METODI DI STUDIO DEI VIRUS Per poter sfruttare le caratteristiche dei virus, bisogna utilizzare terreni viventi, con cellule vive. Dunque i terreni per virus sono solo cellulari. Si potrebbero, in teoria, usare per i virus anche dei terreni costituiti da animali recettivi: i migliori, sarebbero le scimmie; ma problemi evidenti (tra cui anche quelli economici!) rendono impraticabile tale scelta. Si potrebbero anche usare topolini neonati, ma anche in questo caso ci sono controindicazioni.
Si preferisce utilizzare un UOVO EMBRIONATO DI POLLO, terreno economico, e anche sicuro perché dotato di un guscio calcareo che assicura l'ossigenazione. L'uovo è embrionato perché solo la presenza dell'embrione - accertabile in trasparenza - garantisce la vitalità dell' uovo. Per seminare il virus in un uovo, si prende quest'uovo e si pratica nel guscio una finestra richiudibile. Aperta la finestra, si insemina il materiale e si richiude sigillando il bordo con la cera. Poi si procede all’incubazione, tenendo conto che i virus si sviluppano in poco tempo. Di solito dopo pochi giorni si osserva la morte dell'embrione: ciò significa che i virus si sono moltiplicati. Non rimane che aprire l'uovo e analizzare il tutto al microscopio elettronico.
Uova embrionate Inoculazione sulla membrana corion- allantoidea, sito ideale per la crescita di virus erpetici, dei poxvirus e del virus del cimurro del cane; provocano lesioni che appaiono come alterazioni macroscopiche circoscritte chiamate pocks (pustole). Inoculazione nella cavità allantoidea, sito ideale per la produzione di alte quantità di orthomyxovirus e paramixovirus da impiegare a scopo vaccinale. Inoculazione nella cavità amniotica, isolamento dei virus influenzali. Inoculazione nel sacco vitellino, adatta alla coltivazione delle clamidie.
Clamidie - forma rotondeggiante - parete cellulare simile a gram-negativi (ma priva di acido muramico) - immobili - si moltiplicano nel citoplasma delle cellule ospiti con formazione di inclusioni vacuolari Coltivazione -Cellule di rivestimento del sacco vitellino di uova embrionate -Molte colture cellulari primarie e linee continue
E' necessario utilizzare terreni particolari per virus, che devono essere terreni CELLULATI, cioè fatti da cellule vive. Perché queste cellule siano vive, occorre che il terreno contenga anche il loro nutrimento. Il terreno per virus è costituito principalmente da una soluzione acquosa di zuccheri, aminoacidi, sali minerali e vitamine, tamponata con bicarbonato di sodio … Si può, a questo, aggiungere un siero animale che contiene un "quid" che aiuta in tal senso le cellule. Questo "quid" - piuttosto misterioso - è contenuto anche nel succo di embrione. Si aggiungono antibiotici che evitano inquinamento batterico o fungino. (gentamicina, penicillina, streptomicina e amphotericina B) Frequente contaminazione delle colture cellulari è quella da micoplasmi, comuni commensali dell’apparato respiratorio dell’uomo
Da dove prendo le cellule? Di solito si utilizzano cellule embrionali di mammifero; in questo caso gli embrioni vengono FLOTTATI (termine elegante che sta per "frullati") e producono una poltiglia che contiene le cellule. SI può anche utilizzare un rene embrionale. Le cellule vengono separate dopo trattamento con tripsina (che scinde i legami): si parla di cellule tripsinate. Dopo centrifugazione, andremo a prelevare la parte corpuscolata, che sarà costituita dalle cellule. Queste cellule potranno essere connettive o epiteliali, e potranno essere usate differentemente a seconda della preferenza del virus: abbiamo così prodotto una COLTURA CELLULARE PER STIPITI DI CELLULE. Gli stipiti cellulari hanno il difetto di essere a vita finita. Possiamo aggirare l'ostacolo prolungando di poco la vita delle cellule dando siero animale, oppure scongelando il tutto dopo averlo congelato. Se noi pensiamo, inoltre, che i virus preferiscono cellule con vivaci metabolismi, potremmo anche utilizzare, per il nostro terreno, delle cellule tumorali. Oggi si impiegano in verità solo questo tipo di cellule, quasi sempre epiteliali. Un esempio è dato dalle cellule HeLa, così chiamate dalle iniziali di una donna affetta da tumore e deceduta nel 1955! Le sue cellule tumorali vivono ancora.
Colture primarie (linee cellulari primarie) – ottenute direttamente da un organo o da un tessuto di un animale molto giovane, o da un feto o da un embrione Colture semi-continue (linee cellulari diploidi) – mantenute vitali per passaggi – rappresentano per i virus un substrato molto simile a quello naturale Colture continue (linee stabilizzate) – coltivate senza limite di numero di passaggi, posseggono un patrimonio cromosomico alterato, definito genericamente aneuploide, spesso poliploide
CO 2 incubators
Microscopio invertito
Monostrato cellulare di MDBK
Aspetto caratteristico di un monostrato confluente MDBK ECP da BHV-1 dopo 48 h di incubazione.ECP da BHV-4 dopo 7 gg. di incubazione
Esame del citoscheletro mediante microscopia a fluorescenza: Cellule MDBK
0 h 12 h 24 h 12 h 24 h Monostrato infettato Monostrato pretrattato con 10 µM QS e poi infettato
Le colture cellulari vanno controllate almeno ogni due giorni e per almeno dieci giorni Effetti citopatici (CPE): lisi cellulare vacuolizzazione del citoplasma comparsa di sincizi (cellule giganti multinucleate), alcuni virus producono delle proteine specifiche (F) in grado di provocare la fusione delle membrane. La formazione di sincizi avviene anche in vivo, ne consegue il passaggio da una cellula all’altra del virus senza che venga in contatto con i fluidi extracellulari che potrebbero contenere anticorpi neutralizzanti. corpi inclusi presenti nel nucleo oppure nel citoplasma (ammassi di nucleocapsidi neoformati o di virioni maturi
Identificazione virale Microscopia elettronica Immunofluorescenza Sieroneutralizzazione Sonde molecolari PCR Osservazioni delle lesioni istopatologiche
Microscopia elettronica Metodo rapido, mette in evidenza virus non isolabili o inattivati Ma: Dispendiosa, poco sensibile, valida solo in casi limitati
Immunomicroscopia elettronica É una reazione che accoppia una reazione immunologica all’esame al microscopio elettronico. Si presta soprattutto per favorire l’evidenziazione delle particelle virali, presenti nei campioni biologici, attraverso la formazione di aggregati antigene-anticorpo, più facilmente visibili, oppure per identificare, sierologicamente, i virus. L’evidenziazione e l’identificazione al microscopio elettronico del virus o di altri antigeni virus o legati ai tessuti può essere facilitata dall’impiego di anticorpi specifici, coniugati ad oro colloidale (tecnica dell’”immunogold”) l’elevata elettrondensità delle particelle di oro colloidale consente un contrasto notevole delle strutture che hanno reagito con tale coniugato.
IME: particelle virali che hanno reagito con anticorpi specifici anti-parvovirus Immunogold: anticorpi specifici anti-herpesvirus, coniugati a particelle di oro colloidale. Granuli di oro colloidale
Immunofluorescenza É possibile rendere visibile una reazione antigene- anticorpo marcando uno dei reagenti con sostanze, chiamate fluorocromi (es., fluoresceina) Tale tecnica è applicabile a sezioni di tessuto, colture cellulari, colture batteriche e protozoarie, gli anticorpi specifici del siero di sangue; Due sono i principali metodi di Immunofluorescenza: Metodo diretto Metodo diretto Metodo indiretto Metodo indiretto
Immunofluorescenza diretta Nel metodo diretto (per la ricerca degli antigeni) sono coinvolti solamente gli antigeni e gli anticorpi specifici coniugati con la fluoresceina. Questo metodo è usato per identificare i diversi sierotipi dei microrganismi (es., E.coli, Klebsiella, Streptococcus, Candida), oppure per diagnosticare un’infezione rilevando direttamente nei prelievi bioptici gli antigeni del patogeno. Immunofluorescenza diretta su colture cellulari per evidenziare la presenza di Rotavirus
Rappresentazione schematica Metodo diretto
Immunofluorescenza indiretta (1) Con il metodo indiretto (per la titolazione degli anticorpi o per la ricerca degli antigeni), chiamato anche “tecnica sandwich”, gli anticorpi specifici non vengono coniugati e la loro unione con l’antigene viene dimostrata con l’aggiunta successiva di anti-gammaglobuline coniugate. se c’è stata una iniziale combinazione tra l’antigene e gli anticorpi specifici, questi ultimi funzionano da antigene, cui si legano le anti-gammaglobuline coniugate e il complesso presenta fluorescenza. Le anti-gammaglobuline che vengono coniugate con la fluoresceina sono dirette verso gli anticorpi della stessa specie animale che ha fornito gli anticorpi nella reazione primaria.
Immunofluorescenza indiretta (2) Trova impiego nel rilievo e nella titolazione (saggiando diluizioni per raddoppio del siero in esame) sia di anticorpi per la sierodiagnosi delle malattie infettive e infestive, sia di autoanticorpi, quali quelli anti-nucleari nel lupus eritematoso.
Rappresentazione schematica Metodo indiretto
HSV-1 (McIntyre) infected HCE. Note the virus-infected cells showing apple green fluorescence. Uninfected cells are stained red due to the counterstain. Indirect immunofluorescence assay, × 400.
Sieroneutralizzazione Il tasso di anticorpi neutralizzanti nel siero può essere valutato: Diluizioni seriali, per raddopio, del siero + quantità standard di virus infettante,, a seconda del virus (in genere 2-3 ore a T°C ambiente).Diluizioni seriali, per raddopio, del siero + quantità standard di virus infettante,, a seconda del virus (in genere 2-3 ore a T°C ambiente). Le diverse miscele virus-siero sono quindi saggiate per rilevare l’infettività residua, Titolo finale degli anticorpi neutralizzanti viene considerata la più alta diluizione del siero ancora capace di prevenire i fenomeni legati alle proprietà infettanti del virus.
Rappresentazione schematica della prova di sieroneutralizzazione Sieroneutralizzazione virale in piastre micotitre I pozzetti scuri mostrano il monostrato cellulare intatto: il siero neutralizza il virus.
Risultati di una reazione ELISA in piastra microtitre Kit ELISA per il rilievo del virus della leucemia felina C + C Nel kit i pozzetti sono ricoperti con anticorpi specifici, che cattureranno gli antigeni del FeLV eventualmente presenti nel siero dell’animale.
An example of enzyme-linked immunosorbent assay