INFORMAZIONE E CONSENSO ALL’ATTO MEDICO

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Transcript della presentazione:

INFORMAZIONE E CONSENSO ALL’ATTO MEDICO Lezioni di medicina legale

Atto medico e concezione paternalistica Il malato è un ignorante che non possiede le conoscenze, la capacità intellettuale né l’autorità morale per opporsi e contrastare il volere e le decisioni del medico che, al contrario, conoscendo i meccanismi della vita, che è sempre buona in se, conosce e decide per il bene del paziente

…Fa tutto con calma e competenza, nascondendo il più delle cose al paziente mentre ti occupi di lui. Dà gli ordini necessari con voce lieta e serena, distogliendo la sua attenzione da ciò che gli viene fatto; qualche volta dovrai rimproverarlo in modo aspro e risentito, altre volte dovrai confortarlo con sollecitudine e attenzione, senza nulla rivelargli della sua condizione presente e futura. (Erodoto, V sec. a.C.) “…Pur alle volte bisogna pronosticare, o quasi pronosticare; ed è allora ed è allora quando l’infermo ha da sapere lo stato suo minaccioso e pericolante, onde a sé provveda ed alle altre cose sue. Al dolore del vedere l’uomo che va a mancare, ci si aggiunge l’altro del doverglielo palesare. Tuttavia tale annuncio non sempre ci tocca doverlo noi all’infermo partecipare. A congiunti primieramente, agli amici, a sacerdoti, a chi si crede più vicino al cuor del malato e più fornito di zelo e di buona maniera, se ne può dare l’incarico; e solo quando altro mezzo non v’abbia. Il medico stesso debbe dirglielo, ma sempre con quella blanda insinuazione che il caso vuole, e la carità ci impone…” (Trattato di chirurgia V Sec. d.C)

Il medico non guarda la qualità della vita, egli è un aiutante della vita Compito specifico e precipuo del medico è quello di proteggere e tutelare la vita del paziente dalle malattie fornendo rimedi per la guarigione e facendo tutto il possibile per procrastinare la morte considerata il peggiore dei mali. Il mistero che circonda l’essere umano si connette e alimenta la sacralità della vita, ossia l’atteggiamento che emana da un oggetto ritenuto inviolabile e intoccabile. La sacralità della vita fonda il divieto assoluto di interferire o manomettere le inclinazioni essenziali della vita umana

La concezione paternalistica Il paternalismo è la posizione di garanzia (della salute) che dà al medico il più ampio potere di intervento sul paziente ritenuto soggetto passivo della relazione terapeutica (cosiddetto principio di beneficialità), cioè quello di intervenire senza il consenso del paziente: la volontà di quest’ultimo non definiva i limiti dell’intervento terapeutico.

Il diritto all’autodeterminazione La Costituzione italiana valorizza la dignità, l’autonomia , la libertà della persona (artt. 2, 3, 13 Cost.), capace di decidere e scegliere per sé stessa (cosiddetto principio di autodeterminazione). Questa libertà di autodeterminarsi deve essere rispettata da coloro che esercitano la professione medica che non possono sostituire la propria concezione della qualità della vita a quella del malato.

Dal paternalismo all’alleanza terapeutica La relazione fra medico e paziente si è trasformata concettualmente in un’alleanza terapeutica, dove il paziente ha il diritto di conoscere ogni aspetto della propria condizione clinica e conseguentemente scegliere. Il medico diviene un alleato del paziente che deve rendere consapevole e partecipe. L’atto medico non è più il frutto di un’imposizione da parte di un professionista su un soggetto a lui sottomesso, ma un servizio funzionale all’autodeterminazione del cittadino che esprime attraverso il consenso informato.

Art. 32, II co. Cost. “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’atto medico non può essere esercitato contro la volontà dell’individuo: anche quando non è possibile ottenere dalla persona interessata il consenso, il rispetto della dignità umana vuole che ogni possibilità di comprensione e di autonoma capacità di scelta della persona venga valorizzata.

Eccezioni al dovere di informazione “Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: senza il consenso informato l’intervento del medico è, al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità, sicuramente illecito, anche quando è nell’interesse del paziente” (Cass. Civ., Sez. III, 27 novembre 2012, n. 20984).

Esercizio del diritto all’autodeterminazione “Il consenso informato ha come correlato la facoltà, non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche, se del caso, rifiutare la terapia e decidere consapevolmente di interromperla; e ciò in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale” (Cass. Civ., Sez. I,16 ottobre 2007, n. 21748).

Informazione e Consenso Il concetto di consenso racchiude in sé quello di consapevolezza di ciò a cui il consenso si riferisce. La consapevolezza si raggiunge tramite l’informazione. Pertanto il consenso è tale solo se è informato ottenuto cioè in virtù della spiegazione: della situazione clinica e patologica in atto; dei risultati che ci si propone di raggiungere; dei mezzi terapeutici per conseguirli. degli eventuali rischi che tali mezzi comportano.

Caratteri dell’informazione L’informazione deve essere: semplice chiara accessibile Oltre la diagnosi, l’informazione deve riguardare la natura dell’atto medico, la sua portata e consistenza, i rischi, i risultati raggiungibili e le possibili conseguenze negative.

La forma del consenso In generale la forma nella quale deve essere prestato il consenso è libera. Tuttavia, nel caso di interventi che non rientrano nella normale routine, sarà bene procurarsi una dichiarazione scritta nella quale il paziente dia atto di aver ricevuto tutte le informazioni che il caso richiede e presti il proprio consenso all’atto medico. Il consenso deve essere effettivo non presunto e specifico: deve riferirsi cioè ad un tipo di intervento determinato.

Incapacità e consenso all’atto medico Capacità giuridica: la capacità di essere titolari di diritti e doveri. Si acquista con la nascita. Capacità di agire: la capacità di compiere atti di volontà con i quali si esercitano diritti e si assumono doveri. Si acquista al compimento del 18° anno di età. La condizione di capacità giuridica e capacità di agire possono non coincidere come nel caso di: minore interdetto inabilitato minore emancipato beneficiario di un’amministrazione di sostegno Questi si trovano tutti in una condizione di incapacità legale sono chiamati pertanto incapaci legali.

Persone che possono essere interdette Art. 414 c.c. Il maggiore di eta' e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermita' di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando cio' e' necessario per assicurare la loro adeguata protezione. La sentenza di interdizione comporta la perdita della capacità di agire. Nella cura dei suoi interessi, l’interdetto verrà sostituito da un rappresentante legale chiamato tutore

Persone che possono essere inabilitate Art. 415 c.c. Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato. Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono infine essere inabilitati il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente. L'inabilitazione esclude solo parzialmente il soggetto dalla capacità di agire. La differenza rispetto al presupposto dell’interdizione sta solo nella minore gravità dell’infermità, che consente al soggetto di compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre deve essere assistito da un curatore per gli atti di straordinaria amministrazione. L’inabilitato così come il minore emancipato, poiché ha il pieno esercizio dei diritti della persona, può esprimere in tutta autonomia il consenso all’atto medico.

Amministrazione di sostegno legge 9 gennaio 2004 n. 6 Art. 404 c.c. La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. Presupposto clinico per la nomina di un amministratore di sostegno è la mancanza di autonomia della persona

Doveri dell’amministratore di sostegno FINALITÀ DELLA LEGGE Art 1 La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. L'amministratore di sostegno è un istituto la cui funzione è quello di affiancare il soggetto privo in tutto o in parte di autonomia, con la minore limitazione possibile della capacità di agire. Doveri dell’amministratore di sostegno Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario

Incapacità naturale Tale condizione può essere determinata da: La condizione di colui che pur essendo legalmente capace, si trova nella concreta incapacità di intendere e di volere. Tale condizione può essere determinata da: cause transitorie cause permanenti

Incapacità naturale e consenso all’atto medico Quando lo stato di incapacità naturale tale da rendere impossibile il consenso informato dipende da cause transitorie, si attenderà che lo stesso venga a cessare, sempre che non vi sia l’urgenza di intervenire. Quando lo stato di incapacità naturale tale da rendere impossibile il consenso informato dipende da cause permanenti, il sanitario accertata la rilevanza della diagnosi, né dà comunicazione all’autorità giudiziaria affinché nomini un tutore ovvero un amministratore di sostegno. Laddove sussiste la condizione di urgenza, il medico deve senz’altro attivarsi ed operare secondo scienza, prescindendo per forza di cose il proprio intervento, da un’espressa manifestazione di volontà del paziente.