DANTE E L’ESPERIENZA DELL’AFFETTO In quella parte di libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale.

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DANTE E L’ESPERIENZA DELL’AFFETTO In quella parte di libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit vita nova Siete voi qui, ser Brunetto? (v.30) La cara e buona immagine paterna di voi, quando nel mondo ad ora ad ora m’insegnavate come l’uom s’etterna (vv.83-85)

La seconda cantica del poema porta il lettore in un nuovo mondo, dove alla disperazione succede la speranza, alle tenebre la luce de sole. L’uomo è come rinato uscito dall’abisso dell’eterno dolore, avviato verso la patria dell’eterna felicità. Ma questo luogo non è luogo d’arrivo, ma di passaggio; qui scorre il tempo come sulla terra, e come sulla terra ci sono pene e sofferenze. Nell’Inferno e nel Purgatorio Dante ha voluto significare i due volti della vita dell’uomo peccatore sulla terra, cioè l’allontanamento da Dio e il ritorno a Lui. La figura umana che là si ergeva orgogliosa, qui si piega, si incurva: penetrare il senso di questo mutamento è la via per intendere il Purgatorio dantesco nella profonda bellezza che lo distingue. Anche qui peccati e peccatori, ma i sette peccati non sono la forma di questo regno. Ciò che distingue i salvati dai dannati è il rivolgersi a Dio, cioè la conversione del cuore. Nel Purgatorio importano soprattutto le beatitudini: ogni virtù del Purgatorio ha un segno di oltranza. Siamo nel regno del gratuito, che non misura. La grande invenzione di Dante sono i pentiti dell’ultim’ora: questo implica la riflessione sul perdono e la richiesta dei personaggi del Purgatorio di una preghiera da parte dei vivi. Nel Purgatorio ha tanta importanza l’amicizia, è il regno dei dolci amici, ritrovati con un velo di distanza e di mestizia al di là della morte. Accanto all’amicizia, regna qui l’arte, altra espressione terrena tanto cara a Dante. Tutto il Purgatorio appare inoltre come il regno dell’esilio, di lontananza dalla vera patria che ciascun abitante desidera: Era già l’ora che volge il disio/ai navicanti e’ntenerisce il core/lo dì c’han detto ai dolci amici addio (Purg. VIII, vv.1-3). Tutto il Purgatorio è l’esperienza che Dante fa, passo dopo passo dell’esistenza del perdono, che è l’unica cosa che può fare camminare. Quando il male si accanisce da dove riparte la speranza? Ci deve essere un punto in cui io faccio esperienza che il male è vinto, che il bene vince. Il tema del Purgatorio è che il mio male viene perdonato. Nel III canto c’è la storia di uno che ne ha fatte di tutti i colori e poi ha salvato la pelle. Perché? … io mi rendei piangendo, a Quei che volentier perdona Orribil furon li peccati miei. (vv ). E’ una resa all’Unico che salva e che sa perdonare: basta un attimo di tempo vissuto con libertà, perché l’uomo ritrovi la sua grandezza dopo una vita di orribili peccati.

PADRI E FIGLI Per Dante Virgilio è un maestro, ma anche un padre. “Dolce mio padre…(v. 82, Purg.Canto lo più che padre (v.4, Purg. Canto XXIII)… Virgilio dolcissimo patre (v.50, Purg. Canto XXX). E Virgilio con altrettanto affetto lo chiama figliuolo XVII)… Il dramma del canto non è solo che il Conte Ugolino è un traditore. Il vero dramma è vedere morire i propri figli davanti agli occhi senza riuscire a pronunciare una sola parola di conforto.