A cura della Prof.ssa Maria Isaura Pireda

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Transcript della presentazione:

A cura della Prof.ssa Maria Isaura Pireda ITALO SVEVO A cura della Prof.ssa Maria Isaura Pireda

La vita Italo Svevo nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da famiglia di origine ebraica Il padre è un impiegato statale di nazionalità tedesca

Il vero nome di Italo Svevo è Aron Hector Schmitz La scelta dello pseudonimo “Italo Svevo” verrà giustificata dall’autore nel “Profilo autobiografico” del 1928 come volontà di “affratellare la razza italiana e quella germanica”

Nel 1874 (a tredici anni) venne mandato a vivere e studiare, assieme a due fratelli, nel collegio di Segnitz (Germania) Torna in Italia nel 1878 e conclude gli studi commerciali all’Istituto Revoltella di Trieste (presso i cui corsi serali, anni dopo, sarà egli stesso docente)

Acquista una buona conoscenza letteraria (sia in lingua tedesca che in italiano) e intorno al 1880 comincia a scrivere i primi abbozzi di commedie. Le difficoltà economiche del padre lo spingono a prendere servizio come impiegato nella filiale di Trieste della Unionbank (viennese)

Dal 1886 stringe una duratura amicizia con il pittore triestino Umberto Veruda In questo periodo pubblica (firmandosi E. Samigli) sul quotidiano triestino “L’indipendente” articoli di critica letteraria, il racconto lungo “L’assassinio di via Belpoggio” (1890) e il romanzo “Una vita” (1892)

Nel 1896 sposa Livia Veneziani più giovane di lui di tredici anni Nel 1897 nasce la figlia Letizia Livia era figlia di Gioacchino Veneziani, inventore della formula chimica per vernici sottomarine, la cui ditta era celebre e prospera, perciò Svevo può lasciare la Unionbank e lavorare nella ditta del suocero

Anche il secondo romanzo “Senilità”, apparso a puntate nell’estate del 1898, è un insuccesso per cui Svevo decide di abbandonare la letteratura Per conto della ditta Veneziani ha relazioni d’affari in tutta Europa Nel tempo libero studia il violino

Dal 1902 al 1912 risiede per parecchi mesi dell’anno a Londra Nel 1906 conosce personalmente lo scrittore irlandese James Joyce (che insegna inglese a Trieste) Svevo ne diviene allievo e nei ritagli di tempo riprende l’attività di scrittore

Dal 1910-11 entra in contatto con la psicoanalisi, in seguito alla cura del cognato Bruno presso Freud e all’incontro con Wilhelm Stekel (collaboratore di Freud) Dal 1915 collabora al quotidiano triestino “La Nazione” (continuatore dell’ “Indipendente”) e frequenta il circolo irredentistico-patriottico del Caffè Tergesteo

Nel 1917 la ditta Veneziani chiude a causa della guerra Dal 1919 al 1922 elabora il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno”, che verrà pubblicato a Bologna nel 1923 senza alcun successo Il romanzo però giunge a James Joyce, allora a Parigi, che lo fa circolare (con apprezzabile successo) presso il pubblico francese

In Italia lo scopritore di Svevo sarà il giovane scrittore Eugenio Montale Tra il 1926 e il 1927 scoppia il “caso Svevo” A 66 anni Svevo conosce dunque la notorietà Mentre lavorava ad un quarto romanzo, muore il 13 settembre 1928 a Motta di Livenza per le conseguenze di un incidente automobilistico.

La Trieste di Svevo Quando nacque Svevo, Trieste apparteneva ancora all’Impero asburgico (verrà annessa all’Italia nel 1919) Era al confine e vi si incrociavano lingue e culture diverse (quella tedesca, quella italiana e quella viennese, ma anche quella slovena e serba; vi era poi una forte comunità ebraica con le sue millenarie tradizioni)

L’opera di Svevo rappresenta la sintesi di quest’insieme di tradizioni Lui stesso era di origine ebraica, in parte italiano e in parte tedesco Svevo dovette impegnarsi anche in una difficile educazione linguistica (leggendo gli scrittori classici italiani), ma nella lingua conserva anche tracce di usi tedeschi

Proprio la posizione di confine, faceva di Trieste un terreno fertilissimo di sperimentazione culturale Vi era la cultura dell’ “Europa di mezzo” (la cosiddetta “Mitteleuropa”) E a Trieste molte novità penetrano prima che nel resto d’Italia (per es. la psicoanalisi)

La formazione e le idee Da giovane lesse i classici italiani gli autori del Realismo e del Naturalismo francese (Flaubert, Balzac, Zola) gli autori del grande romanzo russo (Turgenev, Dostoevskij E si appassionò anche alla cultura inglese (da cui trasse gli accenti ironici e autoironici della sua scrittura)

Svevo e Darwin Svevo considerava il romanzo come lo strumento per analizzare la vita, come mezzo di indagine della psicologia umana In particolare Svevo amava le tesi evoluzionistiche del naturalista inglese Charles Darwin

Da Darwin Svevo prende alcuni temi: la lotta per la vita il difficile adattamento dell’uomo all’ambiente la trasmissione più o meno ereditaria dei caratteri l’influsso della società sull’indole e sul comportamento individuali

Svevo e Schopenhauer Un’altra fonte di Svevo fu Schopenhauer, filosofo tedesco che rifiutava la teoria del libero arbitrio mettendo in evidenza la debolezza della volontà umana (uno dei temi principali della narrativa sveviana) Altro tema tratto da Schopenhauer è quello del conflitto di tutti contro tutti

Combinando Darwin con Schopenhauer, a Svevo il mondo appare un perenne conflitto Ciascun essere vivente è cacciatore e preda nel medesimo tempo

L’influsso di Marx In gioventù Svevo nutrì simpatie per il socialismo Lesse con interesse Karl Marx, da cui prende l’idea che l’economia e i processi di produzione si riflettono sulla psicologia e sui comportamenti individuali

L’incontro con Freud Importante per Svevo fu l’incontro con le nuove teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud nel 1910-11 Intorno alla dottrina freudiana strutturerà il suo capolavoro “La coscienza di Zeno”

LA POETICA Svevo fu il primo scrittore italiano a concepire la letteratura in modo diverso rispetto alla tradizione Egli ridimensiona nettamente il ruolo della letteratura e del poeta (non più poeta-eroe dell’età classica, o poeta-genio dei romantici)

I poeti non possono più conoscere il mondo, non hanno più certezze o valori o ideali da comunicare L’unica cosa che possono fare è parlare della propria vita interiore La letteratura, per Svevo, è un modo per conoscersi meglio La letteratura diventa un fatto privato

In quest’ottica privata, il tema prediletto diviene quello del ricordo, il più adatto all’autoconoscenza, all’introspezione Altro tema è quello della malattia La letteratura ritrae la vita, ma quest’ultima è malata (“inquinata alle radici”)

Lo stile Svevo sceglie il realismo come mezzo di fedeltà alla vita Il poeta, secondo lui, deve testimoniare questa realtà, non crearne un’altra Perciò sceglie un linguaggio fedele alla realtà (Svevo sembra avvicinarsi a Verga, mentre rifiuta D’Annunzio che, da tipico letterato, “non diceva mai la verità”)

Generi e opere di Svevo Romanzi Una vita, 1892 Senilità, 1898 La coscienza di Zeno, 1923 Frammenti risalenti al 1928 e destinati al quarto romanzo Il vegliardo Commedie Le teorie del conte Alberto Le ire di Giuliano Atto unico (in dialetto triestino) Terzetto spezzato Un marito L’avventura di Maria Con la penna d’oro (incompiuto) La rigenerazione

Racconti Una lotta L’assassinio di Belpoggio La tribù Lo specifico del dottor Menghi La madre Vino generoso Corto viaggio sentimentale La novella del buon vecchio e della bella fanciulla Una burla riuscita Articoli e Saggi L’autobiografia di R. Wagner La teoria darwiniana La corruzione dell’anima Trattato sulla teoria della pace Scritti Autobiografici Diario per la fidanzata Soggiorno londinese Profilo autobiografico

“Una vita” Svevo scrisse il romanzo tra il 1887 e il 1889 Sottopose il manoscritto, con il titolo “Un inetto” alla grande casa editrice di Emilio Treves che rifiutò la pubblicazione Svevo si rivolse quindi a un piccolo editore triestino, Ettore Vram, che nel 1892 stampò mille copie del libro a spese dell’autore, ma con il titolo “Una vita”

Al momento della stampa era trascorso solo un decennio dall’uscita dei “Malavoglia” di Verga L’impianto di fondo di “Una vita” in effetti è naturalistico Svevo infatti compie un’indagine minuziosa e rigorosa dei caratteri dei personaggi e dei loro ambienti sociali (il mondo bancario, le case eleganti della borghesia cittadina e l’umile ambiente popolano)

L’esito di quest’indagine è negativo Attraverso il fallimento del protagonista Alfonso (un romanziere frustrato) viene rilevata sia l’incapacità degli intellettuali piccolo-borghesi di misurarsi con i mutamenti sociali e culturali in atto, sia la sconfitta di una società per la quale il valore più alto è la conquista del profitto ad ogni costo

Il romanzo rivela la lettura di Schopenhauer Alfonso, infatti, insegue nel campo letterario la pace interiore e la felicità, ma il suo è uno sforzo vano perché non riesce a spogliarsi del proprio attaccamento alla vita

Alfonso cerca il distacco, ma soffre di un ossessivo disagio spirituale e sociale In lui prevalgono i segni della fragilità nervosa e della debolezza psichica Da questo punto di vista, “Una vita” più che un romanzo naturalista, appare un moderno romanzo psicologico

L’atto estremo compiuto da Alfonso, il suicidio, è lo sbocco purtroppo per lui inevitabile dopo una spirale di esperienze dolorose e senza via d’uscita Il suicidio rappresenta anche l’estremo modo di esprimere la sua volontà di affermazione e insieme un’autopunizione per non poter mai raggiungere il successo desiderato

“Senilità” Scritto tra il 1896 e il 1897 Prima uscì in 79 puntate nel 1898 nel quotidiano triestino “L’indipendente”, dopo in volume presso l’editore triestino Vram

Il protagonista è Emilio Brentani che presenta gli stessi tratti psicologici di Alfonso Nitti (il protagonista di “Una vita”) Entrambi sono impiegati piccolo borghesi (provenienti da famiglie un tempo benestanti poi decadute), con ambizioni intellettuali

Lo stesso Svevo dichiara che Emilio è “il fratello carnale di Alfonso”, poiché entrambi sostanzialmente sono degli inetti (incapaci di rapportarsi con la realtà circostante e con le persone, impauriti dal mondo e dai sentimenti) La differenza fondamentale riguarda l’esito del racconto: Emilio non si suicida, ma accetta di rientrare nei ranghi del borghese comune

In questo romanzo appare molto curato il sistema dei personaggi: agiscono quattro personaggi, però tutto ruota intorno ad Emilio Gli altri personaggi (la sorella Amalia, l’amico Balli e Angiolina) servono a rispecchiare la sua inettitudine oppure a mettere in evidenza l’inconsistenza della sua volontà

“La coscienza di Zeno” Svevo scrisse il suo terzo romanzo tra il 1919 e il 1922 Sperava di ottenere una risonanza maggiore rispetto ai primi due Cercò un editore disponibile a pubblicargli l’opera Dopo alcuni tentativi infruttuosi, alla fine Cappelli di Bologna accettò di pubblicare il libro

Il romanzo uscì nell’aprile del 1923 (dopo 25 anni dalla stampa di “Senilità”) Inizialmente critici e lettori ignorarono l’opera Poi Svevo spedisce l’opera a Joyce a Parigi (1924) che la fa conoscere a importanti critici francesi Nel 1925 Montale scopre Svevo e pubblica un articolo su di lui (“Omaggio a Italo Svevo”) sulla rivista letteraria “L’esame”

A questo punto l’opera comincia ad essere conosciuta ed apprezzata Il protagonista del romanzo è Zeno Cosini che Svevo definisce “fratello di Alfonso e di Emilio” Il tema centrale del romanzo è la malattia Zeno si sente malato e intraprende una cura psicanalitica per guarire

La cura consiste nel portare alla luce della coscienza tutti gli atti della propria vita Su consiglio dello psicanalista, Zeno decide di scrivere un diario privato Per vendetta, questo diario sarà pubblicato dallo stesso medico

Scrivendo, Zeno scopre di essere effettivamente malato perchè: Non ha mai terminato gli studi Non ha mai seriamente lavorato Il suo matrimonio è stato deciso da altri (dopo il rifiuto della bella Ada, non ha saputo dire di no alla sorella di lei, Augusta)

Dice di amare la moglie ma intreccia una relazione extraconiugale con la giovane cantante Carla Si sente malato anche fisicamente (soffre di piccoli sintomi, come una leggera zoppia, manifestazioni della sua coscienza) È perennemente alla ricerca di figure “sane” (il padre, la moglie) che gli diano sicurezza

L’ossatura del romanzo è dunque il contrasto tra “normalità” e “malattia” A soccombere, però, sono i “normali” Infatti Zeno si salva da una situazione fallimentare grazie ad un evento imprevedibile (la Prima guerra mondiale) La guerra, infatti, gli reca fortune economiche nonché la consapevolezza di non essere lui “malato”, ma è la vita stessa a essere “inquinata alle radici”

Il romanzo è raccontato da un “narratore interno” (Zeno stesso racconta la sua storia, persuaso dallo psicanalista che lo ha in cura) Per la prima volta la psicanalisi fa il suo ingresso nella narrativa italiana Un tema psicanalitico presente nel romanzo è il rapporto conflittuale fra padre “saggio” e figlio “inetto” (che la psicanalisi chiama “complesso di Edipo”)

In tutto il romanzo Zeno è circondato da figure paterne (il padre, il suocero, l’amministratore, il medico) Sono delle figure apparentemente positive, in realtà Zeno li odia (o è in continuo conflitto con loro) Alla fine però Zeno si prende la rivincita su coloro che l’hanno sempre stimato poco

Zeno è un personaggio sfuggente e ambiguo È vecchio e nevrotico ma lungimirante Appartiene a una famiglia borghese ma è un inetto negli affari Riesce a risollevare le finanze della cognata, forse solo per ripicca Appare dispettoso e mentitore, ironico e perplesso

La conclusione del romanzo pare segnare una svolta Zeno si dice “guarito” e lo dichiara con orgoglio allo psicanalista (il dottor S.) Afferma che ad averlo guarito non è la psicanalisi ma il commercio

In realtà Zeno (che amava tanto la sua malattia) non è guarito ma ha imparato a convivere con la sua malattia La sua inettitudine non si rovescia più in tragedia (come con il suicidio di Alfonso Nitti), né si traduce in un’inadattabilità al mondo (come in “Senilità”) Zeno rimane un inetto, anche se è più maturo rispetto al passato perché rievocare la propria vita l’ha reso più lucido

Grazie alla terapia psicanalitica ha imparato a guardarsi dentro Ha capito quanto sia difficile conoscere l’universo umano dei sentimenti e della volontà Conosce le menzogne di cui si ammanta la “salute” borghese (ottusità, conformismo, alibi e mistificazioni)

Zeno diviene testimone più o meno consapevole della crisi delle certezze che investiva tutta la società del primo Novecento Lo vediamo nell’apocalittica conclusione del romanzo che si conclude con la visione di una società violenta, incamminata verso la propria distruzione Zeno/Svevo pronostica l’imminente fine dell’umanità che, allontanandosi dalle proprie origini, ha reso la vita complicata e violenta

La vicenda è narrata dal punto di vista soggettivo del protagonista/narratore (Zeno) Non possiamo essere certi che dica la verità Esiste un solo punto di vista ed è inaffidabile cosicchè tutto nel romanzo diviene inattendibile, ambiguo, sfaccettato

Nel romanzo Svevo usa una particolare tecnica narrativa “in fieri” L’opera cioè prende forma poco per volta mentre l’io narrante descrive gli eventi che gli sono capitati quando era molto più giovane C’è dunque lo Zeno di oggi che scrive nel presente, e c’è lo Zeno di ieri Mentre racconta, il narratore giudica il proprio vissuto Nasce da qui l’ironia di Zeno (quel distacco verso la vita, propria e di tutti, che è ciò che lo salva dall’assurdità del vivere)

N.B.: siete caldamente invitati a leggere con attenzione la trama dei tre romanzi nel vostro libro di testo! VE LE CHIEDERO’!!!