L'Uniforme Grigio Verde entrò ufficialmente in uso con la circolare n.458 del 4 dicembre 1908 per tutte le Armi ad eccezione della Cavalleria che inizierà ad indossarla soltanto dall'anno successivo (Circolare n. 97 del Giornale Militare del 3 febbraio 1909). Lungo fu il periodo di accavallamento fra le vecchie uniformi blu e la nuova tenuta che equipaggiò al completo l'Esercito a partire dal 1913.
Composta da una giubba ed un pantalone di panno pesante, con piccole differenze se destinata ad Armi a Piedi (Fanteria, alcune erano fissati all'attaccatura delle maniche che terminavano con dei paramano a punta. Un gilet di taglio classico veniva indossato sotto la giacca. I pantaloni erano per le Armi a Piedi di due tipi, da montagna e non, specialità di Artiglieria e Genio) o Armi a Cavallo (Cavalleria, Artiglieria e Carabinieri) subirà costanti modifiche per meglio adattarla alla vita di trincea. La giubba, ampia e comoda "ma in modo che si acconci con garbo alla persona" era ad un petto, con colletto in piedi, chiusa da una bottoniera nascosta di cinque bottoni di frutto. Spallini a salsicciotto differenziati sostanzialmente dalla lunghezza ed ampiezza dello stesso
I primi reparti arditi furono in ambito 2^ Armata nell'ecostituiti state del La loro tenuta fu presto definita e si caratterizzava per la giubba da ciclista, dal colletto rivoltato, portata aperta "alla borghese" ed i pantaloni "corti" da alpino. Fasce mollettiere o calzettoni. Sotto la giacca un maglione grigio verde a collo rovesciato. Il copricapo era quello di provenienza ed in azione l'elmetto. La tenuta resterà pressocche invariata fino allo scioglimento della specialità. Soltanto nel 1918, a causa della scarsa disponibilità di maglioni, questi ultimi saranno sostituiti da camicia grigio verde e cravatta nera. Come copricapo unificato il fez da bersagliere in colore nero. Di colore nero erano anche le fiamme a due punte portate sui baveri. Il colore sembra sia stato scelto dal colonnello Bassi, comandante della Scuola della 2^ Armata di Sdricca di Manzano (UD), per onorare la memoria di un antenato materno, tale Pier Fortunato Calvi, ispiratore e guida della rivolta antiaustriaca del 1848 in Cadore. Il Calvi, di cui ricorreva il centenario della nascita proprio nel 1917, portava come simbolo della carboneria e della rivolta veneta, una cravatta nera.
I reparti arditi provenienti dai Bersaglieri e dagli Alpini, continuarono ad indossare la mostreggiatura di provenienza con il particolare distintivo adottato per i militari arditi al braccio sinistro ed il particolare trofeo da copricapo, composto da una granata fiammeggiante simile a quella dei bersaglieri ma sfuggente a sinistra (per chi guarda) e due pugnali incrociati sotto la granata, contenente il numero romano del reparto. I plotoni arditi reggimentali invece portavano la giubba ed i pantaloni da ciclista, il distintivo da militare ardito al braccio sinistro mentre le mostreggiature ed il fregio sul berretto rimasero quelli del reggimento di appartenenza
Lo scoppio della 1^ Guerra Mondiale vide l'Esercito Italiano entrare in campo il 24 maggio 1915 con l'avanzata oltre il confine. L'equipaggiamento dei nostri soldati rispettava i canoni del tempo. Un solo particolare mancava quasi completamente fra le voci dei materiali distribuiti: l'elmetto. Diciamo quasi completamente poichè erano presenti per la Cavalleria di Linea ed i Dragoni dei bellissimi elmi con cimiero che avevano più funzione decorativa che altro. Ma la terribile guerra di trincea contro le posizioni asburgiche aggrappate ad alpi e prealpi, obbligò la scelta di un copricapo che proteggesse la testa, primo bersaglio aldilà di un riparo e del bordo delle trincee. Tale capo di equipaggiamento, in effetti presente fin dalla antica grecia, scomparso dopo il medioevo, tornava a completare l'uniforme del combattente per non lasciarlo mai più. Prodotti nelle fogge più disparate, attraverso concorsi pubblici come per l'elmetto francese "Adrian", realizzato da un artista, oppure lo Sthalhelm tedesco, frutto degli studi di un medico o quello inglese a padella realizzato in tale forma bizzarra per ragioni storiche, oggi si sono uniformati alla sagoma dell'elmetto tedesco Modello 35 e seguenti. L'Uniforme con cui il soldato italiano affrontò la "Grande Guerra", era il frutto degli esperimenti condotti ai primi novecento con le prime divise grigioverdi
infatti, presidente della sezione milanese del Club Alpino Italiano, colpito dai resoconti sulla guerra russo giapponese e dal numero inaudito delle perdite provocate dalle nuove tecniche di combattimento, si pose il problema se non fosse tempo di sostituire le uniformi blu scuro del nostro esercito, con qualcosa di meno appariscente.
Questo signore, entrato in contatto con il comandante del Battaglione alpini "Morbegno" del 5° Reggimento, Tenente Colonnello Donato Etna, anche lui interessato al problema, e presentato da questi al Colonnello Stazza, Comandante del Reggimento, offrì per primo parte dei fondi necessari ad avviare la sperimentazione. In breve, dimostrata la validità delle loro teorie con una dimostrazione a fuoco, dove delle sagome di legno verniciate con i colori delle uniformi in uso venivano centrate dai fucilieri a 600 metri di distanza quasi il cento per cento delle volte mentre quelle grigie lo erano infinitamente meno, il terzetto ottenne il finanziamento del progetto. E così nacque l'Uniforme Grigio Verde che ha accompagnato il soldato italiano per circa un quarantennio.