Contemplando la natura, il salmista loda Dio e riconosce in Lui la fonte della vita. È il salmo della creazione e nella sua esposizione segue l’ordine della cosmologia narrata dal racconto della Genesi (cfr. Gen 1): luce, cielo, terra, piante, animali, l’uomo, per concludere con un inno alla provvidenza, e con l’invocazione perché scompaia l’unica stonatura di questa armonia cosmica: il peccato. Protagonista del canto e interlocutore assoluto è Dio, origine e creatore di tutte le cose. Alla descrizione del creato fa eco il canto del l’orante.
Quello che colpisce è il riferimento allo Spirito Creatore: «Mandi il tuo Spirito e sono creati, in cui non solo si celebra la natura in se stessa, ma il costante atto creativo di Dio, quella spinta di vita che genera continuamente novità. In questo modo l’inno si trasforma: esso non è più solo la celebrazione e la constatazione di ciò che esiste, di ciò che Dio ha compiuto, ma anche una contemplazione di quello che Dio ancora può operare, del dinamismo di crescita che ci abita se accogliamo in noi lo Spirito Santo e la sua forza.
Il riferimento alla gioia pare proprio una conseguenza di quest’azione dello Spirito Santo in noi: «A Lui sia gradito il mio canto, la mia gioia è nel Signore», proprio come è detto nella lettera ai Galati in cui Paolo, descrivendo il frutto dello Spirito, parla anche della gioia: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.,» (GaI 5,22).