Il sistema della pena in Italia Massimiliano Bagaglini Segreteria del Sottosegretario di Stato alla Giustizia Prof. Luigi Manconi massimilano.bagaglini@giustizia.it
I numeri del carcere Caratteristiche demografiche, sociali e giuridiche della popolazione attualmente detenuta in Italia
Popolazione detenuta al 9.11.2007 Totale: 48.013 (regolamentare: 43.352; tollerabile: 63.674) Uomini: 45.844 Donne: 2.169 Stranieri: 35,62% (al 30/06/2007)
Stranieri (al 30.6.07)
Distribuzione per età (30.06.07)
Grado di istruzione (al 30.06.07)
Condizione lavorativa (al 30.06.2007) Meno del 20% della popolazione detenuta aveva un lavoro regolare prima della detenzione.
Posizione giuridica (30.06.07)
Durata della pena inflitta (30.06.07)
Durata pena residua (30.06.07)
Reati (30.06.07)
Ingressi in carcere nel primo semestre del 2007: 42 Ingressi in carcere nel primo semestre del 2007: 42.000 di cui circa il 48% stranieri
Le misure alternative alla detenzione L’ordinamento prevede alcune misure alternative alla detenzione: affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà La competenza a decidere sulle misure è affidata al magistrato di sorveglianza. Vi accedono i detenuti che debbono scontare un residuo pena nei limiti fissati dalla legge e che evidenzino progressi nel processo di risocializzazione. La legge prevede anche la possibilità di accedere alle misure alternative, direttamente dal carcere.
Le misure alternative: l’affidamento in prova al servizio sociale L’istituto prevede l’affidamento del condannato al servizio sociale fuori dall’istituto se la pena detentiva non supera tre anni per un periodo pari alla pena da scontare. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati dell’osservazione della personalità all’interno dell’istituto, ma il beneficio può essere irrogato anche in assenza di tale osservazione, qualora ci siano i presupposti. L’affidamento in prova viene disposto anche per soggetti tossicodipendenti e alcooldipendenti che intendano proseguire o sottoporsi a un programma di recupero
Le misure alternative: la semilibertà Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dall’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili ai fini del reinserimento sociale. I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o sezioni autonome di istituti ordinari. Sono espiate in semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore ai sei mesi; oppure qualora sia stata espiata almeno metà della pena o, in alcuni casi, i due terzi. L’ammissione al regime è collegata ai progressi compiuti durante il trattamento.
Applicazione misure alternative e di sicurezza
Applicazione delle misure alternative I dati complessivi al primo semestre del 2007, indicano che vi sono 3.450 affidamenti in prova, 1.079 semilibertà e 2775 detenzioni domiciliari.
Le figure professionali Le figure professionali che lavorano nel “pianeta carcere” sono i dirigenti penitenziari, i dirigenti ministeriali, i direttori di istituto, i medici, gli assistenti sociali, gli educatori e gli psicologi, oltre al personale della Polizia penitenziaria.
Le figure professionali In particolare, gli educatori partecipano, assieme alle altre figure addette alle attività trattamentali, all’osservazione scientifica della personalità dei detenuti, svolgendo, nei casi consentiti, anche attività educative nei confronti degli imputati Gli psicologi possono svolgere attività di osservazione, sostegno psicologico, servizio accoglienza e presidio delle tossicodipendenze. Gli assistenti sociali, che dipendono dagli UEPE, operano sia all’esterno che all’interno degli istituti di pena; partecipano alle attività di osservazione scientifica dei detenuti supportandone il reinserimento sociale.
La normativa Oltre al già citato articolo 27 Cost., la legge cardine è costituita dalla riforma del sistema penitenziario del 1975, la legge 354 che detta le norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative limitative della libertà. Di questa legge possono essere richiamati alcuni importanti passaggi.
La legge 354 del 1975 (O.P.) Art. 1 “…. Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti”.
La legge 354 del 1975 (O.P.) Art. 12: “Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune…” Art. 15: “ Il trattamento del condannato e dell’internato è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.
La legge 354 del 1975 (O.P.) Art. 17: “La finalità del reinserimento sociale … deve essere perseguita anche sollecitando … la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all’azione rieducativa …” Art. 19: “Negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, è curata mediante l’organizzazione dei corsi della scuola dell’obbligo e di corsi di addestramento professionale …”
La legge 354 del 1975 (O.P.) Art. 20: “Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la partecipazione a corsi di formazione professionale …” Art. 21: “I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all’esterno in condizioni idonee a garantire l’attuazione positiva degli scopi previsti dall’articolo 15. …”
Il lavoro in carcere e fuori dal carcere: la legge Smuraglia La legge 193 del 2000 detta norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti. Le novità riguardano l’introduzione di un sistema di aliquote contributive ridotte per le retribuzioni corrisposte ai detenuti e agli internati, ivi compresi gli ammessi al lavoro esterno. Resta fermo l’azzeramento dei contributi dovuti dalle cooperative sociali agli ammessi alle misure alternative che lavorino all’esterno dell’istituto.
Il lavoro in carcere e fuori dal carcere: la legge Smuraglia Gli sgravi contributivi si applicano per un ulteriore periodo di sei mesi successivo al termine del provvedimento limitativo della libertà. Le imprese pubbliche o private che organizzano attività produttive o di servizio all’interno degli istituti utilizzando dipendenti detenuti hanno diritto agli sgravi fiscali.
L’esperienza di “Ristretti orizzonti” (www.ristretti.it) Buone pratiche 1 L’esperienza di “Ristretti orizzonti” (www.ristretti.it)
Ristretti orizzonti “Ristretti orizzonti” è una rivista di informazione sul carcere prodotto dalla Casa Circondariale di Padova e dal Carcere Femminile della Giudecca. Esce con cadenza bimestrale (più un numero speciale all’anno). E’ distribuito in abbonamento e dal 1998 a oggi sono stati realizzati 63 numeri.
Ristretti orizzonti Nasce nel 1997 dall’iniziativa di una volontaria che riunisce intorno a sé un gruppo di detenuti interessati a fare un’esperienza di tipo giornalistico. Alla prima redazione del carcere “Due palazzi” di Padova, nel 1999 se ne è aggiunta una seconda situata all’interno del carcere femminile della Giudecca. L’intera elaborazione grafica è realizzata all’interno del “Due palazzi”.
Ristretti orizzonti Nel 2001 la rivista viene affiancata dal sito internet www.ristretti.it realizzato completamente dai detenuti. Il sito conta circa settemila pagine ed è il più completo e articolato sito sul carcere in Europa. “Ristretti orizzonti” si inserisce in un progetto più ampio che comprende il Centro di Documentazione “Due palazzi”, il Gruppo rassegna stampa, l’Ufficio stampa-Centro studi, il TG 2Palazzi” e il laboratorio di legatoria.
Ristretti orizzonti Le attività che ruotano intorno a “Ristretti orizzonti comprendono: organizzazione di corsi di scrittura giornalistica e incontri con scrittori; organizzazione di convegni e di giornate di studio (volontariato, affettività, lavoro, misure alternative, disagio mentale, informazione); realizzazione di pubblicazioni sul carcere (“Il granello di senape”); incontri nelle scuole e visite degli studenti negli istituti di pena (“i buoni dentro, i cattivi fuori”); realizzazione di cd rom (“Guida per i detenuti” e altro).
Ristretti orizzonti “Ristretti orizzonti” cerca di promuovere una forma di comunicazione diversa da e per il carcere. L’impegno della rivista e del sito nel mondo della comunicazione nazionale è testimoniato dall’impulso dato nascita del “Coordinamento Nord Est dei giornali dal carcere” (2002) e dalla costituzione della “Federazione nazionale dell’informazione dal carcere e sul carcere” (2005).
Ristretti orizzonti Il rapporto con il territorio per “Ristretti orizzonti” è prioritario. L’impaginazione, l’editing e la grafica del notiziario di quartiere dove sorge il carcere viene realizzato all’interno del Due palazzi. Nel 2004 a Padova è stata inaugurata una sede esterna nella quale lavora un detenuto della redazione di “Ristretti Orizzonti” in articolo 21 (lavoro all’esterno).
Ristretti orizzonti Attualmente vi lavorano, oltre alla coordinatrice, 20 redattori più una serie di collaboratori esterni. Tra i redattori la presenza straniera conta 5 albanesi, un tunisino, un rumeno, un nigeriano e un turco. La presenza di stranieri in redazione assicura al sito e alla rivista un’attenzione importante al tema della multiculturalità.
Ristretti orizzonti La maggior parte dei redattori e tutti i collaboratori svolgono la loro attività a titolo di volontariato. Le risorse disponibili sono indirizzate a coprire i costi di stampa e di spedizione. La stampa avviene in una tipografia esterna; la rivista torna in carcere per essere imbustata e spedita
Ristretti orizzonti Recentemente, grazie al finanziamento di enti locali e al coinvolgimento di “Ristretti Orizzonti” in ulteriori progetti di natura sociale sul territorio è stato possibile stipulare quattro contratti con detenuti o ex detenuti che lavorano nella redazione esterna; inoltre, sono stati formalizzati due contratti part time per detenuti della redazione interna.
Buone pratiche 2: Il teatro in carcere La pratica del teatro in carcere costituisce uno degli strumenti più efficaci per sostenere i percorsi di reinserimento delle persone detenute. L’esperienza, forse più nota, è quella realizzata presso il carcere di Volterra dalla Compagnia della Fortezza sotto la direzione di Armando Punzo (www.compagniadellafortezza.org) Nel 1993 la Compagnia della Fortezza ha vinto il premio Ubu come miglior spettacolo dell’anno, portando in scena il Marat Sade di Weiss.
Il teatro in carcere Dal 2000, il Centro Studi “Enrico Maria Salerno” (www.enricomariasalerno.it) è particolarmente attivo nella promozione della cultura teatrale in carcere a Roma, nel Lazio e su tutto il territorio nazionale. Grazie a un’intesa con il DAP e la direzione del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, il Centro Studi ha avviato un’esperienza pilota per la realizzazione di spettacoli teatrali con le persone detenute nella sezione di alta sicurezza (AS). L’esperienza ha condotto alla costituzione di una compagnia teatrale formata da una quarantina di detenuti della sezione G12 di AS.
Il teatro in carcere La compagnia dei Liberi Artisti Associati sotto la guida del regista teatrale Fabio Cavalli ha realizzato dal 2002 una serie di spettacoli (“Napoli milionaria”, “La tempesta”) ed è attualmente impegnata nell’allestimento dell’ “Amleto”. Oltre al Ministero della Giustizia, i contributi derivano dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Il teatro in carcere Il Centro Studi “Enrico Maria Salerno” promuove presso il teatro Eliseo, il Piccolo Eliseo e il teatro del carcere di Rebibbia, nella stagione 2007/2008, un cartellone di 35 serate in cui sono rappresentati gli spettacoli delle principali compagnie teatrali nate nelle carceri italiane.
Il teatro in carcere Gli attori della compagnia del carcere di Rebibbia usciti grazie all’indulto si sono costituiti come compagnia professionale esterna. Il Centro Studi “Enrico Maria Salerno” promuove anche la convergenza tra le esperienze teatrali sviluppate negli istituti scolastici e quelle dei detenuti dell’AS di Rebibbia.
Il teatro in carcere Il teatro in carcere di Rebibbia, nella primavera del 2008, aprirà le porte a una settimana di spettacoli e di performance con la partecipazione di circa 1.500 studenti delle scuole superiori del Lazio. Inoltre, nell’ambito del progetto S.F.I.D.E. finanziato dal FSE, nel 2007, sono stati organizzati corsi di formazione professionale ai mestieri dello spettacolo per i detenuti delle 12 carceri del Lazio.
Conclusioni ?