Il Direttorio e le prime campagne di Napoleone (Italia e Egitto)
Costituzione moderata : Parigi aprì teatri e luoghi dedicati al divertimento dopo atmosfera cupa del governo giacobino, cambio di abbigliamento. 5 Agosto 1794: primo scaglione di detenuti arrestati a causa del Terrore evase, riprese la discussione politica. Novembre 1794: Club dei Giacobini eliminato, eliminati busti di Marat a Parigi e 120 giacobini uccisi in prigione. 22 Agosto 1795: Nuova Costituzione approvata (Costituzione dell’anno III) La Costituzione era preceduta non solo da una dichiarazione dei diritti, ma anche dalla dichiarazione dei doveri del cittadino
Potere esecutivo attribuito al Direttorio, formato da cinque membri. Potere legislativo a due camere distinte del Direttorio. Entrambe le camere erano elette a suffragio censitario, il che rendeva il nuovo Stato non democratico. Nei decenni successivi la Costituzione sarebbe servita da modello per molte altre costituzioni. Consiglio dei Cinquecento, che prendeva provvedimenti ma aveva bisogno del Senato. Consiglio degli Anziani, o Senato, che approvava i provvedimenti.
Difficoltà economiche Abolizione del Maximum, grave provvedimento per i più poveri. L’assegnato si svalutava ogni mese di più, i prezzi subivano un processo di ascesa. La borghesia si consolidava ogni giorno di più e i meno fotunati finivano in miseria. Primavera 1795: popolo insorse chiedendo “pane e costituzione”. Tumulti repressi dalle truppe governative. Congiura degli eguali: 1796, guidata da Gracco Babeuf, primo movimento socialista, tentativo di abolire la proprietà. Babeuf pensava che il popolo dovesse avere una guida, un’avanguardia illuminata, per insorgere.
Strategia rivoluzionaria di Babeuf 1796: François-Noël Babeuf, detto Gracco, guidò la congiura degli eguali, considerata la prima sommossa socialista della storia. Babeuf si interessava ai problemi sociali: pensava che il popolo non potesse attuare uno stato democratico, ma serviva l’azione di un’elite scelta. Babeuf dichiarò di avere appreso questo atteggiamento da Robespierre, che diceva che i legislatori non dovevano subordinare le loro leggi alla moralità corrotta del popolo, ma ristabilirla con le leggi. Le masse dovevano partecipare e il loro interesse doveva essere risvegliato: i capi dovevano comandare e il popolo obbedire. L’atteggiamento dei capi verso i subalterni era visto da Babeuf come un insieme di pietà, disprezzo e amore. Il popolo non doveva avere la scelta dei capi, dal momento che poteva sentire vagamente il bisogno di una riforma, ma non poteva avere la saggezza politica di sceglierli. La distruzione del governo avrebbe portato il popolo ad avere il possesso di ciò che gli spettava, ma un popolo appena liberato da una tradizione di oppressione non sarebbe capace di scegliere i capi. Non si poteva istituire un regime costituzionale basato su assemblee primarie.
Babeuf usava l’espressione “Dittatura dell’insurrezione” per coloro che avevano partecipato alla rivolta. In caso di sconfitta i perdenti non si rassegnavano e il popolo doveva scegliere tra annientare i cospiratori oppure accettare la rovina dei diritti popolari. La classe perdente doveva, perciò, essere annientata.
Campagna d’Italia 1796: la Francia era in bancarotta. Il Direttorio si convinse a continuare guerre per salvare il Paese dal collasso grazie al drenaggio delle ricchezze delle conquiste. Il piano prevedeva offensiva sul fronte del Reno e sul fronte dell’Italia Settentrionale. La Germania era l’obiettivo principale, mentre l’Italia quello marginale. L’esercito della campagna d’Italia era formato da uomini mal pagati. A capo dell’armata per la conquista italiana c’era Napoleone Bonaparte, che si era già distinto durante la riconquista di Tolone e aveva sconfitto un colpo di stato nel Estate 1796: l’offensiva del Reno fu bloccata dagli austriaci, mentre in Italia Napoleone sconfisse l’esercito nemico e entrò a Milano il 15 maggio. Pace di Campoformio, 18 ottobre 1797: fu stipulata con l’Austria. La Francia ottenne Paesi Bassi austriaci e terre sulla riva sinistra del Reno e la Lombardia austriaca, in cambio della concessione all’Austria di occupare la Repubblica di Venezia.
Il trattato di Campoformio provocò sdegno tra i giacobini italiani che avevano accolto Napoleone come un liberatore. I giacobini italiani sognavano un’Italia libera dalla dominazione straniera, attratti dalla Francia di Robespierre e dalla sua determinazione di difendere la sua Patria. Napoleone trattò l’Italia come terra di conquista: spogliò la Biblioteca Ambrosiana (Milano) e 13 manoscritti di Leonardo Da Vinci furono inviati in Francia. Venezia fu privata di tele di Tiziano e Tintoretto e di quattro cavalli di bronzo che ornavano la facciata di San Marco. Truppe francesi dopo poco tempo conquistarono anche Roma e Napoli.
Campagna d’Egitto Un altro nemico della Francia era l’Inghilterra, che continuava a combattere contro il paese della Rivoluzione, perché i britannici pensavano che quest’ultima non contasse nulla, ma fosse un regime pericoloso per l’intera Europa. Data la potenza del Regno Unito, si pensò di ostacolare gli inglesi nei suoi territori coloniali in India. Prima si doveva conquistare l’Egitto, perché solo con la dominazione del Mar Rosso si poteva portare l’attacco ai territori inglesi in India. Il comando venne assegnato a Napoleone, che, giunto in Africa con uomini, il 21 luglio 1798 sconfisse l’esercito dei mamelucchi, ma la flotta francese incaricata di rifornire l’esercito fu distrutta da quella inglese dell’ammiraglio Horace Nelson, nella rada di Abukir. L’attacco francese provocò anche l’intervento in guerra dei turchi e dei russi, che temevano un’alterazione politica in Medio Oriente.
Sul piano militare la spedizione egiziana fu un disastro, ma sul piano culturale si registrarono effetti positivi: venne trovata infatti la Stele di Rosetta, che permetterà la decifrazione dei geroglifici. Estate 1799: austriaci, russi e inglesi occuparono l’Italia e minacciarono di invadere la Repubblica francese. La Francia dovette inoltre affrontare una crisi militare come quella del La borghesia temeva un’insurrezione popolare, perciò si fece strada l’idea di costruire un regime più forte e stabile, capace di organizzare una resistenza contro i nemici e di garantire un ordine sociale. Tra gli esponenti c’era anche Napoleone. Il 10 novembre 1799 fu messo in atto il colpo di Stato, il Direttorio fu soppresso e si diede vita al governo di tre consoli Primo console era lo stesso Bonaparte, nelle cui mani passò tutto il potere. Da primo console Napoleone divenne console a vita (1802). Il corpo legislativo fu ridotto e la Francia era a tutti gli effetti una dittatura militare, anche se la Repubblica continuava ad esistere.
Giacobini italiani Dopo la delusione di Campoformio, i patrioti italiani decisero di realizzare i loro ideali democratici e nazionali. I patrioti italiani erano divisi in due fazioni. Prima fazione: sensibile anche a idee più rivoluzionarie, in minoranza, credevano nella partecipazione politica di tutti i cittadini e nell’abbandono della fede cristiana. Ammettevano un uso della violenza politica per affermare la repubblica. Esponenti erano Filippo Buonarroti, attivo in Liguria e sostenitore di Robespierre ai tempi della Repubblica giacobina in Francia; Giovanni Ranza a Milano, centro del movimento patriottico italiano; Vincenzo Russo, napoletano, nel Meridione, sostenitore di una riforma agraria con distribuzione di terre ai contadini del Sud Italia. Buonarroti, Ranza e Russo
La seconda fazione escludeva idee di alterazione del diritto di proprietà. Questi patrioti avevano idee riformistiche, erano illuministi, massoni, aristocratici illuminati, sensibili all’idea dell’unità e indipendenza italiana sotto protezione francese. Tra loro c’era Melchiorre Gioia, che si era fatto notare grazie alla vittoria del concorso lombardo del 1797, chiamato “Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia”. I giacobini italiani cominciarono a pubblicare giornali e opuscoli e a formare club, furono i primi a discutere in libero dibattito su questioni sociali e sull’unità nazionale attraverso un’unione federale di repubbliche, che rappresentò la premessa per il Risorgimento italiano.
Stele di Rosetta La Stele di Rosetta è una stele egizia in granito che riporta un'iscrizione in tre differenti grafie: geroglifico, demotico (penultima forma della lingua egizia) e greco. L'iscrizione è il testo in onore del faraone Tolomeo V Epifane, al tempo tredicenne, in occasione del primo anniversario della sua incoronazione. Poiché si tratta pressoché del medesimo testo, la stele offrì, grazie alla parte in greco, una chiave decisiva per la comprensione dei geroglifici. Il nome deriva da quello latinizzato di Rosetta, oggi nota come Rashid, antica città sul delta del Nilo, dove fu scoperta nel 1799 da Pierre-François Bouchard, capitano nella Campagna d'Egitto di Napoleone Bonaparte. Fu lungamente oggetto di contesa fra Francia e Inghilterra e dal 1802 si trova a Londra nel British Museum, del quale è l'oggetto più popolare. Il testo greco sulla Stele di Rosetta ha fornito il punto di partenza, poiché il greco antico era noto agli studiosi.
Il ritrovamento della stele è tradizionalmente attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard che la trovò nella città portuale di Rosetta nel delta del Nilo il 15 luglio del La lastra fu rinvenuta mentre erano in corso i lavori di costruzione di Fort de Rachid, detto già allora Fort Julien, vicino alla città. In realtà Bouchard, che era l'ufficiale che dirigeva le opere di fortificazione, non trovò personalmente la stele, né il ritrovamento fu merito del capo delle truppe a lui sottoposto: fu un soldato, di cui non è pervenuto il nome, a rinvenirla durante i lavori. Bouchard però capì l'importanza della pietra e la mostrò al generale Jacques François Menou, che decise di portarla ad Alessandria, dove giunse nell'agosto dello stesso anno.