Parola e pensiero. Emile Benveniste, Categorie di pensiero e categorie di lingua, in Problemi di linguistica generale II (ed. originale in Les étude philosophiques,

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Transcript della presentazione:

Parola e pensiero

Emile Benveniste, Categorie di pensiero e categorie di lingua, in Problemi di linguistica generale II (ed. originale in Les étude philosophiques, Paris, 1958)

“Possiamo dire qualsiasi cosa, e possiamo dirla come vogliamo. Da ciò deriva la convinzione (…) che pensare e parlare sono due attività essenzialmente distinte, congiunte per la necessità pratica di comunicare, ma che hanno ognuna il proprio campo e le proprie possibilità indipendenti, e quelle della lingua consistono nei mezzi che essa offre alla mente per ciò che si chiama l’espressione del pensiero”.

“Questo contenuto (del pensiero) riceve forma quando viene enunciato e soltanto così. Riceve forma dalla lingua e nella lingua, che è la matrice di ogni espressione possibile. (…) Questa grande struttura, che contiene in sé strutture più piccole a diversi livelli, dà la forma al contenuto di pensiero”.

“La forma linguistica, quindi, è non solo la condizione di trasmissibilità, ma in primo luogo la condizione di realizzazione del pensiero.”

“Parlare di contenente e contenuto significa semplificare. L’immagine non deve ingannare. A rigore, il pensiero non è una materia alla quale la lingua fornirebbe una forma, perché in nessun istante questo “contenente” può essere immaginato vuoto del suo “contenuto”, né il contenuto indipendente dal suo “contenente”.

Le categorie di Aristotele: I predicati dell’essere, cioè che cosa può essere pensato/detto di qualsiasi ente

sostanza: uomo, cavallo quanto: di due cubiti… quale: bianco, istruito relativamente a cosa: doppio, metà, maggiore dove: al Liceo, al mercato quando: ieri, l’anno scorso essere in posizione (kéisthai): è sdraiato, è seduto essere in stato (échein): è calzato, è armato Fare (poiéin): taglia, brucia Subire (pàschein): è tagliato, è bruciato

corrispondono a: 1-6: categorie nominali sostantivo aggettivo derivante da radice pronominale comparativo avverbio o locuzione di luogo e tempo

7-10: categorie verbali: 9. attivo 10. passivo 7. medio 8. perfetto

“Aristotele credeva di definire gli attributi degli oggetti, mentre non enuncia che degli enti linguistici: è la lingua che, grazie alle proprie categorie, permette di riconoscerli e specificarli”

“E’ ciò che si può dire che delimita e organizza ciò che si può pensare. La lingua fornisce la configurazione fondamentale delle proprietà che la mente riconosce alle cose”

Il greco è una lingua predisposta alla metafisica dell’essere: “La lingua ha permesso di fare dell’ “essere” una nozione oggettivabile, che la riflessione filosofica poteva maneggiare, analizzare, situare come qualsiasi altro concetto”

Esempio della lingua ewe parlata in Togo Nyé: copula, ma regge l’accusativo Le. PV, intransitivo, usato solo all’aoristo. Per gli altri tempi si usa un altro verbo: no (transitivo) Wo: fare, compiere, produrre un effetto: es. wo ke: “essere sabbioso” (come il nostro “fa freddo”) Du: ricoprire una carica (“essere re”) Di: essere di qualità fisica (“essere magro”) Le asi: “essere nella mano” = “avere”

“Il progresso del pensiero è legato molto più strettamente alle capacità umane, alle condizioni generali della cultura, all’organizzazione della società che alla particolare natura della lingua. Ma la possibilità del pensiero è legata alla facoltà di linguaggio, poiché la lingua è una struttura informata di significato, e pensare vuol dire maneggiare i segni della lingua.”