Il Vesuvio nel 79 d.C. Dalla lettera di Plinio il Giovane a Tacito alla libera scrittura.

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Il Vesuvio nel 79 d.C. Dalla lettera di Plinio il Giovane a Tacito alla libera scrittura

Un sopravvissuto racconta

Io nel 79 d.C.

C’ero anch’io : parte uno C’ero anch’io : parte uno e parte dueparte due

Testi scritti dopo la lettura della lettera di Plinio il Giovane a Tacito. Plinio scrisse a Tacito per informarlo della morte dello zio Plinio il Vecchio, avvenuta in seguito all’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C. Informazioni su Plinio il Vecchio Plìnio il Vecchio (lat. C. Plinius Secundus). - Scrittore latino (Como 23 d. C. - Stabia 79); venuto a Roma giovanissimo, ricoprì cariche civili e militari; ebbe sempre un'insaziabile curiosità di leggere e prendere appunti, come racconta con ammirazione il nipote Plinio il Giovane. Al momento dell'eruzione del Vesuvio, era a capo della flotta stanziata al Capo Miseno; non volle abbandonare il suo posto, e morì soffocato dalle esalazioni del vulcanoStabiaRoma Capo Miseno

Classe 2.0 1^ B Istituto Comprensivo Capol.D.D. San Nicola la Strada Caserta

Un sopravvissuto racconta Erano le e stavo sul terrazzo della mia abitazione a bere un tè... al'improvviso la mia casa incominciò a traballare. Pensavo che i miei nipotini stessero ballando nella propria camera, ma non era così; preoccupato scesi in strada: sentivo signore che urlavano e bambini che piangevano e volevano la mamma. Ero triste, vedevo corpi umani sotto le macerie. Presi dei cuscini e me li misi in testa, mentre cadevano macerie dall’alto. Arrivai in spiaggia e salii sulla mia barca insieme a mio padre,andammo a largo, ma arrivò la tragica notizia che era morto mio nonno. Io e papa andammo a largo, mentre una nube nera invadeva la città. Ve lo assicuro, era una cosa bruttissima! Edward Canterini

Io sono sopravvissuto Bè, sentite… …ero a casa con la mia famiglia intorno alla tavola a cenare, quando, all'improvviso si mosse tutto : terribile! Si vedevano i muri traballare, i cibi che cadevano dai piatti: che paura! Ad un certo punto abbiamo visto della lava entrare nel portone di casa e ce ne siamo scappati al piano di sopra dalla paura di essere bruciati e travolti. Mia sorella era rimasta indietro, ma riuscì a salire in tempo. Per fortuna la lava si era fermata; vedemmo persone bruciate dalla lava che scappavano e c'era persino chi prendeva il cocchio e se ne scappava, lasciando i propri figli a scuola tutti soli: era orribile! Per fortuna, dopo circa un'oretta, la lava si solidificò e scendemmo ai piani bassi. Che esperienza indimenticabile! Silvio Zerone

C’ero anch’io Parte UNO Ciao a tutti, sono una sopravvissuta all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e vorrei parlarvi di quella notte in cui tutto fu distrutto e in cui tutto cambiò. Già dalla mattina del 24 Agosto, una grande nube bianca, nera, grigiastra, ricopriva il cielo azzurro e ancora sereno dell'Estate. Quella grande nube, sembrava quasi come un pino, un grande pino, ma allora non si sapeva ancora da quale altura provenisse, solo dopo si venne a scoprire che proveniva dal Vesuvio. Inizialmente non avevo molta paura, perché, non avendo mai vissuto o conosciuto una catastrofe del genere, non mi rendevo conto della sua gravità. Mio marito e mio figlio erano andati a pescare, mentre, mia figlia era nella sua cameretta ad osservare spaventata quel fumo nero, che si innalzava sempre più. Le ore passavano, mia figlia sempre più spaventata iniziò a pregare, a piangere, a urlare e a dire che voleva andare da suo padre e suo fratello e scappare con una nave, anche piccola o che sia. Cercavo di consolarla in tutti i modi, ormai la paura mia aveva rapita e incominciai a piangere disperata, vedendo il fumo diretto alla spiaggia, dove abitava la maggior parte della gente. Tra grida, urla, pianti di bambini e neonati, anziani che morivano non riuscendo respirare, si fece sera e allora capii che era arrivata l'ora di agire. Mio figlio e mio marito tornarono dicendo che per la città erano sparse alte vampate di fuoco, che il Vesuvio stava eruttando e che la gente era ormai disperata.

Parte DUE Presi dei capi invernali, che erano molto più spessi e morbidi e li legai intorno al capo dei miei figli e di mio marito, che a sua volta mi aiutò a legarli su di me. Eravamo sicuri della nostra scelta, volevamo scappare con la nave dei nostri vicini, che aspettavano solo il momento migliore per fuggire. Arrivati alla spiaggia, trovammo la nave e ci sistemammo sui sedili, in mezzo ad una confusione pazzesca. Io avevo paura, mi ero quasi arresa, ma sapevo che era mio dovere aiutare almeno i miei figli a sopravvivere e così cercai di non pensare a quella profonda nube nera che non faceva respirare. La nave partì, io mi sentivo meglio e riuscivo almeno a prendere un po' d'aria, ma non era così per i miei figli che piangevano disperati, non riuscivano a respirare e pensavano alla loro vita che andava a pezzi dall'altra parte del Golfo. Nel viaggio i nostri vicini morirono soffocati, altri disidratati per le troppe lacrime cadute sui loro volti doloranti e altri che si buttarono nel mare, ormai arresi. In due giorni di inferno su quella piccola barca, giungemmo a Roma, dove trovammo finalmente rifugio. Dopo, beh, dopo ci hanno dato lavoro, casa, cibo, e così presto dimenticammo l'accaduto, ma anni e anni dopo arrivò una bellissima novella che ci fece ricostruire tutti i nostri ricordi passati, la novella era stata annunciata da soldati in corteo che avanzavano con in mano una grandissima tavola d'argento dov'era scritto che la città di Pompei e dintorni era stata ricostruita. E' questo ciò che avvenne in quella notte, il giorno della catastrofe. VALENTINA IOVINE