Analisi della ricerca: "Two tier reforms of employment protection: a honeymoon effect?" Boeri e Garibaldi, The Economic Review, 2007 Manuel Gherardi Silvia Marchiori Luisa Perino Paola Zucchi Pablo Picasso, Femme au fauteuil nô. 4, 1949
Agenda La legislazione a tutela dell'occupazione Obiettivo e struttura della ricerca Contesto e dati della ricerca Il modello teorico Elementi principali del modello In assenza di turnover: sistema flessibile, rigida, contratti flessibili a margine Il modello teorico in presenza di turnover: impresa rigida, contratti flessibili a margine Simulazione e implicazioni del modello La verifica empirica Il test delle tre implicazioni Conclusioni, limiti del modello e proposte
La Legislazione di tutela dell'occupazione (EPL) si riferisce a tutti i tipi di misure di protezione dell'occupazione. Si riferisce sia alla normativa in materia di assunzioni (ad esempio le norme a favore dei gruppi svantaggiati, le condizioni per l'utilizzo di contratti temporanei o a tempo determinato, i requisiti di formazione) sia in materia di licenziamenti (procedure di licenziamento per esempio, i periodi anteriori al licenziamento e all’ indennità di licenziamento). Gli effetti dell’EPL influenzano gli incentivi ad assumere o licenziare i lavoratori. Legislazione di tutela dell’occupazione
Obiettivo della ricerca Osservare il nesso fra la “growthless job creation” avvenuta negli ultimi anni (la creazione di posti di lavoro avvenuta in assenza di crescita) e le riforme asimmetriche dei regimi di protezione dell’impiego approvate in molti paesi. Lo studio pone particolare attenzione agli effetti dinamici di queste ultime, e sugli effetti temporanei che tali riforme Tali riforme sono riforme di flessibilità al margine in quanto in un regime di protezione rigido viene introdotta la possibilità di assumere lavoratori a tempo determinato. Ne deriva un sistema di protezione asimmetrico che lascia inalterato il grado di protezione dei lavoratori insider e rende possibile assumere nuovi lavoratori a tempo determinato. Da un punto di vista teorico la ricerca si concentra sul problema della domanda di lavoro in condizioni di incertezza e dimostra che il passaggio da una legislazione rigida ad un regime “a due velocità” dovrebbe essere associato ad un temporaneo incremento dell’occupazione e ad un calo della produttività media. Dal punto di vista empirico, utilizza: DATI MACRO per descrivere le dinamiche della produttività e dell’occupazione nei paesi che hanno applicato tali riforme; DATI MICRO sulle imprese italiane, per osservare le dinamiche della produttività e dell’occupazione a livello aziendale.
Contesto e dati della ricerca DATI MACRO Sono analizzati alcuni dei Paesi che hanno introdotto riforme di flessibilità al margine, per ogni paese sono presi in considerazione due archi di tempo (prima e dopo la riforma). Tra i paesi analizzati figurano: Belgio ( e ) Italia ( e ) Paesi Bassi ( e ) Portogallo ( e ) Spagna ( e ) Svezia ( e ) Germania (non analizzata nell’articolo, a causa degli shock esogeni che la riunificazione ha avuto sul mercato del lavoro di questo paese) Non è possibile considerare una sola data per l'introduzione di un nuovo regime di protezione del lavoro, perché tra il momento della riforma e la sua attuazione intercorre del tempo: la stessa deve infatti essere recepita dalle imprese e dai contratti collettivi. Per questo è possibile come se le riforme fossero avvenute in un continuum temporale.
Si è potuta constatare a seguito delle riforme: Un’accelerazione della crescita dell’occupazione Una diminuzione della crescita della produttività del lavoro (passaggio dal jobless growth a growthless job creation) La crescita dell'occupazione è avvenuta soprattutto per mezzo di contratti a tempo determinato È rilevante notare che la crescita dell'occupazione non è avvenuta soltanto in posizioni poco qualificate. DATI MICRO Viene analizzato il comportamento di imprese italiane, in un arco di tempo compreso fra il 1995 e il 2002.
Documentazione sulla previdenza sociale del Work Histories Italian Panel (Whip). Labour Force Survey datas (LFS). Survey circa l’occupazione e la produttività, effettuata dal gruppo bancario Capitalia dal 1992 su 4500 aziende con una media di 263 dipendenti, e campionate in base alle caratteristiche dimensionali, settoriali, regionali. Il questionario rileva informazioni sulla dimensione e la composizione della forza lavoro, circa il livello di istruzione e il principale tipo contrattuale (contratti a tempo determinato o tempo indeterminato). Dati di bilancio delle imprese da Amadeu, attraverso i quali è possibile ottenere informazioni sul valore aggiunto e sul livello di produttività delle imprese Insieme, permettono di costruire indicatori statistici di disoccupazione. Ne risulta un dataset composto da 3500 “celle” definite in base a caratteristiche dimensionali, settoriali, regionali. Il set di dati copre il periodo dal 1994 al 1998.
Il modello teorico
Elementi principali del modello: Lavoro omogeneo e unico fattore di produzione Rendimenti di scala decrescenti del fattore lavoro: Y = A i log L A i rappresenta il ciclo economico (favorevole o sfavorevole) ed influenza la produttività del lavoro. Ogni azienda ha probabilità p di essere in un momento di espansione (A h ) e probabilità (1-p) di essere in un momento di recessione (A l ) Prezzi normalizzati=1 Salario (w) fisso e costante
Impresa flessibile L'azienda in regime flessibile assume lavoratori su base temporanea e può liberamente assumere e licenziare i lavoratori senza alcun costo. Ogni impresa sceglie in ogni periodo il numero di lavoratori da assumere, in modo da massimizzare in ogni periodo i profitti L’occupazione media aggregata è pari a:
Impresa rigida In regime rigido l’azienda può offrire solo contratti a tempo indeterminato, i lavoratori non possono essere licenziati L’impresa non può scegliere il numero di lavoratori in ogni periodo al fine di massimizzare i profitti. Assumerà un numero di lavoratori in modo da massimizzare i profitti attesi L’occupazione media aggregata è pari a:
Implicazioni Il confronto tra i due EPL porta ad una serie di conseguenze: 1.L’occupazione media aggregata in regime rigido è la stessa che in regime flessibile 2.La volatilità dell’occupazione è più alta in regime flessibile 3.Le imprese in regime flessibile sono più efficienti ed i profitti sono più alti
Contratti flessibili a margine L’occupazione media aggregata aumenta permanentemente (aumenta se le aziende sono in un periodo favorevole A h mentre rimane invariata in caso di periodo sfavorevole a A l ) La produttività media cala permanentemente (le aziende in un periodo favorevole A h assumono riducendo la produttività marginale quindi riducendo la produttività media) I profitti medi delle aziende aumentano permanentemente Obiettivo dello studio: i cambiamenti che avvengono a seguito dell’introduzione di contratti flessibili a margine sono tutti permanenti?
Il modello teorico in presenza di turnover
In ogni periodo una percentuale δ di lavoratori abbandona volontariamente il lavoro (pensione o dimissioni volontarie, quindi δ rappresenta il tasso di turnover) L’azienda sceglierà il numero di lavoratori in modo che l u massimizzi i profitti attesi, ricordando che ora, in presenza di turnover, pur non potendo licenziare, l’azienda in caso di periodo sfavorevole (A l ) può non rimpiazzare i lavoratori che ne vanno volontariamente Imprese rigide in presenza di turnover
Un’azienda in un periodo favorevole (A h ) vorrà mantenere la forza lavoro l u (rimpiazzando quindi i lavoratori in uscita) Un’azienda in un periodo sfavorevole (A l ) desidererà non rimpiazzerà i lavoratori uscenti, rimanendo quindi con una forza lavoro totale pari a (1- δ)l u. In tale contesto, le aziende massimizzeranno i loro profitti attesi (si tralasci la dimostrazione) assumendo una quantità ottimale di lavoratori pari a: Se ne deduce che l u : 1.Diminuisce all’aumentare del salario w 2.Converge all’equilibrio in assenza di turnover se δ 0 3.Aumenta all’aumentare di δ
Contratti flessibili a margine in presenza di turnover Si assuma ora che improvvisamente sia data all’azienda la possibilità di assumere lavoratori con contratti a termine, pur non potendo licenziare i lavoratori a tempo indeterminato già assunti in precedenza Ogni periodo una quantità δ di lavoratori a tempo indeterminato lasceranno volontariamente il lavoro, e l’azienda non assumerà più lavoratori a tempo indeterminato. I lavoratori a tempo indeterminato diminuiranno quindi irreversibilmente
L’azienda assumerà lavoratori precari in ogni periodo di espansione (A h ), e ne assumerà un numero tale affinché la produttività marginale dei lavoratori sarà uguale al loro salario (condizione già vista per le imprese flessibili). In periodi di recessione non assumerà invece lavoratori precari. In presenza di turnover quindi una riforma di flessibilità al margine porta il mercato di lavoro a spostarsi gradualmente da un regime rigido a un sistema flessibile, man mano che i lavoratori a tempo indeterminato se ne vanno e non sono rimpiazzati (o sono rimpiazzati con lavoratori precari) La transizione è conclusa nel momento in cui lo stock rimasto di lavoratori a tempo determinato è così basso da essere ottimale anche in un periodo di recessione (A l ). Si è entrati completamente in un mercato del lavoro flessibile.
Come dimostra la simulazione, la transizione da un regime rigido a un regime con contratti flessibile a margine provoca diversi effetti: 1.Una riduzione permanente delle aziende che si affidano al solo turnover per diminuire la propria forza lavoro 2.Un aumento temporaneo dell’occupazione media (e un aumento permanente della volatilità dell’occupazione) 3.Una diminuzione temporanea della produttività media (e una diminuzione permanente della volatilità della produttività) 4.Un aumento permanente dei profitti delle imprese
Risultati – evidenza empirica
(1) Una riduzione permanente delle aziende che si affidano al solo turnover per diminuire la propria forza lavoro Conclusione abbastanza ovvia. Aumentando la flessibilità, sempre più imprese useranno la cancellazione dei contratti a termine per ridimensionare la propria forza lavoro. Si è testata questa tesi confrontando dati dal database Whip (Work Histories Italian Panel, database con dati sulla forza lavoro italiana) e dati LFS (Labour Force Survey, contenente dati riguardanti le imprese).
(2) Un aumento temporaneo dell’occupazione media (e un aumento permanente della volatilità dell’occupazione) È un risultato molto importante: l’aumento dell’occupazione non è permanente (come la teoria, non considerando il naturale turnover sosteneva), ma ha un effetto temporaneo destinato ad esaurirsi una volta completata la transizione verso il regime completamente flessibile. Nel grafico (microdati Capitalia) si può comunque vedere come in Italia l’occupazione media sia effettivamente aumentata dopo l’introduzione della riforma del mercato del lavoro. Tale effetto è comunque permanente e destinato a rientrare.
(3) Una diminuzione temporanea della produttività media (e una diminuzione permanente della volatilità della produttività) Un altro risultato molto importante: la diminuzione della produttività non è permanente (come la teoria, non considerando il naturale turnover sosteneva), ma ha un effetto temporaneo destinato ad esaurirsi una volta completata la transizione verso il regime completamente flessibile. Come può essere visto dal grafico, non vi è però stata una chiara e costante diminuzione della produttività media per lavoratore dopo l’approvazione della riforma.
La tabella mostra il risultato della regressione tra la variabile dipendente “variazione della produttività per lavoratore” e le variabili indipendenti “% dei lavoratori a tempo determinato” e “% di lavoratori con basso livello di istruzione” ed altre variabili dummy (settore, dimensione aziendale, localizzazione geografica). La correlazione tra “% dei lavoratori a tempo determinato” e la produttività per lavoratore è sempre negativa e statisticamente significativa.
Conclusioni Il modello presentato è notevolmente differente da quello presentato inizialmente e studiato in classe, in quanto questo ha il pesante limite di considerare “eterno” lo stock di lavoratori a tempo indeterminato già presenti nelle aziende. Inserire l’esistenza del turnover altera notevolmente le conclusioni, rendendo solo temporaneo l’aumento dell’occupazione, pur essendo tale momento di transizione pari a quasi una intera generazione (il tempo necessario a far fuoriuscire dal mercato del lavoro l’attuale generazione di lavoratori a tempo indeterminato). E' tuttavia opportuno tenere in considerazione alcuni limiti del modello: 1.Non sempre è possibile rinnovare i contratti temporanei 2.Assumere lavoratori temporanei spesso comporta costi aggiuntivi, non computati dal modello 3.La motivazione dei lavoratori a tempo determinato potrebbe essere bassa: essi potrebbero abbandonare il posto di lavoro non appena trovassero un nuovo impiego a tempo indeterminato
Tale modello si avvicina comunque moltissimo alla realtà. I dati empirici esposti hanno dimostrato come il numero di contratti a tempo indeterminato sia negli anni andato diminuendo e hanno dimostrato come l’occupazione sia aumentata nel periodo In quel periodo infatti, l’economia italiana stava vivendo un momento sostanzialmente favorevole (vogliamo chiamarlo A h ?) e le aziende si sono fortemente avvalse di contratti a tempo determinato, aumentando l’occupazione. Il forte calo dell’occupazione negli ultimi anni non dovrebbe far dubitare circa la veridicità del modello, anzi dovrebbe rafforzarla. Essendo entrata l’economia italiana e mondiale in profonda recessione dopo la crisi del 2008 (A l ) molti contratti precari non sono stati rinnovati (come previsto dal modello in periodi A l ) e ciò ha causato una diminuzione dell’occupazione molto forte rispetto al passato. Ma si ricordi che il permanente aumento della volatilità dell’occupazione era già previsto dal modello.
In definitiva, tali riforme traghetteranno il mercato del lavoro italiano verso un regime sempre più flessibile rispetto l’attuale, ma al contempo gli effetti positivi in termini di occupazione diminuiranno gradualmente. È ancora troppo presto per poter valutare empiricamente la diminuzione dell’occupazione, ma è ragionevole pensare che ciò avverrà nei prossimi anni così come previsto dal modello. I governi europei dovranno quindi sviluppare riforme differenti per poter garantire anche in futuro un aumento dell’occupazione, una volta che gli effetti positivi transitori dei contratti flessibili a margine verranno meno.