Elementi di linguistica italiana. Le strutture dell italiano.

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Elementi di linguistica italiana. Le strutture dell italiano.

La fondamentale distinzione di tipo logicista (che si basa, cioè, su opposizioni logiche) tra nome o sostantivo, che indica una sostanza, e verbo, che indica un processo, risale agli antichi greci: tale opposizione di massima in alcuni casi non è adeguata, in quanto ci sono nomi che indicano processi, come comprensione, e verbi che indicano 'stati' e non processi, come per esempio esistere, possedere.

Il nome, in italiano, varia nel genere e nel numero, non nel caso, la cui distinzione è affidata all'articolo e alle preposizioni articolate.

La classificazione dei nomi in base al loro significato prevede la distinzione tra nomi propri, che designano un particolare individuo di una specie o categoria (di persona, di città ecc.), nomi comuni, che desinano ogni possibile individuo di una specie o categoria (uomo, tavolo), nomi collettivi, che designano un gruppo di individui (mandria, biancheria), nomi concreti, che designano oggetti percepibili dai sensi direttamente o eventualmente aiutati da strumenti di percezione (ciliegia, onda, luce), nomi astratti, che designano concetti (bontà, tristezza).

A proposito di quest'ultima distinzione, osserviamo che ad alcuni nomi è difficile applicare l'opposizione concreto/astratto: per esempio, nomi come sonno, malessere, mondo, universo non rientrano con decisione né tra gli astratti, né tra i concreti. Va tenuto comunque presente il fatto che alcuni nomi hanno significati concreti e significati astratti, come forza, movimento.

Un'altra classificazione che la linguistica recente ha aggiunto alle categorie tradizionali appena citate è quella che distingue nomi numrabili e nomi non numerabili o nomi massa: i primi indicano oggetti o entità delimitabili, che possono normalmente esistere in una pluralità, come casa, città, uomo, mentre i secondi indicano sostanze amorfe, come acqua, latte, sale, o materiali considerati genericamente, come legno, ferro.

Comportamento sintattico differente per alcuni aspetti connota le due categorie di nomi: per fare solo un esempio, i nomi numerabili possono essere preceduti da alcuni aggettivi indefiniti solo al plurale (molte sedie, non *molta sedia), mentre al contrario i nomi non numerabili si accompagnano a tali aggettivi solo al singolare (poco latte, non *pochi latti).

Dal punto di vista morfologico, senza trattare la formazione del femminile e del plurale, ci limitiamo a notare due irregolarità.

I nomi maschili terminanti in -co e go possono avere il plurale in -chi/ghi oppure in -ci/gi, senza che si possa indicare una regola precisa: porco fa porci, amico fa amici, rna cuoco fa cuochi, fungo fa funghi. Alcuni hanno entrambe le forme, come archeologhi e archeologi, ma generalmente una delle due tende a prevalere sull'altra, come chirurghi contro chirurgi, stomaci contro stomachi, e così via.

In questa irregolarità morfologica agiscono due spinte contrapposte: da un lato l’evoluzione fonetica, secondo la quale davanti alla vocale i l'occlusiva velare latina si sarebbe dovuta modificare in affricata palatale (quindi, etimologicamente, amici), dall'altro la tendenza della lingua a mantenere al plurale lo stesso tema del singolare, per ragioni di analogia e di economia linguistica.

I nomi femminili che escono al singolare in - cia o -gia generalmente nel plurale mantengono la i se la consonante palatale è preceduta da una vocale (per esempio valigia- valigie), 1a perdono se è preceduta da una consonante (per esempio mancia-mance), ma con un certo margine di irregolarità.

Si tratta di un problema solo grafico, in quanto la i al singolare ha valore diacritico, cioè serve per indicare la diversa pronuncia della lettera precedente, e al plurale è quello che possiamo definire un relitto grafico, cioè un grafema che non ha nessuna funzione (pronunciamo, infatti, esattamente allo stesso modo mance e mancie).