IL CONFLITTO NELLA CHIESA PRIMITIVA

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Transcript della presentazione:

IL CONFLITTO NELLA CHIESA PRIMITIVA 19.01.2017 (seconda parte) Chiesa Evangelica Battista di Sarzana

Perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento 1^ Corinzi 11: 27 Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. 28 Ora ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; 29 poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore. 30 Per questo motivo molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono. 31 Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; 32 ma quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo. 33 Dunque, fratelli miei, quando vi riunite per mangiare, aspettatevi gli uni gli altri.

Degno? Se esiste un «degno» significa che esistono degli «indegni»: Chi sono? Chi decide sull’indegnità?

Nella comunità di Corinto c’era un certo disordine perché non era chiara la priorità dell’Evangelo rispetto ad ogni altra cosa. Sostanzialmente ogni credente viene chiamato a riflettere sulla propria fede in Gesù Cristo morto sulla croce per ricostruire la propria relazione con Dio (Patto sacrificio) e sulla promessa di vita eterna prefigurata nella resurrezione del Cristo (grazia). La fede non si può discostare dall’insegnamento e questo non si può allontanare dall’Evangelo, che rappresenta per noi la chiave di interpretazione sia delle Scritture sia della nostra vita personale (vedi Luca 18,8) Ma sostanzialmente è una nostra responsabilità riconoscere Gesù Cristo ed accogliere il suo invito. La cena non è proprietà della Chiesa, ma un invito alla Chiesa a seguirlo con fedeltà Non è previsto che un essere umano possa escluderne un altro, ma su chi non riconosce Gesù Cristo peserà il giudizio di Dio

Indegnità: tra peccato e grazia L’essere umano non è estraneo al peccato visto che «il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza» (Genesi 8, 21) per cui se noi sottoponessimo la nostra partecipazione alla Cena alla nostra perfetta relazione con Dio e con gli altri sarebbe sicuramente prendervi parte Non dobbiamo dimenticare che «dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata» (Romani 5:20) Essere degni di partecipare alla Cena non è valutato rispetto alla nostra condizione di peccatori, ma di uomini e donne che hanno fede in Gesù Cristo perchè (Romani 3) 23 tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - 24 ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. 25 Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, 26 al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù.

Indegnità: una questione di fede La Parola si fa conoscere da noi in termini assoluti, ma pone sotto la nostra responsabilità attualizzarne i principi e quindi renderla parola viva ed efficace per quel particolare e molto relativo contesto che stiamo vivendo. Proprio come nel testo di 1^ Corinzi 11,28 ciascuno è chiamato ad esaminare se stesso e comprendere se assumersi la responsabilità personale di partecipare alla Cena del Signore, analogamente accade per ogni nostra altra scelta: ciò che decidiamo o diciamo è coerente con l’Evangelo? Scelta di fede è anche scelta di coerenza e consapevolezza di limiti a cui, liberamente e volontariamente, ci assoggettiamo tuttavia oggi, che si ragiona per slogan o termini assoluti quali “pace”, “misericordia” e “amore” si rischia di essere sviati da buoni ed ammirevoli sentimenti che hanno perso di vista il contesto del proprio essere.

Il richiamo a vivere l’insegnamento della Parola di Dio è un appello fatto al cristiano a vivere la propria identità innanzitutto nell’interiorità personale e nella comunità; indubbiamente questa coerenza avrà delle ricadute sul mondo esterno se non per la conversione almeno per una socialità più rispettosa della dignità umana. mentre la politica ha la funzione di cura della comunità sociale trovando i modi migliori di convivenza tra identità ed interessi diversi, la comunità cristiana ha la necessità di fare convivere tra loro forme diverse di una medesima identità fondata su Gesù Cristo, Signore e Salvatore.

Perseveranti nella comunione fraterna 1^ Corinzi 11: 17 Nel darvi queste istruzioni non vi lodo del fatto che vi radunate, non per il meglio, ma per il peggio. 18 Poiché, prima di tutto, sento che quando vi riunite in assemblea ci sono divisioni tra voi, e in parte lo credo; 19 infatti è necessario che ci siano tra voi anche delle divisioni, perché quelli che sono approvati siano riconosciuti tali in mezzo a voi.

Essere comunità di Gesù Cristo significa riconoscersi in un unico corpo costituito da membra diverse e ciascuna necessaria per il migliore funzionamento del tutto. La diversità di opinioni è insita nella nostra natura umana ed il suo riconoscimento è espressivo della libertà di pensiero che noi battisti abbiamo sicuramente molto a cuore visto che si dice “dove ci sono due battisti ci sono tre posizioni diverse”, ma noi siamo persone che hanno un unico scopo nella propria vita: annunciare l’Evangelo.