Ultimo romanzo vi ha lavorato dal 18 sett. al 9 nov. 1949, concluso quindi in tempi brevissimi CESARE PAVESE Brevità si deduce da: "Il mestiere di vivere"

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Ultimo romanzo vi ha lavorato dal 18 sett. al 9 nov. 1949, concluso quindi in tempi brevissimi CESARE PAVESE Brevità si deduce da: "Il mestiere di vivere" il suo diario nel quale nel 1949 scrive "hai concluso il ciclo storico del tuo tempo" inserito nella collana "i coralli" edizioni Einaudi della quale era direttore letterario

-antifascismo al confino con il romanzo Il carcere -antifascismo clandestino romanzo "Il compagno" -Resistenza romanzo "la casa in collina" -dopo la Resistenza "la luna e i falò" " hai concluso il ciclo storico del tuo tempo» ciclo storico: La luna e i falò è il romanzo finale, oltre a essere L’ultimo, conclude e riepiloga la vita di Pavese Vince il premio Strega con «La bella estate» nel 1950 e in quell’anno, in agosto, si suicida

È riuscito a raccontare la realtà ma a trarne significati simbolici o miti Nel diario lo definisce il libro dell’approdo alla realtà simbolica La luna e i falò è un libro che mi portavo dentro da tanto tempo tanto che non farò più altro, non conviene tentare troppo gli dei Per Pavese simbolo e mito sono sinonimi

Pavese ha cominciato non come narratore ma come poeta, famosa la sua opera «Lavorare stanca». Titolo provocatorio. Il suo viene definito Verso narrativo, con poemetti, poesie lunghe e brevi, in forma di racconto con andamento realistico, quotidiano C’è già il tema del ritorno che sarà del romanzo la Luna e i falò, ritorno a casa del protagonista dopo essere stato nei mari del Sud Del 1930 è Mari del sud la poesia raccolta in «Lavorare stanca» pubblicato nel 1937

Ritorna dall’America e va con il suo amico Nuto (personaggio che nella vita reale si chiama Pinolo Scaglione) falegname e suonatore di clarino In «La luna e i falò» il protagonista Anguilla (chiamato per soprannome come si usa nei paesi) torna nel suo paese delle Langhe piemontesi all’indomani della liberazione Sono rimasti i miti, i simboli Nel suo pellegrinaggio nella sua terra si accorge che tutto è radicalmente mutato

Prova a tagliare a luna piena un pino, te lo mangiano i vermi, una tina la devi lavare quando la luna è giovane, anche gli innesti… Da cosa viene il nome : Nuto dice che in tutti i cortili dove si accendevano i falò il raccolto era migliore, più succoso, questa è nuova dissi (è Anguilla che parla) allora credi anche alla luna? Esistono più plot (in inglese)o fabula (in latino Sono rimasti i miti, le credenze

Cinto è il figlio di Valino, è gracile è ciò che suo padre non avrebbe mai voluto che fosse. Ma Anguilla lo osserva, è giovane, chissà cosa nasconde, rappresenta comunque l’infanzia che non si può più recuperare Anguilla si avvicina alla famiglia di Valino, uomo aspro, scontroso, masticava polenta, sputava, comandava con gli occhi e le donne accorrevano Nella famiglia ci sono tre figlie: Santa, Irene, Silvia 3’ plot: nel paese in cui Anguilla è cresciuto c’è anche una villa, appartiene a quella borghesia rusticana rappresentata dalla famiglia Della Mora

Silvia muore in seguito a un aborto maldestro, Irene si sposa con un uomo che non ama, Santa è la bellissima ed attira Anguilla. E’ una donna inquietante, non si capisce quale scelta sta compiendo. Si rivelerà una scelta atroce. Santa aveva partecipato alla resistenza partigiana, ma in realtà era una spia. «…La condussero fuori. Lei sulla porta si voltò, mi guardò e fece una smorfia come i bambini... Ma fuori cercò di scappare. Sentimmo un urlo, sentimmo correre, e una scarica di mitra che non finiva più. Uscimmo anche noi, era distesa in quell'erba davanti alle gaggìe».Sono tre ragazze scontente della vita (tema già affrontato nel romanzo «Tra donne sole»). Anguilla decide di ripartire, ha capito che non gli è servito tornare. Si alza ancora una volta un fuoco fra i vigneti delle langhe. Fuoco di morte. Fece tagliare tanto sarmento nella vigna e la coprimmo fin che bastò. Poi ci versammo la benzina e demmo fuoco. A mezzogiorno era tutta cenere. L’altr’anno c’era ancora il segno, come il letto di un falò

Narrativa di esclusione: si vive la propria esperienza per giungere a scoprire che siamo esclusi. Poetica delle illusioni. Per Pavese, l’individuo, quando si è allontanato dalla sua comunità, non può che confermare la sua non-appartenenza. Fra gli autori italiani dalle schede risulta abbi letto molto il Foscolo dei «Sepolcri». In ogni romanzo è presente la morte e come Foscolo considera una sublime illusione quella di poter lasciare orme, da scontare amaramente Pavese è stato un appassionato di letteratura inglese e nord- americana. Fra i primissimi traduttori italiani

In una lettera a 2 amici torinesi Adolfo e Eugenia Ruata si lascia andare a una confessione: sono come pazzo, ho avuto una visione: letame e sudore su cui dovrei costruire una modesta Divina commedia Nei Dialoghi con Leucò troviamo il mito-simbolo del ritorno. Poema del ritorno (nostos), come l’Odissea, nella quale si verifica il ricongiungimento con il figlio e con la sposa, per Pavese invece il ritorno è negazione Anche Anguilla ha una guida: Nuto è il suo Virgilio. Lo prende per mano e lo conduce fra le colline e i vigneti arsi e va giù verso i Torrenti. Questo aspetto ascendente e discendente richiama il salire e lo scendere di dante nell’inferno La divina commedia, come l’Odissea è un viaggio di ritorno, un viaggio attraverso i miti, un viaggio purificatore.

Pavese e Vittorini aprirono i confini alle esperrienze non soltanto francesi ma di oltreoceano. La sua è una splendida traduzione di Moby Dick di Herman Melville (800). Tradurre l’americano significava uscire dall’angustia del regime fascista che pretendeva si leggessero solo i connazionali. Nei libri di Pavese si sente l’influenza (Pavese lo ammetterà) di Faulkner, «narratore del caos» che predilige la provincia..L’America si offriva come alternativa, quindi come paese libero in cui l’individuo si poteva affermare senza censura.

Ma sente l’esigenza di uscire dall’alto stile italiano e forgiare un nuovo «Volgare» letterario fatto di concretezza ma anche di allusività simboliche..Pavese ha grande importanza anche a livello stilistico: Il suo era un rovello, voleva forgiare una lingua «altra», rispettare l’italiano letterario, non sarebbe mai venuto meno al rispeto della tradizione letteraria italiana dell’asse Manzoni-Verga con i loro romanzi corali. In un’ intervista Pavese dice che quando ha in mente un racconto, una favola, un libro, ha in mente un ritmo indistinto fatto di sensazioni, di atmosfere. La luna e i falò è riuscito in questo senso: le cose concrete hanno una forte risonanza simbolica

Rifiuto del modulo verista anche se la campagna descritta è quella piemontese. Non c’è più verismo, più vicino a Faulkner che dal dato quotidiano si sposta verso l’allusione, il simbolo. Intende trasformare questi eventi (sensazioni, atmosfere, ma anche oggetti e strumenti della civiltà contadina) e portarli al livello alto di SIMBOLI. Nel «Mestiere di vivere» «Non parole, un gesto, non scriverò più agosto Pavese riesce a trasfondere la quotidianità nella parola del mito

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