L’uomo insieme a Dio, l’uomo collaboratore di Dio, è la strada per una umanizzazione della terra, della città degli uomini. Lo sforzo dell’uomo che confida solo in se stesso, che pensa a Dio come a un rivale o a un ostacolo o vive come se non ci fosse, è destinato a essere vano.
Tutto è dato gratuitamente... Tutto dipende dalla nostra disponibilità... Siamo salvati dall’amore di Dio... Quello che noi facciamo è solo una risposta a questa grazia.... Questa è la convinzione di fede che ogni liturgia esprime: E’ Dio che può «fare nuove tutte le cose». Questa prospettiva aperta dalla Pasqua di Cristo si scontra, oggi più che mai, con la cultura del “fare da soli”, “in alternativa” a Dio stesso: La Parola di Dio ci orienta nella direzione opposta: non soli o contro Dio, ma suoi collaboratori, nel libero servizio agli altri.
Luca mette in evidenza, nella prima lettura, l’entusiasmo missionario di Paolo e Barnaba: Rafforzare ed esortare i credenti sono le parole chiave della loro azione pastorale. Nel Salmo responsoriale (144), chiediamo a Dio, facendo nostre le parole dell’autore, che ci sia qualcuno che sappia dargli gloria tra gli uomini. Quello che il salmista sta facendo nel tempio, altri dovranno farlo in piazza, a casa, sulla strada. Così, il salmo diventa una preghiera perché ci siano fedeli capaci di far conoscere la forza e la gloria di Dio a tutti.
La nuova creazione, ci dice la seconda lettura, può essere solo opera di Dio, nella quale possiamo renderci collaboratori. La città dal volto umano è possibile solo se trova fondamento in Dio. Così la promessa di cieli nuovi e terra nuova diventa un messaggio di speranza e fiducia. Nonostante, tutto il male presente, caratteristico della città “solo” umana, la nostra storia non è per il fallimento, ma in vista di una creazione nuova.
Il brano del vangelo definisce il compito / progetto della comunità cristiana: Per costruire una città dal volto autenticamente umano bisogna percorrere la strada dell’amore praticato da Gesù: Il comandamento nuovo (= migliore, che dà completezza alla legge mosaica) è quello di un amore vicendevole sullo stile di Gesù: Il mettersi al servizio per scelta fa della comunità cristiana un centro di irradiazione dell’amore di Dio che trasformerà il mondo.
Gli ultimi 2 capitoli dell’Apocalisse, del NT e della Bibbia... Essi sono dedicati alla presentazione e alla descrizione della… Nuova Gerusalemme Essa scende dal cielo come una sposa. Il linguaggio simbolico adoperato dall’autore chiede la pazienza di fermarsi su ogni dettaglio del testo. Ogni elemento va letto come un rimando ad una realtà che non è possibile afferrare nella sua totalità, ma della quale sono possibili solo accenni.
Nella lettura va innanzitutto notato la ripetizione dell’aggettivo “nuovo”: Cielo nuovo, terra nuova, Gerusalemme nuova, nuove sono tutte le cose fatte da Dio. Tutto è sotto il segno della novità. L’aggettivo NUOVO, in greco si può dire in due modi: NEOS e KAINOS. Neòs può avere il senso di FRESCO, APPENA APPARSO. In questo caso, le cose nuove ben presto diventano vecchie, obsolete, sorpassate.
Così si intende la nuova alleanza in Geremia (31,31- 34). Così anche la Nuova Alleanza di Gesù (Lc 22,20). Il carattere definitivo della novità è dato dal fatto che... È Dio stesso l’autore che fa nuove tutte le cose.. Con tale aggettivo, gli autori sacri hanno voluto esprimere la capacità divina di creare le cose e di poterle ricreare, perché a Dio appartiene il potere di far esistere ciò che ama.
L’autore dell’Apocalisse però non riprende solo la profezia dell’AT, ma la elabora. La scelta di Dio è quella di interagire con la storia degli uomini. Dio crea non solo cieli nuovi e la terra, ma anche la città degli uomini.
Ogni possibilità di vita e di relazione è data da Dio stesso, che è il centro di questa città. Perché? Perché Dio pone in mezzo ad essa la sua tenda. Ne deriva che ogni realtà umana è chiamata a essere fondata e centrata sulla presenza di Dio, dal quale proviene ogni cosa buona.
Nel nostro brano, la città della Gerusalemme nuova non viene descritta in termini architettonici o artistici. Essa viene paragonata a una figura umana, di grande suggestione, di forti richiami all’AT... È come una sposa! Una sposa pronta per il suo sposo, preparata per il matrimonio, per il banchetto nuziale.
L’unica volta che nel vangelo di Gv Gesù comanda qualcosa, egli comanda qualcosa che non si può comandare! L’AMORE!!! Non è possibile comandare l’amore! Si può comandare all’uomo di obbedire, di servire, ma non di amare!
Il contesto è quello dell’ultima cena, che Gv ha presentato con la lavanda dei piedi Ebbene, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli e soprattutto dopo aver dimostrato amore fino all’ultimo Ecco che Gesù lascia questo importante comandamento, segno distintivo dei suoi discepoli.
«Vi do un comandamento nuovo» Non dice: Vi do un nuovo comandamento Cioè un comandamento che va ad aggiungersi a quelli della legge di Mosè… vi do invece qualcosa di inedito, di migliore, uno stile di vita che porta l’umanità alla pienezza della sua vocazione...
Se Gesù adopera il termine “comandamento” Lo fa per contrapporlo a quelli della Legge mosaica L’amore, infatti, può essere soltanto proposto, offerto, mai imposto, mai comandato.
Quel COME indica poi la motivazione dell’amore vicendevole Ma Gesù non si riferisce alla sua morte, perché parla al passato: come io HO AMATO VOI! Egli si riferisce a quel gesto inaudito avvenuto poco prima: La lavanda dei piedi