I CONVEGNO Servizio psicologico e psicoterapeutico a sostegno della vita consacrata e sacerdotale VASI DI CRETA Tavola rotonda Il perdono interpersonale e la psicologia: analisi del costrutto e prospettive cliniche Roma, 26 febbraio 2016 Complesso basilicale di Santa croce in Gerusalemmme IL PERDONO COME INDICATORE DI MATURITÀ PERSONALE Prof.ssa Maria Beatrice Toro Psicologa Psicoterapeuta Direttore didattico SCINT Direttore 2TC Psicologia Docente SSPL LUISS Docente Auxilium
META COGNIZIONE l’abilità di riflettere sui propri processi interiori e prendere decisioni in modo consapevole
Perché c’è bisogno di tutto ciò per perdonare? Perché l’impulso immediato, naturale, è quello della ritorsione guidata dalla rabbia (reattività a caldo) o dal rancore (reazione a freddo, anche anni dopo la ferita).
E perché ci sono vari ostacoli nella via del perdono Anche il bisogno di capire…
Il famoso “occhio per occhio” che noi oggi vediamo come un sistema fondamentalmente vendicativo, ha avuto in realtà il pregio di introdurre il concetto di commisurazione della vendetta al danno subito.
L’idea che guida chi medita una “giusta” vendetta, è che la rabbia e la frustrazione dell’esser stati danneggiati si possano acquietare solo dopo la restituzione del danno, che ripara il torto. Per poterlo fare il torto viene a lungo portato in memoria, creando non pochi effetti collaterali, tra cui star male ogni volta che ci si senta perdenti nella competizione con l’aggressore.
Ma riuscire effettivamente a vendicarsi rende davvero liberi dalla rabbia?
L’intento di vendicarsi rappresenta una forma di paradossale dipendenza, derivante da una particolare forma di mancanza di consapevolezza di sé. Il perdono, infatti, non riguarda chi ha offeso, ma se stessi, nel momento in cui si scelga di lasciar andare via dolore e rabbia attraverso un processo che non è affatto semplice.
Possiamo anche accorgerci che non riesce a sopraggiungere in noi uno stato d’animo sereno, ma è importante capire che anche questo non importa, purchè si voglia voltare pagina e liberarsi del fardello che la rabbia rappresenta. Infine, si può voler perdonare chi è ben lontano da volersi scusare con noi e, anzi, si sente dalla parte della ragione.
Chi ama incondizionatamente non ha la necessità di dire mi dispiace perché cerca la felicità dell’altro in modo sincero e si dedica a ciò: non ha occasione di pronunciare queste parole. E’ una visione ideale, perfetta, utopica ma è interessante il pensiero che l’amore sia una forza tale da permetterci di andare oltre noi stessi inseguendo la felicità dell’altro.
E la persona amata a sua volta ama noi, dunque ha sempre già compreso la buona fede in cui è stato commesso il nostro errore e ci ha già perdonato. Mentre noi diamo tutti noi stessi, l’altro, che ama dello stesso amore, vede il nostro sforzo e dona quasi impercettibilmente un continuo perdono, per quelle volte in cui vorremmo tanto dire “mi dispiace”. Ma in amore non è necessario, perché chi ama sa già quando all’altro dispiace.
Almeno tre generazioni hanno amato questo film, che non è stato solo una storia generazionale tipica degli anni 70, laddove altre tematiche erano certamente più in auge rispetto all’amore romantico. Eppure la gente, di qualunque estrazione sociale ed età correva al cinema a vederlo.
É stato un evento eccezionale, il suo successo è partito dall’America per arrivare in Europa, passando per Cina, Mongolia, India. Ci sarebbe da riflettere su questo minimo comune denominatore che ha fuso in un solo film l’interesse di tutti i popoli del mondo. Un amore qualunque.
GRAZIE PER L’ATTENZIONE!