Il filo di Arianna percorsi artistici e narrativi all'IRCCS San Camillo Premesse La relazione tra operatori e pazienti non può basarsi esclusivamente sullo scambio di informazioni tecniche riguardanti la malattia. Condividere esperienze di malattia significa condividere l’umanità (cioè i vissuti) di tali esperienze. Nel nostro ospedale l’introduzione della Medicina Narrativa ha significato dare forma, con parole e immagini, alla propria esperienza per poterla guardare con occhi diversi e metterla in condivisione con gli altri.
Le narrazioni dei pazienti (poesie, racconti….) hanno stimolato la creazione di un sito di medicina narrativa ( Grazie ai contributi arrivati nel tempo, ci siamo resi conto che l’utilizzo della METAFORA, per esprimere i propri vissuti, era prevalente. Come potevamo stimolare e far condividere questo bisogno di raccontarsi? Abbiamo ideato un progetto che utilizzasse la metafora come stimolo per raccontarsi in modo più strutturato e all’interno di un gruppo. E’ nato il progetto “Tra il Mito e la Cura”, che ha come fondamento il Laboratorio di Medicina Narrativa e che, come strumento metaforico, utilizza il MITO. Tale progetto è seguito in co-conduzione dalla MusicArTerapeuta e dalla Psicologa.
Il Mito Il mito ha un rapporto metaforico con le difficoltà che si vogliono affrontare, così, senza presentare un rapporto razionale evidente con il problema, riesce ad eludere l’intenzionalità cosciente del soggetto. Si è pensato di utilizzare un particolare strumento come quello del mito, già codificato culturalmente, come medium per sviluppare ulteriormente questi processi di elaborazione il mito, a differenza del sogno, offre una visione dell'immaginario che si declina nello spazio pubblico e condiviso.
La metafora del labirinto … Il Minotauro aveva la sua dimora maledetta nel Labirinto di Cnosso così intricato e fitto di giri da non trovare modo di uscirne, una volta entrati. … le vittime penetrarono nel Labirinto; Teseo con la spada in pugno era alla loro testa. Seguendo i consigli di Arianna, legò un capo del filo all'entrata dell'edificio e, man mano che procedeva, srotolava il gomitolo che teneva ben stretto nella mano sinistra... Il filo luccicava nei corridoi silenziosi e bui. Il giovane eroe avanzava, sicuro di ritrovare la via d'uscita…
L’essere umano di fronte alla sofferenza è indifeso. Trovare le parole per raccontare la propria storia significa farla esistere per sé e per gli altri. E’ un modo per uscire dall’isolamento e può costituire l’inizio di un nuovo percorso di cura.
I laboratori espressivi “Nella MusicArTerapia si parte dal concetto di corpo-sapiente”. È un corpo che, a prescindere dalla diversità, porta con sé un sapere che va ascoltato. Questa disciplina crede ai “potenziali umani”, ad “un’arte di vivere che non si impara, ma si sa” e che l’occasione creativa permette di sviluppare o far emergere. La dimensione immaginativa è considerata una risorsa imprescindibile e fondamentale di sopravvivenza dinanzi alla realtà spesso schiacciante della malattia. Immaginazione e creatività sono potenti strumenti trasformativi che possono agire sulla modalità interpretativa della realtà del paziente trasformandola progressivamente. Si parte dal presupposto che l’essere umano possiede competenze e potenziali innati: un’antica sapienza che riemergendo permette la trasformazione.
Laboratorio di collage La proposta che viene formulata al gruppo è di rappresentare liberamente il proprio labirinto personale. Viene richiesto di lasciare libero sfogo all’espressione, all’intuizione, alla scelta personale. I materiali proposti possono essere utilizzati in qualsiasi maniera: tagliati, strappati, accartocciati, sovrapposti ecc… e che non c’è nessuna limitazione al loro utilizzo. I vari materiali vengono attaccati al cartoncino tramite colla vinilica. La colla ha la sua funzione metaforica all’interno del processo. È materiale invischiante che riconduce a memorie del corpo arcaiche (la vischiosità del liquido amniotico). Obbliga a “sporcarsi le mani” e quindi a “mettersi in gioco” in un “corpo a corpo” con la materia. Inoltre ha il “potere di mettere assieme”: in un certo senso di riaggiustare o di permettere di accostare elementi prima distanti e separati.
I materiali utilizzati per il collage sono di vario genere: pezzi di stoffa, spaghi, fiori di carta, paillettes, fiori di plastica, pezzi e frammenti di ogni tipo di materiale. Deve emergere chiaramente che quel materiale, se non fosse utilizzato per i laboratori, sarebbe finito in spazzatura. Anche questa scelta ha un risvolto metaforico: il frammento è simbolo di uno stato fisico o mentale in cui spesso i pazienti si riconoscono. “Sono a pezzi”, “mi sento da buttare” sono frasi rappresentative. Il gesto di riunire i “pezzi” “da buttare” in un discorso nuovo e personale ha l’obiettivo di richiamare a contemplare che questa possibilità si realizzi anche nella vita. Per questo motivo ogni singolo lavoro viene trattato dal conduttore con il massimo rispetto evitando accuratamente ogni giudizio, ma solo valorizzandolo: nella mente del conduttore ogni lavoro rappresenta la sfida elaborata ricercando e trovando soluzioni assolutamente personali. È evidente che per il conduttore il concetto di giusto e sbagliato a questo livello è superato e il conduttore deve essere in grado di farlo comprendere ai partecipanti aprendo alla massima libertà espressiva e creativa.
Molto importante è la gestualità che il laboratorio contempla. È per i partecipanti il primo contatto anche fisico tra di loro: il gesto di passarsi i materiali, di chiamarsi per nome per richiamare l’attenzione, l’aiutarsi a spezzare qualcosa, o il dividere un frammento in due in modo tale da poterlo utilizzare entrambi. Inoltre pur essendo un lavoro personale (o per dirla metaforicamente: un discorso che ogni partecipante fa a se stesso), la dimensione gruppale si manifesta nella condivisione dei materiali, nelle considerazioni e nei dialoghi che emergono durante il lavoro. Si condivide e si sdrammatizza. Il momento creativo del laboratorio è di per se stesso leggero, gioviale, conviviale, ma nello stesso tempo intenso. Al termine del laboratorio i frammenti scomposti lasciano posto ai lavori ultimati. Così ciò che per un’ora è stata confusione si trasforma in ordine e infine in comunicazione espressiva.