I generi letterari nella cultura umanistica

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I generi letterari nella cultura umanistica Tra passato e presente La costruzione di una professionalità

La riscoperta della retorica come scienza della lingua e La riscoperta della retorica come scienza della lingua e della comunicazione civile L’epistola: sulle orme di Petrarca, che aveva ripreso sia l’epistola metrica oraziana sia l’epistola in prosa su modello ciceroniano, gli umanisti fanno grande uso della lettera, pensata per una dimensione pubblica piuttosto che per la comunicazione privata. La scrittura storica: la ripresa dello studio dei classici offre modelli elevati e complessi. I grandi umanisti sono storici: Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini scrivono in latino importanti storie di Firenze. La critica delle fonti, legata alla nuova filologia, porta Francesco Guicciardini alla sistematizzazione di un metodo storiografico moderno.

Il Commento al testo Il lavoro di scoperta e ricostruzione filologica dei testi punta alla ripresa dell’antico, ricostruito nella esatta e integrale verità storica. Tale ricerca puntuale porta anche ad opere di grande impatto contemporaneo: De falso credita et ementita Constantini donatione (1440) di Lorenzo Valla, grazie all’esame linguistico del testo si smaschera la falsità del documento che legittimava il potere temporale dei papi sui territori dell’impero romano. Erasmus da Rotterdam con il Novum Instrumentum Graece (1519) produce una edizione critica del testo greco della Bibbia con una nuova traduzione in latino in parallelo (su cui si baserà Lutero).

La forza della retorica Godono di particolare fortuna i generi letterari contigui all’oratoria: l’encomio e il biasimo di luoghi, persone ed eventi. Anche a scopo politico si riscopre il panegirico delle città, quale è l’orazione di Leonardo Bruni per la città di Firenze (Laudatio florentinae urbis, 1403 o 1404). La facezia umanistica, intrattenimento colto e raffinato, inteso come esercizio e anche esperimento intellettuale nasce ad opera di Poggio Bracciolini, con la funzione di mettere alla prova le possibilità del latino sul campo nuovo degli argomenti “bassi” e scurrili a cui esso è rimasto finora estraneo. Secondo Cicerone nel II libro del De oratore (55 a.C.), la facezia è in antico una storiella arguta e piccante di cui il retore si serve per colorire l’orazione.

La scrittura teorica: dialogo o trattato? Il dialogo, ricalcato sul modello ciceroniano (a sua volta debitore di Platone), è uno dei generi più utilizzati per il discorso teorico, prima in latino e poi anche in volgare, in quanto fornisce una rappresentazione efficace della cultura umanistica: lo scambio di idee sui temi più importanti della cultura, della politica e della morale, tra uomini impegnati nella vita attiva che concorrono, con le arti della retorica, a formarsi un’opinione comune, nel rispetto reciproco e nella parità. Questo genere pare prestarsi a un’argomentazione aperta e chiara, alla rappresentazione di una comunità di colti impegnata nella ricerca delle diverse verità su vari aspetti della vita associata. La scelta del dialogo, in cui si cerca di persuadere gli altri attraverso l’argomentazione retorica, avviene alle spese del ragionamento “scientifico” del trattato tipico dell’aristotelismo, nel quale viene analizzata e dimostrata logicamente una tesi.

Il dialogo ciceroniano latino a Firenze Il genere dialogo si presenta come particolarmente adatto ad esprimere lo scambio di opinioni tra persone che hanno un’ampia base comune che è così tipico della comunità umanistica fiorentina: un colloquio tra pari che arrivano insieme alla scoperta della verità, un dialogo morale tra cittadini impegnati nella vita civile. È in effetti, già nella sua forma, il manifesto di una concezione politica e culturale. Ma il dialogo umanistico si presta anche ad illustrare le divergenze: in particolare nei Dialoghi a Pietro Paolo Vergerio, di Leonardo Bruni, vengono illustrati con grande chiarezza alcuni dissidi di fondo presenti all’interno stesso del pur compatto umanesimo fiorentino.

Adorazione e rimpianto o impegno attivo? Nel dialogo Bruni attribuisce al maestro, Coluccio Salutati, la posizione che considera più completa, ma riesce ad illustrare con vigore anche le posizioni attribuite a Niccoli, rappresentative e non prive di valore. Questi infatti esprime fino in fondo la curiosità umanistica per le opere classiche che sono andate perse, il rimpianto per un mondo di civiltà che è scomparso, l’orrore della barbarie del presente. Coluccio al contrario mette in luce il rischio di sterile immobilismo contenuto in quell’atteggiamento e indica la strada nella ricerca filologica e nella capacità di comprendere tra i classici anche i grandi scrittori fiorentini del secolo precedente. Il Cancelliere aveva una concezione della cultura come profondamente e indissolubilmente legata alla politica, al presente. Ma Poggio, sarà più vicino al purismo di Niccoli.

Struttura del dialogo ciceroniano Si svolge in due o tre giornate in un luogo ameno, di solito in villa e comunque un luogo reale, identificato e descritto Il tempo è quello storico contemporaneo allo scrittore I partecipanti sono figure pubbliche note e autorevoli, nominate Il tema è stabilito consensualmente Il dibattito è vivace ma paritario e si fonda sul totale rispetto reciproco Le diverse opinioni sono sviluppate senza che chi scrive favorisca l’una o l’altra Lo scopo non è quello di far vincere una posizione quanto quello di raggiungere, se possibile con la persuasione, una opinione comune

I dialoghi umanistici del primo Quattrocento 1433-1440 Leon Battista Alberti, Libri de familia (volgare = utile ad un vasto pubblico) dialogo morale Poggio Bracciolini sul potere, la nobiltà, la fortuna (De infelicitate principum, 1440; De nobilitate, 1440; De miseria humanae conditionis 1445; De varietate fortunae, 1448 Lorenzo Valla sull’epicureismo (De vero falsoque bono, 1430), sulla predestinazione (De libero arbitrio, 1439), sulla superiorità dei laici sui religiosi (De professione religiosorum, 1439-1442). Cristoforo Landino Disputationes Camaldulenses 1472-1473 sulla connessione tra filosofia neoplatonica e vita contemplativa Giovanni Pontano, Actius (1499) sulla retorica e Aegidius (1501) filosofico/religioso.

Una fase nuova Nel secondo Quattrocento le cose cambiano: Il diffondersi dello studio del greco Lo sviluppo di una importante cultura cortigiana La ripresa del volgare e l’inizio della costruzione di una tradizione in volgare (Raccolta aragonese 1476) Il diffondersi della stampa, in particolare a Venezia La ripresa di un’attenzione al tema dell’amore anche per il neoplatonismo Portano ad un rinnovamento di opere e di pubblico

C. Dionisotti, Discorso sull’Umanesimo italiano, 1956 La crisi del 1494 sconvolge l’assetto quattrocentesco dell’Italia. «In termini di storia letteraria la crisi di quel momento si identifica con l’impresa editoriale e il successo di Aldo Manuzio. I libri che Aldo pubblica (…) sistematicamente e significativamente escludono il testo classico incorniciato e soffocato dal commento che è tipico di quella filologia. I nudi testi, greci e latini, pubblicati da Aldo in formato maneggevole con il solo corredo di brevi e suggestive prefazioni e appendici (…) sono gli strumenti e documenti insieme di una nuova cultura tutta extrascolastica, tutta impegnata a giustificare se stessa nel presente e nel futuro con sue proprie idee e forme.» 1501 Virgilio; Ovidio; Petrarca (RVF, edizione critica a cura di P. Bembo) 1502 Dante (a cura di Bembo) Stampe di Aldo in piccolo formato