Nascita degli stati territoriali Jakob Burckhardt: lo stato come “opera d’arte”: stato e politica autonomi dalla volontà di Dio, creazione del principe (es.: stati italiani rinascimentali) John Elliott: nascita delle “monarchie composite”: sotto un unico monarca territori diversi che il re governa mantenendo per ogni territorio il suo specifico ordinamento giuridico monarchia spagnola
Nascita degli stati territoriali Francia: Carlo VIII sposa Anna di Bretagna e completa l’unione territoriale della penisola francese 1453: Caduta di Costantinopoli: nasce l’impero ottomano Inghilterra: : Guerra delle Due Rose (York e Lancaster). Con Enrico VII Tudor marito di Anna di York si ricompone il conflitto.
L’Italia nel 1494
L’inizio delle guerre d’Italia 1454: Pace di Lodi (principio di equilibrio) 1494: Carlo VIII re di Francia scende in Italia chiamato da Ludovico Sforza, signore di Milano 1495: occupazione di Napoli Lega santa guidata da Alessandro VI sconfigge la Francia 1499: Luigi XII occupa il ducato di Milano retto dagli Sforza
Uno stato italiano: Firenze Sandro Botticelli – La calunnia (1496)
Da Lorenzo il Magnifico a Girolamo Savonarola 1492: muore Lorenzo il Magnifico 1494: i Medici perdono il potere a Firenze : la Repubblica si affida a Girolamo Savonarola (predica nella chiesa di S. Marco contro il papa) La chiesa di Roma corte rinascimentale : roghi della vanità 1498: condanna a morte di Savonarola come eretico
Tipologie statuali nel Cinquecento Imperi: Germania, Russia (1493: Ivan III si proclama czar), impero ottomano (1453: presa turca di Costantinopoli) Monarchia composita: Spagna (Paesi Bassi, Italia, Portogallo, Nuovo Mondo) Monarchie accentrate: Francia, Inghilterra Monarchia elettiva: Polonia Repubbliche: Genova, Venezia
Caratteri dello stato moderno Accentramento: sovrano-burocrazia Limitazione del potere dei corpi intermedi (nobiltà feudale, parlamenti, comunità urbane, corporazioni, Chiesa, ecc.) Giustizia (scontro con la giustizia ecclesiastica) Tasse Esercito Razionalizzazione - in costante dialettica con la sacralità del potere regio: “i due corpi del re” (Kantorowicz), i “re taumaturghi (Bloch)
L’elezione al trono imperiale Sette grandi elettori : Quattro laici: re di Boemia, duca di Sassonia, conte del Palatinato, margravio del Brandeburgo Tre ecclesiastici: arcivescovi-principi di Treviri, Magonza e Colonia Dal 1438 l’imperatore eletto sempre fra i membri della dinastia degli Asburgo. Nel 1519 aspro scontro tra Francesco I re di Francia e Carlo d’Asburgo
Carlo V e le guerre d’Italia 1519: Carlo V imperatore (incoronato a Bologna da Clemente VII nel 1530) 1522: seconda fase delle guerre d’Italia 1527: sacco di Roma 1556: Carlo V divide il suo impero tra il figlio Filippo II (Spagna, Paesi Bassi, possedimenti italiani, Nuovo Mondo) e il fratello Ferdinando I (titolo imperiale, possedimenti tedeschi, Boemia, Ungheria). Fine del sogno della renovatio imperii 1559: pace di Cateau-Cambresis: fine delle guerre d’Italia (a vantaggio della Spagna)
La pace di Cateau-Cambresis (1559) Biccherna senese
Autonomie all’interno dell’impero tedesco Condizioni alle quali Carlo V è accettato come duca di Gheldria (1543) Egli deve confermarli nelle loro prerogative, e lasciare i paesi integri per quanto riguarda i loro statuti e l’amministrazione della giustizia; egli dovrà mantenere le persone di condizione ecclesiastica o secolare nelle loro libertà e diritti, in accordo alle carte bollate e alle lettere loro accordate dagli imperatori romani, re, principi, signori [...] in qualsiasi tempo esse siano state emanate [...] e [deve promettere] di agire e condurre tutti gli affari come un buon principe può fare, per il massimo vantaggio possibile dei suoi paesi. [...] E così come l’imperatore, per grazia di Dio, possiede molti regni, principati e paesi, di modo che egli non può risiedere stabilmente in questo Ducato o Contea, egli deve istituire come governatore o Stadhouder di questi paesi, una persona che conosca il paese e la sua lingua [...] e gli affiancherà dei consiglieri fedeli che siano a conoscenza dei diritti e delle usanze della Gheldria e farà erigere nel detto paese una cancelleria e un Gran consiglio a cui gli abitanti si rivolgeranno per le loro cause, e non riconosceranno alcuna giustizia straniera, né vi saranno soggetti.
L’impero di Carlo V
Le prerogative delle Cortes spagnole Estratto da un verbale delle Cortes di Castiglia (1506) I saggi antichi e le Scritture dicono che [...] le leggi e le ordinanze devono essere conformi alle province e non possono essere uguali né avere una stessa forma per tutte le terre; perciò i re stabilirono che quando si dovessero fare delle leggi, affinché esse fossero vantaggiose ai loro regni e ciascuna provincia fosse ben provvista, si chiamassero Cortes e procuratori che esaminassero la materia, e perciò si stabilì che non si facessero né si revocassero leggi se non nelle Cortes; quindi supplicano le Vostre Altezze che ora e di qui in avanti si osservi e si faccia così; [...]; e, poiché senza rispettare questa procedura si sono compilate molte ordinanze a causa delle quali i vostri regni si sentono aggravati, [le Vostre Altezze] ordinino che esse siano rivedute e che venga provvisto e rimediato agli aggravi che tali ordinanze comportano. RISPOSTA: Quando fosse necessario, Sua Altezza ordinerà che si provveda, ib maniera che di ciò se ne dia conto.
La Spagna di Filippo II (programma religioso-dinastico) 1556: Filippo II eredita da Carlo V la Spagna, i Paesi Bassi, l’Italia spagnola e i possedimenti americani : rivolta dei moriscos nella regione di Granada 1571: Lega Santa: Spagna, Repubblica di Venezia, Santa Sede (Pio V) contro gli Ottomani: Battaglia di Lepanto 1581: Il Portogallo e il suo impero sono uniti alla corona spagnola (monarchia composita) dopo la morte del re Sebastiano I. Pace fra Filippo II e il sultano 1588: L’ Invincibile Armada: la Spagna è sconfitta dall’Inghilterra di Elisabetta I
La Spagna sotto Filippo II
L’ Escorial
Auto da fé (Plaza Mayor – Madrid, 1680)
El Greco Il sogno di Filippo II (allegoria della Lega santa, esaltazione della monarchia spagnola)
El Greco, L’adorazione del nome di Gesù ( ) – noto oggi come Il sogno di Filippo II La glorificazione di Lepanto ritorna simbolicamente anche nel quadro dove nella parte superiore si vede il monogramma di Cristo circondato da angeli mentre in basso il re Filippo II è inginocchiato tra il il doge e il papa. Alla sinistra del papa un soldato romano con il viso rivolto verso il cielo ricorderebbe secondo lo storico dell’arte Anthony Blunt le fattezze di don Giovanni d’Austria, morto nel 1578 nei Paesi Bassi. Secondo questa intepretazione il quadro avrebbe dovuto rendere omaggio proprio all’eroe di Lepanto sepolto all’Escorial. El Greco avrebbe dunque inteso rendere compatibile attraverso questa rappresentazione l’adorazione di Cristo e l’esaltazione della monarchia spagnola, glorificata proprio dall’affermazione ottenuta a Lepanto.
Battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571)
L’Italia spagnola
I Paesi Bassi al tempo di Filippo II
La rivolta dei Paesi Bassi Leo Hollandicus Il prototipo dell’immagine è del Pubblicato per la prima volta intorno al 1625
La rivolta dei Paesi Bassi (17 province) 1559: Filippo II lascia Bruxelles lasciando reggente la sorella Margherita di Parma Anni Sessanta: si rafforza la propaganda calvinista 1561: ridefinizione delle circoscrizioni ecclesiastiche: vescovi di nomina regia 1565: scoppio della rivolta (gueux=pezzenti) 1567: arrivo del duca d’Alba : Consiglio dei torbidi 1575: unione Olanda e Zelanda (Guglielmo d’Orange) 1581: Dichiarazione d’indipendenza 1589: repubblica delle Province Unite 1609: tregua con la Spagna 1648: riconoscimento indipendenza a Westfalia
Le sette Province Unite La dichiarazione d’indipendenza delle Province Unite (1581) E’ noto a ciascuno che il principe di un paese è stato istituito da Dio come sovrano e capo dei suoi sudditi, per difenderli e proteggerli da ogni insulto, oppressione e violenza, come un pastore è posto alla difesa e alla guardia del suo gregge; e che i sudditi non sono stati creati da Dio per esclusivo vantaggio del principe, cioè per essergli obbedienti in tutto ciò che egli comanda, che comandi una cosa giusta o sbagliata, pia o empia, e per servirlo come degli schiavi; ma è il principe che esiste in funzione dei sudditi, senza i quali non potrebbe esser principe, al fine di governare secondo diritto e ragione, sostentarli e amarli come un padre i suoi figli, o come un pastore il suo gregge, il quale mette il suo corpo e la sua vita in pericolo per difenderlo e proteggerlo. E quando non lo fa, e invece di difendere i suoi sudditi, cerca di schiacciarli, di togliergli i loro privilegi e antiche usanze [...] non deve più esser considerato un principe, ma un tiranno.[...] Rendiamo [perciò] noto che [...] dichiariamo [...] il re di Spagna decaduto, ipso jure, dalla sua sovranità, diritto ed eredità di questi Paesi Bassi e che noi non abbiamo più intenzione di riconoscerlo in alcunché che abbia pertinenza col suo principato, la sua sovranità, giurisdizione o dominio di questi Paesi Bassi [...] A seguito di ciò [...] [tutti gli abitanti di questo paese] sono d’ora in avanti sciolti dal giuramento che hanno prestato, in qualsiasi maniera, al re di Spagna in quanto già signore dei Paesi Bassi.
Jean Bodin I sei libri della Repubblica (1576)-La sovranità Per sovranità s’intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato. [...] Chi è sovrano non deve mai essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare legge ai sudditi, e scancellare le parole inutili in essa per sostituirne altre, cosa che non può fare chi è soggetto alle leggi o a persone che esercitino potere su di lui. [...] Sotto questo potere di dare e annullare le leggi sono compresi tutti gli altri diritti e prerogative sovrane [...]: Il dichiarare la guerra e concludere la pace, il discutere in appello i giudizi dei magistrati, l’istituire o destituire i più alti ufficiali, l’imporre gravami e contributi ai sudditi o esentarli da essi, il concedere grazie o dispense contro il rigore delle leggi, l’alzare o abbassare [...] il valore delle monete, il far giurare sudditi e uomini ligi di serbare fedeltà senza alcuna eccezione a colui cui il giuramento è dovuto.
Jean Bodin I sei libri della Repubblica (1576) - I limiti della sovranità Quanto però alle leggi naturali e divine, tutti i principi della terra vi sono soggetti, né è in loro potere trasgredirle, se non vogliono rendersi colpevoli di lesa maestà divina, mettendosi in guerra contro quel Dio alla cui maestà tutti i principi della terra devono sottostare chinando la testa con assoluto timore e piena reverenza [...]. Il principe non può derogare a quelle leggi che riguardano la struttura stessa del regno e il suo assetto fondamentale, in quanto esse sono connesse alla corona e a questa inscindibilmente unite (tale è, per esempio, la legge salica). Per tutte quelle consuetudini generali e particolari che non riguardano la struttura fondamentale del regno, non si ha l’abitudine di far cambiamenti se non dopo avere debitamente convocato gli Stati generali di Francia [...]; ma ciò non vuol dire che sia necessario seguire il loro parere o che il re non possa fare il contrario; [...] sì che ciò che al principe piace consentire o negare, comandare o proibire, passa in vigore di legge, di editto, di ordinanza.
L’editto di Nantes (1598) Il bene dello Stato: Tra le infinite grazie che è piaciuto a Dio elargirci [a Enrico IV], la più insigne e notevole è stata quella di averci dato la virtù e la forza di non cedere alle spaventose tempeste, confusioni e disordini che imperversavano nel momento del nostro avvento in questo regno, il quale era diviso in così tanti partiti e fazioni, che la parte più legittima era quasi la meno numerosa; nondimeno, abbiamo fermamente resistito in questa tormenta, tanto che alla fine l’abbiamo dominata e ora abbiamo finalmente raggiunto un porto di salvezza e di riposo per questo Stato.
Gli Stati Generali in Francia (1614) Giudizio del Cardinale di Richelieu: Questi Stati generali, insomma, terminarono così com’erano cominciati. Le proposte erano state avanzate con dei puri pretesti, senza alcuna intenzione di trarne vantaggio per l’interesse del re e della collettività, e la loro conclusione fu infruttuosa: gli unici risultati di una tale assemblea furono quello di sovraccaricare le province delle tasse che bisognò pagare ai loro deputati, e quello di mostrare a tutto il mondo che non basta conoscere i mali, se non si ha la volontà di rimediare.
Luigi XIV nomina Colbert intendente per l’Alsazia (1661) Noi vi abbiamo incaricato, ordinato e delegati [...] intendente di giustizia, polizia e finanze, eserciti e fortificazioni, dei suddetti tre vescovati, città di Metz, Toul e Verdun [...] perché in questa carica, possiate accedere e partecipare, [...] [alla giurisdizione] dei suddetti tre vescovati [...] tutte le volte che vi sembrerà opportuno, amministrare la giustizia nelle forme stabilite dalle nostre ordinanze e nel modo che vi sembrerà degno e adeguato, per la tranquillità e il benesseri dei nostri sudditi; perché possiate controllare se i nostri funzionari fanno il loro dovere nell’esercizio e funzione delle loro cariche, ascoltare le lagnanze dei nostri sudditi. [...] Vogliamo che andiate a informarvi sull’ordine e lo stato della polizia e sull’amministrazione delle dette città, paesi e loro comunità; ad ascoltare e intendere le loro lagnanze in generale e in particolare [...]. Vogliamo anche che voi andiate a indagare e procedere con misure straordinarie contro quanti facciano arruolamenti di soldati [...], senza nostro incarico e si approprino del nostro denaro e riscuotano imposte senza nostre lettere patenti. Gli intendenti
Il re e il Parlamento inglesi Come si fa una nuova legge: Quando il re ha determinato di far nuove leggi, e di levar le vecchie, o mettere qualche gravezza [imposta], o finalmente regolar tutto lo stato, fa intendere per alcuni brevi [editti] ai signori e ai vescovi del regno, che siano presti ad un certo luogo e giorno determinato, per trattare di cose che sono di utilità pubblica. Fa anco intendere ai visconti di ciascuna provincia, cioè d’ogni contado, che eleggano due uomini plebei, che si chiamano borghesi, d’ogni città e castello, che in luogo del popolo vengano al Parlamento [...] intanto di tutto il numero si fanno due parti ovvero ordini: l’uno è dei signori e dei vescovi, l’altro è dei borghesi. [...] Udita la ragione di una parte e dell’altra, si viene ai voti [..] e posta la deliberazione in un libro si manda [...] all’ordine superiore, nel quale tutta la cosa si tratta all’istesso modo. Se il libro dispiace subito è stracciato; se piace vien servato sino all’ultimo giorno del parlamento dove in presenza del re sono letti tutti quei libri; ai quali se il re assente, tutti sono tante leggi ferme e immutabili, che una volta piaciute al re non possono essere più levate senza il parlamento. [...] Questi parlamenti [...] sono utili e sicuri, come cose fatte per comun parere e consentimento, perché riducono la potestà regia e assoluta in potestà legittima e ordinaria, dove è libero ognuno. (Relazione dell’ambasciatore veneto Daniele Barbaro, 1551) Relazione dell’ambasciatore veneto Daniele Barbaro (1551)