Prof. Paolo Jedlowski Teoria sociale e modelli culturali europei a.a. 2015/2016.

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Prof. Paolo Jedlowski Teoria sociale e modelli culturali europei a.a. 2015/2016

La parola «teoria» deriva dal verbo greco theoréin, che significa grosso modo «contemplare qualcosa riconoscendovi un ordine».

Per «teoria sociale» si intende spesso la parte più astratta della sociologia: i concetti di base, i modelli di certi processi, gli schemi di ragionamento generali proposti da autori e da scuole.

La «teoria», che tende ad affermazioni valide per un ampio numero di casi diversi, ha un rapporto di collaborazione con le ricerche empiriche, il cui raggio di interesse è più circoscritto: le ispira e ne è ispirata, ma ne è anche distinta.

Personalmente tendo a criticare due assunti di questa impostazione: da un lato, penso che la teoria sociale non sia semplicemente una parte della sociologia, dall’altro penso che la distinzione fra teoria e pratica vada considerata con maggiore cautela.

Scrive Anthony Giddens: «Lasciatemi sottolineare che io faccio uso del termine ‘teoria sociale’ per circoscrivere una serie di questioni che ritengo riguardino tutte le scienze sociali.

Tali questioni hanno a che fare con la natura dell’azione umana e del soggetto agente; con il modo in cui vanno concettualizzati l’interazione e i suoi rapporti con le istituzioni; e con il modo di affrontare le dimensioni pratiche dell’analisi sociale.

Per converso, intendo la ‘sociologia’ non come una disciplina generica che ha a che fare con lo studio delle società umane, ma come quella branca delle scienze sociali che si focalizza in particolare sulle società moderne o ‘avanzate’».

In questo corso intenderò la teoria sociale come la pratica attraverso cui si mettono a punto e si discutono in modo ricorrente i presupposti, i concetti fondamentali e i procedimenti conoscitivi delle scienze sociali.

La distinzione fra teoria e pratica va presa con cautela: le pratiche sono intrise di teoria, e fare teoria è pur sempre una pratica.

La pratica teorica è determinata e indeterminata ad un tempo.

Nel campo della teoria sociale si possono distinguere diversi «paradigmi», cioè insiemi di concetti, modelli e ragionamenti coerenti fra loro e parzialmente dissimili da altri.

In questo corso faremo riferimento prevalentemente al paradigma «costruzionista».

Il costruzionismo sociale ha una delle sue origini nella sociologia fenomenologica di Alfred Schutz e si è affermato grazie al celeberrimo The social construction of reality pubblicato dai suoi allievi, Peter Berger e Thomas Luckmann, nel 1962.

Scriveva Alfred Schutz: « Non vi sono puri e semplici fatti: [...] vi sono sempre fatti interpretati [...]. Ciò non significa che, nella vita quotidiana o nella scienza, noi non siamo capaci di afferrare la realtà del mondo. Significa che afferriamo solamente certi aspetti di essa, cioè quelli che sono rilevanti per noi».

Tutte le varianti del pensiero costruzionista nella teoria sociale condividono le seguenti tre affermazioni:

1 - tutto l’insieme di ciò che chiamiamo “realtà” è colto dagli esseri umani attraverso la mediazione di quadri simbolici e cognitivi di natura sociale, solidali con le pratiche che contraddistinguono forme di vita determinate: si tratta innanzitutto della mediazione fornita dai linguaggi che usiamo.

2 - una parte di questa realtà, quella che potremmo chiamare propriamente la “realtà sociale” (il linguaggio stesso, le istituzioni e i vari tipi di azioni e interazioni sociali) è il risultato dell’azione e dell’interpretazione di pluralità di individui.

3 - tale risultato è però usualmente rimosso in quanto tale, cioè per l’appunto in quanto “risultato”: appare piuttosto come il modo in cui la realtà si configura naturalmente, cioè non come prodotto di alcunché, ma come “dato”.

Il senso comune è l’insieme delle definizioni della realtà - e dei modi congruenti di agire al suo interno - che è diffuso all’interno di una cerchia sociale e che viene considerato ovvio dai suoi membri. In un certo senso, è la cultura stessa, ma in quanto è naturalizzata, cioè protetta dal dubbio che le cose possano essere percepite altrimenti, che vi siano altri modi possibili di intendere la realtà e di comportarsi.

Come scriveva Schutz, il senso comune corrisponde all’atteggiamento che «mette fra parentesi» il dubbio che le cose possano stare altrimenti da come appaiono.

Il senso si riproduce soprattutto attraverso processi comunicativi, ivi comprese le conversazioni ordinarie. Come scrivono Berger e Luckmann: “Il veicolo più importante della preservazione della realtà è la conversazione”.

Anthony Giddens sviluppa la concezione della modernità offerta dai classici del pensiero sociologico, ma resta anche all’interno del loro modo di intenderla.

Il termine modernità si riferisce per Giddens a quei «modi di vita e di organizzazione sociale» che affiorarono in Europa fra il XVII e il XIX secolo, e che successivamente si diffusero o influenzarono ogni parte del globo. Questa definizione associa la modernità ad un’epoca e ad una collocazione geografica di partenza determinate.

Per la situazione attuale, Giddens parla di una modernità «radicale» o «riflessiva»: una modernità che ha a che fare con gli esiti di processi che essa stessa ha avviato.

La parola "globalizzazione". ha iniziato a diffondersi negli anni Ottanta e da allora, nonostante la sua genericità, ha un incontrastato successo. Allude a un insieme di processi composito, che comportano una riconfigurazione delle attività economiche, sociali, culturali e politiche che collegano gli Stati e le società costituenti la comunità mondiale, con l'effetto di intensificare sia la loro interdipendenza, sia la diffusione di una consapevolezza a riguardo.

Scrive Gerard Delanty: “The critical question today as far as the social theory of modernity is concerned is its relevance to global transformations and whether it can escape Eurocentrism. One of the main objections to the notion of modernity [is] its allegedly Eurocentric nature.”

“In the most straightforward and literal sense of the term, Eurocentrism is the assumption that Europe or the West constitutes the centre of the world.”

Mappa di Al Idrisi («tabula rogeriana», 1154) (particolare)

“In a stronger sense, the term is an attack on the claim to the inherent superiority of Europe over the rest of the world. Identifying imperialism as the dark side of European civilization, proponents of anti- Eurocentricism argue that there is nothing morally superior about the West”.

In another sense again, “Eurocentrism is an ethnocentric way of thinking about the Other”. “Within the social sciences, Eurocentrism has often been expressed in criticisms of the ‘rise of the West’ debate”.

“… the concept Eurocentrism is not theoretically clear […]; it is best seen in the context of a reflexive discourse of anti-Eurocentrism entailing to varying degrees a critique of the West and in particular a critique of ideologies that distort the relation of the West to the rest of the world”.

“What is modernity? The term signals a condition of self-confrontation, incompleteness and renewal […]; it expresses a self-confidence in the transformative project of the present time as a liberation from the past”.

“…the term ‘modernity’ […] did not arise until the nineteenth-century. One of the most famous uses of the term was in 1864 when Baudelaire defined it: ‘By modernity I mean the transitory, the fugitive, the contingent’. This motif is also expressed in the Communist Manifesto as the condition ‘all that is solid melts into air’.”

The bourgeoisie cannot exist without constantly revolutionising the instruments of production, and thereby the relations of production, and with them the whole relations of society. Conservation of the old modes of production in unaltered form, was, on the contrary, the first condition of existence for all earlier industrial classes. Constant revolutionising of production, uninterrupted disturbance of all social conditions, everlasting uncertainty and agitation distinguish the bourgeois epoch from all earlier ones.

All fixed, fast-frozen relations, with their train of ancient and venerable prejudices and opinions, are swept away, all new-formed ones become antiquated before they can ossify. All that is solid melts into air, all that is holy is profaned, and man is at last compelled to face with sober senses his real conditions of life, and his relations with his kind. (Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, 1848)

“Modernity may be described simply as the loss of certainty and the realization that certainty can never be established once and for all. Whatever examples we take, modernity in the most general refers to a transformative project by which the present time defines itself by reference to a past that has been surmounted.”

“The notion of a radical rupture between modernity and postmodernity must be rejected. Modernity is an on-going process that has many dimensions. There has been a notable tendency in recent times to view postmodernity as part of modernity rather than a radical break from it.”

In Italia, questa è la posizione fra gli altri di Alberto Melucci, per il quale la diffusione del termine post-modernità non indica propriamente la nascita di un’epoca nuova, ma è il sintomo della percezione della incipiente inadeguatezza delle categorie con cui interpretiamo il mondo.

«La situazione paradossale nella quale oggi ci troviamo consiste nel fatto che non possiamo non essere moderni, mentre nello stesso tempo vivviamo il disagio concettuale e pratico di applicare continuamente il linguaggio e le categorie della modernità a fenomeni che sempre meno vi si prestano. E tuttavia non possiamo fare altro che questo: forse con un grado via via più acuto di consapevolezza, che ci permette non di oltrepassare, ma piuttosto di spingere al limite le categorie della modernità».

Marx: modo di produzione capitalistico; teoria del mutamento; conflitti di classe (non usa la parola «modernità») Durkheim: crescita della differenziazione sociale (complessità); rischio di anomia; secolarizzazione Weber: società capitalistica; razionalizzazione; disincanto Simmel: la modernità come costellazione di fattori interagenti: economia monetaria, urbanizzazione e intellettualizzazione della vita

Scuola di Francoforte: modernità come promessa di emancipazione ma anche come sua ricorrente negazione (Habermas: la modernità come «progetto incompiuto»)

Parsons: - idea normativa e senza ambivalenze della modernità; - dicotomia: società tradizionali vs società moderne.