Il legame chimico Il legame chimico è ciò che tiene insieme gli atomi. Esso si forma se l'insieme di atomi legati assume un energia minore di quella che avevano gli atomi isolati. Se il legame è realizzato trasferendo completamente un elettrone da un atomo all'altro, si formano ioni e il composto è tenuto insieme dall'attrazione elettrostatica tra ioni. Si para in questo caso di legame ionico. Se invece il legame è realizzato attraverso la condivisione di elettroni, si parla di legame covalente. Tutte le variazioni di energia che si verificano in seguito alla formazione del legame riguardano cambiamenti nella disposizione degli elettroni di valenza. 3 – I legami chimici.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli– A.A. 2014/2015
Il legame ionico Il legame ionico è dovuto all'attrazione elettrostatica tra ioni di segno opposto. Di solito il processo di formazione degli ioni a partire degli elementi richiede energia: infatti le energie di ionizzazioni (energie assorbite) sono di solito maggior delle energie liberate (affinità elettroniche). Per esempio, la ionizzazione del sodio richiede 494 kJ mol-1: Na (g) → Na+ (g) + e– (g) mentre la formazione dello ione cloruro libera 349 kJ mol-1: Cl (g) + e– (g) → Cl– (g) Il processo: Na (g) + Cl (g) → Na+ (g) + Cl– (g) richiede quindi 145 kJ mol-1. Tuttavia quando gli ioni Na+ e Cl– formano il solido ionico, si libera una grande quantità di energia (787 kJ mol-1), detta energia reticolare. Di conseguenza la reazione: Na (g) + Cl (g) → NaCl (s) libera 642 kJ mol-1. 3 – I legami chimici.pdf – V 2.0 – Chimica Generale – Prof. L. De Napoli – A.A. 2014/2015
Il solido ionico Un solido ionico è formato da cationi e anioni, che generalmente sono disposti in maniera ordinata e regolare: si parla in questo caso di solido cristallino. Il legame ionico non è direzionale, e ogni anione non è specificamente legato ad un certo catione, ma a tutti i cationi che lo circondano. Questa struttura ordinata è difficile da distruggere, e questo spiega l'elevato punto di fusione dei solidi ionici. Anche se spesso molto duri, i solidi ionici sono anche molto fragili, e si sfaldano facilmente (cioè si rompono producendo superfici perfettamente lisce). Questo può essere spiegato dal fatto che un colpo localizzato può far scorrere leggermente due piani di ioni, e allora le interazioni diventano repulsive ed il cristallo si spezza.
Quali ioni si formano? La configurazione elettronica degli atomi permette di prevedere gli ioni formati dai vari elementi. Abbiamo già detto che i gas nobili non sono reattivi, e questo vuol dire che la loro configurazione elettronica, in cui sono completi gli orbitali s e p dello strato più esterno, è una configurazione molto stabile. Gli atomi dei vari elementi tendono a cedere o acquistare elettroni in modo da raggiungere la configurazione elettronica del gas nobile più vicino. Poiché tutti i gas nobili (tranne l'elio) hanno 8 elettroni nello strato più esterno, possiamo anche dire che configurazioni elettroniche con l'ottetto completo sono particolarmente stabili. Gli ioni Mg2+, Na+, F– e O2– hanno tutti la stessa configurazione elettronica del neon (sono isoelettronici con il neon), e quindi l'ottetto completo, così come Ca2+, K+, Cl – e S2– hanno tutti la stessa configurazione elettronica dell'argon. Si capisce ora perché i metalli (a sinistra del sistema periodico) formano cationi, mentre i non metalli formano anioni. Anche l'idrogeno, che è un non metallo, è capace di formare un anione, l'idruro H–, che è isoelettronico con l'elio, e forma composti ionici noti come idruri. Gli elementi di transizione hanno comportamento più complesso, e possono generalmente formare più di un catione.
Il simboli di Lewis Abbiamo visto che quelli che contano sono gli elettroni di valenza, che per gli elementi dei gruppi principali (non di transizione) possono essere da 1 a 8. Le configurazioni elettroniche possono essere rappresentate in maniera semplice con i simboli di Lewis: il simbolo dell'elemento è circondato da tanti puntini quanti sono gli elettroni di valenza. Gli elettroni possono essere a coppie o isolati, secondo la reale configurazione elettronica dell'elemento. Gli stessi simboli possono essere utilizzati anche per le configurazioni elettroniche degli ioni. In questo caso, vanno rappresentati gli elettroni dello strato di valenza dell'atomo originario: per cationi questo numero è molto spesso 0. Per questo Na+ ed F–, che sono isoelettronici, vengono rappresentati in maniera diversa.
Il legame covalente Abbiamo visto che i metalli esistono sotto forma di solidi metallici, e che i composti tra un metallo e non metallo sono composti ionici. Inoltre normalmente i metalli non reagiscono tra loro, ma formano miscele dette leghe. I non metalli allo stato elementare, ed i composti tra due non metalli esistono invece sotto forma di molecole. Le molecole sono tenute insieme dai cosiddetti legami covalenti. In un legame covalente, una coppia di elettroni è condivisa tra i due atomi legati, e può essere considerata appartenente ad entrambi gli atomi. I due elettroni possono quindi contribuire al raggiungimento dell'ottetto per entrambi gli atomi. Per esempio, il fluoro elementare esiste sotto forma di molecole F2 perché queste hanno la struttura elettronica: o anche e quindi entrambi gli atomi di fluoro si trovano ad avere l'ottetto completo.
Valenza Il fluoro ha 7 elettroni di valenza. Sei di questi formano 3 coppie di elettroni, mentre il settimo può essere usato per formare un legame covalente: si dice quindi che il fluoro ha valenza 1, o anche che il fluoro è monovalente. Anche l'idrogeno è monovalente e forma molecole biatomiche, ma in questo caso non si raggiunge l'ottetto, ma il duetto, poiché l'idrogeno è nel primo periodo ed il gas nobile più vicino è l'elio: Invece l'ossigeno è bivalente, ed l'azoto è trivalente. Il carbonio ha configurazione elettronica , quindi con solo due elettroni spaiati disponibili a formare legami covalenti. Tuttavia è possibile con una piccola aggiunta di energia portare un elettrone s in un orbitale p: , ed il carbonio è così tetravalente nella maggior parte dei suoi composti:
Legami doppi e tripli In alcuni casi è possibile che tra gli atomi sia condivisa più di una coppia di elettroni. Se le coppie di elettroni condivise sono due, si parla di doppio legame, se le coppie condivise sono 3, si parla di triplo legame. Si dice anche che nel primo caso l'ordine di legame è 2, e nel secondo caso l'ordine di legame è 3. In queste due molecole, come nelle precedenti, tutti gli atomi sono circondati da 8 elettroni (tranne gli idrogeni, che sono circondati da due elettroni). Per verificare se ogni atomo ha l'ottetto completo, tutti gli elettroni dei legami covalenti vanno contati per entrambi gli atomi. È importante notare che la struttura di Lewis descrive il modo con cui gli atomi sono legati, ma non come gli atomi siano effettivamente disposti nello spazio. Le coppie di elettroni che non sono impiegate nella formazione di legami covalenti ed appartengono quindi ad un solo atomo (nei nostri esempi 2 sull'ossigeno, ed una su ogni azoto) sono dette coppie solitarie.
Scrivere le strutture di Lewis Data una formula molecolare, come si scrive la sua struttura di Lewis? Innanzitutto bisogna stabilire come sono legati gli atomi, individuando l'atomo centrale e quelli terminali. In generale l'atomo con minore affinità elettronica (o, come potremo dire appena avremo definito l'elettronegatività, meno elettronegativo) va scritto al centro, e gli altri atomi (molto spesso alogeni o ossigeno) vanno disposti intorno. Gli idrogeni sono legati agli ossigeni, se ce ne sono, se no all'atomo centrale. Poi scriviamo leghiamo l'atomo centrale a quelli terminali con legami semplici. Come esempio usiamo PCl3: Poi contiamo tutti gli elettroni di valenza degli atomi che compongono la molecola. Qui sono 5 per P, e 7 per ogni Cl, per un totale di 26. Di questi, 6 sono stati già usati per scrivere i 3 legami covalenti. I rimanenti 20 vengono aggiunti come coppie solitarie fino a completamento dell'ottetto, cominciando dagli atomi terminali (in questo ne usiamo 18). I rimanenti (2 in questo caso) elettroni vanno sull'atomo centrale.
Strutture di Lewis di ioni poliatomici Si possono scrivere le strutture di Lewis anche di ioni poliatomici. Le regole sono le stesse, ma bisogna aggiungere un elettrone in più per ogni carica negativa di un anione, o sottrarre un elettrone per ogni carica positiva di un catione. Per esempio nello ione ammonio NH4+ dobbiamo considerare 8 elettroni di valenza (5+4·1–1=8) che servono a formare i 4 legami covalenti: non ci sono coppie solitarie: Nello ione solfato abbiamo SO42– abbiamo 32 elettroni di valenza (6+4·6+2=32). Di questi, 8 servono a formare i 4 legami covalenti, e gli altri 24 formano 3 coppie solitarie su ogni ossigeno:
Le cariche formali Nello ione solfato, gli atomi di ossigeno formano un solo legame covalente. Se, come abbiamo detto, nel legame covalente ogni atomo fornisce uno dei due elettroni della coppia, la specie che ha formato il legame S–O è , un atomo di ossigeno con sette invece che sei elettroni di valenza, cioè uno ione con una carica negativa. Si dice allora che nella struttura di Lewis dello ione solfato che abbiamo scritto, ogni atomo di ossigeno ha un carica formale –1. Si parla di "carica formale" e non soltanto di "carica", perché questa non è l'unica struttura di Lewis che si può scrivere per il solfato (lo vedremo), e poi la carica formale è calcolata supponendo che gli elettroni siano equamente distribuiti tra i due atomi, questo non è sempre vero (vedremo anche questo). La carica formale va calcolata considerando che all'atomo "appartengano" tutti gli elettroni delle coppie solitarie, e un solo elettrone per ogni legame (cioè la meta degli elettroni di legame). Il numero totale di elettroni ottenuto va confrontato con gli elettroni di valenza dell'elemento: ogni elettrone in più rappresenta una carica negativa, ogni elettrone in meno rappresenta una carica positiva. Per fare un altro esempio, lo zolfo in questa struttura di Lewis ha intorno a se nessuna coppia solitaria, e quattro legami, per un totale di quattro elettroni "appartenenti" allo zolfo. Visto che l'atomo di zolfo neutro ha 6 elettroni di valenza, in questa struttura di Lewis lo zolfo ha una carica formale +2 (mancano 2 elettroni).
Strati di valenza espansi Finora abbiamo detto che si formano legami covalenti fino al raggiungimento dell'ottetto: gli otto elettroni sono gli elettroni s e p dello strato elettronico più esterno. A partire dal terzo periodo, gli elettroni possono occupare anche gli orbitali d: ecco perché gli elementi del terzo periodo o successivi possono avere più legami di quanti sarebbero attesi dalla regola dell'ottetto (espansione dell'ottetto). Questo può succedere soltanto se il composto è legato ad ossigeno o ad alogeni.
Cariche formali e strutture di Lewis Le cariche formali ci danno un mezzo per decidere quale, tra due possibili strutture di Lewis della stessa molecola, sia la migliore (cioè quella più simile alla molecola reale). Infatti una struttura di Lewis è tanto migliore quanto minori sono le cariche formali sugli atomi della molecola. Per esempio, per lo ione solfato abbiamo scritto la struttura di Lewis: Tuttavia se una delle coppie solitarie di un ossigeno viene utilizzata per dare origine ad un secondo legame con lo zolfo (che quindi espande l'ottetto), la struttura che si ottiene ha cariche formali minori, e quindi è preferibile: La cosa può essere ripetuta una seconda volta, per dare una struttura in cui l'atomo di zolfo ha carica formale 0, e che è quindi ancora migliore: NB. Non tutti i testi concordano su questo modo di scrivere lo ione solfato
Risonanza Non tutte le molecole possono essere descritte adeguatamente mediante le strutture di Lewis. Consideriamo per esempio lo ione nitrato NO3–. Applicando le regole viste, la prima struttura di Lewis che scriviamo è: che poi, per minimizzare le cariche formali, diventa: Questa struttura sembra indicare che uno dei tre legami tra N ed O è diverso dagli altri due, essendo doppio invece che singolo. Invece, si è trovato sperimentalmente che i tre legami sono identici. In realtà il doppio legame non deve necessariamente essere tra l'azoto e l'ossigeno in alto. Anche le strutture: sono altrettanto valide. La struttura reale dello ione nitrato è una struttura intermedia tra queste tre.
Risonanza Lo ione nitrato è quindi rappresentato scrivendo tutte le sue possibili strutture di Lewis, che sono dette strutture limite di risonanza. Le tre strutture sono correlate tra loro da frecce a due punte (non doppie frecce). Lo ione nitrato reale è detto ibrido di risonanza delle tre strutture di Lewis. Col termine (che ha ragioni storiche, ma oggi è piuttosto fuorviante) di risonanza intendiamo la necessità di usare più strutture di Lewis per descrivere una molecola. È importante capire che il problema non sta nello ione nitrato, ma nelle strutture di Lewis, che non sono capaci di descriverlo adeguatamente. In questo ione le varie coppie di elettroni non sono localizzate su un atomo (coppie solitarie) o tra due atomi (legame covalente), ma sono delocalizzate tra più di due atomi, e una sola struttura di Lewis non è in grado di descrivere questa situazione. È altrettanto importante capire che lo ione nitrato è una "miscela" delle tre strutture limite, ma questo non significa che lo ione nitrato oscilli tra le varie strutture limite. Quello che realmente è l'ibrido, cioè lo ione nitrato; le tre strutture limite, invece, prese insieme sono una rappresentazione dell'ibrido, prese una per una non corrispondono a nessuna realtà fisica.
Risonanza In definitiva, la risonanza non è un fenomeno, cioè qualcosa che succede realmente. È solo un modo che utilizziamo per descrivere la struttura di molecole che non sono descritte adeguatamente dalle strutture di Lewis. Quando è necessario utilizzarla? Quando è possibile scrivere più strutture di Lewis, ugualmente valide, per descrivere la stessa molecola. Tuttavia è importante tenere presente che, affinché due strutture di Lewis possano essere strutture limite di risonanza, è necessario che: gli atomi devono essere nelle stesse posizioni e legati nello stesso modo le strutture devono differire solo per la posizione degli elettroni (normalmente coppie di elettroni e/o legami multipli) Nello ione nitrato, le tre strutture limite sono equivalenti, e assomigliano nella stessa misura allo ione nitrato reale. In altre parole, possiamo dire che ognuna delle tre strutture di risonanza contribuisce all'ibrido nella stessa misura. In altri casi, le strutture limite possono essere di tipo differente, e quindi contribuire in maniera diversa all'ibrido. In questo caso, la molecola reale assomiglierà di più alla struttura ad energia minore. In altre parole, il contributo di ogni struttura limite sarà tanto maggiore quanto più la struttura è stabile.
Molecole con numero dispari di elettroni: i radicali In tutte le molecole e ioni visti finora, gli elettroni sono sempre appaiati, o in coppie solitarie o in legami covalenti. Esistono però specie chimiche che hanno numero di elettroni dispari, ed in cui quindi un elettrone rimane spaiato: queste specie sono dette radicali. I radicali generalmente sono specie molto reattive ed hanno vita breve (per esempio il radicale metile, CH3·), ma alcuni sono stabili. Tra questi il più noto è l'ossido di azoto NO, che ha 11 elettroni di valenza. Esistono anche molecola che hanno numero pari di elettroni di valenza, ma in cui due elettroni sono spaiati. Tali molecole si dicono diradicali, ed il più comune diradicale è l'ossigeno molecolare, che non ha l'ovvia struttura di Lewis: ma una struttura con due elettroni spaiati, che può essere rappresentata come:
Molecole carenti di elettroni Esistono alcuni composti covalenti degli elementi del gruppo 13 (boro e alluminio) in cui il boro o l'alluminio non hanno l'ottetto completo. Questo elementi dispongono di soli tre elettroni di valenza, e possono quindi formare 3 legami covalenti, per un totale di 6 elettroni che circondano l'atomo. Molecole di questo tipo sono in grado di reagire con altre molecole dotate di una coppia di elettroni, come per esempio l'ammoniaca. Si forma un nuovo legame covalente, ma tutti e due gli elettroni provengono da uno dei due atomi, l'azoto. Si parla allora di legame covalente coordinato.
Acidi e basi di Lewis Il BF3 è in grado di reagire con l'ammoniaca, che sappiamo essere una base. Il BF3 può quindi essere considerato un acido, ma non avendo idrogeni non può essere un acido di Brønsted. In effetti, Lewis estese il concetto di acido e di base dandone una nuova definizione: acido è una sostanza capace di accettare una coppia di elettroni base è una sostanza capace di donare una coppia di elettroni Secondo questa definizione, nella reazione vista prima BF3 è effettivamente un acido. In effetti le basi di Lewis sono anche basi di Brønsted, perché una sostanza capace di donare una coppia di elettroni, la può donare anche al protone (e quindi protonarsi). Invece gli acidi di Lewis sono qualcosa di piuttosto nuovo: molti acidi di Lewis non sono anche acidi di Brønsted, mentre negli acidi di Brønsted l'acido di Lewis è il protone stesso. Questa definizione di acido e base permette di definire razioni acido-base anche quelle come la reazione tra CO2 e NaOH, in cui la CO2, pur non avendo protoni, si comporta proprio come un acido.
La forma delle molecole Molte delle proprietà delle molecola derivano dalla loro forma, cioè da come gli atomi sono disposti nello spazio. Le strutture di Lewis viste finora possono dirci come sono legati gli atomi, ed anche dove si trovano gli elettroni, ma non come gli atomi sono disposti nello spazio. Applicando i metodi della quantomeccanica e risolvendo l'equazione di Schroedinger è possibile prevedere con ottima precisione la geometria (cioè la forma) di una molecola. Esiste però un modello molto semplice, direttamente derivato dal modello di Lewis, che ci permette di prevedere in maniera qualitativa, ma praticamente sempre corretta, la geometria di una molecola: il modello VSEPR.
Alcune forme delle molecole
Il modello VSEPR Il nome VSEPR nasce dalle iniziali delle parole inglesi "Valence Shell Electron Pair Repulsion" che significa "repulsione delle coppie di elettroni dello strato di valenza". In effetti, la forma delle molecole viene prevista supponendo che tutte le coppie di elettroni intorno ad un atomo (siano esse coppie solitarie o legami covalenti) si respingano, e tendano dunque a disporsi il più lontano possibile. È chiaro che per applicare questo modello è necessario aver prima scritto una struttura di Lewis per la molecola. Per due, tre e quattro coppie di elettroni le posizioni più distanti possibili sono qui mostrate: Due coppie di elettroni tendono a disporsi diametralmente opposte rispetto al nucleo, tre coppie hanno una disposizione trigonale planare, e quattro coppie si sistemano in maniera tetraedrica.
Il modello VSEPR Quindi BeCl2, che ha struttura di Lewis Cl—Be—Cl è lineare: Anche CO2 è lineare, e a questo proposito è importante dire che le due coppie di elettroni di un doppio legame vanno considerate come fossero una: O=C=O La struttura trigonale planare è osservata nel trifluoruro di boro BF3, ma anche nello ione carbonato CO32– e nitrato NO3– :
Il modello VSEPR Una tipica molecola tetraedrica è il metano, ma anche lo ione solfato è tetraedico: Cinque coppie di elettroni si dispongono secondo una bipiramide trigonale, sei in maniera ottaedica, e sette secondo una bipiramide pentagonale.
E le coppie solitarie? In tutte le molecole viste finora l'atomo centrale non aveva coppie solitarie. Questo genere di molecole sono dette AX2, AX3, AX4, ecc. Vediamo invece le molecole in cui è presente almeno una coppia solitaria (denotata con la lettera E) sull'atomo centrale. Il caso più semplice è quello dell'anidride solforosa SO2, che è una molecola AX2E. In questo caso le tre coppi di elettroni sono sempre disposte in maniera trigonale planare, ma solo in corrispondenza di due di esse ci sono atomi. Ne risulta una struttura ad angolo. Lo stesso vale per lo ione nitrito, e per l'ozono O3.
E le coppie solitarie? L'acqua è una molecola AX2E2, ma la sua formula è ancora ad angolo. L'ammoniaca è una molecola AX3E. Le quattro coppie di elettroni sono disposte in maniera tetraedrica, ma la molecola ha forma piramidale. In entrambe queste molecole l'angolo di legame è leggermente minore di quello tetraedrico, che è 109°. Questo può essere razionalizzato ammettendo che la repulsione tra due coppie solitarie è maggiore di quella tra due legami covalenti. Anche con questa correzione, comunque, il modello VSEPR permette di prevedere in maniera qualitativa in che direzione si deformano gli angli di legame, ma non in maniera quantitativa.
Legami covalenti polari Finora abbiamo descritto il legame covalente come formato da una coppia di elettroni condivisa tra due atomi, che si colloca a metà tra i due atomi. Questo è certamente vero nei legami covalenti tra due atomi uguali, come in H2 o Cl2, ma se i due atomi sono diversi, è molto probabile che uno dei due atomi tenda ad attirare la coppia di elettroni più dell'altro. Per esempio in HCl il cloro attrae la coppia di elettroni più fortemente, e questa quindi si trova più vicina al cloro che all'idrogeno. Si ha quindi una piccola carica negativa sul cloro, e una piccola carica positiva sull'idrogeno (indicate con i simboli δ+ e δ–). Nel suo complesso, la molecola è un dipolo elettrico. Un legame covalente del genere è detto legame covalente polare. Poiché si ha un parziale trasferimento di elettroni da un atomo ad un altro, questo tipo di legame è intermedio tra il legame covalente e il legame ionico. Non c'è quindi un confine netto tra legame covalente e legame ionico.
Polarità delle molecole Una molecola si dice polare quando ha un momento dipolare diverso da 0. Perché una molecola sia polare, deve avere dei legami covalenti polarizzati. Però, questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente per la polarità di una molecola. L'anidride carbonica CO2 infatti ha due legami C=O fortemente polari, ma i dipoli dei due legami si annullano tra loro, e la molecola nel suo complesso ha momento dipolare 0. Invece l'acqua, che ha struttura ad angolo, è una molecola fortemente polare, perché i due dipoli dei legami O–H non si elidono: questo è estremamente importante per le sue proprietà perché la rende, tra l'altro, capace di sciogliere i composti ionici.
L'elettronegatività Il legame covalente polare si origina dalla diversa capacità di due atomi, legati covalentemente, di attrarre la coppia di elettroni. L'elettronegatività (simbolo χ) è una misura quantitativa della capacità di un atomo di attrarre gli elettroni di legame. Tanto maggiore è l'elettronegatività, maggiore è l'attrazione dell'atomo verso gli elettroni di legame; se due atomi di diversa elettronegatività sono legato tra loro, la coppia di elettroni sarà più vicina all'atomo più elettronegativo, che assumerà una carica parziale negativa. Mentre il concetto di elettronegatività è chiaro, non c'è accordo generale su come assegnare questi numeri, e ci sono varie scale di elettronegatività. La scala più diffusa, usata anche nel nostro libro, è quella di Pauling. L'elettronegatività ci permette anche di prevedere anche se un composto binario sarà di tipo ionico o covalente. Per una differenza di elettronegatività al di sopra di 2 il composto sarà decisamente ionico. Se invece la differenza di elettronegatività tra i due elementi è minore di 1.5 (e i due elementi non sono metalli), ci aspettiamo un legame covalente, con un carattere polare tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di elettronegatività.
La scala di elettronegatività di Pauling
Il numero di ossidazione: definizione Siamo ora in grado di dare una definizione più precisa del numero di ossidazione. Il numero di ossidazione è la carica che un atomo avrebbe se ogni coppia di elettroni dei legami covalenti andasse sull'atomo più elettronegativo. Per il legami covalenti tra due atomi uguali, si considera un elettrone per ogni atomo. Vediamo qualche esempio: Da questa definizione nascono naturalmente le regole che abbiamo studiato: Il numero di ossidazione di una sostanza allo stato elementare è sempre 0 La somma dei numeri di ossidazione di tutti gli atomi è 0 in una molecola neutra, ed è pari alla carica dello ione in uno ione. Il numero di ossidazione di uno ione monoatomico è pari alla carica dello ione. ecc. Il numero di ossidazione e la carica formale sono due concetti diversi, servono a scopi diversi, si calcolano in modo diverso e non vanno confusi!
Polarizzabilità Come i legami covalenti possono avere un parziale carattere ionico, anche i legami ionici possono avere un parziale carattere covalente. Infatti il catione può deformare, attraendola, la nuvola elettronica dell'altro ione: Si ha quindi uno spostamento di elettroni nell'area tra i due atomi, una situazione che ricorda il legame covalente. Il catione è detto ione polarizzante, mentre l'anione ione polarizzabile. Cationi fortemente polarizzanti sono cationi piccoli e con elevata densità di carica, come Al3+. Anioni fortemente polarizzabili, invece, sono anioni di dimensione elevata, come lo ione ioduro, in la nuvola degli elettroni di valenza è trattenuta più debolmente dal nucleo. In sali contenenti questi ioni ci si può attendere un significativo carattere covalente del legame.
Forza e lunghezza di legame Per forza di legame si intende la quantità di energia necessaria a rompere quel legame. Per lunghezza di legame si intende la distanza tra i nuclei degli atomi legati da un legame covalente. Entrambe le quantità sono relativamente costanti una volta stabiliti gli atomi legati. Per esempio, la distanza di legame C-O è sempre intorno a 143 pm, mentre l'energia necessaria per romperlo è sempre intorno ai 360 kJ·mol-1. Tuttavia, questo vale per un legame singolo, e se i due atomi sono legati da un legame doppio i due valori diventano rispettivamente 112 pm e 743 kJ·mol-1: il legame si accorcia, e contemporaneamente diventa più forte.
Legami chimici e quantomeccanica Anche se spiega un gran numero di fatti sperimentali, quanto visto finora riguardo al legame chimico non tiene conto della descrizione che la quantomeccanica dà degli atomi. Una descrizione rigorosa di una molecola dal punto di vista della quantomeccanica richiede la soluzione dell'equazione di Schroedinger per il sistema formato dai nuclei e da tutti gli elettroni della molecola. Il risultato di questo calcolo è una funzione d'onda che descrive la densità elettronica totale, cioè la probabilità di trovare uno qualsiasi degli elettroni in un certo punto della molecola. Purtroppo la soluzione esatta dell'equazione di Schroedinger è impossibile anche per più semplice molecola possibile, cioè H2. Come per gli atomi, è possibile però definire degli orbitali (che sono qui orbitali molecolari e non più orbitali atomici) che definiscono la probabilità di trovare un certo elettrone in una certa posizione; come negli atomi, non più di due elettroni (di spin opposto) possono trovarsi nello stesso orbitale. Poiché l'unica realtà fisica è la densità elettronica totale (di tutti gli elettroni messi insieme), questa può essere suddivisa in orbitali in modi diversi, ed infatti la stessa molecola può essere descritta da diverse teorie, che utilizzano diversi tipi di orbitali molecolari. La più semplice ed intuitiva è la teoria del legame di valenza, che è l'estensione quantomeccanica della teoria del legame covalente vista finora.
La teoria del legame di valenza Nella teoria del legame di valenza, gli orbitali molecolari sono formati dalla combinazione (o, come si dice normalmente, sovrapposizione) di una coppia di orbitali atomici. I due orbitali atomici (occupati ognuno da un elettrone) cessano di esistere, e si forma un orbitale molecolare di legame, occupato da due elettroni. Consideriamo la molecola più semplice possibile, quella dell'idrogeno H2. Quando sono distanti tra loro, i due atomi di idrogeno hanno ciascuno un elettrone nell'orbitale 1s. Man mano che gli atomi si avvicinano, i due orbitali si sovrappongono e si fondono in un unico orbitale molecolare, che contiene i due elettroni. Un orbitale di questo tipo, che ha una simmetria cilindrica e densità elettronica massima sulla linea che congiunge i due nuclei, è detto orbitale σ. Anche il legame covalente che è descritto da un orbitale di questo tipo è detto legame σ. L'orbitale molecolare σ ha energia minore degli orbitali atomici 1s, e questo giustifica la formazione del legame. In generale, tutti i legami singoli covalenti sono legami σ.
Altri legami σ Allo stesso modo si può spiegare il legame nella molecola di HF, anche se in questo caso gli orbitali che si sovrappongono sono l'1s dell'idrogeno e un 2p del fluoro. Anche in questo caso il legame che si forma è di tipo σ. Gli orbitali 2s ed i rimanenti due orbitali 2p del F contengono le tre coppie solitarie previste dalla struttura di Lewis. Nel caso della molecola di fluoro F2, due orbitali 2p si sovrappongono per formare ancora una volta un orbitale σ. Gli orbitali 2s ed i rimanenti due orbitali 2p di ogni atomo di F contengono le tre coppie solitarie previste anche dalla struttura di Lewis.
Ibridazione degli orbitali La teoria del legame di valenza, nella forma descritta finora, non può spiegare la struttura del metano, che ha quattro legami covalenti uguali disposti in maniera tetraedrica. Abbiamo già detto che il C può formare 4 legami covalenti poiché un elettrone 2s può spostarsi con poca energia in un orbitale 2p. I quattro orbitali sono comunque un 2s, a simmetria sferica, e tre 2p, perpendicolari tra loro. Abbiamo già detto che l'unica realtà fisica è la densità elettronica totale, e questa non deve essere necessariamente descritta dagli orbitali 2s e 2p: si ottiene la stessa densità elettronica totale considerando 4 orbitali identici, ottenuti dalla combinazione matematica della funzione d'onda 2s e delle tre 2p, detti orbitali ibridi sp3. I quattro orbitali sp3 sono identici, sono composti da due lobi, ma con un lobo molto più grande dell'altro, e sono orientati verso i vertici di un tetraedro (angolo di legame 109°).
Metano, ammoniaca, acqua A questo punto, è facile spiegare la struttura del metano. Ognuno dei quattro legami σ della molecola è formato dalla sovrapposizione di un orbitale sp3 del carbonio (indicato in breve con il simbolo C2sp3) ed l'orbitale 1s dell'idrogeno (H1s). Si osserva ibridazione sp3 anche nell'ammoniaca NH3 e nell'acqua. Nell'ammoniaca uno degli orbitali sp3 è occupata da due elettroni, non può quindi formare legami e costituisce la coppia solitaria presente nella struttura di Lewis. Nell'acqua gli orbitali sp3 occupati da due elettroni sono due. Come si vede, i risultati qualitativi della teoria VSEPR sono fedelmente riprodotti; questo modello però permette di effettuare calcoli quantomeccanici per avere risultati quantitativi (angoli e lunghezze di legame, ed energie delle molecole).
Altre ibridazioni Gli orbitali ibridi sp3 non sono gli unici esistenti. Quando la molecola ha struttura trigonale planare, è necessario utilizzare gli orbitali atomici ibridi sp2 per la formazione degli orbitali covalenti. Questi nascono dalla combinazione di un orbitale s e due orbitali p, ed hanno aspetto molto simile agli orbitali sp3, ma sono disposti in maniera trigonale planare. Un esempio di composto in cui l'atomo centrale ha ibridazione sp2 è il trifluoruro di boro. In questo composto, in cui il boro è circondato da soli sei elettroni di valenza, l'orbitale p non ibridato non è occupato. Nel caso di molecole lineari, gli orbitali usati per la formazione del legame sono gli orbitali ibridi sp. Quanto ci sono più di quattro legami covalenti, vuol dire che c'è stata espansione dell'ottetto, e quindi sono coinvolti orbitali d. Infatti, si possono definire orbitali ibridi sp3d disposti con geometria di bipiramide trigonale, ed orbitali ibridi sp3d2 con geometria ottaedrica.
Orbitali ibridi sp2 Anche il carbonio non ha sempre ibridazione sp3. Nell'etilene infatti il C ha ibridazione sp2, ed infatti geometria trigonale planare (angolo di legame di 120°). I tre orbitali sp2 di ogni C formano tre legami σ, due con gli orbitali 1s dei due H e uno con un orbitale sp2 dell'altro C. I due rimanenti orbitali 2p di ogni atomo di carbonio non partecipano all'ibridazione. Essi sono perpendicolari al piano della molecola e contengono un elettrone ciascuno. Possono quindi sovrapporsi per formare un secondo legame tra i due C, ma poiché sono paralleli tra loro non possono formare un legame σ come quelli visti finora. L'unico modo che questi orbitali hanno per formare un legame è sovrapporsi fianco a fianco, in modo da formare un orbitale molecolare che è detto di tipo π. In un orbitale π si ha un piano nodale in corrispondenza dell'asse del legame (la linea che congiunge i due nuclei). L'orbitale molecolare π, come l'orbitale atomico p, è formato da due lobi, ma rappresenta comunque un unico orbitale, contenente due elettroni.
I legami π possono formarsi solo se i due orbitali p sono paralleli!! Orbitali ibridi sp2 I legami π possono formarsi solo se i due orbitali p sono paralleli!!
Orbitali ibridi sp Nell'acetilene il carbonio ha ibridazione sp, e la molecola è lineare (angolo di legame di 180°). I due orbitali sp di ogni C formano due legami σ, uno con l'orbitale 1s dell'H e uno con un orbitale sp dell'altro C. I due orbitali p residui, non ibridati, di ogni atomo di carbonio sono perpendicolari tra loro e all'asse della molecola, e formano due legami π tra i due carboni, che sono anch'essi perpendicolari tra loro Figura pag. 419
La molecola di N2 Anche nella molecola di azoto, N2, sono presenti legami π. Secondo la struttura di Lewis, tra i due atomi di N c'è un triplo legame. Il primo dei tre legami è sempre un legame σ, formato dalla sovrapposizione dei due orbitali 2px de due atomi di N. Tuttavia l'azoto ha altri due orbitali di tipo 2p, ognuno contenente un elettrone, che possono formare legami covalenti. Anche in questo caso le due coppie di orbitali 2p formano due legami π perpendicolari tra loro.
I limiti della teoria del legame di valenza La teoria del legame di valenza ha gli stessi problemi della teoria del legame covalente da cui deriva. Infatti, il fatto che ogni orbitale molecolare debba rappresentare un legame tra due atomi, rende impossibile rappresentare la struttura di tutte quelle molecole che già siamo stati costrette a rappresentare con più strutture limiti di risonanza. In realtà non c'è nessuna ragione quantomeccanica per cui gli orbitali molecolari debbano essere localizzati tra due atomi. È solo la nostra idea intuitiva di legame covalente a richiedere questo. È possibile quindi descrivere ugualmente bene (e spesso meglio) la densità elettronica totale della molecola con orbitali che si estendono sull'intera molecola. È questo quello che succede quando si utilizza la teoria degli orbitali molecolari (o più precisamente LCAO-MO, da linear combination of atomic orbitals - molecular orbitals, cioè orbitali molecolari come combinazione lineare degli orbitali atomici ).
Teoria LCAO-MO In questa teoria, tutti gli orbitali atomici dei vari atomi della molecola si combinano a formare orbitali molecolari che si possono estendere sull'intera molecola. Il numero di orbitali che si formano è uguale al numero degli orbitali di partenza, ma alcuni hanno energia minore di quelli atomici (orbitali leganti), altri sono molto simili agli orbitali atomici (orbitali non leganti, generalmente contengono coppie solitarie), ed altri hanno energia maggiore di quelli atomici (orbitali antileganti), ma normalmente non sono occupati da elettroni. Come al solito il caso più semplice è quello dell'H2, e in questo caso la situazione non è molto diversa da quanto visto prima, se non per la presenza dell'orbitale σ antilegante (generalmente chiamato σ*) che comunque non è occupato.
Orbitali molecolari da orbitali p
Le molecole biatomiche omonucleari In tutte le molecole biatomiche formate dagli elementi del secondo periodo gli orbitali molecolari che si formano sono identici: due orbitali σ (legame e antilegame) formati dagli orbitali 2s, due orbitali σ (legame e antilegame) formati dagli orbitali 2px, e due coppie di orbitali (due di legame e due di antilegame) formati dagli orbitali 2py e 2pz.
Le molecole biatomiche omonucleari Le varie molecole biatomiche (qui esaminiamo N2, O2, F2) differiscono per il numero di elettroni che occupano questi orbitali. Per il riempimento degli orbitali molecolari si adoperano gli stessi principi (aufbau e regola di Hund) visti per gli atomi polielettronici. Mentre per N2 e F2 i risultati sono simili (rispettivamente triplo legame e legame singolo) a quelli che derivano dalle strutture di Lewis e dalla teoria del legame di valenza, per O2 vediamo che la struttura più stabile è un diradicale, cioè una molecola con due elettroni spaiati in due orbitali di antilegame.
Il benzene Un composto in cui possiamo vedere vantaggi e svantaggi delle varie teorie del legame chimico è il benzene. La struttura di Lewis del benzene è: In realtà i sei legami del benzene sono tutti uguali. Questo può essere spiegato con due strutture limiti di risonanza: La teoria del legame di valenza ci può descrivere bene i legami σ della molecola (identici nelle due strutture di risonanza). Ogni carbonio ha ibridazione sp2, e gli angoli di legame sono tutti di 120°.
Il benzene Usando la teoria del legame di valenza possiamo descrivere al più una delle strutture limiti di risonanza: Mentre nella molecola reale, la densità elettronica totale degli elettroni negli orbitali è del tipo: La teoria degli orbitali molecolari spiega invece in maniera naturale. I sei orbitali p non ibridati del benzene formano i sei orbitali molecolari in figura. Questi sono delocalizzati su tutta la molecola, e non c'è alcun bisogno di chiamare in causa la risonanza. Ognuno dei tre orbitali a più bassa energia (leganti) contiene 2 elettroni. La densità elettronica totale è quella vista sopra.