Lezione 3 La Politica
Πόλις o città: terminologia La nostra terminologia politica è in buona parte di etimologia greca: monarchia, aristocrazia, oligarchia, democrazia, la stessa politica. Così, ideologicamente, miticamente e simbolicamente sono i Greci a giocare il ruolo di “nostri” antenati in questo campo ed è a loro che viene attribuita la “scoperta” o l’”invenzione” della politica, intesa come processo decisionale collettivo e pubblico operante sulla base di una effettiva discussione sia delle questioni di principio, sia dei problemi concreti. Per Aristotele, “τὰ πολιτικά” non significava la politica nella sua applicazione generale, bensì tutte le questioni concernenti la πόλις che, nella sua visione, rappresentava l’organismo naturale nel quale l’uomo comune poteva conseguire il suo scopo naturale di condurre una vita felice, fatta di attività politica ma soprattutto morale e filosofica: una combinazione ideale di “πράξις” e “θεωρία”. La categoria del politico Per i Greci, la categoria del politico trovava il proprio “spazio civico” centralmente e attivamente “ἐζ μέσον” cioè al cuore della comunità, interpretata come solida comunità politica di cittadini impegnati e partecipanti. L’”ἀγωρά” o “piazza dell’assemblea” e l’”ἀκρόπολις” o “città alta”, erano i due nuclei in simbiosi del sistema politico della Grecia antica. La più appropriata visione del rapporto tra politica ed economia, in termini di priorità è, per parafrasare Brecht, per i Greci la politica (compresa die Moral) poi la vita materiale (das Fressen = il mangiare). La teoria politica greca pensava in termini di organismo, preferendo parlare di partecipazione (μέθεξις) e autorità (ἀρχή) piuttosto che di sovranità o potere (βία, κράτος, ἀνάγκη). La città greca era contemporaneamente una città degli dei e una città degli uomini. Lo studio di Nicole Loraux su Atena e l’Acropoli di Atene nel contesto dell’”immaginario civico” della cittadinanza ateniese è una dimostrazione esemplare del groviglio inestricabile di religione e politica nella democrazia ateniese. Fu la città degli uomini, però, a stabilire le regole da seguire nel doveroso riconoscimento da rendere agli dei, attraverso innanzitutto il sacrificio pubblico e il convivio comunitario, ma anche con l’imposizione dell’osservanza delle sue leggi sull’empietà. Aspetti positivi e negativi In positivo, la differenziazione è duplice: il carattere diretto, non mediato, partecipativo dell’azione politica. La rigida limitazione della categoria delle persone aventi titolo a partecipare alla vita politica. Così, le famose iscrizioni del tempio di Apollo a Delfi, “conosci te stesso” e “nulla in misura eccessiva” non erano prevalentemente prescrizioni religiose o morali, ma precetti “politici”; si trattava dell’esigenza di porre in campo l’arte di contare sulle proprie forze come contraltare all’assenza di organismi pubblici istituzionalizzati per l’applicazione delle leggi. In negativo: l’assenza di organizzazione statuale nella πόλις si manifesta con una serie di analoghe carenze: Nessuna distinzione fra la società civile e il governo e i suoi agenti. Nessun concetto di tolleranza, a livello pubblico e ufficiale, del dissenso civile, con la conseguente impossibilità dell’obiezione di coscienza in base a
(il processo a Socrate ne è la dimostrazione più famosa). Assenza di diritti dell’uomo e del cittadino. Questa situazione fu determinata dall’assenza di un governo o di uno Stato distinto dalla comunità dei cittadini, nei confronti del quale definire o rivendicare dei diritti. Pubblico e privato Dal pubblico, in Grecia, non può essere scisso il privato. I Romani contrapponevano una res publica, la repubblica (cosa del popolo) a una res privata, ma l’equivalente greco di res publica non era “τὸ δημόσιον” (ciò che appartiene al popolo), bensì “τὰ πράγματα” (gli affari). Inoltre, il contrario di res privata (τὸ ἴδιον) poteva essere tanto “τὸ κοινόν” (la cosa pubblica) quanto “τὸ δημόσιον”. In altre parole, in Grecia non esisteva un’opposizione netta e chiara tra le equazioni pubblico = politico e privato = personale o domestico. C’è poi un’altra categoria: la discriminazione in base al sesso. In nessuna città greca le donne con qualifica di cittadino si videro accordato un pieno status politico pubblico. La guerra era considerata una prerogativa maschile, tanto che la virtù del coraggio che essa richiedeva, era indicata con il termine ἀνδρεία, letteralmente “virilità”. La sfera privata dell’ οἶκος (la casa) era raffigurata come uno spazio più femminile che maschile, in opposizione alla πόλις. Ai fini politici, ’ οἶκος e πόλις erano due elementi strettamente interconnessi; tre esempi: 1.La prosperità della città dipendeva dalla capacità dei mortali di mantenere buoni rapporti con la dimensione divina e, a questo scopo, si riteneva necessaria la partecipazione delle donne alle manifestazioni religiose pubbliche collettive. In alcuni casi, come durante le Tesmoforie, i riti erano di esclusiva pertinenza femminile. Di fatto, il principale officiante del culto della dea patrona di Atene, era una donna, Lisimache, sacerdotessa di Atena Polias. 2.Il secondo esempio riguarda il matrimonio: si trattava di un accordo privato tra due οἶκοι, o meglio tra i loro capifamiglia maschi. Eppure, proprio dai matrimoni fra le famiglie della città dipendeva la continuità della comunità cittadina. 3.L’ultimo esempio, peculiare di Atene, è il seguente: quando gli orfani di guerra raggiungevano la maggiore età, venivano fatti sfilare con la corazza da battaglia nel corso delle cerimonie di apertura delle Grandi Dionisie, in quanto la tragedia ateniese aveva luogo nello spazio e nel tempo politico pubblico ateniese, nel contesto della festività religiosa in onore di Dioniso, che era patrocinata dallo Stato. Libertà e schiavitù Quasi altrettanto importante dell’appartenenza sessuale, della famiglia e della parentela era il valore della libertà; libertà e uguaglianza erano i principali sentimenti o parole d’ordine politici dei Greci antichi Aristotele si fece assertore della dottrina della naturalità della schiavitù e ne fece uno dei capisaldi dell’intero suo progetto socio -politico.
Gli schiavi incarnavano in sé la negazione della libertà della persona umana; assolutamente zero quanto a valenza sociale, nel computo delle proprietà gli schiavi erano considerati come semplici oggetti subumani. Aristotele riteneva che gli schiavi erano una delle condizioni fondamentali per una vita felice e ordinata della πόλις. Qual’era la caratteristica degli schiavi che li rendeva del tutto indispensabili agli occhi del filosofo? non si trattava della loro funzione economica. Gli schiavi erano necessari non per la ποίησις, la produzione, ma per la πρᾶξις, cioè la possibilità di vivere la vita del cittadino, perché essi procuravano ai loro padroni il tempo libero necessario per praticare la politica e la filosofia. In più, per un Greco essere libero significava non solo non essere schiavo di fatto, ma neppure adottare comportamenti omogenei allo stereotipo dello schiavo. Le costituzioni La teoria politica greca non si limitava esclusivamente alla questione dell’esercizio del potere la parola che noi traduciamo con “costituzione” πολιτεία, da un lato serviva anche ad indicare la condizione di cittadino, la cittadinanza, dall’altro copriva un campo semantico più ampio sia di “costituzione” che di “cittadinanza”. Ciò è dovuto al fatto che la πόλις era immaginata non come una pura astrazione politica, ma come una comunità morale di cittadini attivamente partecipanti. Nel Filottete di Sofocle, il protagonista afferma: “mi gettasti esule agli uomini, agli amici, alla patria (ἄπολις): un senza vita tra i viventi”. La scoperta della teoria politica avvenne in Grecia circa un secolo prima di Aristotele, essendone il “dibattito persiano” di Erodoto la prima manifestazione chiara e inequivocabile. A quel tempo qualche Greco ebbe l’intuizione che tutti gli organismi politici ordinati costituzionalmente erano raggruppabili sotto una delle seguenti categorie: 1.Potere di uno solo = monarchia 2.Potere di pochi = oligarchia 3.Potere di tutti = democrazia Aristotele, invece dell’approccio idealista del suo maestro Platone, preferì suggerire i provvedimenti concreti da adottare affinché situazioni imperfette potessero venire ricondotte a una condizione di maggiore armonia con gli obiettivi teorici da lui indicati. Questo spiega perché la parte centrale della Politica insista sulla prevenzione piuttosto che sulla cura del vizio prevalente della città greca: la στάσις, vale a dire la discordia civile, al limite l’aperta guerra civile.