1 INFERMIERISTICA DI COMUNITA’ 1 Docente: Silvana Palombi Dr.ssa in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche.

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Transcript della presentazione:

1 INFERMIERISTICA DI COMUNITA’ 1 Docente: Silvana Palombi Dr.ssa in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche

2 Assistenza Infermieristica in Hospice

3 Qual’è il malato che ha maggior bisogno dell’assistenza in hospice?

4 Il malato terminale: è di nuovo conio questo tipo di malato moderno, conseguente alla comparsa di nuove patologie invalidanti e difficilmente recuperabili.

5 Questa terminalità deriva anche dal progresso della tecnologia e farmacologia sanitaria che permette una lunga sopravvivenza a malattie dichiaratamente incurabili.

6 Una morte annunciata da tempo che tarda a venire, per la quale vale sempre la pena di battersi prima di dichiarare la sconfitta netta. ?

7

8 Assistere un malato terminale è ancora più complesso, perché……..

9 Confrontarsi con la morte imminente dei pazienti significa anche confrontarsi con la morte, già avvenuta o prefigurata, dei propri cari, oltre che con la propria morte.

10 In questa particolare situazione gli infermieri contribuiscono, insieme ad altre figure professionali, a rendere la fase finale dell’esistenza dei pazienti il più serena possibile.

11 La patologia tumorale È quella che più frequentemente porta il malato a vivere consapevolmente la fase terminale della malattia.

12

13 Nel xx secolo, in particolare dopo la seconda guerra mondiale, si è verificato un sensibilissimo aumento della vita media della popolazione.

14 La mortalità infantile ( bambini morti entro il primo anno di vita) si è nettamente ridotta: è scesa dai 53 casi per nati vivi del decennio , a 7 casi per nati vivi attuali (dati Istat).

15 I morti per malattie infettive e parassitarie erano circa per anno agli inizi del Nell’ultimo decennio sono state meno di per anno (compresi i decessi per AIDS).

16 Le malattie come: polmonite, difterite, tubercolosi, tifo, malaria nei paesi progrediti sono quasi scomparse, almeno come causa di morte.

17 Tutto ciò è dovuto: alla diffusione degli antibiotici; alle vaccinazioni; alle migliori condizioni di vita; alle migliori condizioni di igiene; alle migliori condizioni di alimentazione;

18 Al concetto di prevenzione; Al diritto alla salvaguardia della salute negli ambienti di lavoro.

19 Attualmente, la società deve fare i conti: con una popolazione sempre più anziana, affetta da patologie croniche e degenerative tipiche dell’età avanzata, e meno produttiva in senso economico;

20 con risorse non illimitate e con mezzi terapeutici e tecnologie di assistenza sempre più costosi.

21 Ma, a dispetto dei grandi progressi della medicina, la malattia che non guarisce, il malato che soffre, il malato che muore, esistono ancora.

22 Lo studio epidemiologico dei tumori è iniziato: negli USA e nell’EUROPA settentrionale tra gli anni ’40 e ’60; nei paesi dell’EUROPA meridionale e quindi anche in Italia dagli anni ’70.

23 I primi Registri dei Tumori, sono nati sulla base di scelte individuali di clinici, oncologi ed epidemiologi che sono riusciti a coinvolgere, sul finire degli anni ’70, le amministrazioni sanitarie e gli organismi politici.

24 I dati ISTAT ci informano che oggi in Italia: La principale causa di morte è rappresentata dalle malattie cardiache e circolatorie, responsabili del 43% dei decessi;

25 La seconda causa di morte è rappresentata dai tumori, cui è attribuibile il 28% dei decessi.

26 I polmoni, il colon retto e lo stomaco sono gli organi più colpiti nell’uomo. Il tumore della mammella e dell’utero rappresentano le neoplasie maligne più frequenti fra le donne.

27 È possibile stimare in circa i nuovi casi di tumore diagnosticati ogni anno in Italia.

28 I tumori rappresentano un grave problema assistenziale, sia per il numero elevato di ammalati, sia per la frequente drammaticità di molte situazioni.

29 Negli anni ’60, alla chirurgia e alla radioterapia oncologiche, cominciarono ad affacciarsi le terapie mediche dei tumori, cioè l’utilizzo di farmaci capaci di distruggere, o di impedirne la riproduzione, e di recente, la terapia immunitaria e genetica.

30 Negli anni ’70 si ebbero una serie di risultati significativi, ed alcuni tumori risultarono guaribili con quelle terapie.

31 La cura delle neoplasie è il frutto di un’integrazione multidisciplinare, chirurgo, radioterapista, oncologo medico, i quali concordano una strategia di interventi a seconda dei vari tipi e dei vari stadi del tumore.

32 Il successo ottenuto, il 50% globale di guarigioni dei tumori, è ottenuto grazie allo sforzo congiunto dei ricercatori, delle industrie farmaceutiche, e dei clinici.

33 Ma: Se è vero che di tumore si può guarire, è pur vero che il restante 50% dei malati oncologici non può guarire.

34 Ne consegue che il problema della morbilità e della mortalità per tumore è ancora grave e preoccupante.

35 I clinici che non vivono in laboratorio, ma al letto degli ammalati, devono assistere e curare i malati di oggi, i quali non hanno tempo di aspettare le sperate cure migliori di domani.

36 Questo vuol dire utilizzare al meglio i farmaci e gli strumenti che l’oncologia ha a disposizione attualmente, cercando di offrire agli ammalati almeno una migliore qualità di vita.

37 Questo obiettivo non è glorioso, ma è importante e raggiungibile, poiché; gli interventi chirurgici sono più limitati; la radioterapia più mirata e meglio tollerata; si prevengono nausee e vomiti conseguenti a molti trattamenti chemioterapici;

38 si migliora la depressione midollare indotta da farmaci e radioterapie; finalmente si pone una particolare attenzione ai bisogni globali della persona malata, e non solo alla massa neoplastica e al numero e dimensioni delle metastasi.

39

40 °°° La storia delle cure palliative è recente e prende l’avvio, probabilmente per motivi economici e sociali, una ventina di anni fa. °°°

41 °°° Motivi legati all’ ospedale; Motivi legati alla famiglia moderna nei centri urbani. °°°

42 Le cure palliative, in assistenza domiciliare o, più recentemente in hospice, hanno rappresentato una sorta di rivoluzione del sapere e del fare dei medici e degli infermieri.

43 Nel 1987 nasce la SICP, Società Italiana di Cure Palliative; nel 1989 si è aggiunta la SIMPA, Scuola Italina di Medicina Cure Palliative. Riuniscono alcune centinaia di medici, infermieri, psicologi e volontari.

44 Nel 1990 iniziano i primi incontri congressuali. da ricordare: Il Consensus Conference (Alzate Brianza 21/22 giugno 1997)

45 In quel congresso, a cura di Corli O., fu definito il documento: “Realizzare le cure palliative in Italia”, documento ricco di dati di gestione, d’organizzazione, di valutazione con una proposta di validi indicatori differenziati per tipo di assistenza, di monitoraggio, d’economia.

46 Questa rivoluzione è nata da poche idee – forza: si deve curare anche chi non può guarire; le cure appropriate possono essere attuate anche a domicilio del malato; morire in casa propria è il desiderio dei più; comunque la morte deve essere dignitosa.

47 Cervello e cuore. Tecnologia e contatto umano. Sapere essere e saper fare. Cure in ospedale e cure sul territorio.

48 L’Oncologia si è affacciata al terzo millennio con la toga della scienza, e con il pallio ( mantello) della prassi quotidiana.

49 Nel corso di una malattia a prognosi infausta, arriva il momento di riconoscere che non si può insistere nel praticare terapie curative specifiche, che diventano inutili, se non addirittura dannose.

50 Il malato stesso, poco per volta prende coscienza che la fine della vita è vicina. Questa fase, considerata di terminalità è un’attesa di vita che va dai 2 ai 6 mesi.

51 Nasce così la medicina palliativa: “lo studio e il trattamento dei pazienti con una malattia attiva, progressiva e in fase moto avanzata, per la quale la prognosi è limitata e l’obiettivo delle cure è: la qualità della vita e della morte”.

52 Le cure palliative affermano la vita e considerano il morire come un evento naturale. Non si pongono l’obiettivo di accelerare, né quello di ritardare la morte, ma di:

53 controllare il dolore e gli altri sintomi; ricercare soluzioni ai problemi psicologici, sociali, spirituali del paziente e dei suoi familiari.

54 La medicina palliativa rappresenta sicuramente una concezione diversa del malato;

55 non privilegia l’efficienza ed il tecnicismo; instaura un rapporto profondo tra chi si prende cura e chi è curato; (Ghislandi E. 1994)

56 si prende cura del malato anche quando la guarigione non è più possibile. (Ghislandi E. 1994)

57 Ne sono coinvolti: i medici, gli infermieri, il personale di supporto, lo psicologo, l’assistente sociale, il fisioterapista, il dietologo, il sacerdote, i volontari.

58 Le cure palliative, povere di tecnologia, hanno l’ambizione di poter fare qualcosa non solo sul dolore e sugli altri sintomi, ma anche su altri problemi, comunemente ignorati dalla medicina tradizionale: ↕

59 riduzione dell’attività fisica; riduzione della capacità di concentrazione; perdita di scopo e significato della vita; perdita del proprio ruolo familiare e sociale; ↕

60 perdita delle relazioni sociali; riduzione della capacità di comunicare; perdita dell’autosufficienza e aumento della dipendenza dagli altri.

61 Oggi i pazienti con malattia grave avanzata, che non vengono più seguiti dagli ospedali, vengono indirizzati verso un’assistenza domiciliare, o verso centri di ricovero a loro dedicati, cioè gli hospice.

62

63 Normativa: Il servizio infermieristico domiciliare era stato riconosciuto utile e, come tale, previsto dalla Riforma Sanitaria del 1978 Legge n° 833, art. 14;

64 ma solo con PSN , nel Progetto Obiettivo: “Tutela della salute degli anziani”, compare l’acronimo (ADI), “Assistenza Domiciliare Integrata”.

65 Questo proponeva, tra gli obiettivi prioritari, l’attivazione delle ADI in tutte le regioni italiane, come scelta di politica sanitaria.

66 Sono stati concessi alle Regioni e alle ASL, ingenti fondi per l’ADI, ancora oggi non realizzata dappertutto, né in modo omogeneo.

67 Il problema è stato riconsiderato dal PSN , le cui proposte sono più vincolanti:

68 rafforzare la tutela dei soggetti deboli; dare assistenza alle persone nella fase terminale della vita; diffondere forme di assistenza domiciliare che favoriscano il concorso della famiglia e della rete sociale del paziente.

69 Il malato terminale non ha più bisogno di cure che possono configurarsi come un vero e proprio accanimento terapeutico; non trae più benefici da accertamenti e monitoraggi strumentali ripetuti.

70 Ha però ancora bisogno: di cure per alleviare i sintomi; di essere stimolato e mobilizzato; di compagnia; di solidarietà.

71 Ha molto bisogno di aiuto globale in cui stemperare la solitudine, il dolore, la paura e l’angoscia. Tutto questo l’ospedale non lo fa, non lo può fare.

72 Può essere fatto a domicilio: l’assistenza domiciliare permette al malato di restare nella propria casa con le sue comodità, i suoi tempi, le sue abitudini e i suoi familiari.

73 L’ADI si basa essenzialmente sull’attività del medico e dell’infermiere che possono coinvolgere nell’assistenza, a seconda della necessità, altre figure.

74 Condizione necessaria per un’efficace opera di assistenza domiciliare sono: L’esistenza di un alloggio adeguato; la presenza, attorno al malato, di un nucleo di familiari collaborante.

75 Dalla constatazione che queste condizioni favorevoli non ci sono, nascono gli “Hospice”.

76

77 Hospice È un termine inglese, la sua traduzione letterale è ricovero, ospizio, che male interpreta lo spirito di questa struttura, richiamando alla mente quadri di abbandono.

78 Nel moderno hospice ci si preoccupa, delle diverse esigenze di ciascun paziente, offrendo piani personalizzati di cura con l’ausilio di una èquipe multidisciplinare.

79 E’ un termine comparso di recente nei documenti ufficiali della sanità italiana: “Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative” (D.M. 28/9/1999, in G.U. 7/3/2000).

80 L’ hospice è un’istituzione con una storia più che trentennale: il primo hospice fu inaugurato vicino Londra, nel 1967.

81 Struttura dell’hospice Gli hospice di nuova costruzione, fanno riferimento al DPCM del 20/01/2000: “Atto di indirizzo e coordinamento recante requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per i centri di cure palliative”.

82 Vanno realizzati in zone assolate, a diretto contatto con la natura; facilmente raggiungibili anche con mezzi di trasporto pubblici;

83 devono avere tutti gli spazi interni accessibili con carrozzine, deambulatori, lettighe; devono avere dispositivi di sicurezza in ogni ambiente.

84 L’Hospice è una struttura intermedia tra l’ospedale e il domicilio. Sono piccoli reparti di degenza, (da dieci a trenta posti letto), per malati per lo più tumorali, in fase avanzata e terminale.

85 L’ assistenza è finalizzata al: contenimento delle componenti del dolore fisico, mentale, sociale e spirituale; al raggiungimento di un certo grado di tranquillità e di preparazione psichica e spirituale alla morte.

86 L’attività assistenziale è basata su alcuni punti essenziali: assunzione in “cura” sia del malato che della sua famiglia; creazione di un ambiente il più possibile “domestico”;

87 controllo attento dei sintomi emergenti, primo fra tutti il dolore; attenzione particolare all’alimentazione ed ai problemi ad essa correlati;

88 instaurazione e mantenimento di una rete di comunicazione tra operatori, malato e famiglia; attenzione concreta al lavoro di èquipe.

89 Il personale che opera negli hospice viene adeguatamente formato per tenere in considerazione non solo i bisogni che scaturiscono dalla patologia di base, ma anche quelli emozionali psicologici e spirituali sia del paziente che dei suoi familiari.

90 Gli hospice sono aperti alla presenza dei familiari dei ricoverati, senza vincolo d’orario, con la possibilità che il parente possa fermarsi a dormire e a mangiare.

91 Gli hospice realizzano solo terapie palliative, con un’intensa attività assistenziale e di accompagnamento, con poca tecnologia sanitaria.

92 Unità Valutativa e accesso all’HOSPICE composta da: - un Oncologo dalla ASL di appartenenza della struttura; - un Responsabile dell’Hospice.

93 L’U.V. si riunisce una volta la settimana presso la sede dell’hospice ed esamina le domande di accesso esclusivamente su base documentale.

94 Il giudizio di valutazione viene emesso in base: alla gravità della patologia; ai fattori sociali; al territorio di provenienza; stabiliti come criteri di priorità dalla U.V..

95 Dopo la valutazione, la comunicazione sull’idoneità o meno al ricovero viene data sia al medico curante, ospedaliero o no, che al paziente o al familiare proponente.

96 I tempi di attesa sono inferiori a sette giorni. Tutte le operazioni sono protocollate.

97 Un punto fondamentale, ai fini della tempestività dell’intervento dell’hospice, è la corretta formulazione e chiarezza della domanda da parte dei medici richiedenti, sulle definizioni dei quadri clinici e e sullo stato di terminalità dei malati.

98 Il percorso assistenziale inizia con la conoscenza del malato e dei suoi problemi…

99 Osservare ed ascoltare è fondamentale per identificare i molti disturbi e bisogni del paziente, che, se non soddisfatti compromettono la qualità della vita residua.

100 Il passo successivo consiste nell’elaborare un piano di assistenza, che sia condiviso tra tutti gli operatori e, fin dove è possibile, dal paziente e dalla sua famiglia.

101 SINTOMI CHE PUO’ PRESENTARE UN MALATO TERMINALE

102 dolore; astenia da alimentazione ridotta; idratazione ridotta; problemi del cavo orale; stipsi; diarrea; occlusione intestinale; problemi respiratori; nausea e vomito;

103 disfagia; febbre; infezioni; problemi urinari; lesioni da decubito; prurito generalizzato; emorragie; edemi; ascite; diabete;

104 ansia; aggressività; stati confusionali; stati autistici; coma.

105 Non si può certo dire “non c’è più nulla da fare” perché, come si vedrà, c’è molto-molto da fare.

106

107 Il dolore è un sintomo frequente nella malattia terminale, specialmente se oncologica (70-80% dei casi).

108 La terapia del dolore è un aspetto irrinunciabile e fondamentale delle cure palliative, addirittura, le due cose possono coincidere.

109 Per il controllo del dolore viene riconosciuta, a livello internazionale, la validità delle linee guida elaborate dall’OMS negli anni ’80.* *World Health Organization (WHO), Cancer Pain Relief, Geneva 1986.

110 Si utilizzano tre ordini di farmaci, in una sequenza progressiva definita “a tre scalini”, in rapporto all’intensità del dolore: quando il dolore aumenta, si passa da uno scalino a quello più alto, es:

111 Oppioidi forti (es. morfina) ▲ Oppioidi deboli (es. codeina) ▲ Non oppioidi (es. aspirina) ▲

112 I farmaci sono somministrati a orari regolari e prefissati, non al “bisogno”. Va scelta la somministrazione più semplice e comoda, quindi, se possibile, la via orale.

113 Farmaci, dosi, via e frequenza di somministrazione vanno personalizzati, in relazione alle necessità e alle esigenze del paziente.

114 È importante sottolineare il fattore tempo: esso è un elemento decisivo nell’assistenza a un paziente che ha, generalmente, come prospettiva la morte:

115 il poco tempo che resta da vivere è un tempo vissuto molto intensamente.

116

117 Il personale di supporto provvede a preparare la stanza per il paziente, verificando che sia completa di tutti i presidi necessari, areata, illuminata.

118 Si chiamerà il paziente per nome; si aiuterà a sentirsi rispettato come persona; si farà sentire “accompagnato” sin dal primo istante; si favorirà un clima di fiducia elemento essenziale in un hospice.

119 Si valuterà se il paziente riesce a comunicare e a dare personalmente informazioni sul suo stato generale.

120 Un’attenta valutazione: È la base essenziale per individuare e riconoscere i sintomi, ai fini del loro controllo. E’ responsabilità sia del medico che degli infermieri ma anche di tutti gli altri operatori dell’hospice.

121 Un’attenta valutazione include: i problemi fisici; gli aspetti psicologici; gli aspetti sociali e spirituali.

122 Un’attenta valutazione aiuta a: costruire un quadro generale della malattia del paziente; a riconoscere gli effetti della malattia sulla qualità di vita del paziente stesso;

123 raccogliere le principali preoccupazioni del paziente; ascoltare attentamente cosa il paziente riferisce; credere a cosa il paziente riferisce.

124 DOMANDE DI ROUTINE PER VALUTARE LA NATURA E LA GRAVITA’ DI UN SINTOMO:

125 Quanto influisce il sintomo sulla vita del paziente? Quanto influisce il sintomo sull’attività fisica del paziente e sulla sua mobilità? Una posizione particolare, un’attività, un alimento o una medicina migliorano il sintomo?

126 Cosa peggiora il sintomo? C’è un particolare peggioramento del sintomo, a una determinata ora del giorno o della notte?

127 LE PROBLEMATICHE DEL CAVO ORALE Da una prima osservazione, ci si può accorgere che il paziente ha diversi problemi al cavo orale:

128 le mucose sono asciutte e disidratate; la lingua è ricoperta da una patina biancastra; all’interno della bocca vi sono piccole ulcerazioni; è presente una marcata alitosi.

129 Nel paziente in fase terminale, l’igiene del cavo orale ha come obiettivi:

130 facilitare l’alimentazione e l’assunzione di liquidi; evitare la sensazione di “bocca asciutta”; pulire ed idratare le mucose; alleviare il dolore; prevenire l’alitosi; prevenire le infezioni.

131 Igiene e cura del cavo orale PROTOCOLLO

132 Rimuovere le eventuali protesi dentarie e provvedere alla loro pulizia; pulire i denti, con uno spazzolino morbido o con un cotton-fioc inumidito;

133 pulire la lingua; far effettuare sciacqui del cavo orale con acqua e bicarbonato o con un collutorio; rinfrescare il cavo orale con cubetti di ghiaccio o ghiaccioli;

134 proporre al paziente, come bevanda bere o come ghiacciolo da succhiare, del succo d’ananas ( si ritiene che stimoli la produzione di saliva e che contenga un enzima che aiuta a detergere la bocca); proteggere le labbra con vaselina o con burro di cacao;

135 l’igiene del cavo orale va eseguita più volte al giorno (ogni 4-6-ore): - prima dei pasti,per favorire l’alimentazione; - dopo i pasti, per rimuovere i residui del cibo.

136 La xerostomia: si tratta di una sensazione soggettiva di “bocca asciutta”, non necessariamente accompagnata da un’evidente riduzione della salivazione.

137 La xerostomia determina: difficoltà nell’alimentarsi, nel deglutire, nel parlare; intolleranza alle protesi dentarie; calo delle difese orali; danni alle mucose orali.

138 Il trattamento della xerostomia comprende: accurata igiene orale; stimolanti della salivazione: caramelle al limone, chewing gum, cubetti di ghiaccio da lasciar sciogliere in bocca, succo d’ananas; idratazione (far bere o inumidire le labbra);

139 umidificazione dell’ambiente; trattamento medico delle problematiche del cavo orale (es. candidosi) e della disidratazione; trattamento farmacologico, per stimolare la produzione di saliva.

140 Coinvolgere i familiari, nello stimolare e aiutare il paziente a mantenere il cavo orale pulito ed idratato. (Educazione sanitaria)

141 ANORESSIA E CACHESSIA Il paziente può presentarsi in hospice in uno stato di denutrizione marcato, questo è tipico della fase terminale della malattia tumorale.

142 Si tratta della sindrome anoressico – cachettica, progressiva, che sfocia in una severa astenia, con diminuzione delle forze e insufficiente o mancata reazione agli stimoli, fino ad arrivare alla morte.

143 La cachessia può contribuire: alla dispnea, per la debolezza dei muscoli respiratori; alla ridotta mobilizzazione, per la deprivazione muscolare; all’insorgenza delle lesioni da decubito, per la riduzione del cuscinetto di grasso sottocutaneo.

144 L’anoressia è un disagio sia per il paziente che per la famiglia: Il cibo è simbolo di vita, il concetto stesso di vita è correlato all’alimentazione. Smettere di mangiare richiama alla mente, inevitabilmente, la fine della vita stessa.

145 L’anoressia conduce sempre a uno stato di severa denutrizione, con conseguente importante calo ponderale.

146 La notevole perdita di peso del paziente spesso altera l’immagine che il malato ha di sé, favorendo l’instaurarsi di stati depressivi.

147 Le cause dell’anoressia 1.L’aspetto psicologico legato alla situazione e allo stato di ansia e/o depressione, tipico della malattia tumorale.

I trattamenti radio-chemioterapici possono produrre significative alterazioni del gusto, con conseguente disinteresse verso il cibo.

Lo svuotamento gastrico ritardato nel cancro avanzato è frequente, spesso associato con la sazietà precoce e la nausea.

La perdita della dimensione sociale dei pasti, questa causa è talvolta poco considerata ma, mangiare da soli nella propria stanza, o peggio a letto, toglie tale dimensione, così importante per ognuno di noi.

151 PRINCIPALI CAUSE DI ANORESSIA Cause correlate alla situazione: - cattivo odore di cibo durante la cottura; - troppo cibo; - cibo sgradevole; - dentatura precaria; - abitudini alimentari non assecondate o non soddisfatte.

152 Cause correlate alla malattia: -nausea; -svuotamento gastrico ritardato; -problemi del cavo orale: > tumore della bocca o dell’esofago; > candidosi; > secchezza delle fauci; > labbra ulcerate;

153 -sepsi; -dolore generalizzato; -astenia; -disidratazione; -costipazione.

154 Cause correlate al trattamento: -farmaci; -radioterapia; -chemioterapia.

155 Altre cause: - solitudine; - ansia; - depressione; - sopore.

156 Alcune cause di anoressia sono reversibili, se trattate adeguatamente, es. la nausea; tuttavia, è importante riconoscere che l’anoressia progressiva è parte integrante del processo di morte.

157 Valutazione dello stato nutrizionale del paziente

158 Per valutare lo stato nutrizionale del paziente, al suo ingresso in hospice occorre: □ rilevare le abitudini alimentari; □ raccogliere l’anamnesi; □ effettuare un esame obiettivo

159 Bisogna fare tutto il possibile per rendere il momento del pasto piacevole:

160 curare l’ordine e l’estetica della tavola, influisce sull’appetito; presentare i cibi in modo appetibile e alla giusta temperatura; evitare odori e sapori complessi; presentare piccole porzioni.

161 Sono inoltre importanti: la fisioterapia per stimolare il paziente e aiutarlo a mantenere la massa e il trofismo muscolare; l’intervento di uno psicologo per ridurre l’ansia e la depressione.

162 Le problematiche dell’evacuazione

163 Tra le informazioni che vengono raccolte all’ingresso rientrano anche quelle che riguardano l’alvo e la regolarità nell’evacuazione.

164 Se il paziente riferisce costipazione persistente e tenesmo, è utile, per valutare la presenza nell’ampolla rettale di feci, l’esplorazione rettale, eseguita dal medico o dall’infermiere.

165 Lo scopo principale dell’esplorazione rettale è di escludere la presenza di fecalomi che non si possono espellere con una normale defecazione.

166 I pazienti ad alto rischio sono gli anziani ed i malati terminali i quali hanno una peristalsi ridotta o alterata, a causa dell’insufficienza del sistema nervoso autonomo.

167 La mancanza di autonomia e/o l’impossibilità di accedere ai servizi igienici possono indurre il malato a rimandare la defecazione, con conseguente costipazione.

168 La costipazione è una diminuzione della frequenza della defecazione e/o una difficoltà fisica nello svuotamento effettivo del retto.

169 - Si avverte una sensazione di pienezza addominale e spesso anche coliche intestinali. - Le feci sono dure, la defecazione è dolorosa e richiede sforzo, pertanto si rimanda il momento dell’evacuazione innescando così un circolo vizioso.

170 La costipazione trascurata o trattata inadeguatamente spesso porta ad altri sintomi e complicazioni:

171 anoressia; nausea; diarrea paradossa e incontinenza fecale; ritenzione di urine; ostruzione intestinale funzionale; delirio.

172 È evidente che affrontare e prevenire i problemi riferiti all’evacuazione è fondamentale. Particolare attenzione dovrà essere dedicata ai pazienti deliranti, confusi, soporosi, o in qualche modo impossibilitati a comunicare.

173 In questi pazienti la costipazione rimane nascosta finchè diventa grave ed essere essa stessa ad aggravare lo stato tossico dell’organismo, sino a precipitare nel delirio.

174 Cause della stipsi: progressione del tumore nella parete addominale; difficoltà fisiche nello svuotamento per emorroidi, debolezza fisica, stato di sopore, coma; fattori psicologici.

175 Nei pazienti oncologici, causa frequente di stitichezza è rappresentata dai farmaci analgesici derivati dall’oppio, assunti per combattere il dolore.

176 La costipazione è aumentata: > dall’anoressia, a causa della riduzione delle fibre alimentari; > dalla disidratazione, per un carente apporto di acqua; > dal vomito ricorrente; > dal dolore locale alla defecazione.

177 Trattamento e prevenzione: la costipazione può essere prevenuta, soprattutto quella causata dagli oppioidi, assumendo contemporaneamente dei lassativi.

178 Durante il trattamento con i lassativi: sorvegliare costantemente l’evolvere della situazione per capire l’efficacia del lassativo adottato e individuare tempestivamente eventuali effetti collaterali negativi, es. diarrea, coliche.

179 Le misure preventive non farmacologiche sono: mobilizzare costantemente il paziente; facilitare l’accesso ai servizi o l’utilizzo della comoda; curare l’idratazione; aumentare il consumo di frutta, verdura e fibre in generale.

180 Riguardo all’assistenza erogata in hospice, un risultato positivo, di valore umano e professionale inestimabile, arriva da pazienti e familiari, ed esprime, meglio di ogni altro parametro indicatore, il raggiungimento degli obiettivi prefissati:

181 …<< mettere i pazienti in condizione di condurre l’ultima parte dell’esistenza in maniera vigile, senza dolore o altri sintomi, facendo si che i loro ultimi giorni possano essere vissuti con dignità e qualità…>>.

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