Per DIRITTO s’intende il complesso delle regole di condotta o NORME GIURIDICHE che disciplinano i rapporti tra i membri di una certa collettività, in un.

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Transcript della presentazione:

Per DIRITTO s’intende il complesso delle regole di condotta o NORME GIURIDICHE che disciplinano i rapporti tra i membri di una certa collettività, in un dato momento storico. Diritto Naturale (intrinseco): insieme dei principi generali insiti nella natura umana ed idonei a produrre effetti giuridici (es. discriminazione bene e male). Diritto Positivo (codificato): insieme delle norme giuridiche vigenti in un certo momento storico dello Stato. I rapporti che prendono vita dall’ordinamento giuridico pongono i consociati ora in condizioni di eguaglianza (diritto privato), ora in condizioni di dipendenza quando l’uno sia dotato di supremazia sull’altro (diritto pubblico).

Diritto Pubblico Diritto Privato Comprende tutte le normative che riguardano l’attività pubblica nei suoi vari aspetti. Regola l’organizzazione ed il funzionamento dello Stato e degli altri enti pubblici aventi potere sovrano (rapporto di dipendenza) -Dir. Costituzionale -Dir. Amministrativo -Dir. Penale -Dir. Procedura Penale -Dir. Procedura Civile -Dir. Internazionale -Dir. Ecclesiastico Diritto Privato Comprende tutte le norme volte a regolamentare i rapporti e le attività tra i singoli cittadini che, vengono a trovarsi su un piano di assoluta parità tra loro (rapporto di uguaglianza) -Dir. Civile -Dir. Commerciale -Dir. Del Lavoro

NORMA: singola disposizione di legge che esprime un modello di comportamento che può essere qualificato, di volta in volta, in base alla diversa fonte da cui è richiesto. Sono prescrizioni rivolte agli uomini che indicano come agire nelle diverse circostanze della vita Il Precetto: comando con cui s’impone di osservare un certo comportamento, può essere positivo o negativo La Sanzione: consiste in una conseguenza negativa stabilita per la violazione di una specifica norma giuridica

CODICI: raccolte di norme che costituiscono un sistema unitario e semplificato di disposizioni che servono a regolamentare le varie materie del diritto CODICE CIVILE (c.c.) CODICE PENALE (c.p.) CODICE DI PROCEDURA CIVILE (c.p.c.) CODICE DI PROCEDURA PENALE (c.p.p.)

Elementi di Diritto Penale

Il DIRITTO PENALE comprende l’insieme delle norme penali, singole disposizioni di legge attraverso le quali lo Stato vieta determinati comportamenti o ne prescrive altri sotto la minaccia di una pena NORMA PENALE: disposizione di legge che vieta una determinata condotta e che prevede, in caso di trasgressione, la comminazione di una pena ben precisa Art. 1 c.p. “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da esse stabilite” Art. 5 c.p. “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale” Il principio di legalità costituisce la fonte principale del diritto penale, questo viene enunciato dall’art. 1 c.p. Ciò garantisce al cittadino la certezza del diritto, poiché egli conosce in precedenza i comportamenti proibiti e non corre il rischio che gli venga inflitta una pena che non gli spetta. Ignoranza della legge penale (art. 5 c.p.): le norme penali sono indirizzate a tutti i cittadini, i quali sono tenuti a conoscerle ed osservarle.

Per reato s’intende ogni fatto illecito cui l’ordinamento giuridico collega come conseguenza una pena. L’esistenza del reato presuppone: una norma che lo descrive un fatto che lo costituisce una sanzione penale come conseguenza Oggetto del reato è il bene tutelato dalla norma penale su cui cade l’azione del reo (es. la vita nell’omicidio, l’incolumità personale nelle lesioni personali). Soggetto del reato: attivo (colui che compie il reato, può essere “chiunque”) passivo (persona offesa dal reato) Danneggiato dal reato è qualunque persona alla quale il reato ha cagionato un danno.

IL REATO: CLASSIFICAZIONE In base alla GRAVITÀ delitti (ergastolo, reclusione, multa) contravvenzioni (arresto, ammenda) In base all’INTENZIONALITÀ (Art. 43 c.p.) Doloso o secondo intenzione: l’evento dannoso o pericoloso è preveduto e voluto dal reo come conseguenza della sua azione od omissione. Colposo o contro l’intenzione: non vi è reale volontà di provocare l’evento dannoso o pericoloso, ma questo si verifica; l’evento anche se preveduto non è voluto dall’agente. Preterintenzionale od oltre l’intenzione: la volontà del reo è di provocare un danno minore rispetto a quello che si verifica realmente. In base alla CONDOTTA DEL REO Reati commissivi e omissivi Reati a forma libera e a forma vincolata

In base alla NATURA DELL’EVENTO Reati di danno o di pericolo Reati di condotta o di evento In base ai SOGGETTI Reati uni o plurisoggettivi Reati comuni o esclusivi In base all’EFFETTO FINALE DELL’AZIONE Consumato quando viene raggiunto il fine dell’azione illecita Tentato quando manca l’evento nonostante l’intenzione e l’impiego di mezzi idonei In base alla PROCEDIBILITÀ Reati perseguibili d’ufficio Reati perseguibili a querela della persona offesa Nel reato di danno si ha l’effettiva lesione del bene-interesse tutelato e protetto dalla legge, nel reato di pericolo si ha invece una probabilità che si verifichi il danno, minacciano o mettono in pericolo il bene-interesse tutelato. Il reato di pura condotta è quello in cui l’evento si immedesima con l’azione o omissione (es. la percossa si consuma con l’atto stesso del percuotere), il reato di evento richiede il verificarsi di un vento distinto dall’azione o dall’omissione.

STRUTTURA DEL REATO ESSENTIALIA DELICTI Elementi essenziali, indispensabili per l’esistenza del REATO Elemento oggettivo (consiste nell’azione od omissione e dall’evento) Antigiuridicità o elemento antigiuridico (rappresenta il comportamento contrario al diritto) Elemento soggettivo o psicologico (consiste nell’atteggiamento psicologico del soggetto agente: DOLO, COLPA o PRETERINTENZIONE) ACCIDENTALIA DELICTI Elementi accidentali sono le circostanze (aggravanti o attenuanti) che trasformano il reato semplice in circostanziato. Non modificano l’essenza del reato ma incidono sulla gravità e sull’entità della pena.

REQUISITI DEL REATO ELEMENTI SOGGETTIVI ELEMENTI OGGETTIVI L’analisi dell’elemento materiale del reato porta a considerare tre aspetti: Condotta (comportamento umano che produce una modificazione del mondo esteriore) Evento (termine conclusivo della condotta, risultato) Nesso di causalità materiale (connessione tra condotta ed evento) Relazione causa-effetto tra la condotta del soggetto e l’evento ELEMENTI SOGGETTIVI Scopo (è il movente o motivo dell’azione, ossia il fine per il quale si agisce) Volontà o Colpevolezza (atteggiamento psicologico del soggetto agente che volontariamente trasgredisce la legge penale) Art. 42 c.p. “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione prevista dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà” Attribuibilità psicologica del singolo reato alla volontà del soggetto Principio del nullum crimen sine culpa fondato sul presupposto della volontarietà che governa tutte le azioni umane e quindi condiziona anche i comportamenti antigiuridici. La colpevolezza non sussiste se l’autore del fatto è persona incapace d’intendere o di volere, perciò si suol dire che l’imputabilità è il presupposto della colpevolezza. Infatti la sussistenza della colpevolezza risiede in una condotta cosciente e volontaria, che non può essere alla portata di un soggetto immaturo o insano di mente.

DOLO: è l’espressione tipica della colpevolezza e si fonda sulla coincidenza tra fatto ideato-voluto e fatto realizzato. Art. 43 c.p. “Il delitto è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”

PRETERINTENZIONE: consiste nella produzione di un evento più grave non voluto nell’atto di cagionare un evento meno grave e voluto. “Il delitto è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente”

COLPA: consiste in una condotta volontaria, commissiva od omissiva, da cui deriva un evento antigiuridico non voluto, ma prevedibile, che si poteva e doveva evitare usando la dovuta cautela. “Il delitto è colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” La prevedibilità dell’evento non voluto resta il fondamento della colpa punibile e consiste nel non aver considerato ciò che la legge faceva obbligo di prevedere.

IL REATO CIRCOSTANZIATO Aggravanti e Attenuanti secondo che importino un aumento o una diminuzione della pena stabilita per il reato semplice. Comuni e Speciali: le prime sono applicabili a qualsiasi reato, le seconde sono previste per un solo reato o per un gruppo limitato di reati. Specifiche e Generiche: le prime si applicano nei casi e nei modi indicati dalla legge con apposita normativa, le seconde mancano di tale indicazione essendo rimesso al giudice di decidere in quale caso concreto esse debbano applicarsi.

CIRCOSTANZE AGGRAVANTI COMUNI (art. 61 c.p.) n.1 L’aver agito per motivi abietti o futili. n.4 L’aver adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone. n.5 L’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o la privata difesa. n.8 L’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso. CIRCOSTANZE ATTENUANTI COMUNI (art. 62 c.p.) n.1 L’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale. n.5 Essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa. CIRCOSTANZE ATTENUANTI GENERICHE (art. 62-bis c.p.) Il giudice indipendentemente dalle attenuanti comuni dell’articolo 62 “può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena”. (Es. le concause patologiche preesistenti della vittima, il concorso colposo della persona offesa, la mancanza di vitalità del neonato in caso di infanticidio…).

Affinché possa sussistere un reato è necessaria dunque: La presenza degli elementi positivi Fatto materiale Antigiuridicità del fatto Colpevolezza L’assenza degli elementi negativi Cause di esclusione della punibilità PUNIBILITA’: possibilità di applicare la sanzione prevista per ciascun reato.

Cause di esclusione dell’ANTIGIURIDICITA’ (incidono sul requisito formale del reato e impediscono il sorgere del reato stesso togliendo a questo il carattere antigiuridico). Cause di esclusione della COLPEVOLEZZA (incidono sull’elemento psicologico del reato escludendo il dolo o la colpa). Cause di esclusione dell’IMPUTABILITA’ (non incidono sugli elementi costitutivi del reato ma riguardano la qualità personale dell’autore al quale tolgono la capacità d’intendere o di volere necessaria per la punibilità). Eliminato il nesso psicologico tra l’autore e la sua condotta, l’azione perde il carattere cosciente e volontario, perciò il fatto compiuto difettando della componente soggettiva, possiede solo gli elementi oggettivi che di regola non bastano per l’applicazione della pena.

CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO (Art. 50 c.p.) “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporre”. ADEMPIMENTO DI UN DOVERE (Art. 51 c.p.) La punibilità è esclusa quando il fatto, altrimenti costituente reato, viene commesso nel “adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità”. ESERCIZIO DI UN DIRITTO (Art. 51 c.p.) Esimente che sussiste quando una persona, per tutelare o esercitare un suo diritto, compie un fatto previsto dalla legge come reato. STATO DI NECESSITA’ (Art. 54 c.p.) “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”. Stato di necessità: si tratta di una situazione pericolosa in cui viene a trovarsi qualcuno contro la sua volontà e, non potendola evitare con altri mezzi, è costretto a compiere un’azione contraria al diritto. Per la sussistenza della scriminante devono ricorrere vari requisiti, il pericolo deve essere attuale in quanto in atto al momento dell’azione, inevitabile perché non eliminabile con diversa condotta. Il danno alla persona, propria o altrui, deve essere grave e consistere in un serio pregiudizio che minaccia la vita o l’incolumità individuale. La situazione pericolosa deve essere involontaria ossia non causata dallo stesso agente, perciò non può invocare l’esimente chi, avendo dolosamente causato un incendio, sia poi costretto a sacrificare la vita altrui per salvare la propria.

FORZA MAGGIORE (Art. 45 c.p.) VIOLENZA FISICA (Art. 46 c.p.) CASO FORTUITO (Art. 45 c.p.) Avvenimento imprevedibile e imponderabile, con carattere di eccezionalità, che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto, cagionando un evento che non si è potuto evitare: “non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito”. FORZA MAGGIORE (Art. 45 c.p.) Avvenimento esterno, derivante dalla natura o da un terzo, che costringe l’uomo a comportarsi contro la sua volontà. La forza maggiore deve essere imprevedibile, inevitabile e irresistibile. VIOLENZA FISICA (Art. 46 c.p.) E’ violenza la costrizione fisica esercitata da un individuo su di un altro individuo allo scopo di fargli commettere un reato. Non è punibile chi ha commesso il fatto quando non poteva resistere o comunque sottrarsi alla violenza.

IMPUTABILITA’ (Art. 85 c.p.) Capacità del soggetto attivo del reato ad essere sottoposto ad imputazione, ad essere chiamato a rispondere della propria condotta illecita. “Nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile … è imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere”.

I presupposti dell’imputabilità sono: la capacità di intendere la capacità di volere Un soggetto può essere definito imputabile, fino a prova contraria, quando al momento della commissione del reato abbia compiuto la maggiore età e sia in grado di intendere e volere.

CAPACITÀ D’INTENDERE Capacità di intendere vuol dire attitudine a rendersi conto degli atti compiuti, a comprenderne i motivi, il significato e quindi a prevedere la portata e le conseguenze della propria condotta (coscienza dell’agire). Il soggetto è in grado di discernere rettamente se le sue azioni siano buone o cattive, lecite o illecite, utili o dannose. → consapevolezza di compiere un’azione contraria e dannosa alla collettività, capire l’antigiuridicità di un determinato comportamento, conoscerne il carattere proibitivo.

CAPACITÀ DI VOLERE Per capacità di volere, invece, si deve intendere la facoltà di autodeterminazione del soggetto, la libertà di scegliere la condotta adatta allo scopo → manifestazione esteriore (il fare). Vuol dire anche capacità di inibirsi, di resistere agli impulsi e di saper frenare le forze impellenti dei sentimenti e del tornaconto personale → manifestazione interiore (il non fare). La volontà può avere, dunque, una manifestazione esteriore quando l’individuo prende la decisione fra tendenze diverse e compie un’azione nella consapevolezza del fine da raggiungere; e una manifestazione interiore quando egli, sapendosi dominare, si astiene dall’agire pur essendo libero di farlo, perciò anche l’azione inibita dai propri freni rappresenta un atto della volontà.

Devono essere presenti entrambe le facoltà di INTENDERE e VOLERE affinché il soggetto sia imputabile; l’assenza di una delle due è sufficiente per definire la non imputabilità. Esse vanno sempre riferite al momento in cui è stato commesso il fatto.

Le cause di esclusione o di attenuazione, che tolgono o diminuiscono la capacità di intendere o di volere, si distinguono in: Cause fisiologiche, dipendenti dall’età del soggetto Cause patologiche, dovute a infermità e stati tossici acuti

L’ETÀ MINORE È UNA CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’IMPUTABILITÀ Dalla nascita fino ai 14 anni l’imputabilità è esclusa in modo assoluto. Non risponde del reato commesso «chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni» (art. 97 c.p.) La precocità mentale di molti fanciulli non infirma la regola generale poiché non è sufficiente il solo sviluppo dell’intelligenza per rispondere di un reato ma occorre soprattutto la capacità di dominare i propri impulsi mediante un atto di volontà inibitrice, che a quell’età può fare ancora difetto. Se il fatto commesso costituisce delitto e il minore degli anni 14 è ritenuto socialmente pericoloso si applicano a lui le misure di sicurezza (libertà vigilata o ricovero in riformatorio).

Scopo dell’indagine è quello di conoscere il grado di Dai 14 anni compiuti ai 18 anni l’imputabilità va provata caso per caso. Il minore che ha compiuto gli anni 14 ma non ancora i 18 è imputabile se, al momento in cui ha commesso il fatto, aveva la capacità d’intendere e di volere (art. 98 c.p.). La punibilità del minore è sempre subordinata alla dimostrazione della sua maturità psichica. Scopo dell’indagine è quello di conoscere il grado di Maturità intellettiva e volitiva poiché vi sono minori che hanno raggiunto un livello normale di intelligenza ma presentano una volizione ancora imperfetta essendo incapaci di controllare criticamente le pulsioni a causa di eccessiva emotività o per difetto di inibizione. Maturità sociale di quei minori che pur possedendo un normale sviluppo intellettivo non sono in grado di valutare il significato etico-sociale delle loro azioni.

Occorre distinguere se l’incapacità mentale dipenda da un fisiologico ritardo dello sviluppo psichico (immaturità) oppure sia cagionata da un fatto patologico (infermità) poiché quest’ultimo caso rientra nel vizio totale o parziale di mente. Se riconosciuto capace d’intendere e di volere, l’infradiciottenne risponde del fatto commesso, ma la pena è diminuita in ogni caso. Il minore non imputabile, ma dichiarato socialmente pericoloso, è prosciolto e viene sottoposto a misure di sicurezza. Dai 18 anni compiuti in poi l’imputabilità è presunta perché si ritiene che l’individuo maggiorenne abbia raggiunto il pieno possesso delle facoltà mentali.

VIZIO DI MENTE Il vizio di mente si dice totale quando la capacità di intendere o di volere manca in modo assoluto; è parziale quando la capacità di intendere o di volere non è del tutto esclusa ma è grandemente diminuita. Vizio totale di mente (Art. 88 c.p.) “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o volere”. Vizio parziale di mente (Art. 89 c.p.) “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita”.

Il vizio di mente TOTALE ricorre quando un processo morboso di qualsiasi natura (infermità) si ripercuote sulla sede delle funzioni psichiche (stato di mente) e le turba in modo da togliere al soggetto agente la capacità di intendere o di volere o entrambe. Malattie psichiatriche (psicosi come schizofrenia, paranoia, psico-nevrosi cioè i disturbi d’ansia e somatoformi con manifestazioni e tendenze depressive, fobiche, isteriche); Malattie cerebrali di natura neurologica come meningiti, encefalite, epilessia, tumori, esiti di rammollimenti o emorragie, atrofie, sequele di traumi cranici; Malattie somatiche di origine infettiva, tossica, metabolica, endocrina. Affinché sussista il vizio PARZIALE di mente (detto semi-infermità mentale) occorre uno stato patologico grave e d’intensità tale da diminuire considerevolmente il funzionamento dell’intelletto o della volontà.

Si ha il vizio permanente se esso dipende da un turbamento psichico protratto nel tempo in rapporto con la stabilità e durevolezza dell’infermità che lo cagiona; si ha il vizio temporaneo se il disordine psichico è fugace, momentaneo come avviene negli stati acuti infettivi o tossici. La natura permanente o temporanea del vizio di mente non ha rilievo ai fini dell’imputabilità, poiché un’alterazione mentale anche transitoria può escludere l’imputabilità se è presente al momento in cui il soggetto ha commesso il fatto; ha importanza invece il grado totale o parziale del vizio, perché il primo esclude l’imputabilità, mentre il secondo la lascia sussistere pur attenuando la pena.

UBRIACHEZZA Stato di ebbrezza acuto, momentaneo ed episodico causato dall’alcol. Il Codice Penale distingue le seguenti specie di ubriachezza: Accidentale, involontaria o incolpevole, derivante da caso fortuito o da forza maggiore; Volontaria, che può essere intenzionale o colposa; Preordinata, al fine di commettere un reato o di prepararsi una scusa; Abituale, propria di chi faccia abuso di bevande alcoliche Rispetto all’intensità si distingue in piena se toglie completamente la capacità d’intendere o di volere; semipiena se diminuisce grandemente tale capacità, senza escluderla.

UBRIACHEZZA ACCIDENTALE (Art. 91 c.p.) Si realizza al di fuori della volontà l’ubriachezza «derivata da caso fortuito o da forza maggiore», ossia causata da un fatto imprevedibile o da una forza esterna irresistibile. chi è costretto a inalare vapori di alcol per l’improvvisa rottura di recipienti; chi ingerisce bevande alcoliche per sbaglio o a sua insaputa credendole analcoliche; chi è tratto in inganno a opera dell’altrui scherzo o malizia ingerendo bevande in cui l’alcol è mascherato da essenze. L’individuo nell’atto di ingerire la bevanda alcolica, non aveva voluto ubriacarsi né aveva preveduto di ubriacarsi. Se l’ubriachezza è piena chi ha commesso il fatto non è imputabile; se non è piena ma tuttavia diminuisce grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, il colpevole risponde del reato ma la pena è ridotta.

UBRIACHEZZA VOLONTARIA (Art. 92 c.p.) L’ubriachezza «non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità». Si ha quando il soggetto si è voluto ubriacare per superare uno stato di tristezza o dimenticare preoccupazioni o dispiaceri o procurarsi una momentanea euforia (ubriachezza intenzionale) oppure quando l’ebrietà deriva da un comportamento poco accorto o imprudente, come è il caso di chi si abbandona a eccessive libagioni durante una cena tra amici che poi degenera in rissa (ubriachezza colposa). In questi casi l’imputabilità rimane inalterata e l’ubriaco volontario risponderà del reato come se l’avesse commesso con piena lucidità di mente.

UBRIACHEZZA PREORDINATA Quando l’ubriachezza è preordinata al fine di commettere un reato o di prepararsi una scusa, l’imputabilità non è esclusa né ridotta, anzi la pena è aumentata.

UBRIACHEZZA ABITUALE (Art. 94 c.p.) «E’ considerato ubriaco abituale chi è dedito all’uso di bevande alcoliche e in stato frequente di ubriachezza». Questa forma presuppone un’inclinazione costante all’uso di alcolici conseguente a una tendenza non patologica bensì viziosa al bere, che costituisce un aspetto abitudinario del soggetto. Non si ha ubriachezza abituale se il soggetto non abusa in modo costante di bevande alcoliche. Si tratta di episodi di ebrezza acuta, periodici ma frequenti, separati da intervalli durante i quali l’individuo è lucido. L’ubriachezza abituale non esclude né diminuisce l’imputabilità, anzi determina l’aumento della pena.

INTOSSICAZIONE CRONICA DA ALCOL «Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcol si applicano le disposizioni del vizio totale o parziale di mente». (Art. 95 c.p.) L’intossicazione cronica da alcol è caratterizzata da un complesso di alterazioni organiche, somatiche e psichiche, che determinano uno stato morboso durevole e progressivo. Nell’alcolismo cronico si hanno gravi danni neurologici e mentali che conducono all’atrofia corticale irreversibile. La demenza alcolica è da considerare la condizione finale di tutti gli alcolisti non deceduti per altra patologia sopravvenuta; per tali motivi le intossicazioni croniche sono considerate dal Codice penale uno stato patologico vero e proprio, in grado di determinare gli stessi effetti del vizio di mente.

l’ubriachezza abituale ha sempre valore episodico e, una volta scomparse le manifestazioni acute, lascia il soggetto in condizioni normali. l’intossicazione cronica produce conseguenze patologiche permanenti e irreversibili che sussistono indipendentemente dal continuare l’uso dell’alcol.

STUPEFAZIONE Per stupefazione si intende lo stato di euforia, acuto, momentaneo ed episodico, causato da sostanze stupefacenti. La stupefazione è soggetta allo stesso trattamento previsto per l’ubriachezza. Non è imputabile chi abbia commesso il fatto in stato di stupefazione accidentale, mentre è imputabile se la stupefazione era volontaria e risponde con pene aumentate nel caso di stupefazione preordinata a commettere il delitto. La stupefazione abituale determina l’aumento della pena, però a differenza dell’ubriachezza, l’abitualità viene ammessa quand’anche l’individuo non si trovi in stato frequente d’intossicazione acuta da sostanze stupefacenti, purché risulti che egli sia «dedito all’uso di tali sostanze».

L’intossicazione cronica da sostanze stupefacenti comprende condizioni patologiche che determinano gravi e irreparabili segni di deterioramento progressivo della personalità e alterazioni psichiche permanenti, così da rendere il soggetto incapace di intendere o di volere. La tossicodipendenza esclude l’imputabilità solo quando siano in atto manifestazioni patologiche a essa connesse.

SORDOMUTISMO «Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità la capacità di intendere o di volere». (Art. 96 c.p.) La pena è diminuita se la capacità di intendere o di volere è grandemente scemata, ma non esclusa. Il sordomutismo in sé non costituisce a priori una causa che influisce sull’imputabilità, perciò spetta al Giudice di provare caso per caso se tale infermità abbia modificato in varia misura la capacità di intendere o di volere.

SORDOMUTISMO CONGENITO Mutismo determinatosi per una sordità innata o comparsa nei primi anni di vita, perciò il bambino non apprende a parlare perché non ode le parola. In questi casi il sordomutismo può esercitare un’influenza negativa sullo sviluppo psichico dell’individuo, causando un ritardo dell’intelligenza e delle altre facoltà mentali, si produce un danno equiparabile a uno stato di immaturità psichica. Tuttavia si possono conseguire dei miglioramenti anche notevoli che consentono di ridurre il difetto originario e in alcuni casi di regolarizzare le funzioni psichiche. Per questo viene respinta ogni presunzione aprioristica d’inferiorità psichica del sordomuto, la cui imputabilità andrà decisa mediante giudizio concreto.

Se il sordomuto al momento del fatto possedeva una sufficiente capacità intellettivo-volitiva lo si considera imputabile e risponderà del reato commesso. Se invece a causa della sua infermità, egli è totalmente privo della capacità di intendere o di volere, lo si tratta da malato di mente. Se il sordomutismo abbia causato solo una consistente diminuzione delle facoltà psichiche, l’imputato risponde del fatto commesso ma con pena ridotta.

SORDOMUTISMO ACQUISITO Insorge in età adulta a seguito di gravi lesioni dell’encefalo (traumatismi cranici, encefaliti, tumori, etc…) che colpiscono individui in precedenza né sordi né muti e mentalmente normali. In tali evenienze la perdita o la notevole riduzione della facoltà di intendere o di volere dipende non tanto dal sordomutismo di per sé che è solo un sintomo di un quadro clinico assai più complesso, quanto dalle gravi lesioni neurologiche primarie, ed è equiparabile al vizio totale o parziale di mente. La legge impone l’accertamento dello stato mentale anche nel caso del sordomutismo acquisito.

INCAPACITÀ PROCURATA (art. 86 c.p.) «Se taluno mette altri nello stato d’incapacità d’intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d’incapacità». L’incube oltre del delitto commesso dalla persona resa incapace, risponderà anche del delitto d’incapacità procurata mediante violenza (art. 613 c.p.). Il succube quando lo stato d’incapacità è totale andrà assolto, in caso d’incapacità d’intendere o di volere solo parziale risponderà anch’egli del reato commesso. Lo stato d’incapacità deve essere procurato senza consenso

INCAPACITÀ PREORDINATA (art. 87 c.p.) L’imputabilità non è esclusa in «chi si è messo in stato d’incapacità d’intendere o di volere, al fine di commettere il reato o di preparasi una scusa». Il soggetto si serve di se stesso per compiere il reato Il fondamento dell’incriminazione sta nel principio riguardante le azioni delittuose compiute quando il soggetto agente non aveva la capacità d’intendere o di volere, ma le aveva entrambe nel momento in cui egli si è procurato intenzionalmente tale stato.

Elementi di Diritto Civile

DIRITTO DELLA PERSONA Il diritto civile rappresenta la parte più cospicua del diritto privato, esso è costituito da norme che regolano e disciplinano i rapporti giuridici esistenti tra singoli individui o tra cittadini ed ente pubblico. I diritti civili sono quei diritti che spettano a ciascun cittadino e afferiscono alla sua sfera privata. Vi sono diritti che sono connaturati con l’essere umano che ne dispone sin dalla nascita; altri (che sono la maggioranza), vengono acquisiti per disposizioni di legge, che presuppongono da parte del cittadino l’idoneità a compiere atti coscienti e razionali, cioè attitudine e capacità di esercitare determinati diritti e al tempo stesso di rispondere di determinati doveri. Ogni qualvolta il diritto interviene a disciplinare con le proprie norme una relazione privata, s’instaura un rapporto giuridico mediante il quale si riconosce ad una persona (soggetto attivo) un diritto o potere da esercitare e s’impone a un’altra persona (soggetto passivo) un obbligo o un dovere da rispettare.

L’uomo è un soggetto creato dal diritto, come persona è allo stesso tempo soggetto attivo e passivo di rapporti giuridici, ossia capace di diritti e doveri. Questa capacità viene riconosciuta alla: PERSONA FISICA: è l’essere umano individualmente soggetto del diritto, in possesso della capacità giuridica, destinatario di diritti e di doveri. PERSONA GIURIDICA: è un’organizzazione di persone fisiche e di beni, riconosciuto dallo Stato, costituita per il conseguimento di uno scopo collettivo, duraturo e lecito, cui l’ordinamento concede i poteri di essere soggetto di diritti e doveri → persone giuridiche pubbliche (regioni, provincie, comuni, università) → persone giuridiche private (associazioni culturali, religiose, sportive; le società; le fondazioni; i comitati)

Requisiti della capacità giuridica L’esistenza della persona fisica è fondata sulla capacità giuridica, la quale si acquista dal momento della nascita (Art. 1 c.c.). E’ l’attitudine ad essere titolari di diritti e di doveri. Requisiti della capacità giuridica NASCITA: separazione completa del feto dalla madre; il feto separato dalla madre assume una propria individualità fisica, ma per iniziare la sua esistenza giuridica deve nascere vivo. VITA: manifestazione di esistenza propria e indipendente, inizio respirazione polmonare; non è necessario che sia vitale. È privo di personalità giuridica il feto nato morto oppure quello nato vivo che sia sopravvissuto solo per il breve tempo di vita apnoica extrauterina. Non occorre che il neonato sia vitale, cioè che abbia attitudine a proseguire la vita extrauterina, poiché la vita di pochi istanti, purché autonoma basta per acquistare la capacità giuridica, con la quale egli diviene titolare di diritti personalissimi e acquista anche diritti patrimoniali, che con la morte succesiva si trasmettono ad altre persone.

Presupposti della capacità di agire È l’attitudine ad esercitare diritti ed adempiere ai propri doveri compiendo manifestazioni di volontà produttive di effetti giuridici (es. amministrare i propri beni, contrarre matrimonio, adottare, fare testamento, fare donazioni, stipulare contratti, etc …). Presupposti della capacità di agire Capacità giuridica che si acquista dal momento della nascita Maggiore età fissata dal codice civile al compimento dei 18 anni Capacità d’intendere e volere che è l’attitudine di agire liberamente e coscientemente nei casi concreti della vita e nei rapporti di convivenza sociale Con la nascita l’essere umano acquista la capacità giuridica, ma è soltanto con la maggiore età che egli è in grado di curare i propri interessi e di compiere atti ordinari della vita civile. Da ciò deriva la differenza tra capacità giuridica e di agire: la prima è riconosciuta indistintamente a tutti gli uomini in quanto persone fisiche, la seconda è concessa a coloro che abbiano con l’età le facoltà intellettive e volitive adeguate in modo da sapersi autogovernare.

EMANCIPAZIONE Consiste nello scioglimento del minore dai vincoli della patria potestà o della tutela, conferendogli la possibilità di compiere gli atti non eccedenti l’ordinaria amministrazione. Essa si consegue con il matrimonio (emancipazione legale) poiché “il minore è di diritto emancipato con il matrimonio”(art. 390 cc), e può riguardare solo il minore almeno sedicenne. Per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, l’emancipato viene assistito da un curatore: curatore del minore sposato con persona maggiorenne è il coniuge se entrambi i coniugi sono minorenni, il Giudice Tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente tra i genitori

Da solo l’emancipato può compiere gli atti di ordinaria amministrazione, cioè quelli diretti alla conservazione del patrimonio e alla sua fruttificazione. Con l’assistenza del curatore egli può riscuotere capitali sotto condizione d’idoneo impiego e può stare in giudizio come attore o come convenuto. Col consenso del curatore e con l’autorizzazione del Giudice Tutelare l’emancipato può compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (atti che incidono sul patrimonio potendone determinare una forte variazione, es. acquisto di un bene immobile).

La capacità di agire, conseguita con la maggiore età, si conserva fino alla morte, tuttavia è strettamente legata all’idoneità dell’individuo di curare i propri interessi, pertanto nei casi in cui venga persa o ridotta, subentra la legge mediante due provvedimenti INTERDIZIONE: procedimento giudiziale che priva totalmente della capacità di agire e pone l’interdetto in stato di tutela. L’ art. 414 c.c. stabilisce “il maggiore di età ed il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti” Esistenza di un’infermità di mente Carattere abituale di essa Conseguente incapacità del soggetto di provvedere ai suoi interessi

L’infermità di mente è rappresentata da una qualsiasi malattia psichica a effetto durevole che comporta gravi difetti della coscienza e della volizione, come nel caso di demenza senile, demenza precoce, schizofrenia … L’alterazione deve togliere al soggetto la capacità di apprezzare il valore generico delle proprie azioni nell’ambito della vita civile e soprattutto deve essere tale da determinare il pericolo di una condotta pregiudizievole agli interessi del paziente (irrazionalità nelle decisioni, errori di calcolo economico, incongruenza delle motivazioni, dimenticanze contrattuali …). L’abitualità della malattia mentale implica un giudizio prognostico di lunga durata o di cronicità del decorso clinico; non sono tali i perturbamenti transitori o episodici delle facoltà psichiche. L’ipotesi del miglioramento o del riordinamento dello stato psichico è tenuta presente dal Legislatore che ha previsto la revoca del provvedimento d’interdizione quando sia intervenuta la guarigione. In ogni altro caso lo stato d’incapacità dell’interdetto dura fino alla morte.

Interdizione GIUDIZIALE è quella pronunciata dal giudice su istanza di coloro i quali abbiano un interesse diretto a tutelare il patrimonio del soggetto da interdire. Chi può richiedere l’interdizione? Le persone interessate alla conservazione del patrimonio dell’incapace, le quali accampano legittime aspettative successorie o hanno ragioni di solidarietà familiare verso la persona, cioè il coniuge, i parenti, gli affini (art. 417 c.c.) Modalità dell’interdizione giudiziale L’interdizione viene disposta con sentenza del giudice e mira a tutelare gli interessi dell’incapace. Il giudice deve accertarsi personalmente dell’esistenza dell’infermità mentale ed in questo esame può farsi assistere da un consulente tecnico. Il provvedimento è obbligatorio quando sia stata accertata l’effettiva ed assoluta incapacità di provvedere ai propri interessi.

La persona sottoposta ad interdizione giudiziale: Non può contrarre matrimonio Non può stipulare contratti Non può prestare valido consenso al trattamento medico Non può redigere testamento Non può gestire il proprio patrimonio…etc… La titolarità dei diritti spettanti al cittadino interdetto saranno trasferiti, mediante il procedimento in esame, al tutore nominato dal giudice. Il tutore rappresenta l’interdetto in tutti gli atti civili che lo riguardano e ne amministra i beni. Gli atti compiuti dall’interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell’interdetto o dei suoi eredi.

Interdizione LEGALE consiste in una pena accessoria che segue di fatto la condanna all’ergastolo o alla reclusione non inferiore a 5 anni per un reato doloso e dura tutto il tempo di espiazione della pena principale. L’interdizione derivante da condanna non mira come quella giudiziale alla protezione di una persona mentalmente incapace, ma è una misura sanzionatoria prevista dalla legge che colpisce il reo indipendentemente dalle sue facoltà mentali. Gli effetti sono limitati: → perdita esercizio dei diritti patrimoniali (disponibilità e amministrazione dei propri beni) → conservazione dei diritti di natura personale e familiare (può sposare, può riconoscere figli naturali,e può fare anche testamento)

INABILITAZIONE: procedimento giudiziale che priva il soggetto della capacità di compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e gli impone l’assistenza da parte di un curatore. Si può essere inabilitati per (art. 415 c.c.) Infermità mentale durevole nel tempo, ma di entità tale da non dare luogo all’interdizione Prodigalità o abuso di sostanze stupefacenti o di bevande alcoliche Stato di sordomutismo e cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, se non si è ricevuto educazione sufficiente e non si è così incapaci da essere interdetti L’inabilitazione viene dichiarata da sentenza giudiziale con funzione di proteggere l’incapace nella misura compatibile con le esigenze di libertà e dignità personale.

L’infermità mentale che da luogo all’inabilitazione implica un’alterazione psichica che riduce le attitudini intellettive e volitive del soggetto in modo notevole ma non così grave da causare la totale perdita della capacità di provvedere ai propri interessi (demenza senile non grave, etc …). Tale infermità deve essere durevole, la cui reversibilità ammette la revoca dell’inabilitazione. La prodigalità è l’abitudine a dissipare i propri beni per non conoscere il valore del denaro. PATOLOGICA, sintomatica di alcune psicosi, può portare all’interdizione come qualunque infermità abituale di mente. DIFETTO CARATTERIALE di chi è dissipatore incorreggibile, disordinato e smisurato nello spendere rispetto alle sue condizioni economiche, ma sano di mente o al più personalità piscolabile. La prodigalità viene considerata una causa autonoma di inabilitazione in quanto il prodigo, sperperando i suoi averi per motivi frivoli o futili, produce quel grave pregiudizio economico a sé ed ai familiari, che rende necessario il provvedimento inabilitante.

L’abuso abituale di alcolici o stupefacenti è considerato dalla Legge un rovinoso sistema di vita, indipendente dall’infermità di mente, che espone a pregiudizio i beni economici propri e della famiglia. Si tratta di individui noncuranti di ogni affetto familiare e disposti a sacrificare i loro averi pur di soddisfare il bisogno incontenibile di droga o alcol. Il sordomutismo e la cecità sono gravi difetti fisici che insorgendo dalla nascita o dalla prima infanzia espongono a notevole pregiudizio gli interessi economici di chi ne è colpito. Il sordomuto congenito, quando non abbia ricevuto un’educazione sufficiente, presenta un ipoevolutismo psichico che limita la sua capacità di agire. Il cieco è meno o niente affatto colpito nelle funzioni psichiche, ma è impossibilitato di percepire ala realtà esterna e di inserirsi nella vita sociale. In questi casi l’incapacità non è presunta ma va dimostrata nel singolo soggetto; qualora venga dimostrata una totale incapacità di provvedere ai propri interessi diviene obbligatorio il procedimento di interdizione.

L’inabilitato può compiere gli atti non eccedenti l’ordinaria amministrazione dei propri beni, può contrarre matrimonio e disporre per testamento. Il curatore assiste l’inabilitato occupandosi di tutti gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e dei negozi giuridici (stipulare contratti, alienare beni, ipotecare case, riscuotere capitali…etc…) L’art. 429 c.c. prevede la revoca del provvedimento d’interdizione e d’inabilitazione nei casi in cui vengono meno i requisiti riscontrati al momento della constatazione dell’infermità.