Italiane marocchine tunisine camerunesi albanesi romene domenicane Denunce presentate da donne maltrattate Questura di Pavia.

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italiane marocchine tunisine camerunesi albanesi romene domenicane Denunce presentate da donne maltrattate Questura di Pavia

Come possiamo notare è nettamente maggiore il numero di donne che subiscono maltrattamenti da coniuge o ex coniuge. Questo sta ad indicare che, una grossa percentuale di maltrattamenti sia agita da un ex partner e indica che la violenza è spesso la prosecuzione diretta di un precedente maltrattamento in ambito domestico attuato, magari, con modalità differenti. Relazione tra donna e maltrattante

Poiché i casi che abbiamo analizzato si riferiscono a situazioni verificatisi in ambito familiare è abbastanza scontato che all’interno della famiglie siano presenti figli, spesso minori, e spesso in numero maggiore di uno. Questo comporta ulteriori problematiche legate alle iniziative di tutela nei confronti dei figli, se minori, indipendentemente che siano vittime essi stessi di maltrattamenti. Presenza di figli minori

presentazione autonoma su consiglio dei Servizi sociali su consiglio del Centro Antiviolenza altri canali La donna si presenta spesso a sporgere denuncia da sola, magari a seguito di una o più richiesta di intervento di personale del 113 o del 112 presso il suo domicilio a seguito di liti domestiche. Spesso però le donne vengono inviate dai centro antiviolenza o dai servizi sociali. Questa seconda procedura sarebbe auspicabile in quanto presuppone un “filtro” che effettuata una prima valutazione sulla volontà della donna a procedere con una denuncia e fornisce un supporto a tale importante iniziativa. Canale di invio

Natura dei provvedimenti cautelari adottati Nel 64% dei casi sono state adottate misure cautelari che vanno dalla custodia cautelare in carcere, alle meno afflittive misure dell’allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento dei luoghi frequentati dalla vittima. Nel 36% dei casi, invece, non si è ritenuto che sussistessero i presupposti per l’applicazione di una misura preventiva che, come abbiamo visto, può essere applicata solo in presenza di specifiche esigenze cautelari ovvero: - gravità del fatto; - pericolosità del soggetto; - possibilità di reiterazione del reato della stessa specie per cui si procede; - possibilità di inquinamento delle prove.

Stalking: analisi dei casi dall’entrata in vigore della normativa (aprile 2009) ad oggi (giugno 2010) Stalking (letteralmente fare la posta): insieme di comportamenti volti a controllare e limitare la libertà della persona messi in atto, spesso dal partner o ex partner, che assumono vere e proprie forme di persecuzione di cui sono vittime principalmente le donne: comunicazioni insistenti non volute a mezzo telefono, per posta, via e- mail, sms, messaggi lasciati sul parabrezza della macchina, davanti alla porta di casa, al lavoro..., seguire, spiare, sorvegliare l’abitazione, il posto di lavoro..., recapitare doni, far trovare animali o parte di animali morti, vandalizzare le proprietà della vittima, bucare le gomme o danneggiare l’auto..., ecc. Tali comportamenti assumono carattere ossessivo e persecutorio in quanto vengono reiterati nel tempo e incutono nella vittima paura e terrore. Complessivamente sono stati presentati presso i nostri uffici 30 tra denunce penali ed esposti. Dei 30 casi trattati i due terzi hanno avuto un seguito penale con denunce in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria, adozione da parte del G.I.P. di provvedimenti di natura cautelare, oppure un seguito amministrativo con provvedimento di ammonimento emesso dal locale Questore.

Natura del provvedimento E’ bene infatti ricordare che, in presenza di un caso di stalking la vittima ha due possibilità: 1- procedere con una querela all’Autorità giudiziaria (comma 4 dell’art. 612 bis ) 2- presentare un esposto al Questore per avviare la procedura di ammonimento dell’autore degli atti persecutori (art.8 del D.L. 11/09 )

Il comma 4 dell’art. 612 bis prevede la querela della persona offesa, con l’eccezione alle ipotesi in cui il reato sia commesso ai danni di un minore, di un disabile o quando commesso con altro reato procedibile d’ufficio. Il termine per la presentazione della querela è di sei mesi come per i reati di natura sessuale, ma, a differenza di questi per i quali la querela non è rimettibile, l’atto può essere rimesso secondo le regole generali della querela. L’art.8 del D.L. 11/09 prevede poi la procedura di ammonimento dell’autore degli atti persecutori. Nello specifico l’articolo in esame prevede che, fino a quando non sia stata proposta querela, la vittima possa rivolgersi all’autorità di P.S. con un esposto nel quale richiede l’adozione da parte del Questore di un provvedimento formale di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. Il Questore, se ritiene fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto invitandolo a tenere una condotta conforme alla Legge. Dell’ammonimento orale va redatto processo verbale del quale copia deve essere rilasciata all’ammonito ed all’istante. Al Questore è in inoltre demandata la possibilità di adottare provvedimenti preventivi in materia di armi e munizioni.

L’ammonimento può essere classificato tra le misure di prevenzione. Lo scopo è quello di prevenire la consumazione di atti persecutori e contiene uno specifico invito ad interrompere qualsiasi interferenza nella vita del richiedente. L’intervento del Questore può essere richiesto dall’interessato solo fino al momento in cui lo stesso non decida di presentare querela. Con l’istanza di ammonimento la persona offesa espone i fatti di cui è vittima. Lo scopo dell’intervento è quello di assicurare a chi sia stato oggetto di stalking una forma di tutela anche quando tali condotte non abbiano ancora raggiunto il livello di reiterazione. Il Questore avverte di come la reiterazione delle suddette condotte possano spingere il suo comportamento oltre la soglia della rilevanza penale. Qualora il soggetto ammonito continui gli atti persecutori la procedibilità del reato diventerà d’Ufficio; inoltre l’aver in precedenza subito l’ammonimento del Questore, costituirà una ulteriore aggravante al reato di stalking.

Di particolare interesse nei casi di stalking trattati è il rapporto tra la vittima ed il persecutore che evidenzia come, nella maggior parte dei casi, vi sia stato tra il persecutore e la vittima un rapporto di fiducia o durato nel tempo. Spesso in questi casi una convivenza connotata da episodi violenti - spesso mai giunta all’attenzione delle forze dell’ordine o dell’autorità giudiziaria - porta poi l’ex compagno a comportamenti persecutori nei confronti dell’ex partner. Rapporto tra vittima e persecutore

Sesso del Persecutore Nella stragrande maggioranza dei casi di stalking, il persecutore è una persona di sesso maschile. E’ curioso sottolineare che nei tre casi in cui il persecutore era una persona di sesso femminile la vittima era un’altra donna.

Maltrattamenti La violenza contro le donne esercitata dal partner è una delle forme più grave e diffusa di violenza sia per costi sociali che per le conseguenze che comporta. La violenza tra partner inoltre non conosce confini geografici, di cultura, di status sociale di sesso o di età; la dimensione sociale del fenomeno riguarda comunque maggiormente donne, vittime di violenza da parte del compagno attuale o passato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un recente studio (2002) ha riconosciuto che, nel mondo, la violenza è la prima causa di morte delle donne fra i 16 ed i 44 anni, più delle malattie e degli incidenti stradali. Venendo alla realtà italiana si è stimato che mediamente ogni anno 100 donne (57% degli omicidi in Italia) vengono uccise per mano del marito, dell’ex marito, del convivente, ex convivente, fidanzato, ex fidanzato. Non si può invece stabilire quante donne, nel nostro paese, subiscono maltrattamenti, in quanto si tratta di un numero oscuro (non denunciato alle autorità), si tratta comunque di un numero molto elevato. Attualmente l’ISTAT, in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sta conducendo la prima indagine sulla violenza contro le donne che fornirà un quadro completo del fenomeno. A titolo conoscitivo, in molti paesi dell’Europa occidentale, Stati Uniti, Australia e Canada, il numero è stimato in una denuncia ogni cinque violenze.

In alcuni paesi, tra i quali l’Italia, il reato di maltrattamento prevede la procedibilità d’Ufficio, ovvero, una volta che si acquisisce la notizia di reato la denuncia “dovrebbe” partire automaticamente. Nonostante questo, fino a pochi anni fa, erano rarissimi i processi celebrati per questo genere di reato. Oggi, grazie alla sensibilità di tutti gli organi impegnati nella trattazione dei casi, le cose stanno cambiando. I dati statistici in nostro possesso confermano che le donne sono a maggior rischio di subire violenza rispetto agli uomini. La tipologia degli uomini che usano violenza nei confronti delle donne (intesa come violenza psicologica, fisica, sessuale) è, contrariamente a quanto si possa pensare, quella degli “insospettabili”. Si tratta di uomini, nella stragrande maggioranza dei casi, non affetti da problemi psichiatrici. Al contrario, per questi uomini le violenze vengono ritenute “comportamenti normali”, posti in essere con l’intento di prevaricare e controllare la donna per sopperire ad un senso di inferiorità e di frustrazione. Venendo alla definizione dei maltrattamenti possiamo dire che la violenza domestica consiste in una serie distinta di azioni fisiche, sessuali, di coercizione economica e psicologica che hanno luogo all’interno di una relazione intima attuale o passata; condotte che comportano, a lungo termine, inevitabili danni di natura fisica e psicologica.

La violenza domestica La violenza psicologica che comprende una serie di atteggiamenti intimidatori, minacciosi, vessatori e denigratori da parte del partner, nonché tattiche di isolamento messe in atto dallo stesso, ricatti, insulti verbali, colpevolizzazioni pubbliche e private, svalutazioni continue, limitazione dell’espressione personale, ecc. In questi casi la donna si colpevolizza sentendosi sempre più responsabile di quello che avviene e sempre più inadeguata fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’uso di sostanza alcoliche o stupefacenti, alla depressione e al suicidio. La violenza fisica che comprende l’uso di qualsiasi atto volto a far del male o a spaventare la vittima procurando, nella maggior parte dei casi, vere e proprie lesioni. La violenza economica che consiste in una serie di atteggiamenti volti ad impedire che la partner diventi o possa diventare economicamente indipendente, ciò al fine di poter esercitare su di essa un controllo indiretto ma estremamente efficace. La violenza sessuale che comprende tutti quei comportamenti legati alla sfera sessuale quali molestie, aggressioni sessuali, ecc. posti in essere con costrizione o minaccia, costrizione ad avere rapporti sessuali con terzi, a visionare materiale pornografico, a prostituirsi, ad agire o subire comportamenti sessuali non desiderati o perversi. Venendo agli aspetti legislativi del fenomeno, in Italia sono previsti come reati tutti quei comportamenti che sono qualificati come “maltrattamenti in famiglia”.

Tipologie di reato Presi singolarmente i comportamenti violenti commessi dal partner possono essere ricondotti nella seguenti tipologie di reato: Percosse (art. 581 C.P.) perseguibile a querela della persona offesa Lesione personale (art. 582 C.P. ) La procedibilità è a querela di parte quando la lesione ha una durata non superiore ai 20 gg. e non vi sono aggravanti Lesione personale grave (art 583 C.P.) la procedibilità è d’Ufficio. Lesione personale gravissima (art ^ c. C.P.) La procedibilità è d’Ufficio. Omicidio preterintenzionale (art.584 C.P.) commessa da cagiona la morte di una persona a seguito di percosse o lesioni. Omicidio (art.575 C.P.) commessa da chi, con dolo, cagiona la morte di una persona. Ingiuria (art. 594 C.P. ) La procedibilità è a querela di parte Diffamazione (art. 595 C.P.) Il reato è procedibile a querela di parte. Violenza privata (art. 610 C.P.) commessa da chi, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa. Reato procedibile d’Ufficio. Minaccia (art.612 C.P.) Il reato è procedibile d’Ufficio o a querela di parte a seconda del tipo di minaccia Molestia (art.660 C.P.) Il reato, trattandosi di una contravvenzione è procedibile d’Ufficio Violenza sessuale (art.609 bis C.P.) Il reato è punibile a querela della persona offesa a seconda dell’età della vittima e, se minore, del grado di parentela che intercorre tra vittima e abusante. segue

Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 C.P.) commesso da chi si sottrae agli obblighi di assistenza legali alla potestà di genitori o alla qualità di coniuge, da chi dilapida o malversa i beni del figlio minore o del coniuge, da chi fa mancare i mezzi di sostentamento ai discendenti di età minore. Il reato è a querela di parte, d’Ufficio se riguarda i minori Maltrattamenti in famiglia (art. 572 C.P.) commessa da chi commette atti lesivi dell’integrità fisica o psichica o della libertà o del decoro della vittima, coniuge o figli conviventi. Nell’ordinamento italiano il reato di maltrattamenti è a forma libera, non sono cioè ipotizzati dal legislatore particolari comportamenti. Il reato si consuma quando viene posto in essere un qualsiasi comportamento commissivo od omissivo tendente ad infliggere sofferenza alla vittima. Importante tuttavia è che tali comportamenti siano reiterati nel tempo in quanto gli stessi non verranno considerati singolarmente ma facenti parte di un progetto di volontà di maltrattare. E’ stato recentemente introdotto con il D.L. 23/02/09 n.11 il reato di stalking – atti persecutori (art.612 bis C.P.). La violazione della norma prevede pene fino a quattro anni di reclusione e l’ergastolo se il molestatore arriverà ad uccidere la vittima. Sono inoltre previsti aumenti di pena se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persone legate alla vittima da una relazione affettiva o ancora se il fatto è commesso ai danni di un minore, di una donna in stato di gravidanza o ai danni di una persona affetta da disabilità. Con l’approvazione della Legge 154/2001 denominata “norme contro la violenza nelle relazioni familiari” sono stati introdotti, sia nell’ordinamento penale che civile, strumenti volti a contrastare il problema della violenza familiare per tutelare chi subisce violenza. Essi prevedono che l’autore delle violenza debba allontanarsi dal domicilio familiare.

Sotto il profilo penale la L.154/01 ha introdotto la Misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare art. 282 – bis C.P.P. che consistente nell’obbligo di lasciare la casa familiare senza farvi rientro senza preventiva autorizzazione del giudice. Nell’ambito del provvedimento può anche essere imposto il divieto di non avvicinarsi ai luoghi solitamente frequentati dal vittima o al domicilio dei familiari dei prossimi congiunti. Sotto il profilo civile, invece, è stato istituito l’ordine di protezione art.342 bis e ter C.C. che consente al giudice civile, dietro istanza di parte, di ordinare al coniuge o convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole, di cessare tali comportamenti disponendo l’allontanamento dalla casa familiare prescrivendo anche l’eventuale divieto di avvicinarsi ai luoghi solitamente frequentati dall’istante. La durata del provvedimento è di un anno e può essere prorogato dietro richiesta di parte. Mentre fino a poco tempo fa l’ordine di protezione poteva essere applicato solo quando la condotta posta in essere dal coniuge non costituiva reato ora, ovvero con la L.304/03, si può applicare anche in presenza di maltrattamenti, anche se non si è fatto ricorso alla denuncia penale. Sempre la Legge 154/01 prevede infine che anche il T.M., che come è noto interviene in casi pregiudizievoli ai danni di minori, ha il potere di intervenire con un ordine di allontanamento del genitore maltrattante dalla casa familiare oltre alla possibilità di allontanare il minore. Con l’approvazione del decreto denominato antiviolenza è stata infine introdotta una nuova misura cautelare prevista dall’art.282 ter C.P.P., che prevede il divieto per l’indagato del reato di stalking di avvicinarsi ai luoghi solitamente frequentati dalla persona offesa oppure di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o della stessa persona offesa. In caso di ulteriori esigenze cautelari tali divieti possono essere estesi anche ai prossimi congiunti della vittima.