Notizie dalla Terra La desertificazione
Ogni anno vengono distrutti 12 milioni di ettari di foreste tropicali Ogni anno vengono distrutti 12 milioni di ettari di foreste tropicali. In tutto il mondo gli alberi scompaiono a una velocità 10 volte superiore al ritmo con cui vengono piantati.
Il motivo principale per cui queste foreste vengono eliminate è la richiesta di legno pregiato da esportare negli stati industrializzati. Enormi aree vengono disboscate anche per svolgere altre attività: estrarre minerali, coltivare e praticare l' allevamento.
L' eliminazione degli alberi è una delle cause della desertificazione, cioè del degrado del suolo. Per desertificazione si intende anche il fenomeno che si verifica quando si cerca di coltivare più di quanto i terreni aridi e semidesertici possono sopportare o quando si fa pascolare più bestiame di quanto il terreno consenta.
Si consideri il "Polmone della Terra" ( l'Amazzonia) che contribuisce a trasformare l'anidride carbonica in ossigeno. Le foreste pluviali esercitano un ruolo fondamentale sul clima: se si eliminano le foreste, che sono un'immensa riserva di umidità, la temperatura del globo terrestre aumenterebbe con conseguenze gravissime, tra le quali l'espansione delle zone aride.
La distruzione delle foreste comporta conseguenze negative non solo sull'ambiente e sull'economia locale, ma anche sull' intero pianeta. Una volta scomparsi gli alberi, il terreno subisce un grave degrado: prima le piogge abbondanti spazzano via lo strato di Humus, poi i potenti raggi del sole induriscono il suolo rendendolo sterile.
I terreni minacciati dalla desertificazione coprono, attualmente, un' area molto vasta comprendente le savane aride e le steppe in cui le precipitazioni sono inferiori a 400 mm annui.
La desertificazione è un fenomeno causato da mutamenti climatici La desertificazione è un fenomeno causato da mutamenti climatici. Le cause che maggiormente contribuiscono al processo di desertificazione sono molte, complesse e comprendono, oltre alle classiche attività di deforestazione, il sovra-pascolo, le cattive pratiche di irrigazione, le pratiche di uso del suolo non sostenibili e anche alcuni complessi meccanismi relativi al commercio internazionale. Ancora una volta l'inquinamento umano si dimostra un fattore di primo piano: quest'ultimo è, infatti, causa del surriscaldamento globale che, come è logico immaginare, fra le sue ripercussioni sul nostro pianeta comprende proprio la desertificazione.
La comunità internazionale ha da tempo riconosciuto la desertificazione come uno dei maggiori problemi economici, sociali e ambientali in vari paesi del mondo. La desertificazione infatti riduce drammaticamente la fertilità del suolo e, di conseguenza, la capacità di un ecosistema, seppur in origine desertico o semi-desertico, di produrre servizi.Secondo le stime del Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme - UNEP), un quarto delle terre del pianeta è minacciato dalla desertificazione. Le esistenze di più di un miliardo di persone in oltre 100 nazioni sono a propria volta messe a rischio dalla desertificazione, dal momento che la coltivazione e il pascolo divengono meno produttivi.Desertificazione non vuol dire che i deserti stanno avanzando costantemente o prendendo il possesso delle terre vicine.
Il termine desertificazione si configura come un generico degrado delle terre in particolari ambienti climatici, e non necessariamente come l'espansione dei deserti. In base alla definizione della Convenzione ONU, la desertificazione è un processo di "degrado" dei terreni coltivabili in aree aride, semi-aride e sub-umide; quindi la conseguenza di numerosi fattori, comprese variazioni climatiche e attività umane. Chiazze di terreno degradato possono trovarsi a centinaia di chilometri dal deserto più vicino. Ma esse possono espandersi ed unirsi l'una con l'altra, creando delle condizioni simili a quelle desertiche.
La desertificazione interessa particolarmente zone dell'Africa confinanti con il Sahara che si espande, con i deserti in Arabia e della zona mediorientale. Altre zone a rischio di desertificazione sono: la parte occidentale dell'America del Nord e quella del Sud. Anche il deserto australiano è in espansione. In Italia, sono interessate da questo fenomeno in particolare le regioni: Sicilia, Sardegna, Puglia e Calabria.
Il disboscamento consiste nell'abbattimento degli alberi per motivi commerciali o per sfruttare il terreno attraverso la coltivazione.Fin dall'antichità si disbosca per ottenere la legna da ardere ( per il riscaldamento domestico), per ricavare materiale da usare per l'edilizia, per ottenere nuovi terreni da destinare all'agricoltura e all'espansione urbana. Questo fenomeno interessa soprattutto le aree tropicali dove vengono eseguiti disboscamenti con il metodo del "taglia e brucia": dapprima si abbattono gli alberi, poi si incendia il sottobosco rimanente. Una volta terminato l'incendio si sarà depositata sul terreno della cenere che fertilizza il terreno. Questo sistema reca gravi danni all'equilibrio dell'ambiente naturale, infatti la cenere fertilizza per poco tempo il terreno, di conseguenza si distrugge l'habitat della foresta pluviale e si accelerano i fenomeni erosivi del terreno. Dopo pochi anni si deve abbandonare quella parte del terreno e disboscare un'altra area. Inoltre l'utilizzo del fuoco è molto pericoloso perché danneggia la fauna e spesso sfugge al controllo, dell'uomo, causando danni ancora più gravi.
Questo fenomeno è molto frequente nella foresta Amazzonica Questo fenomeno è molto frequente nella foresta Amazzonica. Le piante verdi aiutano a mantenere stabile la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera (attraverso la fotosintesi clorofilliana). L'utilizzo di combustibili fossili ed il disboscamento stanno causando un aumento di CO2 nell'atmosfera, che ha diretta influenza su fenomeni come l'effetto serra ed il riscaldamento globale. Gli effetti negativi del disboscamento sono numerosi e comprendono:• L'effetto serra • La desertificazione nei territori secchi • L'erosione, le frane e gli smottamenti nei territori piovosi • La sottrazione di risorse per le popolazioni indigene. Il disboscamento è il risultato della rimozione degli alberi senza che vi siano cause a tutto ciò. Invece di catturare le precipitazioni, che filtrano poi nel sottosuolo, le aree disboscate diventano aree di veloce deflusso acquifero superficiale. Il disboscamento contribuisce inoltre ad una riduzione, dell' evapotraspirazione, che diminuisce l'umidità atmosferica e le precipitazioni. Anche la produzione di legname può essere una causa di questo fenomeno, ma in misura inferiore a quelle appena esposte.
I boschi e le foreste sono inoltre importantissimi ecosistemi con una elevatissima biodiversità in cui vivono numerosissime specie viventi.Sono anche oggetto di bellezza estetica, naturalistica e culturale. Il disboscamento comporta la perdita di questi valori, del rispetto delle foreste e in generale dell'ambiente. L' Amazzonia è qualcosa di più di un ecosistema, di una grande foresta, di un immenso paese da proteggere: l'Amazzonia è il nostro futuro. Non più di un quinto delle foreste originarie del pianeta è rimasto intatto. La metà di ciò che resta è minacciata dalle attività minerarie, agricole e soprattutto dall' estrazione commerciale di legname. L'Amazzonia brasiliana è la più grande estensione al mondo di foresta primaria: 370 milioni di ettari, un terzo del totale di tutto il Pianeta. Quello che possiamo fare è proteggere l' ultimo grande polmone del pianeta. Le multinazionali del legname stanno minacciando l'integrità di questa terra meravigliosa. Fino ai primi anni '70, il 99 % della foresta amazzonica era ancora intatto. Alla metà degli anni '80 il 13,7 % era compromesso: in appena tre decenni, sono stati distrutti più di 55 milioni di ettari di foresta, l'equivalente di una regione vasta quanto la Francia. Ogni anno, in aree isolate e inaccessibili, l'industria del legname penetra nella foresta, devastandone aree immense che non compaiono nelle statistiche ufficiali. Molto spesso, dopo il taglio degli alberi, la residua foresta è data alle fiamme e sulle sue ceneri vengono seminate piante erbacee a crescita rapida, la cui natura infestante impedisce la crescita di nuovi alberi. Ma anche i pascoli spesso durano poco: in breve tempo il sottilissimo manto fertile della foresta si consuma senza rigenerarsi e, priva della protezione dei rami, l'umidità viene asciugata dal sole lasciando spettrali distese di argilla rossiccia.
Le tempeste di polvere asiatiche (chiamate anche “Polvere gialla”) sono un fenomeno meteorologico stagionale che colpisce sporadicamente gran parte dell’Asia orientale durante i mesi primaverili. La polvere si origina nei deserti della Mongolia ed in quelli della Cina, dove venti superficiali ad alta velocità e intense tempeste di sabbia sollevano dense nuvole di sottili particelle di suolo arido. Queste nuvole sono poi trasportate verso est dai venti dominanti e sorvolano la Cina, la Corea del nord, quella del sud e il Giappone. Le tempeste di sabbia, con specifico riferimento alla Cina, sono state chiamate: “Terrorismo della polvere gialla” da alcuni scienziati della Corea.
Negli ultimi decenni, tra le cause del fenomeno, vanno indicate la distruzione ambientale in Cina (determinato dallo sfruttamento eccessivo del terreno per il pascolo), dal massimo sviluppo industriale e dall’estesa combustione di carbone senza filtraggio adeguato. Le tempeste distruggono le terre coltivabili, si portano a degradare il suolo e ricoprono il terreno di sostanze nocive. Le tempeste di polvere hanno effetti pesanti, anche, su piante e animali perché distruggono coltivazioni e habitat.
Il governo cinese, in qualche modo, si è mosso per attenuare il problema e ha creato una vera e propria muraglia composta da 5.000 km di alberi per proteggere Pechino, ma solo il 25% di questi sopravvive a causa della scarsità di acqua dolce e della povertà del terreno, già troppo sfruttato. Per arginare il problema della scarsità dell’acqua dolce, la Cina, ha utilizzato degli ordigni che, esplodendo in cielo, causano la pioggia.