Romanticismo /1 La pittura Romantica in Francia

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Transcript della presentazione:

Romanticismo /1 La pittura Romantica in Francia Théodore Géricault (Rouen 1791- Parigi 1824) Eugène Delacroix (1798- 1863) prof. Claudio Puccetti

Il Romanticismo a differenza del neoclassicismo, non è uno stile, in quanto non si fonda su dei princìpi formali definiti. Esso può essere invece considerato una poetica, in quanto, più che alla omogeneità stilistica, tende alla omogeneità dei contenuti. I contenuti della poetica romantica sono sintetizzabili in quattro grandi categorie: 1. l’armonia dell’uomo nella natura 2. il sentimento della religione 3. la rivalutazione dei caratteri nazionali dei popoli 4. il riferimento alle storie del medioevo. Le nuove categorie estetiche: il pittoresco e il sublime. Il sublime conosce la sua prima definizione teorica grazie a E. Burke, nel 1756, con un saggio dal titolo: Ricerca filosofica sulla origine delle idee del sublime e del bello. Burke considera il bello e il sublime tra loro opposti. Il sublime non nasce dal piacere della misura e della forma bella, né dalla contemplazione disinteressata dell’oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura e di orrore suscitati dall’infinito, dalla dismisura, da «tutto ciò che è terribile o riguarda cose terribili» (per es. il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio, ecc.; riprendendo questi esempi Kant dirà: sono sublimi le alte querce e belle le aiuole; la notte è sublime, il giorno è bello).

NEOCLASSICISMO e ROMANTICISMO Il Neoclassicismo ha come base teorica il razionalismo illuminista. Si fa promotore del ritorno all’ordine, alla proporzione, all’equilibrio, ispirandosi ai modelli della classicità greca e romana: l’opera d’arte è espressione del bello ideale. Timore del presente e conseguente rifiuto dei suoi aspetti più veri e concreti. Si fa spesso riferimento alla storia classica, i cui valori civici vengono presi a modello. L’uomo neoclassico si sforza di rimanere estraneo alla natura e di indagarne razionalmente le caratteristiche al fine di padroneggiarla, negandole volutamente qualsiasi valore poetico ed espressivo. Il neoclassicismo imposta la pratica artistica sulle regole e sul metodo. È uno stile internazionale, ed in ciò rifiuta le espressioni locali considerandole folkloristiche, ossia di livello inferiore. Il Romanticismo esalta il sentimento, l’immaginazione, il fantastico e il misterioso, la sensibilità personale e la malinconia, rifiutando il razionalismo e la perfezione delle forme proprie del Neoclassicismo. Si abbandonano i soggetti religiosi e l’esaltazione dei potenti, mentre il paesaggio diventa uno dei temi preferiti per rappresentare emozioni, passioni, sogni. I Romantici si rifugiano nella spiritualità del Medioevo, visto come periodo di origine dei sentimenti e dell’orgoglio nazionale. L’uomo romantico si sente parte integrante della natura e vi si immerge profondamente, personalizzandola e modificandola in funzione dei propri stati d’animo e delle proprie necessità espressive. Il Romanticismo rivalutava l’ispirazione ed il genio individuale. È un movimento che si presenta con caratteristiche differenziate da nazione a nazione. Il romanticismo è un movimento artistico dai contorni meno definiti rispetto al neoclassicismo. Benché si affermi in Europa dopo che il neoclassicismo ha esaurito la sua vitalità, ossia intorno al 1830, in realtà era nato molto prima. Le prime tematiche che lo preannunciavano sorsero già verso la metà del XVIII secolo. Esse, tuttavia, rimasero in incubazione durante tutto lo sviluppo del neoclassicismo, per riapparire e consolidarsi solo nei primi decenni dell’Ottocento. Il romanticismo ha poi cominciato ad affievolirsi verso la metà del XIX secolo, anche se alcune sue suggestioni e propaggini giungono fino alla fine del secolo. Il romanticismo è un movimento che si definisce bene proprio confrontandolo con il neoclassicismo. In sostanza, mentre il neoclassicismo dà importanza alla razionalità umana, il romanticismo rivaluta la sfera del sentimento, della passione ed anche della irrazionalità. Il neoclassicismo è profondamente laico e persino ateo; per contro il romanticismo è un movimento di grandi suggestioni religiose. Il neoclassicismo aveva preso come riferimento la storia classica; il romanticismo, invece, guarda alla storia del medioevo, rivalutando questo periodo che, fino ad allora, era stato considerato buio e barbarico. Infine, mentre il neoclassicismo impostava la pratica artistica sulle regole e sul metodo, il romanticismo rivalutava l’ispirazione ed il genio individuale. È da considerare, inoltre che, mentre il neoclassicismo è uno stile internazionale, ed in ciò rifiuta le espressioni locali considerandole folkloristiche, ossia di livello inferiore, il romanticismo si presenta con caratteristiche differenziate da nazione a nazione. Così, di fatto, risultano differenti il romanticismo inglese da quello francese, o il romanticismo italiano da quello tedesco, e così via. Il romanticismo in realtà, a differenza del neoclassicismo, non è uno stile, in quanto non si fonda su dei princìpi formali definiti. Esso può essere invece considerato una poetica, in quanto, più che alla omogeneità stilistica, tende alla omogeneità dei contenuti. Questi contenuti della poetica romantica sono sintetizzabili in quattro grandi categorie: 1.l’armonia dell’uomo nella natura 2.il sentimento della religione 3.la rivalutazione dei caratteri nazionali dei popoli 4.il riferimento alle storie del medioevo. Le nuove categorie estetiche: il pittoresco e il sublime Il sublime conosce la sua prima definizione teorica grazie a E. Burke, nel 1756, con un saggio dal titolo: Ricerca filosofica sulla origine delle idee del sublime e del bello. Burke considera il bello e il sublime tra loro opposti. Il sublime non nasce dal piacere della misura e della forma bella, né dalla contemplazione disinteressata dell’oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura e di orrore suscitati dall’infinito, dalla dismisura, da «tutto ciò che è terribile o riguarda cose terribili» (per es. il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio, ecc.; riprendendo questi esempi Kant dirà: sono sublimi le alte querce e belle le aiuole; la notte è sublime, il giorno è bello).

Bello e Pittoresco La differenza tra bello e pittoresco è quella che c’è tra artificiale e naturale. In campo artistico bello è sinonimo di regolarità e appartiene solo alle cose prodotte dall’uomo. In natura non si hanno forme geometriche regolari. La natura produce cose belle a vedersi: è piacevole guardare un albero tutto contorto. Pittoresco perciò significa irregolare e naturale, mentre bello significa regolare e artificiale. Tutta la pittura romantica di paesaggio conserva queste caratteristiche. Essa determinò la nascita del cosiddetto giardino "all'inglese“ che rifiuta negli elementi vegetali (alberi, siepi, aiuole) e artificiali (vialetti, scalinate, panchine, gazebi) la regolarità geometrica e dispone ogni cosa in un'apparente casualità. Un altro elemento caratteristico del giardino "all'inglese" è la falsa rovina. Il sentimento della rovina è tipico della poetica romantica. Le rovine ispirano la sensazione del disfacimento delle cose prodotte dall'uomo, dando allo spettatore la commozione del tempo che passa e la rovina, per lo spirito romantico, è più emozionante e piacevole di un edificio o di un manufatto intero. La poetica del Sublime Il bello secondo gli antichi greci, è legato all’ordine, alla misura, alla regolarità geometrica ed è il frutto della capacità umana di immaginare e realizzare forme perfette. Pertanto anche nella concezione propriamente neoclassica, il bello è la qualità specifica dell'operare umano. La natura non produce il bello, ma produce immagini che possono ispirare due sentimenti fondamentali: il pittoresco o il sublime. Il sublime conosce la sua prima definizione teorica grazie a E. Burke che, in un suo saggio del 1756, considera il bello e il sublime tra loro opposti. Il sublime non nasce dal piacere della misura, dell’ordine e della forma bella dell'oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura, di sgomento, di smarrimento suscitati dall’infinito, dalla dismisura, da “tutto ciò che è terribile o riguarda cose terribili” (per es. il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio, ecc.). Si ha pertanto quel sentimento misto di sgomento e di piacere (“orrore dilettevole”) che è determinato sia dall’assolutamente grande e incommensurabile (l’illimitatezza del tempo e dello spazio), sia dallo spettacolo dei grandi sconvolgimenti e fenomeni naturali che suscitano nell'uomo il senso della sua fragilità e finitezza (tempeste, tramonti infuocati). Il pittoresco è una categoria estetica che trova la sua prima formulazione solo alla fine del Settecento grazie ad U. Price, che nel 1792 scrisse: Un saggio sul pittoresco, paragonato al sublime e al bello. Tuttavia la sua prima comparsa nel panorama artistico è rintracciabile già agli inizi del Settecento, soprattutto nella pittura inglese, e poi nel rococò francese. Il pittoresco rifiuta la precisione delle geometrie regolari per ritrovare la sensazione gradevole nella irregolarità e nel disordine spontaneo della natura. La rivalutazione dei sentimenti e delle passioni Uno dei tratti più caratteristici del romanticismo è la rivalutazione del lato passionale ed istintivo dell’uomo. Questa tendenza porta a ricercare le atmosfere buie e tenebrose, il mistero, le sensazioni forti, l’orrido ed il pauroso. L’artista romantico ha un animo ipersensibile, sempre pronto a continui turbamenti. L’artista non si sente più un borghese ma inizia a comportarsi sempre più in modo anticonvenzionale. In alcuni casi sono decisamente asociali e amorali. Sono artisti disperati e maledetti che alimentano il proprio genio di trasgressioni ed eccessi. L’arte romantica riscopre anche la sfera religiosa, dopo un secolo, il Settecento, che era stato fortemente laico ed anticlericale. La riscoperta dei valori religiosi era iniziata già nel 1802 con la pubblicazione, da parte di Chateaubriand, de Il genio del Cristianesimo. Negli stessi anni iniziava, soprattutto in Germania, grazie a von Schlegel e Schelling, una concezione mistica ed idealistica dell’arte intesa come dono divino. L’arte deve scoprire l’anima delle cose, rivelando concetti quali il sentimento, il religioso, l’interiore. Il primo pittore a seguire queste indicazioni fu il tedesco C. D. Friedrich. La riscoperta del Medioevo Sono diversi i motivi che portarono la cultura romantica a rivalutare il medioevo. Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre: 1.il medioevo è stato un periodo mistico e religioso 2.nel medioevo si sono formate le nazioni europee 3.nel medioevo il lavoro era soprattutto artigianale. 4.Nel medioevo la religione aveva svolto un ruolo fondamentale per la società del tempo. Forniva le coordinate non solo morali, ma anche esistenziali. Allo spirito della religione era improntata tutta ‘esistenza umana. Questo aspetto fa sì che, nel romanticismo, si guardi al medioevo come ad un’epoca positiva perché pervasa da un forte misticismo e spiritualità.

Jean-Louis André Théodore Géricault (Rouen 1791- Parigi 1824) Théodore Gericault svolse le sue prime esperienze pittoriche nell’ambiente neoclassico francese che in quegli anni era influenzato dalle figure di David e Ingres. Dopo un periodo di soggiorno a Roma, dove ebbe modo di studiare le opere di Michelangelo e di Caravaggio, fece ritorno a Parigi, nel 1817, dove conobbe Delacroix. In quegli anni realizzò il suo quadro più famoso: «La zattera della Medusa», che fu esposto nel Salone d’Autunno del 1819 ricevendo aspre critiche. Negli anni successivi, il suo interesse per un naturalismo nudo e crudo lo portò a prediligere temi dal gusto macabro, quali le teste dei decapitati o i ritratti di pazzi e alienati mentali rinchiusi nei manicomi. Di carattere molto introverso, Gericault rappresenta già il prototipo del successivo artista romantico: amorale e asociale, disperato e maledetto, che alimenta il proprio genio di eccessi e trasgressioni. Il gusto per l’orrido e il rifiuto della bellezza dà immediatamente il senso della sua poetica: un’arte che non vuole essere facile e consolatoria ma che deve scuotere i sentimenti più profondi dell’animo umano, proponendogli immagini raccapriccianti. La sua vita si concluse nel 1824, a soli 33 anni. La sua eredità, in campo figurativo, fu presa soprattutto dall’amico Eugene Delacroix.

Theodore Gericault Ufficiale della guardia a cavallo (1814) Theodore Gericault, Corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia , 1814

Theodore Gericault Corsa di cavalli selvaggi a Roma (1817)

Theodore Gericault, La zattera della Medusa, bozzetti 1818 Il soggetto del quadro prende spunto da un fatto di cronaca successo nel 1816: l’affondamento della nave francese Medusa. Gli occupanti della nave si rifugiarono su una zattera che rimase abbandonata alle onde del mare per diverse settimane. Gli sfortunati occupanti di quella zattera vissero una esperienza terribile che condusse alla morte la gran parte di loro. Solo una quindicina di uomini furono tratti in salvo da una nave di passaggio, dopo che su quella zattera era avvenuto di tutto, anche fenomeni di cannibalismo. L’episodio colpì molto l’immaginazione di Gericault che, immediatamente, si mise al lavoro per la realizzazione di questa che rimane la sua opera più famosa. Bisogna ricordare il periodo storico in cui è nata questa tela. La Francia era appena uscita da una esperienza storica che l’aveva profondamente segnata: prima la Rivoluzione e poi l’impero napoleonico. Napoleone, nel 1815, a Waterloo era stato definitivamente sconfitto e confinato nell’isola di Sant’Elena. Nel 1816, con il Congresso di Vienna, gli stati europei avevano ripristinato la situazione geo-politica antecedente la Rivoluzione Francese. Tutto ciò che era successo con questa esperienza francese sembrava definitivamente cancellato con un colpo di spugna. Lo stato d’animo dei francesi, in quegli anni, era soprattutto di sconforto e di delusione. Sentimenti originati dalla constatazione che ciò che essi avevano fatto non era servito a nulla. Il senso di disagio e di deriva finiva per rispecchiarsi direttamente in un quadro che rappresentava appunto un naufragio. Così, volutamente o casualmente, la zattera della Medusa divenne la metafora di un naufragio che, simbolicamente, vedeva coinvolta tutta la nazione francese. Se «Il giuramento degli Orazi» di David rappresenta la Francia prima della Rivoluzione, «La zattera della Medusa» dà l’immagine psicologica della Francia dopo che la Rivoluzione si è conclusa con il fallimento dell’impero. Il quadro di Gericault, dunque, usa un episodio di cronaca quotidiana per esprimere un contenuto preciso: la vita umana in bilico tra speranza e disperazione. Il bozzetto della Zattera ci rivela molti indizi per comprendere l’evoluzione verso la stesura definitiva del quadro. Il motivo delle due diagonale contrapposte era già presente ma il progetto iniziale prevedeva una nave all’orizzonte verso la quale i naufraghi facevano segnali per farsi notare. Questa nave scompare nella versione finale e se si guarda attentamente il quadro definitivo, si nota che lì dove doveva apparire la nave vi è un’onda che si solleva sulla linea d’orizzonte. Probabile quindi che la scelta di non far apparire la nave sia stata presa proprio all’ultimo momento, quando essa era già stata abbozzata sulla tela definitiva e quell’onda all’orizzonte è servita proprio per cancellare la figura del vascello. In effetti il gruppo che si agita non ha motivo di compiere una simile azione se all’orizzonte non c’è nulla: ma qui sta l’effetto di suspense voluto da Gericault, per toglierci il lieto fine ed amplificare il senso di disperazione di chi sta naufragando in mare. Un altro elemento di differenza che si nota è la mancanza, nel bozzetto, dell’ultima figura sulla sinistra in basso, quella per la quale posò Delacroix. Ciò ci dà ulteriore conferma della introduzione di questa figura proprio per la precisa richiesta di Delacroix, il quale, entusiasta del progetto che andava realizzando l’amico, chiese di poter partecipare anche lui alla definizione del quadro.

Theodore Gericault, La zattera della Medusa, 1818 (491 x 716). Il quadro di Gericault, la zattera della Medusa, prende spunto, nel suo soggetto, da un fatto di cronaca successo nel 1816: l’affondamento della nave francese Medusa. Gli occupanti della nave si rifugiarono su una zattera che rimase abbandonata alle onde del mare per diverse settimane. Gli sfortunati occupanti di quella zattera vissero una esperienza terribile che condusse alla morte la gran parte di loro. Solo una quindicina di uomini furono tratti in salvo da una nave di passaggio, dopo che su quella zattera era avvenuto di tutto, anche fenomeni di cannibalismo. L’episodio colpì molto l’immaginazione di Gericault che, immediatamente, si mise al lavoro per la realizzazione di questa che rimane la sua opera più famosa. Bisogna ricordare il periodo storico in cui è nata questa tela. La Francia era appena uscita da una esperienza storica che l’aveva profondamente segnata: prima la Rivoluzione e poi l’impero napoleonico. Napoleone, nel 1815, a Waterloo era stato definitivamente sconfitto e confinato nell’isola di Sant’Elena. Nel 1816, con il Congresso di Vienna, gli stati europei avevano ripristinato la situazione geo-politica antecedente la Rivoluzione Francese. Tutto ciò che era successo con questa esperienza francese sembrava definitivamente cancellato con un colpo di spugna. Lo stato d’animo dei francesi, in quegli anni, era soprattutto di sconforto e di delusione. Sentimenti originati dalla constatazione che ciò che essi avevano fatto non era servito a nulla. Il senso di disagio e di deriva finiva per rispecchiarsi direttamente in un quadro che rappresentava appunto un naufragio. Così, volutamente o casualmente, la zattera della Medusa divenne la metafora di un naufragio che, simbolicamente, vedeva coinvolta tutta la nazione francese. Se «Il giuramento degli Orazi» di David rappresenta la Francia prima della Rivoluzione, «La zattera della Medusa» dà l’immagine psicologica della Francia dopo che la Rivoluzione si è conclusa con il fallimento dell’impero. Il quadro di Gericault, dunque, usa un episodio di cronaca quotidiana per esprimere un contenuto preciso: la vita umana in bilico tra speranza e disperazione. Formalmente il quadro è costruito secondo il classico sviluppo piramidale. Nel quadro di Gericault le piramidi sono in realtà due ed esprimono due direzioni che si incrociano tra loro opponendosi. La prima piramide parte dall’uomo morto in basso a sinistra ed ha il vertice nell’uomo che, di spalle, sta agitando un panno. È la direzione umana cha va dalla disperazione, di coloro che sono morti, alla speranza di chi ha ancora la forza di agitarsi con la speranza di essere visto da qualcuno che vada a salvarli. La seconda piramide parte dalle onde del mare per giungere all’albero che sorregge la vela. Questa è la direzione del mare che spinge in direzione opposta rispetto alla direzione delle speranze umane. È proprio la tensione visibile tra queste due forze opposte a dare un primo tratto drammatico alla scena. Nei primi studi, preliminari alla realizzazione finale del quadro, Gericault mise una nave all’orizzonte nella direzione in cui guarda l’uomo che agita il panno. La presenza della nave all’orizzonte dava in realtà la sensazione del lieto fine. La sensazione che oramai, per i sopravvissuti, la brutta avventura stava per volgere all’epilogo. Ciò comportava lo scioglimento della tensione psicologica. Nella stesura definitiva la nave all’orizzonte scompare, proprio per aumentare il senso del pathos. Chi guarda non sa come la vicenda andrà a finire e quindi deve cogliere la sensazione drammatica di chi ancora non sa se verrà salvato o meno. E lo spettatore non può saperlo, anche perché vede lo stesso orizzonte che guarda l’uomo che agita il panno. Se la composizione fosse stata ruotata di 180 gradi, e l’uomo guardava verso lo spettatore del quadro, avrebbe idealmente chiesto a lui aiuto. In questo caso si sarebbe aumentato il senso di pietà da parte dello spettatore nei confronti di chi, dal quadro, gli chiedeva aiuto. Invece, vedendo l’uomo di spalle, è costretto a compenetrarsi nel suo punto di vista. E all’orizzonte di quel punto di vista lo spettatore non vede, e non potrebbe vedere, nulla. Così che deve vivere totalmente il dubbio dell’uomo che non sa quale sarà il finale, la morte o la salvezza, che lo aspetta.

Theodore Gericault, La zattera della Medusa Formalmente il quadro è costruito secondo il classico sviluppo piramidale. Nel quadro di Gericault le piramidi sono in realtà due ed esprimono due direzioni che si incrociano tra loro opponendosi. La prima piramide parte dall’uomo morto in basso a sinistra ed ha il vertice nell’uomo che, di spalle, sta agitando un panno. È la direzione umana cha va dalla disperazione, di coloro che sono morti, alla speranza di chi ha ancora la forza di agitarsi con la speranza di essere visto da qualcuno che vada a salvarli. La seconda piramide parte dalle onde del mare per giungere all’albero che sorregge la vela. Questa è la direzione del mare che spinge in direzione opposta rispetto alla direzione delle speranze umane. È proprio la tensione visibile tra queste due forze opposte a dare un primo tratto drammatico alla scena. Nei primi studi, preliminari alla realizzazione finale del quadro, Gericault mise una nave all’orizzonte nella direzione in cui guarda l’uomo che agita il panno. La presenza della nave all’orizzonte dava in realtà la sensazione del lieto fine. La sensazione che oramai, per i sopravvissuti, la brutta avventura stava per volgere all’epilogo. Ciò comportava lo scioglimento della tensione psicologica. Nella stesura definitiva la nave all’orizzonte scompare, proprio per aumentare il senso del pathos. Chi guarda non sa come la vicenda andrà a finire e quindi deve cogliere la sensazione drammatica di chi ancora non sa se verrà salvato o meno. E lo spettatore non può saperlo, anche perché vede lo stesso orizzonte che guarda l’uomo che agita il panno.

Géricault, La zattera della Medusa, studi

Turner (1805), Friedrich (1824) e Géricault (1818)

Géricault, Il Derby d'Epsom (1821)

Théodore Géricault, Alienata con monomania dell'invidia, 1821, Lione Musée de Beaux Arts Théodore Géricault, Alienato con monomania del furto, 1822, (61 x 51).

Théodore Géricault, Alienato con monomania del gioco, 1822, (65 x 54). Théodore Géricault, Alienato con monomania del furto dei bambini, 1822, (65 x 54).

Théodore Géricault, Alienato con monomania della gloria militare, 1822, (86 x 45).

Eugène Delacroix (1798- 1863) Dopo una formazione giovanile presso il pittore neoclassico Guerin, entrò in contatto con Gericault per il quale posò nella «Zattera della Medusa». Suggestionato dalla pittura di Michelangelo e di Rubens, sviluppò la sua pittura in due direzioni fondamentali: il colore espressivo, sul versante formale, ed i soggetti esotici, sul versante poetico. Il crudo realismo e la singolare forza espressiva testimoniano che Delacroix si pone come artista impegnato sui problemi del suo tempo. Il quadro che più rappresenta questo suo aspetto è la tela «La Libertà che guida il popolo» del 1830. Delacroix si schiera apertamente dal lato degli oppressi che insorgono per rivendicare una nuova importanza sociale e politica. Dopo questo periodo, anche per via di suoi viaggi in Marocco e in Spagna, la sua pittura si porta su soggetti sempre più esotici, quali «Le donne di Algeri», per poi passare a soggetti più legati alla storia. L’importanza di Delacroix nella pittura francese dell’Ottocento è notevole soprattutto per gli sviluppi successivi. Egli, molto suggestionato dagli effetti cromatici dei quadri dell’inglese Constable, inizia a sperimentare quella divisione dei colori che sarà il motivo fondamentale di tutta la successiva esperienza impressionista e neo-impressionista. Benché usi una tavolozza di molteplici colori la sua tecnica si basa sull’esaltazione cromatica data dall’accostamento di tinte e toni diversi secondo il principio del contrasto luministico.

Eugène Delacroix, La barca di Dante, 1822 (189 x 246).

Eugène Delacroix, Il massacro di Scio, 1824, (417 x 354). Massacro di Scio, 1824 L'episodio raffigurato nel quadro rimanda ad un episodio storico realmente avvenuto in quegli anni. Siamo nel 1822 e la Grecia, dall'anno precedente, è in guerra contro la Turchia per conquistare la propria indipendenza. In quest'isola i turchi, per rappresaglia contro i greci, compirono un massacro feroce, trucidando circa ventimila persone e deportando i superstiti come schiavi. L'episodio di feroce barbarie fece scalpore in Europa, suscitando indignazione soprattutto negli ambienti romantici che parteggiavano per la causa greca. Di qui la scelta di Delacroix di dedicare un quadro all'avvenimento, per usare la sua pittura come spunto di denuncia contro gli orrori della guerra.

Eugène Delacroix, La Grecia morente sulle rovine di Missolungi, 1826, (208-147)

Eugène Delacroix, La morte di Sardanapalo, 1827 Sardanapalo, meglio noto con il nome di Assurbanipal, vissuto tra il 668 e il 626 a.C., fu l'ultimo grande re assiro. Secondo la leggenda, egli, assediato dai rivoltosi che cercavano di rovesciare il suo potere, resosi conto della imminente sconfitta, decise di morire con tutte le sue concubine, i suoi schiavi, i suoi cani e i suoi cavalli preferiti. Quindi, dopo che gli uomini ebbero sgozzate le donne, il coppiere del re appiccò il fuoco alla pira che avrebbe bruciato tutto. La storia è ovviamente di grande drammaticità e Delacroix la rappresenta con una composizione molto ardita e dinamica. Lo sviluppo formale avviene secondo la diagonale che va dall'angolo inferiore sinistro all'angolo superiore destro. Al sommo di questa diagonale, sdraiato su un grande letto, vi è il re, che osserva senza scomporsi la cruenta scena che gli si presenta, in attesa dell'imminente fine. Su tutto domina il colore rosso, che come squilli violenti, appare tra i toni gialli e quelli verdi cupi, per enfatizzare la sensualità drammatica che l'immagine trasmette.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830 (260 x 325). La composizione riprende lo schema piramidale della La zattera della Medusa, però in questo caso il gruppo ha un orientamento ruotato di 180 gradi. Nella «Zattera» l’uomo che fa da vertice alla piramide guarda verso l’orizzonte interno al quadro, nella «Libertà che guida il popolo» il vertice della piramide, la donna con la bandiera, guarda verso lo spettatore. Questa rotazione ribalta completamente il senso del contenuto: nella «Zattera» il contenuto è pessimistico; nella «Libertà che guida il popolo» il contenuto è ottimista. Nel primo caso, infatti, la «Zattera» esprime il senso di sconforto che è la nota dominante della Francia nel 1818: una nazione che ha perso una rivoluzione ed un impero. Nel 1830 un’altra rivoluzione, meno cruenta, si è svolta: i parigini sono ritornati sulle barricate e ciò significa che hanno ritrovato fiducia in sé. Sono quindi ispirati da ottimismo. Nel quadro di Gericault lo spettatore è portato a guardare nella stessa direzione verso la quale guarda l’uomo che agita il panno. E, come lui, anche lo spettatore non vede nulla all’orizzonte. Il quadro, quindi, gioca sul dubbio per ispirare ansia ed angoscia. Nel caso della «Libertà che guida il popolo» la donna guarda verso lo spettatore. Conduce la sua marcia per coinvolgerlo nella sua azione. Il quadro ha quindi una funzione esortatrice tesa ad ispirare sentimenti di forza e di giusta ribellione. Da considerare inoltre che il quadro di Gericault usa questa rappresentazione così intensa e drammatica utilizzandola come metafora. Il naufragio della Medusa è la metafora del naufragio della Francia e delle idee rivoluzionarie di libertà, uguaglianza e fraternità. La «Libertà che guida il popolo» non è una metafora ma una allegoria. Usa cioè una immagine, quella della donna con la bandiera in mano, per visualizzare un sentimento. Vi è infine un particolare, che Delacroix usa quasi come citazione, per dichiarare apertamente la sua derivazione dall’opera di Gericault: nel suo quadro l’uomo ucciso in basso a sinistra ha le calze ai piedi. Lo stesso particolare che ritroviamo nel giovane morto della «Zattera». Da ricordare che Delacroix aveva posato per l’amico Gericault quando questi aveva realizzato la sua grande tela. L’uomo con la barba in basso a sinistra della zattera, con il braccio destra semi- immerso nell’acqua, è appunto Delacroix. Ricordiamo, infine, che il soggetto del quadro fu ispirato dalle reali vicende storiche che si svolsero in Francia in quegli anni. Dopo la caduta di Napoleone, con il Congresso di Vienna, la Francia venne restituita alla monarchia borbonica di Luigi XVIII che fu re dal 1816 al 1824. Nel 1824 gli successe Carlo X, la cui monarchia dal carattere assolutistico finì per suscitare nuovi sentimenti di ribellione. Egli, infatti, fu destituito nel 1830 con la rivoluzione di luglio. Ed è questo l’episodio che diede a Delacroix lo spunto per il suo quadro. Abbattuta la monarchia borbonica si instaurò in Francia una monarchia costituzionale che fu affidata a Luigi Filippo d’Orleans. Ciò, dunque, che contraddistingue il romanticismo francese di Gericault e Delacroix, è questa aderenza agli episodi della loro storia contemporanea, senza far ricorso a metafore storiche tratte dal medioevo. Questa tendenza tutta francese, di legare la pittura alla storia del presente e non del passato, è una costante che attraversa tutta l’arte dell’Ottocento francese, anche quando si affermò il realismo, l’impressionismo e il post impressionismo

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo Il soggetto del quadro fu ispirato dalle reali vicende storiche che si svolsero in Francia in quegli anni. Dopo la caduta di Napoleone la Francia venne restituita alla monarchia borbonica di Luigi XVIII che fu re dal 1816 al 1824. Nel 1824 gli successe Carlo X, la cui monarchia dal carattere assolutistico finì per suscitare nuovi sentimenti di ribellione. Egli, infatti, fu destituito nel 1830 con la rivoluzione di luglio. Abbattuta la monarchia borbonica si instaurò in Francia una monarchia costituzionale che fu affidata a Luigi Filippo d’Orleans. La composizione riprende lo schema piramidale della La zattera della Medusa, però in questo caso il gruppo ha un orientamento ruotato di 180 gradi. Nella «Zattera» l’uomo che fa da vertice alla piramide guarda verso l’orizzonte interno al quadro, nella «Libertà che guida il popolo» il vertice della piramide, la donna con la bandiera, guarda verso lo spettatore. Questa rotazione ribalta completamente il senso del contenuto: nella «Zattera» il contenuto è pessimistico; nella «Libertà che guida il popolo» il contenuto è ottimista. Nel quadro di Gericault lo spettatore è portato a guardare nella stessa direzione verso la quale guarda l’uomo che agita il panno. E, come lui, anche lo spettatore non vede nulla all’orizzonte. Il quadro, quindi, gioca sul dubbio per ispirare ansia ed angoscia. Nel caso della «Libertà che guida il popolo» la donna guarda verso lo spettatore. Conduce la sua marcia per coinvolgerlo nella sua azione. Il quadro ha quindi una funzione esortatrice tesa ad ispirare sentimenti di forza e di giusta ribellione. Il naufragio della Medusa è la metafora del naufragio della Francia e delle idee rivoluzionarie di libertà, uguaglianza e fraternità. La «Libertà che guida il popolo» non è una metafora ma una allegoria. Usa cioè una immagine, quella della donna con la bandiera in mano, per visualizzare un sentimento. L’opera è di Eugène Delacroix, il titolo è “la libertà che guida il popolo” ed è una tra le più importanti opere francesi del Romanticismo, movimento artistico e culturale che si diffuse in Europa tra la fine del ‘700 e la prima metà dell’800. Il quadro, del 1830, celebra “le tre gloriose giornate” di Parigi (27-29 luglio 1830) nel corso delle quali il popolo parigino insorse contro le ordinanze con cui il re Carlo X sciolse il parlamento e sospese la libertà di stampa. La scelta di questo tema indica la volontà dell’artista di rappresentare la storia contemporanea e al tempo stesso di esaltare la lotta per la libertà. In primo piano si vedono un gruppo di insorti che avanza su una barricata guidato da una figura femminile (simbolo della libertà). La donna a seno scoperto - una popolana che ricorda la statua ellenistica della “Venere di Milo” - incita il popolo all’assalto stringendo un fucile in una mano e nell’altra la bandiera francese. Vicino a lei si trovano un bambino e un rivoluzionario (forse un autoritratto di Delacroix) entrambi armati, insieme a una massa indistinta di uomini (il popolo); in lontananza, dalla parte opposta rispetto alla folla, emerge uno scorcio di Parigi in cui si intravede la Cattedrale di Notre-Dame. Dal punto di vista compositivo il gruppo centrale è costruito su uno schema triangolare/piramidale: i corpi stesi in primo piano ne costituiscono la base mentre l’angolo acuto, formato dalla bandiera, il vertice. Le linee su cui si regge la composizione ci trasmettono un forte senso di movimento, elemento caratteristico della pittura romantica. Il colore consolida questo equilibrio compositivo attraverso una serie di richiami cromatici e un graduale mutamento della tonalità: freddo alla base, più caldo verso l’alto; le forme confuse del fondo diventano più nitide in primo piano grazie alla tonalità del colore che le fa emergere. Questa spinta in avanti arriva a coinvolgere emotivamente l’osservatore tanto da invitarlo a partecipare. In questo dipinto si coglie l’influenza di T. Gèricault (lo schema compositivo ricorda quello de “La zattera della Medusa”), e la plasticità delle figure michelangiolesche.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830 (particolari)

Eugène Delacroix Donne d’Algeri nei loro appartamenti, 1834, (180x299) Delacroix effettuò nel 1832 un viaggio in Africa dove visitò il Marocco e l'Algeria. Proprio in quest'ultimo paese ebbe l'opportunità di visitare segretamente l'harem di un importante funzionario arabo. E qui prese lo spunto per il quadro "Donne d'Algeri", che gli servì per rappresentare tutta la carica di indolente sensualità colta non solo negli atteggiamenti delle donne, ma anche nei tessuti, nelle raffinate decorazioni, nei profumi. Il quadro, a differenza di altre opere di Delacroix, non suscitò scandalo, ma ebbe un'accoglienza entusiastica al Salone e fu acquistato dal re Luigi Filippo, benché Delacroix non fosse intenzionato a venderlo. Il quadro è uno degli esempi più noti di quella moda legata al fascino dell'oriente arabo, che ritroviamo in Europa nella prima metà dell'Ottocento. È uno dei tanti momenti compresi nel termine "esotismo", ad indicare suggestioni che l'ambiente culturale europeo prendeva da altre culture non europee.