È possibile rendere comprensibile oggi questo termine filosofico, al di fuori della esigua cerchia degli specialisti? Io una volta ci ho provato in una trasmissione televisiva sul vangelo, facendo un esempio che spero non sembri irriverente. Vedendo una signora uscire dal parrucchiere con una acconciatura tutta nuova, viene spontaneo esclamare: “Che trasformazione!” Nessuno si sogna di esclamare: “Che transustanziazione!” Giustamente; sono infatti cambiati la forma e l’aspetto esterno, ma non l’essere profondo e la personalità. Se era intelligente prima, lo è ora; se non lo era prima, non lo è neppure ora. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza. Nell’Eucaristia avviene esattamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze.
le apparenze infatti (forma, sapore, colore, peso) restano quelle di prima, mentre è cambiata la realtà profonda, è diventato corpo di Cristo Vedo pane Non è più pane Vedo pane Non è più pane Vedo pane È pane “è il mio corpo”
In tempi recenti la teologia ha perseguito questo stesso tentativo di tradurre in un linguaggio moderno il concetto di transustanziazione con ben altra strumentazione e serietà, ricorrendo alle categorie esistenziali di transignificazione e transfinalizzazione. Con queste parole viene designato “l’atto divino (non umano) in cui la sostanza (cioè il significato e il potere) di un segno religioso è trasformato con la rivelazione personale di Dio” [11] . Come sempre, il tentativo non è riuscito al primo colpo. In alcuni autori (non in tutti) queste nuove prospettive, più che spiegare la transustanziazione, finivano per rimpiazzarla. In questo senso nell’enciclica Mysterium fidei Paolo VI disapprova i termini transignificazione e transfinalizzazione; più esattamente, disapprova, scrive, “coloro che si limitano a usare soltanto questi termini, senza fare parola anche della transustanziazione”.
“ transignificazione e transfinalizzazione” “Avvenuta la transustanziazione, scrive, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova ‘realtà’, che giustamente denominiamo ontologica” [Mysterium fidei, 47. Vedo pane Non è più pane Ma contiene comunque la presenza di Dio che lo fa esistere, e diventa per me un segno reale dell’amore di Gesù eucaristico Vedo pane È pane Ma contiene comunque la presenza di Dio che lo fa esistere, pur non esplicitandomi l’amore di Gesù eucaristico Altrimenti non potrebbe neanche esistere segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale