DI MATTEO PINTORE ANNO 2015/2016 TESINA TERZA MEDIA LA CAMERA OSCURA DI MATTEO PINTORE ANNO 2015/2016 TESINA TERZA MEDIA
LA CAMERA “OBSCURA” Il termine “camera oscura” (obscura in latino) indica un ambiente impermeabile alla luce, di dimensioni variabili tra quelle di una piccola scatola e quelle di una stanza, su una parete del quale è praticato un piccolo foro. Attraverso questo foro si proietta sulla parete opposta l’immagine capovolta degli oggetti che si trovano all’esterno. Per aumentare la nitidezza e la luminosità dell’immagine si può sostituire al foro una lente convergente oppure un obbiettivo.
L’IMPORTANZA DELL’OCCHIO La camera oscura è parte essenziale delle macchine fotografiche non digitali In realtà l’uomo non ha inventato nulla, in quanto la camera oscura è l’imitazione di un “ brevetto” della natura: l’occhio
LA STORIA DELLA CAMERA OSCURA Aristotele, nel IV secolo a.C., si era accorto che si poteva proiettare l’immagine del Sole in una stanza buia attraverso un piccolo foro. Nel 1039 il matematico arabo Alhazan Ibn Al-Haitam usò la camera oscura per osservare un’ eclisse di Sole. L’interesse di questi primi studiosi non era rivolto alla rappresentazione artistica, ma al comportamento della luce.
Il fenomeno del capovolgimento dell'immagine e varie applicazioni della camera oscura erano noti a Ruggero Bacone e ad altri filosofi e scienziati nel secolo XIII. Leonardo da Vinci nel 1500 descrisse minuziosamente la camera oscura e il suo funzionamento, suggerendo anche l'applicazione di una lente convessa posta all’interno del foro stenopeico o in prossimità di esso. Una dettagliata descrizione ne viene data anche dallo scienziato olandese R. Gemma Frisius, a proposito dell'eclissi di sole avvenuta il 24 gennaio 1544. La camera oscura si diffuse in Italia nel tardo XVI secolo sia come strumento per i pittori che come mezzo per meravigliare. Nel 1550 Gerolamo Cardano dimostrò la necessità della lente per migliorare la qualità dell'immagine. La prima descrizione completa di una camera oscura munita di lente si trova nel testo Magiae Naturalis di G. B. Della Porta (1558 e 1589).
CAMERA OSCURA A “CABINA” In uso nel’600, era adatta a riprodurre paesaggi. L’artista si sedeva sulla panca posta all’interno. L’immagine del paesaggio alle spalle dell’artista veniva proiettata sul tavolino attraverso un foro posto in alto e grazie ad uno specchio opportunatamente inclinato di 45°. La cabina doveva essere ovviamente chiusa e buia per vedere distintamente l’immagine e poterla così ricalcaresu un foglio
CAMERA OSCURA E PROSPETTIVA Le prime camere oscure portatili appaiono nella prima metà del XVII secolo e vengono ben presto adottate dai pittori come guida per disegnare in prospettiva (il disegno ricalcato veniva poi rifinito a mano in un secondo tempo). Tra questi va ricordato in particolar modo il Canaletto(1679-1768), famoso autore di paesaggi.
LA CAMERA OSCURA PORTATILE COMPONENTI: LENTE OBIETTIVO SPECCHIO PIANO INCLINATO DI 45° LASTRA DI VETRO TRASPARENTE FOGLIO DI CARTA TRASLUCIDO SPORTELLO OPACO L’immagine di ciò che è davanti alla camera entra attraverso la lente,si forma sullo specchio piano capovolta e, da questo, viene proiettata sul vetro. Infine si viaualizza sul foglio diritta, ma speculare (cioè la destra è scambiata con la sinistra)
Si fa risalire al francese Joseph Niepce il primo risultato fotografico concreto.Egli riuscì a registrare su tavole sensibilizzate con sali d’argento le immagini che si formavano in una camera oscura :ne otteneva una sola copia . Il processo però richiedeva lunghi tempi di esposizione e le immagini non erano durevoli . Solo più tardi la società che Niecpe fondò con Daguerre raggiunse risultati soddisfacenti, utilizzarono una lastra di metallo spalmata con uno strato di ionio duro d’argento . Dopo la morte di Niepce Daguerre riuscì ad ottenere un immagine più precisa, che da lui ha derivato il dagherrotipo.
Nel 1839 l’inglese Jhon Fox Talbot inventò la prima macchina fotografica ottenendo ve da un ‘immagine negativa. Successivamente si introduce la fotografia a colori che fu ottenuta nel 1891 ma disponibile su larga scala solo nel 1935.
La Macchina Fotografica REFLEX MATTEO PINTORE
Reflex D-SLR. La sigla SLR è l'acronimo di Sigle Lens Reflex (Reflex a Singola Lente), ossia si tratta di una fotocamera che utilizza la stessa lente sia per inquadrare che per scattare; la lettera D (Digital) della sigla si riferisce al fatto che la luce è impressa su un sensore digitale e le immagini risultanti sono immagazzinate in una scheda di memoria.
Analizziamo in dettaglio I singoli componenti Obiettivo: è il dispositivo che posto davanti alla macchina , ne permette l’ingresso della luce . E l’evoluzione del foro che era presente nella camera oscura.Di norma è composto da 1 o più lenti che concentrano il fascio di luce in un punto all’interno della camera, che viene detto Piano focale. Lo specchio:è l’elemento che è posto all’interno della fotocamera , tra l’obiettivo e la pellicola stessa . Essendo inclinato permette di proiettare l'immagine prodotta dalla luce in ingresso dall'obiettivo verso il mirino dal quale l'utilizzatore osserva la scena. Viene utilizzata l'unica lente che compone l'obiettivo, sia per permettere al fotografo di inquadrare la scena, sia per imprimere sulla pellicola l'immagine. La pressione del pulsante di scatto, permette allo specchio di muoversi e di lasciare passare la luce che prima era riflessa verso il mirino, sulla pellicola.
Il pentaprisma é il sistema composto o di un prisma a 5 facce, oppure di una serie di 5 specchi,che permette la riflessione della luce proveniente dallo specchio sopracitato, verso il mirino. Oltre a riflettere l'immagine dello specchio permette di proporre al fotografo la scena ruotata correttamente e non rovesciata come succede nella camera oscura. La scelta tra pentaprisma e pentaspecchio di solito è data da fattori economici, il secondo costa meno, ma permette anche una visione meno luminosa.
Il mirino è il dispositivo mediante cui l'utilizzatore visualizza la scena che vuole fotografare. Nelle reflex ciò che viene visualizzato nel mirino è la medesima scena che sarà impressa sulla pellicola o sul sensore. Di solito i mirini, sopratutto nelle refelx digitali permettono la visione oltre che della scena anche di alcune altre informazioni come la corretta esposizione, i settaggi scelti relativi ai tempi e all'apertura del diaframma. Nelle macchine fotografiche digitali compatte, attualmente il mirino è stato sostituito solo da uno schermo lcd. Lo schermo ha il vantaggio di permettere l'utilizzo della macchina fotografica in situazioni estreme, ma ha lo svantaggio di non consentire una visione perfetta come attraverso il mirino.
L’otturatore è una sorta di saracinesca che viene aperta quando viene premuto il pulsante di scatto, per permettere il passaggio della luce. A seconda del tempo impostato, l'apertura e la successiva chiusura dell'otturatore può avere un tempo lungo o corto a seconda della scelta del fotografo. Tale scelta andrà ad incidere sull'esposizione della fotografia. Un'apertura e successiva chiusura lenta, permetterà il passaggio di una maggior quantità di luce, mentre un'apertura e chiusura rapida, il contrario.
Il diaframma Come l’otturatore regola il tempo di posa ( il tempo cioè di azione della luce sul materiale sensibile) ,il diaframma regola l’intensità del flusso luminoso .È composto da una serie di lamelle incerniate ,che possono essere fatte ruotare insieme e dello stesso angolo ,in maniera da variare il diametro dell’apertura attraverso la quale passa la luce.L’apertura è il rapporto fra la lunghezza focale dell’obiettivo e l’apertura effettiva.Viene indicata come luminosità dell’obiettivo .È esperssa in numeri f che sono tanto più grandi quanto più piccola è l’apertura.
Il sensore componente elettronico che cattura la luce e traduce quest'ultima in pixel e poi in un'informazione binaria per essere salvata sul supporto di memoria. Prima tale supporto era il semplice rullino, ora è la scheda di memoria. Il sensore ha inoltre associata una unità di misura della sensibilità con cui la luce viene impressa, gli ISO. Di solito gli ISO possono essere regolati dalla macchina fotografica. Un settaggio alto degli ISO, indica che il sensore ha una sensibilità maggiore e quindi permette di memorizzare l'informazione derivante dalla luce in minor tempo. Per quanto riguarda invece le reflex analogiche, quindi non dotate di sensore ma di pellicola, era quest'ultima che possedeva differenti proprietà di sensibilità. Spettava quindi al fotografo scegliere una pellicola rispetto ad un'altra. Esistono infatti delle pellicole che possono essere impresse in minor tempo di altre. Di solito la quantità di tempo è proporzionale alla qualità fotografica.
LA LUCE Per parlare di fotografia non possiamo che cominciare dalla luce. La luce è un argomento comune alla formazione e alla registrazione dell’immagine. La luce è una forma di energia elettromagnetica: in pratica un campo elettrico e un campo magnetico che prendono ad oscillare assieme; che ci permette di vedere forme, colori, dimensioni e caratteristiche di ciò che ci circonda. Alcuni corpi chiamati sorgenti luminose primarie emettono luce propria. La maggior parte dei corpi non emette luce propria ma la riflette; si parla di corpi illuminati. Le sorgenti luminose primarie possono essere: Naturali: il sole, la luna, le stelle. Artificiali: costruite dall’uomo. La velocità della luce varia a seconda dei corpi che attraversa e dipende dalla loro densità ,si propaga nel vuoto ,dove raggiunge I 300000 km/s. Interagisce con la materia sotto forma di particelle dette fotoni.
In base alla possibilità di essere attraversati dalla luce, i corpi illuminati possono essere classificati in: Trasparenti: se, come il vetro, si lasciano attraversare dalla luce e permettono così di vedere gli oggetti che stanno dietro di loro. Opachi: se, come il legno, non lasciano passare la luce creando dietro di loro una zona scura, non illuminata, chiamata ombra. Traslucidi: se, come il vetro smerigliato, lasciano passare in parte la luce ma non permettono di distinguere nitidamente gli oggetti che stanno dietro di loro.
LE OMBRE energia Assorbita Energia Riflessa Energia trasmessa Ombra e penombra sono una conferma del fatto che la luce si propaga in linea retta. In realtà non esistono corpi completamente trasparenti e corpi completamente opachi. La trasparenza e l’opcità di un corpo non dipebde infatti solo dalla sua natura ma, ad esempio, anche dal suo spessore . In generale, possiamo dire che quando un raggio di luce colpisce un corpo subisce la “ sorte” illustrata nel seguente schema. Corpo illuminato Illuminato energia Assorbita Energia Riflessa Energia trasmessa Energia incidente
Ombra propia: quando un corpo opaco viene colpito dalla luce che esce da una sorgente puntiforme, la sua superficie resta divisa in due parti: la parte rivolta verso la sorgente è illuminata, mentre la parte opposta è oscura Ombra portata: quando dietro al corpo viene posto uno schermo su di esso si vedra una zona non illuminata che diventerà più grande allontanando il corpo dallo schermo e più piccola avvicinandolo Penombra: quando la sorgente luminosa è grande sullo schermo si formerà una zona d’mbra e una zona di penombra
Una parte della luce viene riflessa e rimandata indietro dalla superficie del corpo. Una parte della luce penetra nel corpo ,viene assorbita e trasformata in altre forme di energia come quella termica . Una parte della luce penetra nel corpo ,viene trasmessa e quindi esce dal corpo .Quando un raggio di luce incontra un ostcolo opaco esso puo essere : Riflesso Diffuso Assorbito Se la superficie del corpo opaco è liscia e levigata (come lo specchio) allora il raggio di luce rimbalza e torna indietro.
La Riflessione Il fenomeno della riflessione avviene secondo due leggi: Il raggio incidente ,la normale e il raggio riflesso giacciono sullo stesso piano; L’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di riflessione
Le leggi della riflessione valgono anche se la superficie su cui incide la luce non è piana. In tal caso però le normali alla superficie hanno punto per punto direzioni diverse; pertanto anche I raggi luminosi vengono riflessi in varie direzioni e si dice che la luce viene diffusa dalla superficie
Cominciamo questa analisi considerando il caso di uno specchio piano Cominciamo questa analisi considerando il caso di uno specchio piano. Dove appare l'immagine che si forma in uno specchio piano? Ci è chiaro dalla nostra esperienza quotidiana che l'immagine di un oggetto che noi vediamo in uno specchio appare posizionata dietro lo specchio. Usando le leggi della riflessione possiamo capire la ragione di questo fenomeno. I prolungamenti di due raggi riflessi si incrociano in un punto che diventa l'immagine dell'oggetto. Da semplici considerazioni geometriche si può dimostrare che la distanza tra l'oggetto e lo specchio è uguale alla distanza tra lo specchio e l'immagine dell'oggetto. Dal momento che tale immagine non esiste nella realtà ma si forma sul prolungamento dei raggi riflessi prodotto dal nostro cervello, si parla di immagine virtuale. Un'immagine si dice invece reale quando si forma al punto di intersezione di raggi luminosi reali. L'immagine e l'oggetto sono simmetrici rispetto allo specchio e hanno le stesse dimensioni.
Gli specchi curvi si dividono in concavi e convessi, a seconda della curvatura. Nei primi, la superficie riflettente è quella interna e le caratteristiche dell’ immagine fornita dipendono dalla posizione dell’ oggetto rispetto allo specchio. Nei secondi, la superficie riflettente è quella esterna e l’ immagine fornita è sempre virtuale, diritta e rimpicciolita. Gli elementi che caratterizzano uno specchio curvo sono: l’asse ottico, la linea lungo la quale si sviluppa il sistema ottico, nonché asse di simmetria dello specchio. il centro di curvatura, il centro dello specchio il fuoco, punto situato sull’asse ottico in cui convergono tutti i raggi riflessi paralleli all’asse ottico il punto oggetto, l’oggetto da cui partono i raggi luminosi il punto immagine, il punto dal quale sembrano provenire i raggi riflessi o rifratti il vertice V, il punto dello specchio che sta sull’asse ottico Nella maggior parte delle applicazioni, la forma degli specchi curvi è parabolica oppure sferica.
Specchi
La rifrazione della luce Quando un fascio di luce passa da un corpo trasparente ad un altro trasparente ma di diversa densità avviene il fenomeno della rifrazione. Anche la rifrazione, come la riflessione avviene secondo due leggi:il raggio incidente, la normale e il raggio riffratto giacciono sullo stesso piano; se un raggio di luce passa da un mezzo meno denso ad uno più denso (per esempio aria – acqua), l’angolo di rifrazione è minore rispetto all’angolo di incidenza. Al contrario, se un raggio di luce passa da un mezzo più denso ad uno meno denso (per esempio acqua – aria), l’angolo di rifrazione è maggiore rispetto all’angolo di incidenza. Il raggio luminoso cambia direzione perchécambia la velocità di propagazione della luce.La velocità della luce diminuisce all’aumentare della densità del materiale che attraversa.