La religione musulmana è la seconda per numero di fedeli. Fondata da Maometto all’inizio del VII secolo, si è diffusa verso la Penisola Arabica andando.

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Transcript della presentazione:

La religione musulmana è la seconda per numero di fedeli. Fondata da Maometto all’inizio del VII secolo, si è diffusa verso la Penisola Arabica andando poi verso l’Africa settentrionale e sahariana e verso molte zone dell’Asia ma anche in Turchia e in alcuni stati balcanici. Subito dopo la morte di Maometto, l’Islam si è diviso in due grandi gruppi: Poi vi sono alcune sette come quella dei wahhabiti, presente soprattutto nell’Arabia Saudita, che si propongono di ripristinare “la purezza dell’antico Islam” attraverso l’osservanza del Corano e di alcune norme obbligatorie come la preghiera pubblica e l’elargizione di elemosine.

Il Wahhabismo è un movimento di riforma religiosa, sviluppatosi in seno alla comunità islamica sunnita, fondato da Mu ḥ ammad ibn ʿ Abd al-Wahhāb (al- ʿ Uyayna,Najd, Dir ʿ iyya, pressi di Riyā ḍ, 1792), un Arabo della tribù sedentaria dei Banū Tamīm. Definito nelle maniere più diverse - "ortodosso", "ultraconservatore", "austero" - per oltre due secoli il Wahhabismo è stato il credo dominante nella Penisola Arabica e dell'attuale Arabia Saudita. Esso costituisce una forma estremamente rigida di Islam sunnita, che insiste su un'interpretazione letteralista del Corano. I wahhabiti credono che tutti coloro che non praticano l'Islam secondo le modalità da essi indicate siano pagani e nemici dell'Islam. I suoi critici affermano però che la rigidità wahhabita ha portato a un'interpretazione quanto mai erronea e distorta dell'Islam, ricordando come dalla loro linea di pensiero siano scaturiti personaggi come Osama bin Laden e i Ṭ ālebān. L'esplosiva crescita del Wahhabismo ha avuto inizio negli anni settanta del XX secolo, con l'insorgere di scuole (madrasa) e moschee wahhabite in tutto il mondo islamico, da Islamabad a Culver City (California).

Nel secondo decennio del XXI secolo, la maggioranza dei wahhabiti si trova in Qatar, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita. In Qatar i wahhabiti costituiscono il 46,87% dei fedeli e negli EAU il 44,8%, a fronte dell'appena 5,7% degli abitanti del Bahrein e del 2,7% dei cittadini del Kuwait. Le stime sono tuttavia soggette a una qualche variazione, tanto che Michael Izady parla di 5 milioni di wahhabiti nella regione del Golfo Persico (a fronte dei 28,5 milioni di sunniti non wahhabiti e degli 89 milioni di sciiti), mentre altre fonti forniscono cifre minori per lo sciismo, senza indicare tuttavia il numero di wahhabiti. Il 15% dei cittadini sauditi è sciita, come indicato dal sito Saudi Arabia's Shia press for rights, dal Council on Foreign Relations e da Vali Nasr.

Di formazione giuridica e teologica neo-hanbalita, particolarmente influenzato dalla dottrina espressa da Ibn Taymiyya (ma del tutto erroneo e fuorviante sarebbe prospettare un'equivalenza fra hanbalismo e wahhabismo), Mu ḥ ammad ibn ʿ Abd al-Wahhāb si recò da giovane dalla nativa regione del Najd (attuale Arabia Saudita) a Medina, Basra, Baghdad, in Iran, e al Cairo e, tornato infine nella penisola araba, si stabilì nell'oasi di al- ʿ Uyayna dove entrò in contatto amichevole con l'emiro Mu ḥ ammad b. Sa ʿ ūd, fondatore della Casa di Āl Sa ʿ ūd. Spostatosi a Dir ʿ iyya, egli guadagnò alla sua visione del mondo il figlio dell'Emiro e nel 1744 Ibn ʿ Abd al-Wahhāb e Mu ḥ ammad b. Sa ʿ ūd si giurarono fedeltà reciproca, con l'intento di realizzare una comune azione per il rinnovamento dei costumi che entrambi giudicavano eccessivamente rilassati. L'alleanza fra il leader religioso e il signore della città fu la pietra angolare di quello che sarebbe divenuto, molto tempo dopo, il regno saudita. Ma fu anche la ragione della diffidenza che la Wahhābiyya suscitò nell'Impero Ottomano. Infatti, il Sultano di Costantinopoli chiese a Mehmet Ali, governatore dell'Egitto, di eliminare i wahhabiti, allorché i Sa ʿ ūd si impadronirono nel 1801 della città santa sciita irachena di Kerbela ʾ - in cui aveva trovato la morte nel 680 il nipote di Maometto, al- Ḥ usayn b. ʿ Alī - e delle città sante di Mecca e Medina ( ), con una serie di pesanti azioni di guerriglia che - senza decisivi risultati - furono contrastate col massimo dell'impegno dai vari khedivè egiziani che avevano la "tutela" dei Luoghi Santi del Ḥ ijāz. Mu ḥ ammad ʿ Alī Pascià nominò suo figlio A ḥ mad Ṭ ūsūn Pascià ( ), di appena 17 anni, generale comandante di quella campagna militare. Essa si mosse dal porto di Suez il 3 settembre 1811 e s'impadronì facilmente del porto arabo di Yanbu ʿ in quell'anno stesso e di Medina nel 1812) e della Mecca nel La campagna militare ebbe quindi pieno successo, ma i seguaci dell'Āl Sa ʿ ūd, dopo la partenza degli egiziani, riuscirono a ricostituire uno Stato fortemente caratterizzato dalla religione islamica, così come essi la interpretavano. Una seconda spedizione si mosse tra il 1813 e il Durante questa campagna, Mu ḥ ammad ʿ Alī Pascià compì il pellegrinaggio (Hajj) e supervisionò le operazioni militari condotte dal figlio Ṭ ūsūn. Il terzo Imam saudita, Sa ʿ ūd b. ʿ Abd al- ʿ Azīz b. Mu ḥ ammad fu ucciso sotto le mura di Ṭ ā ʾ if nel dicembre 1814 e il potere passò nelle mani dello zio ʿ Abd Allāh, dal momento che nessuno dei dodici figli di Sa ʿ ūd b. ʿ Abd al- ʿ Azīz si trovava nelle condizioni di età di succedere al padre. I wahhabiti non poterono resistere all'offensiva egiziana e furono sconfitti a Kulakh il 10 gennaio Il quarto Imam ʿ Abd Allāh b. Sa ʿ ūd depose le armi e dovette accettare un trattato umiliante, ma riuscì a conservare il Najd e la sua capitale di Dir ʿ iyya. Una terza spedizione egiziana fu inviata in Arabia nel 1816, comandata da Ibrahim Pascià, altro figlio (forse adottivo) del Khedive. Dopo una campagna assai difficile, l'esercito egiziano distrusse la capitale Dir ʿ iyya il 3 settembre Esso catturò l'Imam Sulaymān, nipote di Muhammad ibn Abd al-Wahhab, che fu fucilato, e ʿ Abd Allāh b. Sa ʿ ūd, che fu inviato al Sultano ottomano Mahmud II. Questi lo fece decapitare ed espose il suo cadavere sulla piazza pubblica a Istanbul. Ma certi membri della famiglia di Sa ʿ ūd riuscirono a fuggire verso altre regioni della Penisola Arabica.

L'Imam Turki ibn ʿ Abd Allāh b. Sa ʿ ūd riuscì a dar vita nel 1824 al secondo Stato wahhabita, con Riyad per capitale. La famiglia rivale degli Āl Rashīd approfittò delle lotte intestine in seno all'Āl Sa ʿ ūd per mettere fine a questo secondo Stato e impadronirsi del potere a Riyad, questa volta con l'aiuto dei Turchi ottomani nel L'Impero britannico, che sperava di vedere l'uscita dell'Impero ottomano dall'Arabia, strumentalizzò il Wahhabismo ai suoi fini geopolitici. Garantì un forte appoggio a questo movimento nella sua opera di conquista della regione araba e aiutò il Wahhabismo ad espandersi colà. Nel 1902, ʿ Abd al- ʿ Azīz b. ʿ Abd al-Ra ḥ mān b. Fay ṣ al Āl Sa ʿ ūd, dell'antica famiglia regnante rifugiatasi in Kuwait, riconquistò Riyad, poi l'intero Najd tra il 1902 e il 1912, prima di mettere le mani sul Hijaz e di prendere il controllo della Mecca il 14 ottobre 1924, di Medina il 5 dicembre dello stesso anno, di Jedda il 23 dicembre 1925 per dar finalmente vita al regno del Ḥ ijāz il 29 agosto 1926 e quello del Najd nel maggio del 1927, che egli infine riunì il 22 settembre 1932 nel terzo Stato saudita: il Regno dell'Arabia Saudita. Il nuovo Stato adottò il Wahhabismo come dottrina ufficiale, giustificando agli occhi del mondo islamico la sua legittimità con il possesso e il controllo dei due più importanti luoghi santi dell'Islam: La Mecca e Medina. Ma la sua influenza non sarebbe stata così duratura se il suo sottosuolo non avesse mostrato una straordinaria ricchezza di idrocarburi.

Agli inizi la Wahhābiyya era soltanto uno dei tanti tentativi di ritorno alla pretesa purezza e al rigore delle origini dell'Islam. L'insegnamento del suo iniziatore era fondato sull'unicità di Dio (taw ḥ īd), sull'osservanza rigorosa del Corano e sulla severa condanna di alcune secolari consuetudini religiose (visita ai sepolcri di personaggi famosi, per esempio) che furono giudicate dai wahhabiti come contrarie al credo islamico e potenzialmente produttive di superstizione e d'idolatria. Rigorosamente ostile a ogni interpretazione personale (ra ʾ y) dei giurisperiti musulmani, il wahhabismo (come ogni movimento neo-hanbalita) guarda con sospetto anche le pratiche del sufismo ed è a favore di una lettura essoterica della sharī ʿ a, seguendo la dottrina del "bi-lā kayfa". Il Wahhabismo è stato accusato di costituire "una fonte di terrorismo globale", e di aver provocato disunione nella comunità islamica, bollando i musulmani non wahhabiti (la maggioranza schiacciante dei sunniti e gli sciiti) di apostasia (takfīr), aprendo così la strada per il loro "versamento di sangue". Il Wahhabismo è stato criticato per la distruzione di siti storici, santuari e mausolei, e altre costruzioni islamiche e non islamiche e dei loro manufatti. I "confini" di ciò che compone il Wahhabismo sono stati definiti "difficili da individuare", ma nell'uso contemporaneo, i termini Wahhabi e Salafi sono spesso usati in modo intercambiabile, e considerati come movimenti con radici diverse che si sono tuttavia fuse dal 1960 in poi. Il Wahhabismo è stato definito anche come "un particolare orientamento all'interno del Salafismo", o una branca saudita ultra-conservatrice del Salafismo. Benché fortemente mediatizzato, il pensiero wahhabita resta fortemente minoritario e differisce o addirittura si contrappone alla maggior parte delle altre dottrine islamiche: esso mira particolarmente a una pratica religiosa puramente ritualista, basata su un taqlid e un Ijtihad fortemente orientati in senso letteralistico, e che pone in secondo piano alcuni aspetti della giurisprudenza islamica, così come essa è venuta stratificandosi da secoli. I wahhabiti respingono tutte le altre correnti dell'Islam che non seguano scrupolosamente e acriticamente i loro dogmi, biasimandole come eretiche. Gli sciiti e i sufi non sono considerati dal Wahhabismo veri "credenti“.

Il sunnismo è la corrente maggioritaria dell'Islam, comprendendo circa il 90% dell'intero mondo islamico. Essa riconosce la validità della Sunna e si ritiene erede della giusta interpretazione del Corano.

Gli sciiti devono il loro nome all'espressione "shī ʿ at ʿ Alī", sovente abbreviata semplicemente in "Shī ʿ a". Hanno cominciato il loro lento cammino di differenziazione da quello che, sotto Ahmad ibn Hanbal, diventerà il Sunnismo per motivi al contempo politici e spirituali. L'occasione fu offerta dall'assassinio perpetrato dalle forze califfali omayyadi ai danni di al- Ḥ usayn b. ʿ Alī, figlio di ʿ Alī b. Abī Ṭ ālib, avvenuto nel 680 a Karbalā ʾ, in Iraq. In quell'occasione si pose con forza la questione-cardine dell'Imamato: se cioè ammettere che alla suprema carica islamica potesse accedere un qualsiasi credente, oppure riservare il posto di Califfo/Imam a un appartenente alla cerchia ristretta dei Compagni del Profeta e - con l'inevitabile trascorrere del tempo - riservarlo a un appartenente al lignaggio di Maometto. Un ambigramma con i nomi di ʿ Alì e di Mu ḥ ammad. Gli alidi si cominciarono a differenziare dal resto della Umma, dal momento che considerarono 'Ali unica guida legittimata a governare l'Ahl al-Bayt, mentre il resto dei musulmani ritenne che qualsiasi fedele di buona capacità religiosa, non necessariamente discendente del Profeta, anche se preferibilmente appartenente alla sua tribù - i Coreisciti -, potesse guidare a pieno titolo la Comunità islamica. Col tempo gli alidi misero per scritto le loro riflessioni teologiche e politologiche, evolvendo verso quello che diventerà il vero e proprio Islam sciita. Da quanti si potranno di lì a poco legittimamente chiamare "sunniti", gli sciiti presero a differenziarsi anche a proposito di alcuni altri istituti giuridici, ammettendo, ad esempio, la legittimità del matrimonio a tempo prefissato, detto mut ʿ a, sulla scorta di precisi ḥ adīth del Profeta, negando che Maometto avesse posto fine a una tal pratica preislamica al ritorno dalla conquista di Khaybar.Secondo alcuni studiosi sunniti, una parte dell'Islam sciita penserebbe che dal Corano - raccolto all'epoca del califfo ʿ Uthmān b. ʿ Affān - siano stati espunti alcuni passaggi e una sura intera che attestavano la designazione a succedergli, fatta da Maometto in favore di ʿ Alī. Questa affermazione è decisamente respinta dagli attuali sciiti che ribadiscono invece che nello Sciismo nessuno avrebbe mai affermato l'incompletezza del Testo Sacro islamico. Nel suo U ṣ ūl al-Kāfī, Mu ḥ ammad b. Ya ʿ qūb al-Kulaynī, o Kulīnī, affermò peraltro sull'autorità di Jābir:

L'Islam sciita riconosce, come tutte le altre scuole islamiche, l’Unità Divina e il testo sacro del Corano. Esso considera che il Corano abbia un senso evidente ed uno nascosto, senza comunque che il secondo annulli o pregiudichi il primo, e che il testo sacro vada studiato anche esotericamente. Gli Imām sono gli incaricati di insegnare ai fedeli più ricettivi questa gnosi. I musulmani sciiti affermano che Dio è giusto e che non agisce mai ingiustamente. Di conseguenza ricompensa coloro che credono e compiono buone opere e punisce i malfattori. Per l'affermazione di tale principio l'uomo deve essere libero nella scelta delle proprie azioni ed è per questo che gli è stato conferito il libero arbitrio. Punto questo di potenziale discussione con quanto sostenuto dal sunnismo, che ritiene Dio unico Creatore, e quindi anche degli atti dell'uomo