Virgilio (70-19 a. C.) Vita e opere

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Virgilio (70-19 a. C.) Vita e opere

Fonti La maggior parte delle notizie si deve a Vitae di epoca tarda la più ampia è quella del grammatico Elio Donato (metà del sec. IV), che dipende dalla biografia virgiliana di Svetonio (inizi del II secolo d.C.), perduta.

Publio Virgilio Marone proviene dalla Gallia Cisalpina (patria di molti poeti neoterici). Nasce nel 70 a.C. ad Andes, un villaggio non lontano da Mantova, sulla riva destra del Mincio, da una famiglia di agiati proprietari terrieri.

Secondo il racconto di Donato, il padre, modesto vasaio in gioventù, grazie a un fortunato matrimonio si era ritrovato una piccola proprietà che aveva ampliato con l’acquisto di boschi e l’introduzione dell’apicoltura.

Si reca a Roma dopo il 55 dove segue le lezioni del retore asiano Epidio che negli stessi anni ha tra i suoi scolari il giovane Ottaviano e del greco Partenio di Nicea, maestro del poeta Cornelio Gallo e divulgatore dei modelli più raffinati della poesia alessandrina.

A Roma Virgilio giunge quando la crisi istituzionale è al culmine, tra violenze e disordini che condurranno alla guerra civile infuriano le bande di Clodio e Milone, Cesare sta per tornare dalle Gallie carico di prestigio e di bottino. Catullo e Lucrezio sono morti da poco; Virgilio può leggere il De rerum natura e il Liber catulliano appena editi.

La sua cultura letteraria è improntata ai modelli alessandrini e neoterici. Ma le fonti antiche parlano di un profondo interesse per gli studi filosofici, le scienze naturali, le matematiche, l’astronomia.

Durante lo scontro civile fra Cesare e Pompeo, Virgilio abbandona Roma per Napoli (città greca di lingua greca) dove segue le lezioni di due filosofi epicurei, Sirone e Filodèmo di Gàdara. Da Sirone, a Posillipo, il giovane poeta impara concretamente il significato della filosofia epicurea

Non conosciamo molto del periodo che va da Farsàlo (48 a. C Non conosciamo molto del periodo che va da Farsàlo (48 a.C.) al dopo Filippi (42 a.C.). Probabilmente Virgilio continua ad abitare nel napoletano, frequentando gli amici epicurei e componendo fra il 42 e il 39 le Bucoliche.

Schema delle Opere 42-39 Bucoliche 37-30 Georgiche 30-19 Eneide (incompiuta) scritte a Napoli pubblicate fra 38 e 37 scritta a Napoli, in Grecia pubblicata postuma nel 17 per volere di Augusto

Nella I e nella IX ecloga egli allude a un episodio controverso: la confisca delle terre mantovane destinate ai veterani. Ignoriamo la successione degli avvenimenti: forse perdette in un primo momento i poderi paterni, riacquistandoli grazie all’amicizia di personaggi influenti (Asinio Pollione, Alfeno Varo e Cornelio Gallo) e alla protezione di Ottaviano. Ma forse grazie alle sue amicizie “importanti” riuscì a salvaguardare i suoi possedimenti, perdendoli tuttavia durante l’inverno del 41: in cambio, gli sarebbe stato assegnato un altro ager nel territorio di Napoli.

Nel 38 Virgilio presenta Orazio a Mecenate, La pubblicazione delle Bucoliche (39 a.C.) gli vale il successo e l’ingresso nel circolo di Mecenate Nel 38 Virgilio presenta Orazio a Mecenate, che i due poeti accompagnano durante il famoso iter Brundisinum narrato da Orazio nella satira I 5. Da questo momento Mecenate risulta l’unico referente politico di Virgilio > sparisce il nome di Asinio Pollione.

La seconda opera di Virgilio, le Georgiche, nasce ideologicamente nell’ambiente di Mecenate e di Ottaviano.

Le Georgiche vengono composte fra il 37 e il 30 nella villa di Napoli, come testimonia l’epilogo dell’opera: ‘Questo sul culto dei campi cantavo e dei greggi e degli alberi, mentre il gran Cesare dall’alto Eufrate fulmina in guerra trionfando ed impone a obbedienti popoli leggi e s’avvia all’Olimpo. Allora vivevo, io Virgilio, in seno alla dolce Partenope, lieto e appartato fra cure tranquille; io che versi campestri composi e giovane audace cantai, Titiro, te sotto i rami larghi del faggio.’

Nell’estate del 29 Ottaviano, di ritorno dall’Asia, si ferma alcuni giorni ad Atella, in Campania, dove Virgilio gli legge in quattro giorni l’intera opera. Inetto all’oratoria forense, Virgilio, secondo Donato, declamava invece «in modo soave e con seduzione mirabile» (cum suavitate, lenociniis miris).

L’Eneide La composizione del poema suscita grandi attese nell’ambiente augusteo e nella società letteraria romana: durante la campagna contro i Cantabri (27-25 a.C.), Ottaviano scrive a Virgilio sollecitandolo a inviargli «lo schizzo provvisorio del poema o un passo qualsiasi»; nel 26 Properzio annuncia in una sua elegia (II, 34, 65-66) che qualcosa sta nascendo di più grande dell’ Iliade: Cedite Romani scriptores, cedite Grai:! nescio quid maius nascitur Iliade).

L’Eneide è quasi conclusa, nel 19, quando Virgilio intraprende un viaggio in Grecia deve raccogliere materiale per il poema, prima della revisione finale. Poi si sarebbe dedicato interamente agli studi filosofici. Ad Atene incontra Augusto, di ritorno dall’Oriente, e decide di rientrare in patria con lui. Durante una visita alla città di Megara viene colto da malore; le sue condizioni si aggravano durante il viaggio per mare.

Muore a Brindisi, poco dopo essere sbarcato Muore a Brindisi, poco dopo essere sbarcato. Le sue ceneri vengono deposte a Napoli, in un sepolcro sulla via di Pozzuoli, a meno di due miglia dalla città.

Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet/ nunc Parthenope; cecini pascua rura duces («Mantova mi diede la vita, la Calabria [che designava anticamente la penisola salentina] me la tolse, ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli [Bucoliche],i campi [Georgiche] e gli eroi [Eneide]»). Suo, secondo la tradizione, il distico posto sulla tomba Prima della partenza, secondo Donato, aveva scongiurato l’amico Vario Rufo di bruciare il poema ancora non integralmente compiuto se gli fosse capitato qualcosa (si quid sibi accidisset). Ma il poema, per ordine di Augusto, venne salvato e pubblicato due anni dopo così come era stato lasciato dal poeta.

Le Bucoliche sono una raccolta di dieci componimenti in esametri, di argomento pastorale. Composte fra il 42 e il 39 a.C., nel pieno delle guerre civili, furono pubblicate fra il 38 e il 37.

Bucolica è aggettivo plurale neutro che sottintende il sostantivo carmina: bucolica carmina, cioè «canti di pastori». Deriva dal greco bukolos («mandriano, pastore»), e fa riferimento ai personaggi-protagonisti di queste brevi e delicate composizioni: pastori e pastorelle dediti alla cura del gregge e alla coltivazione del loro piccolo podere.

Le Bucoliche sono anche note come Eclogae, titolo che risale ai grammatici latini posteriori. Ecloga, dal greco ekloghé, (eklèghein=scegliere) significa «breve componimento poetico» ma anche «estratto». Indica non l’insieme dell’opera ma i singoli carmi, tutti di misura breve, secondo gli ideali della poesia alessandrina e neoterica: da un minimo di 63 versi (IV ecloga) a un massimo di 111 (ecloga III). In tutto, poco più di 800 versi destinati a una fortuna immensa nella storia della cultura occidentale.

Prima Syracosio dignata est ludere versu/ nostra neque erubuit silvas habitare Thalia Nel proemio alla VI ecloga Virgilio rivendica il merito di aver trasferito per primo a Roma la poesia di argomento bucolico: («Prima Talia, la mia Musa, si degnò di cantare nel verso di Siracusa, e non arrossì di abitare le selve»).

Teocrito Il riferimento a Siracusa è un’allusione colta al poeta ellenistico Teocrito, nato qui intorno al 310 a.C., vissuto nell’ultima parte della sua vita ad Alessandria, presso la corte dei Tolomei, e morto poco dopo il 260. A Teocrito, mai nominato direttamente, Virgilio allude in diversi altri passi, (secondo i principi della poetica alessandrina e neoterica) su Siracusa e la Sicilia, patria del poeta greco: per esempio quando in IV, 1 chiama «siciliane» le Muse (Sicelides Musae).

Il mito bucolico Nella terra irreale dei pastori virgiliani, la vita sembra bloccata in una dolce e quieta serenità: i pastori conducono a pascolare mandrie di pecore e capretti, riposano all’ombra delle querce, suonano il flauto, organizzano gare di canto poetico, si innamorano. Il paesaggio presenta tratti edenici: sorgenti muscose e fruscianti, fronde che stormiscono, selve che fanno eco ai canti pastorali, crepuscoli dorati. Mescolate ai pastori troviamo le tradizionali divinità della poesia agreste e amorosa (Pan, le ninfe, Diana, Priapo, Venere), a cui gli abitanti dedicano templi e offerte (vino, latte, focacce).

nei confini protetti di questo mondo felice, fa irruzione la storia distruttiva e devastante. La I e la IX ecloga svolgono il tema autobiografico delle confische di terre e accennano alle discordie civili. Il pastore Melibeo (I ecloga), è costretto ad abbandonare «la terra dei padri e i dolci campi» (v. 3), avventurandosi in un esilio povero e umiliante. Al suo posto, «un empio soldato avrà questi campi così ben coltivati» (v. 70). Anche il pastore Menalca (IX ecloga) ha perduto i campi ed è stato costretto a migrare.

All’infelicità di Melibeo, Virgilio oppone la felicità di Titiro, che ha potuto serbare i suoi poderi grazie all’intervento miracoloso di un “dio”: deus nobis haec otia fecit (I, 6). Il riferimento è al giovane Ottaviano, il primo degli illustri protettori che incontriamo nelle Bucoliche, ai quali Virgilio affida tutte le sue speranze di pace e di salvezza.

La IV ecloga dedicata al console Pollione, canta la nascita di un puer miracoloso, forse il figlio del console, sotto il quale avrà inizio una nuova età dell’oro (i saturnia regna, i regni di Saturno). Componenti messianiche e oracolari di provenienza orientale si mescolano, in questo canto non propriamente pastorale, ad aspettative palingenetiche diffuse nelle dottrine ermetiche e neopitagoriche del mondo greco-romano

Le ecloghe virgiliane sono il culmine dell’arte alessandrina: una poesia di carattere erudito, organizzata secondo il principio della variatio o poikilia, ricca di citazioni e di reminiscenze poetiche. Una poesia esplicitamente rivolta a una ristretta cerchia di poeti; le numerose dichiarazioni di poetica rientrano nel gusto alessandrino e neoterico.

Simmetrie e organizzazione dei testi i componimenti dispari delle Bucoliche hanno carattere mimico o drammatico, e sono dialoghi a più voci; i componimenti pari hanno carattere lirico-narrativo, e sono affidati a una voce sola. Alcune corrispondenze sono evidenti: le ecloghe I e IX sono complementari, e svolgono il motivo dei dulcia arva perduti; le ecloghe II e VIII sono monologhi sul tema del lamento d’amore; le ecloghe III e VII sono gare poetiche in forma amebea, cioè a botta e risposta, fra due pastori ; le ecloghe IV e V annunciano una nuova rigenerazione spirituale .

Tenuis Musa Fin dai primi versi della I ecloga, Virgilio sottolinea il carattere umile della poesia bucolica: la Musa ispiratrice è detta tenuis, per indicare un genere meno elevato rispetto a quello tragico o epico.