglia può resistere? Quali sono le necessità della vita? Un selvaggio si sdraja in una spelonca, va nudo alle intemperie, si nutre d’ogni schifezza, manomette perfino la carne umana. Ma in seno alla civiltà, in mezzo a campagne ridenti e città sfarzose e liete, il povero deve avere un tetto, qualche suppellettile, un po’ di foco, un po’ di lume; e per essere accolto fra’ suoi simili alle opere della vita, deve mostrarsi vestito com’essi. … Ora, il punto che divide questi gradi d’infortunio, varia per ogni paese, per ogni tempo, per ogni persona”.

Definizione di povertà (3) Alfred Marshall, Princìpi di economia (1890) “Il necessario per l’efficienza di un agricoltore ordinario, o di un operaio cittadino non qualificato è … una casa con buoni impianti igienici e parecchie stanze, vestiti che tengano caldo, e biancheria di ricambio; acqua pura, una quantità abbondante di alimenti a base di cereali, una modesta quantità di carne e di latte, un po’ di tè, ecc., qualche mezzo di istruzione e di svago, e infine la possibilità che la moglie sia abbastanza libera da altre occupazioni, per poter compiere adeguatamente i doveri di madre e gli altri obblighi domestici”.

Tirando le somme sul riferimento alle aspirazioni Le aspirazioni normative sulla base delle quali si definisce la povertà sono riferite a una collettività storicamente determinata, nello spazio e nel tempo. Tali aspirazioni non riguardano l’intera (dis)uguaglianza nella distribuzione delle risorse giudicate rilevanti, ma soltanto la coda bassa della distribuzione. Povertà  disuguaglianza (pur collegate).

Fondamenti: quale spazio valutativo? Povertà rispetto a che cosa? Consumi [spesa per] Reddito Molteplici indicatori di privazione materiale: povertà multidimensionale Capability approach di Sen (1992): functionings and capabilities (funzionamenti e capacità): incorpora nozione di libertà “Povertà” ed esclusione sociale: incorpora nozione di dinamica

Reddito vs. spesa per consumi Scelta non neutrale  Quota di persone povere nel 2000 in Italia:  19% per Eurostat con reddito,  13,9% per Istat con consumi.  “Code” meno spesse nella distribuzione dei consumi:  anche con reddito nullo, consumi non comprimibili sotto sussistenza,  consumi aumentano meno che proporzionalmente con il reddito. Quale utilizzare?  Ipotetico indicatore ideale: “reddito permanente”.  Consumi ritenuti dai più il miglior indicatore empirico:  miglior indicatore di utilità (soddisfacimento dei bisogni);  proxy del (nel caso di scuola, proporzionale al) reddito permanente; - ma riflette anche stili di vita.  Reddito disponibile netto corrente:  indicatore ex-ante di comando sulle risorse, di capacità di spesa, indipendentemente da stili di vita e scelte; - forti fluttuazioni; imperfezioni mercati dei capitali e vincoli di liquidità.

Tirando le somme sullo spazio valutativo Spazio delle risorse economiche. “Difficilmente una misura può essere più precisa della nozione che rappresenta” (Sen, 1997) … e di quanto lo strumento di misura consenta.  Giudizio del ricercatore + valutazioni pratiche “La ragione più importante per misurare la povertà probabilmente è non tanto il bisogno di disporre di un singolo numero per un dato luogo e tempo, ma piuttosto di effettuare un confronto di povertà” (Ravaillon, 1992):  ‘profili’; confronti nel tempo.

Grado di relativismo in spazio valutativo e definizioni Grado di relativismo in spazio valutativo e definizioni. Esempio: Indicatori di povertà in Italia, nel 2000 (dove esistente)

2. Alcune definizioni: indici Notazioni (NB. Per popolazione di persone; logica analoga per pop. di famiglie): n  numero di persone Yi  reddito (o consumo) della persona i Z  soglia di povertà q  numero di persone con Y<Z, povere q  reddito medio dei poveri poveri F()  densità cumulata

Indici di povertà (1) Indice di diffusione o incidenza (head-count ratio) quota dei poveri sulla popolazione totale Divario di povertà (poverty deficit) ammontare di reddito addizionale necessario all’insieme dei poveri per oltrepassare la linea di povertà Indice di intensità (poverty gap) di quanto, in termini relativi, il reddito dei poveri è in media sotto la soglia di povertà

Indici di povertà (2) in generale, H e I non danno informazione  H non è sensibile alla severità della povertà  I non dipende dal numero dei poveri in generale, H e I non danno informazione sulla distribuzione tra i poveri: una redistribu zione di reddito dal più ricco, tra i poveri, al più povero lascia H e I immutati. costruire indici sensibili a trasferimenti di reddito tra poveri (non considerati nel seguito): Indice di Sen Indice di Foster-Greer-Thorbecke

Indici di disuguaglianza Indice di Gini: varia da 0 (perfetta uguaglianza) a 1 (1 persona ha tutto l’ammontare di risorse, n-1 hanno zero risorse). NB. Ma campo di variazione effettivo per paesi sviluppati  0,2-0,4. Indice di Theil: varia da 0 e log n. Soddisfa la proprietà di scomponibilità per gruppi della popolazione: disuguaglianza totale = disuguaglianza fra gruppi + disuguaglianza all’interno dei gruppi. Indice di Atkinson: indice ‘flessibile’, che varia in funzione di un parametro di avversione alla disuguaglianza.

2. Alcune definizioni: standard e soglie Standard assoluti  povertà ‘assoluta’ Standard relativi  povertà ‘relativa’ Standard assistenziali pubblici Standard soggettivi

Povertà assoluta La condizione di povertà si presenta quando il consumo di una famiglia è inferiore a un paniere minimo socialmente accettabile di beni e servizi essenziali nel contesto di riferimento, ovvero al reddito richiesto per acquistarlo. L’attenzione è primariamente rivolta a definire fabbisogni nutrizionali necessari per la alimentazione adeguata, e a trasformarli in un gruppo di beni alimentari. La soglia di povertà si ottiene sommando al costo di questo paniere una stima delle spese per gli altri beni e servizi necessari (abitazione e utenze, abbigliamento, trasporti, istruzione , salute, ecc.). Una soglia di tipo assoluto viene fatta mutare nel tempo per tenere conto delle variazioni del livello dei prezzi.

Povertà relativa Lo stato di povero viene identificato in relazione allo standard di vita medio della comunità, che determina quali sono i bisogni sociali essenziali. La disponibilità di un data soglia di reddito, ovvero di una data soglia della spesa per consumi, è definita in modo da risultare sufficiente per un pieno inserimento della persona nella società in cui vive. Un esempio (grossolano, in parte improprio): la mancanza di un telefono non mette, in generale, a repentaglio la sopravvivenza fisica, né impedisce di condurre una vita dignitosa, ma può essere problematica quando la grande maggioranza delle persone ne dispone, rendendo più difficili i rapporti sociali o limitando le possibilità di impiego di un disoccupato.

2. Alcune definizioni: Questioni empiriche Nella realtà: persone differiscono per genere, età e altre caratteristiche, e vivono in famiglie diverse (compresa ovviamente la famiglia di un/a componente). La misurazione della povertà richiede di scegliere: unità elementare di aggregazione di redditi o consumi: famiglia (di fatto); Confrontabilità di famiglie diverse, tramite “scale di equivalenza”; unità di riferimento: famiglia o persona; distribuzione intra-familiare: assunto equidistr.

3. La povertà in Italia (a) Povertà relativa stimata dall’Istat: Spesa per consumi delle famiglie; Scala di equivalenza (deflatore per il consumo di ogni tipologia familiare, definita in base al numero componenti) ‘Carbonaro’: 0,67, 1, 1,34, 1,63, 1,90. Linea di povertà: consumo medio pro-capite [NB. non equivalente] per una famiglia di 2 persone. + ulteriori linee accanto a quella ufficiale (80% e 120% di quella ufficiale).

3. La povertà in Italia (b) Povertà assoluta – nuova stima Istat dal 2005: Paniere dei fabbisogni: - fabbisogni alimentari per genere ed età definiti su base nutrizionale e convertiti in consumi alimentari; - fabbisogni di abitazione e utenze connesse definiti in termini fisici/di quantità sulla base di normative vigenti; - gli altri bisogni familiari e individuali, comprensivi di vari beni e servizi (abbigliamento, comunicazioni, trasporti, altri beni e servizi per la casa, istruzione, sanità), confluiscono in una componente residuale non definita non in termini quantitativi.  I fabbisogni e i beni e servizi che li soddisfano sono uguali per l’intero paese (a meno di differenze nel fabbisogno di riscaldamento, per le differenti condizioni climatiche).

Povertà assoluta – nuova stima Istat dal 2005 [segue 1]: Valutazione monetaria del paniere: - i prezzi sono variabili nelle diverse aree del Paese, quindi i costi riflettono la variabilità territoriale dei prezzi dei beni e servizi contenuti nel paniere; - Per la componente dei consumi alimentari si considera il prezzo medio accessibile (media aritmetica ponderata dei prezzi minimi individuati in tre tipologie distributive: hard discount, distribuzione moderna e distribuzione tradizionale) per ripartizione [+economie/diseconomie di scala]; - La stima dei costi per affitto è ottenuta distintamente per ripartizione geografica e dimensione del comune di residenza (3 classi di comuni). - Per la componente residuale, si utilizzano coefficienti moltiplicativi della spesa per consumi alimentari variabili secondo la composizione familiare.

Povertà assoluta – nuova stima Istat dal 2005 [segue 2]: Risultato: linee di povertà variano per: - tipologia familiare molto dettagliata; - ripartizione geografica: Nord, Centro, Sud; - dimensione del comune: Aree metropolitane, Grandi comuni, Piccoli comuni. Aggiornamento delle soglie: è effettuato utilizzando: - indici specifici per ciascuna componente del paniere; - propri di ogni ripartizione geografica.

Le soglie di povertà assoluta nel 2005 per alcune tipologie e per territorio

3. La povertà in Italia (c) Povertà relativa (“low income families”) stimata dall’Eurostat: Reddito disponibile netto delle famiglie; Scala di equivalenza OECD modificata: 1, 0,5 altro > 14 anni, 0,3 altro < 14 anni.. Linea di povertà (per una persona): 60% della mediana della distribuzione del reddito pro-capite reso equivalente.

Indice di Gini (per cento) SHIW: income exc. imputed rents, interest and dividends, households SHIW: income exc. interest and dividends, households SHIW: equivalent income (square root scale), persons EUSILC: equivalent income (m. OECD scale), households ECHP: equivalent income (square root scale), persons

Incidenza delle povertà (per cento) NB. Per povertà assoluta vecchia serie Linea 120% base Linea base Linea 80% base Linea assoluta Fonte: Istat.

Intensità della povertà relativa (%) nel 2008: 18,0 19,6 23,0 20,5

Intensità della povertà assoluta (%) nel 2008: 16,4 17,8 17,3 17,0

Incidenza delle persone a basso reddito (per cento) SHIW: equivalent income exc. interest and dividends (square root scale), persons SHIW: equivalent income (square root scale), persons ECHP: equivalent income (square root scale), persons

Incidenza delle famiglie a basso reddito per condizione occupazionale, 1995-2006 (per cento) Operai Pensionati Autonomi Impiegati Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

Famiglie a basso reddito: scomposizione variazione 1995-2006 per condizione occupazionale (punti percentuali) Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia.

Povertà e disuguaglianza in Italia: note riassuntive Fasi nell’evoluzione della distribuzione dei redditi: Fase “egualitaria” dall’autunno caldo ai primi anni ’80. Successivo aumento della disuguaglianza, accentuato negli anni della recessione del 1992-93. Nessuna tendenza netta nel periodo dal 1993 in poi. Ma da nuova stima di povertà assoluta: Distribuzione territoriale risulta profondamente diversa: diffusione di povertà è uguale, o quasi, in Nord e Centro; rapporto di diffusione Mezzogiorno/Nord da  4,5 a  2. Molto diversa è anche la diffusione di povertà per tipologia familiare: picco in famiglie numerose con figli minori.

Povertà e disuguaglianza in Italia: note riassuntive [segue] Osservazioni: Nessuna fase prolungata di aumento della disuguaglianza, contrariamente a quanto avvenuto in numerosi paesi ricchi. Nessuna evidenza (finora) di impoverimento o scomparsa dei ceti medi. Ma dinamiche differenti tra classi sociali (attività principale del maggior percettore di reddito): → redistribuzione ‘orizzontale’ autonomi/dipendenti; → emergere del fenomeno dei working poors. Costi della “flessibilità” non ugualmente distribuiti (vedi dopo).

4. La povertà nei paesi sviluppati Alcun cautele sulle misure di disuguaglianza e sulla sua dinamica A. Indice di Gini: redditi non armonizzati (i problemi di comparabilità contano soprattutto tra paesi; nel lungo periodo anche all’interno dei paesi); indice usato perché comune, ma potrebbero esservi differenze con altri indici. B. Brandolini e Smeeding (2008) su EU-SILC e LIS: - Conversione dei redditi in standard comune:  PPA per il PIL; - P10 e P90 calcolati rispetto alla mediana USA; - Indicatori rozzi delle differenze negli standard reali di vita.

Indice di Gini del reddito disponibile in alcuni paesi ricchi

Distribuzione dei redditi disponibili equivalenti reali

Indice della diseguaglianza (Gini) del reddito – metà anni 2000 Fonte: OCSE

La disuguaglianza nei paesi ricchi Attenzione agli aspetti di metodo e spazio valutativo: Indice di disuguaglianza; Nominale e reale; Reddito, ricchezza, funzionamenti. Chiaro raggruppamento dei paesi: Messico e Turchia i più diseguali, seguiti dai paesi di lingua inglese e da quelli del sud-Europa; seguono gli altri paesi dell’Europa continentale; i paesi nordici sono i meno diseguali; la maggior parte dei paesi dell’Europa orientale mostra livelli medio-bassi di disuguaglianza; Corea e Giappone sono in posizione intermedia.

La disuguaglianza nei paesi ricchi [segue] Una sintesi degli andamenti di lungo periodo Tendenza generale alla crescita della disuguaglianza dei redditi, ma non in modo comune, sincrono: aumento anni ’80: Stati Uniti, Regno Unito, aumento anni ’90: Svezia, Finlandia, Norvegia, Italia, aumento fine anni ’90: Canada, Germania, profilo misto o nessun aumento: Paesi Bassi, Francia, Disuguaglianza tende a muoversi non lungo traiettorie ben definite, ma a scatti e in modo irregolare. Profili temporali dipendono dal concetto di reddito, in particolare dal comprendervi o meno le imposte pagate e i trasferimenti assistenziali e previdenziali ricevuti. Quindi i trend distributivi dipendono dalla redistribuzione pubblica, che può cambiare nel tempo.

La povertà nei paesi dell’UE, 2005

Ancora sulla povertà nei paesi della UE Le “aspirazioni normative” al contrasto delle povertà sono nazionali o comunitarie? Se l’UE fosse analizzata come un singolo paese, il maggiore cambiamento consisterebbe nel rimpiazzare linee di povertà nazionali con una singola linea di povertà valida per l’intera UE. EU-wide median Country k median

POVERTY COMPOSITION IN EU25 BY ALTERNATIVE VALUES OF θ, 2000 (per cent) Source: elaboration on data from Eurostat, national accounts, ECHP and LIS.

5. Le politiche di contrasto Semplificando all’osso, si possono distinguere: (A) politiche che attengono alla distribuzione primaria del reddito: segnatamente politiche del lavoro [cenni] (tasso di partecipazione; employment protection legislation; compressione-dispersione dei salari; profilo dei salari nel ciclo di vita); (B) politiche generali di redistribuzione/welfare: tasse e trasferimenti, welfare del lavoro; welfare della famiglia [cenni]; (C) politiche specifiche di contrasto della povertà.

Un elemento ulteriore da considerare: la “vulnerabilità” Instabilità e shocks, e capacità di farvi fronte. Il reddito familiare può essere sufficiente rispetto allo standard minimo fissato dalla società, ma vi può essere una elevata probabilità che questa condizione possa cambiare repentinamente: condizioni di lavoro (di fatto) a termine; mancanza di attività patrimoniali; inadeguatezza delle misure di protezione sociale: sussidi di disoccupazione sostegno al reddito delle famiglie in povertà.

(A) Evidenze salienti su indicatori economici UE-15  2007 (elab (A) Evidenze salienti su indicatori economici UE-15  2007 (elab. da Eurostat)

Salari di ingresso e profili retributivi per generazioni successive: età di ingresso 21-22 anni (1976=1) Fonte: Rosolia-Torrini (2007), elaborazione su dati dell’Archivio INPS.

Fonte: Rosolia (2008), elaborazione su dati dell’Archivio INPS-WHIP. Quota di lavoratori nati all’estero sul totale dei dipendenti privati non-agricoli in ogni ventesimo della distribuzione delle retribuzioni settimanali (corrette per il part-time) Fonte: Rosolia (2008), elaborazione su dati dell’Archivio INPS-WHIP.

(B) Evidenze salienti sul welfare nell’EU-15,  2007 (elab (B) Evidenze salienti sul welfare nell’EU-15,  2007 (elab. da Eurostat)

Spesa pubblica: disoccupazione, 2002 (% su PIL)

Condizione economica e situazione lavorativa nel 2004 Impieghi atipici: posizioni lavorative a termine e interinali, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e occupazioni a tempo parziale dipendenti e indipendenti (ore lavorate meno di 18 alla settimana). Impieghi tradizionali: i rimanenti. Varie forme di impiego aggregate, per persone con più occupazioni e per famiglie, sulla base delle ore lavorate.

Un welfare del lavoro categoriale-corporativo, che protegge prevalentemente gli insiders. Tratti di “balcanizzazione” e iniquità distributiva accentuati di fronte alla crisi del 2008

(C) Spesa pubblica: esclusione sociale, 2002 (% su PIL)

Le misure di contrasto della povertà nei paesi UE Forte variabilità (in contesti complessi, e diversi, quanto a welfare complessivo). Le misure tipiche: - reddito di cittadinanza ( basic income): no; - reddito minimo di inserimento, con crescenti obblighi reciproci (“condizionalità”) per chi è in grado di lavorare: Francia (Revenu de Solidarieté Active); Germania (Alg. II, noto come Harz IV); .. - misura nazionale minima di ultima istanza: tutti i paesi, a meno di Grecia e Italia [NB. + misure per non autosufficienti]. - negative income tax , e la versione in termini di credito di imposta per lavoratori poveri (+ figli a carico): Working Families Tax Credit inglese.

Le misure di contrasto della povertà in Italia Sperimentazione nazionale del Reddito Minimo di Inserimento (RMI): - 1998-2000 in 39 comuni (estesa a 309 nel 2001-04); - integrazione del reddito familiare mensile fino alla soglia di L. 500.000 (1998, poi rivalutate) per persona equivalente; - più interventi volti a perseguire autonomia economica ([re]- ingresso nel lavoro agevolato) e integrazione sociale (es. recupero scolarità dell’obbligo). Rinominato Reddito di Ultima Istanza: - per sancirne la fine, almeno come intervento di contrasto della povertà a livello nazionale; - vi è una serie di misure regionali, disparate, alcune apprezzabili e altre prossime all’inverosimile [es. “Reddito di Cittadinanza” (sic!) della Campania].

Concludendo su povertà [e disuguaglianza] in Italia (1) Italia ha livelli di povertà e disuguaglianza elevati tra i paesi avanzati: caratteristica radicata che rende l’Italia più simile ai paesi anglo-sassoni che ai paesi dell’Europa continentale e del nord; a fronte di ciò, vi sono una complessiva debolezza e forti iniquità distributive del sistema di welfare (con radici lavoristiche e corporative; senza evoluzione verso “universalismo selettivo”) .

Concludendo su povertà [e disuguaglianza] in Italia (2) Nessun apprezzabile aumento degli indici di povertà in Italia tra la metà degli anni novanta e la metà di questo decennio (e oltre, ma pre-crisi). Le distribuzioni dei redditi e dei consumi appaiono sorprendentemente stabili, nonostante i cambiamenti che hanno interessato il mercato del lavoro, il sistema fiscale e previdenziale e, più in generale, l’intera economia italiana.

Concludendo su povertà [e disuguaglianza] in Italia (3) Questa stabilità aggregata nasconde tuttavia importanti cambiamenti nell’allocazione delle risorse. Dalla metà degli anni novanta e, in particolare, tra il 2000 e il 2004, essa è mutata a vantaggio delle famiglie degli autonomi e dei dirigenti e a scapito di quelle degli operai e degli impiegati. Sono aumentati l’insicurezza delle famiglie e il loro senso di “vulnerabilità” nei confronti di eventi negativi. Insicurezza e “vulnerabilità” si concetrano su giovani e immigrati.

Concludendo su povertà [e disuguaglianza] in Italia (4) Scomposizione della disuguaglianza (Brandolini, 2008) indica tre fattori come decisivi: partecipazione al mercato del lavoro, effetto redistributivo della spesa sociale, area geografica di residenza Cautela: esercizi di scomposizione sono applicazioni meccaniche, non spiegazioni casuali. Maggior partecipazione al lavoro e miglior disegno sistema di imposte e trasferimenti possono aiutare crescita economica e distribuzione meno iniqua dei redditi

Concludendo su povertà [e disuguaglianza] in Italia (4: segue) Indice di Gini del reddito disponibile equivalente tra le persone in Italia, Germania e Stati Uniti nel 2000, per area geografica

Il divario Nord-Sud ha un effetto decisivo sulla disuguaglianza complessiva dell’Italia: non solo per il divario medio tra le due aree, anche scontando le differenze stimabili nel costo della vita ma anche per la distribuzione assai sperequata all’interno delle regioni meridionali Difficile ridurre le disuguaglianze in Italia senza un cambiamento radicale della struttura socio-economica del Mezzogiorno