Dal quanto di luce all’effetto fotoelettrico

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Transcript della presentazione:

Dal quanto di luce all’effetto fotoelettrico Alberto Stefanel Unità di Ricerca in Didattica della Fisica Università degli Studi di Udine

Esiste una profonda distinzione formale tra i concetti teorici che i fisici hanno formulato su gas e altri sistemi ponderabili e la teoria di Maxwell dei processi elettromagnetici nel cosiddetto spazio vuoto. Mentre consideriamo lo stato di un corpo completamente determinato da posizione e velocità di una numero molto grande, ma finito, di atomi ed elettroni, noi facciamo uso di funzioni spaziali continue per descrivere la stato elettromagnetico di un dato volume, e un numero finito di parametri non può essere considerato sufficiente per determinare completamente tale stato.

[..] Mi sembra che le osservazioni associate con: la radiazione di corpo nero Fluorescenza produzione di raggi catodici da luce ultravioletta altri fenomeni connessi con l'emissione o la trasformazione di luce sono più facilmente comprensibile se si assume che l'energia della luce sia distribuita in modo discontinuo nello spazio. In conformità con l'assunzione qui considerata, l'energia di un raggio di luce che si dirama dal punto sorgente non è distribuita in un continuo su uno spazio crescente ma consiste di un numero finito di quanti di energia che sono localizzate in punti nello spazio, che si muovono senza dividersi, e che possono essere prodotti e assorbiti solo come unità complete. Di seguito vorrei presentare la linea di pensiero e di fatti che mi hanno portato a questo punto di vista, sperando che questo approccio possa essere utile ad alcuni ricercatori nella loro ricerca.

Dipende quindi da  e da . 𝜑(𝜌,𝜈) Supponiamo di avere una radiazione e.m. che occupa un volume V. Ipotesi non supportata da fatti (affermazione di Einstein stesso): le proprietà osservabili della radiazione sono completamente determinate quando è data la densità di radiazione per tutte le frequenze. Poiché le radiazioni di diversa frequenze sono da considerarsi indipendenti l'una dall'altra quando non c'è trasferimento di energia alla radiazione, l'entropia della radiazione può essere rappresentata da: V Densità di entropia per una data frequenza  e che si assume definita quando è definita la densità di energia del campo . Dipende quindi da  e da . 𝜑(𝜌,𝜈) 𝐸= 𝜌𝑑𝜈 Energia del campo per un dato volume

𝛿𝑆=𝑉 𝛿 𝜑 𝜌,𝜈 𝑑𝜈 =0 𝛿𝐸=𝛿 𝜌𝑑𝜈 =0 𝜕𝜑 𝜌,𝜈 𝜕𝜌 𝛿𝜌−𝜆𝛿𝜌 𝑑𝜈=0 Nel caso della radiazione di corpo nero,  è una funzione di  tale che l’entropia è massima per un valore fisso dell’energia; cioè: 𝛿𝑆=𝑉 𝛿 𝜑 𝜌,𝜈 𝑑𝜈 =0 𝛿𝐸=𝛿 𝜌𝑑𝜈 =0 Sotto la condizione 𝜕𝜑 𝜌,𝜈 𝜕𝜌 𝛿𝜌−𝜆𝛿𝜌 𝑑𝜈=0  Coefficiente incognito, ma indipendente da  𝜕𝜑 𝜌,𝜈 𝜕𝜌 −𝜆 𝛿𝜌𝑑𝜈=0 𝜕𝜑 𝜌,𝜈 𝜕𝜌 =𝜆 𝜕𝜑 𝜌,𝜈 𝜕𝜌 indipendente da  Risultato generale

𝑑𝑆= 𝜈=0 𝜈=∞ 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝑑𝜌𝑑𝑣= 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝜈=0 𝜈=∞ 𝑑𝜌𝑑𝜈 Determiniamo ora la variazione di entropia (per un volume unitario) della radiazione quando si ha un aumento di temperatura dT: 𝜕𝜑 𝜕𝜌 Non dipende da  𝑑𝑆= 𝜈=0 𝜈=∞ 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝑑𝜌𝑑𝑣= 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝜈=0 𝜈=∞ 𝑑𝜌𝑑𝜈 𝐸= 𝜌𝑑𝜈 →𝑑𝐸= 𝑑𝜌𝑑𝜈 da 𝑑𝑆= 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝑑𝐸 𝜕𝜑 𝜕𝜌 = 1 𝑇 dE: energia fornita (a temperatura T) in seguito all’incremento di temperatura dT 𝑑𝑆= 𝑑𝐸 𝑇

𝜌 𝜈 = 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 𝑒 − ℎ𝜈 𝑘𝑇 𝜌 𝜈 = 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 𝑒 − ℎ𝜈 𝑘𝑇 Nel limite di altre frequenze (piccole lunghezze d’onda) e T 0 (legge di Wien) 𝜌 𝜈 = 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 𝑒 − ℎ𝜈 𝑘𝑇 𝜌 𝜈 = 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 𝑒 − ℎ𝜈 𝑘𝑇 1 𝑇 =− 𝑘 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 𝜕𝜑 𝜕𝜌 =− 𝑘 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 1 𝑇 = 𝜕𝜑 𝜕𝜌

0 𝜌 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝑑𝜌 =− 𝑘 ℎ𝜈 0 𝜌 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 𝑑𝜌 𝜕𝜑 𝜕𝜌 =− 𝑘 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 0 𝜌 𝜕𝜑 𝜕𝜌 𝑑𝜌 =− 𝑘 ℎ𝜈 0 𝜌 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 𝑑𝜌 𝑑𝑥 𝑙𝑛 𝑥 =𝑥𝑙𝑛𝑥−𝑥 𝜑=− 𝑘𝜌 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 − 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 =0 se =0

𝜑=− 𝑘𝜌 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 − 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 =0 se =0 𝜑=− 𝑘𝜌 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝜌 𝜈 𝜈 3 − 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 =0 se =0 Per una radiazione di energia E, con frequenza tra  e +d, contenuto in un recipiente di volume V si ha:   𝐸 𝜈 = 𝑉𝜌 𝜈 𝑑𝜈 𝜌 𝜈 = 𝐸 𝜈 𝑉𝑑𝜈 L’entropia di questa radiazione si scrive allora come segue: 𝑆 𝜈 =− 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑐 3 8𝜋ℎ 𝐸 𝜈 𝑉 𝜈 3 𝑑𝜈 − 8𝜋ℎ 𝑐 3 𝜈 3 𝑆 𝜈 =𝑉𝜑𝑑𝜈 Se la radiazione viene compressa in un volume V0 e si indica con So l’entropia del gas, si ottiene per la variazione di entropia: 𝑆𝑜 𝜈 −𝑆 𝜈 =− 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉

𝑆𝑜 𝜈 −𝑆 𝜈 =− 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 =𝑁𝑘 𝐸 𝜈 =𝑁ℎ𝜈 Entropia di un gas ideale: Per una trasformazione isoterma a temperatura T si ha dQ=dL e quindi Δ𝑆= Δ𝑄 𝑇 = Δ𝐿 𝑇 Δ𝑆=𝑛𝑅 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 =𝑁𝑘 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 𝑆𝑜 𝜈 −𝑆 𝜈 =− 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 Campo em 𝑘𝐸 𝜈 ℎ𝜈 =𝑁𝑘 𝐸 𝜈 =𝑁ℎ𝜈 Δ𝑆=𝑛𝑅 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 =𝑁𝑘 𝑙𝑛 𝑉 𝑜 𝑉 Gas ideale

Applicazione 1. Riguardo la regola di Stokes (sulla fluorescenza) differenza (in unità di lunghezza d'onda o frequenza) tra le posizioni dei massimi degli spettri di assorbimento e di emissione (ad esempio spettri di fluorescenza e Raman), della stessa transizione elettronica. Prende il nome dal fisico irlandese George G. Stokes. L’energia di ciascun quanto incidente è data da 𝐸 𝜈 =ℎ𝜈 L’energia di ciascun quanto riemesso per fluorescenza è data da 𝐸′ 𝜈 ′ =ℎ𝜈′ Dalla conservazione dell’energia E’ (’)  E () h’  h  ’   Regola di Stokes

Applicazione 2 - Riguardo l’emissione di raggi catodici attraverso l’illuminazione di corpi solidi (effetto fotoelettrico) «La concezione usuale secondo cui l'energia della luce è distribuita con continuità nello spazio attraverso cui si propaga, incontra gravi difficoltà quando si tenta di spiegare i fenomeni fotoelettrici, come è stato sottolineato nel paper pionieristico di Herr Lenard 𝐸 𝜈 =ℎ𝜈 Secondo il concetto che la luce incidente consiste di quanti di energia di grandezza si può interpretare l’espulsione di elettroni da parte della luce nel modo seguente. Quanti di energia penetrano negli strati superficiali di un corpo, e la loro energia si trasforma, almeno in parte, in energia cinetica degli elettroni. Il modo più semplice per immaginare questo è che un quanto di luce ceda tutta la sua energia per un singolo elettrone: assumeremo che questo è ciò che accade, anche se non si deve comunque escludere, che alcuni elettroni possano ricevere solo parte dell’energia del quanto di luce. Un elettrone al quale è stata impartita energia cinetica nell'interno del corpo avrà perso parte di questa energia nel momento in cui raggiunge la superficie. Inoltre, assumeremo che nel lasciare il corpo ogni elettrone deve eseguire una quantità di lavoro P caratteristica della sostanza. Gli elettroni espulsi lasciando il corpo con la più grande velocità saranno quelli che si trovavano direttamente sulla superficie. L'energia cinetica di tali elettroni è dato da: 𝐸𝑐𝑖𝑛𝑚𝑎𝑥 𝜈 =ℎ𝜈-W

Se il corpo viene portato a un potenziale positivo  ed è circondato da conduttori a potenziale nullo, e se  è appena sufficiente ad evitare perdite di elettricità dal corpo, risulta che:   Π𝑒= 𝑅𝛽𝜈 𝑁 −𝑃 dove e indica la carica dell’elettrone [….] Se la formula derivata è corretta, allora , quando rappresentato in coordinate cartesiane in funzione della frequenza della luce incidente, deve essere una retta la cui pendenza è indipendente dalla natura della sostanza emettitrice. Π𝑒=ℎ𝜈−𝑃 Π𝜀=ℎ𝜈−𝑃 Per quanto posso vedere, non vi è alcuna contraddizione tra queste concezioni e le proprietà del fotoelettrico osservate da Herr Lenard. Se ogni quanto di energia della luce incidente, indipendentemente da tutto il resto, cede la sua energia agli elettroni, allora la distribuzione della velocità degli elettroni espulsi sarà indipendente dall'intensità della luce incidente; d'altra parte il numero di elettroni che lasciano il corpo, se altre condizioni sono mantenute costanti, sarà proporzionale all'intensità della luce incidente. Osservazioni simili a quelli fatti riguardanti ipotetiche deviazioni dalla Regola di Stokes possono essere fatte con riferimento ad ipotetici limiti di validità della legge di cui sopra.

9. Riguardo la ionizzazione di gas da luce ultravioletta Possiamo assumere che per la ionizzazione di una gas da radiazione ultravioletta, un quanto di energia luminosa sia usato per ionizzare una singola molecola. Da questo segue immediatamente che il lavoro J per ionizzare (i.e., il lavoro che teoricamente serve per ionizzare) una molecola non sia più grande dell’energia del quanto di luce assorbito in grado di produrre questo effetto: h  J in accordo con le misure di Lenard

Von Laue si oppose da subito all’idea dei quanti e suggerì che la quantizzazione risiedeva nella materia e non nella radiazione. Bohr stesso per oltre 10 anni dopo la pubblicazione si oppose all’idea dei quanti di luce

1968 – Lamb Scully Photoelectric effect without photon 1914: Richardson derivò l’equazione di Einstein usando un argomento termodinamico che considerava la fotoemissione come analoga all’evaporazione dalla superficie di un liquido e la funzione lavoro di estrazione confrontabile al calore latente di evaporazione 1968 – Lamb Scully Photoelectric effect without photon

Modello I – particella (semi-classica) Kidd, Artini, Anton (1989) Evolution of the modern photon, AJP, 57 (1) 27-35 Modello I – particella (semi-classica) Modello II – Modello a singolarità (fotoni come singolarità del campo em) Modello III – Pacchetto d’onde Modello IV – Modello della QED

(4) frequenza (f) = E(J)/h VALORI DI SOGLIA PER L'EMISSIONE DI ELETTRONI DA UN METALLO (da wikepedia) (1) Metallo (2) E. fotoni (eV) (3) E. fotoni (J) (4) frequenza (f) = E(J)/h (5) lungh. d'onda (λ) = c/f (6) Rad. E.M. Potassio (K) 2,25 eV 3,60 x 10−19J 5,43 x 1014Hz 552 x 10−9m = 552 nm luce verde Sodio (Na) 2,28 eV 3,65 x 10−19J 5,51 x 1014Hz 544 x 10−9m = 544 nm Calcio (Ca) 3,20 eV 5,13 x 10−19J 7,74 x 1014Hz 388 x 10−9m = 388 nm luce viola Torio (Th) 3,47 eV 5,56 x 10−19J 8,39 x 1014Hz 357 x 10−9m = 357 nm raggi u.v. Zinco (Zn) 4,27 eV 6,84 x 10−19J 1,03 x 1015Hz 291 x 10−9m = 291 nm Rame (Cu) 4,48 eV 7,18 x 10−19J 1,08 x 1015Hz 278 x 10−9m = 278 nm Ferro (Fe) 4,63 eV 7,42 x 10−19J 1,12 x 1015Hz 268 x 10−9m = 268 nm Argento (Ag) 4,70 eV 7,53 x 10−19J 1,14 x 1015Hz 263 x 10−9m = 263 nm Nichel (Ni) 4,91 eV 7,86 x 10−19J 1,19 x 1015Hz 252 x 10−9m = 252 nm

 >0 o <0 A V lente Cadodo emittente anodo filtri Lampada a vapori di mercurio lente filtri anodo Cadodo emittente

Giallo Verde Blu (I1) Violetto V mA 1,00 0,85 0,95 2,51 2,56 0,80 0,8 2,55 0,40 0,7 2,35 2,4 0,10 0,48 0,58 2,1 2,2 0,00 0,38 0,47 1,9 2,05 -0,10 0,22 0,35 1,7 1,83 -0,20 0,1 0,2 1,5 1,65 -0,30 0,01 0,08 1,22 1,4 -0,40 -0,03 0,02 0,94 1,1 -0,50 -0,04 -0,02 0,68 0,83 -0,60 0,63 -0,70 0,3 0,45 -0,80 0,18 0,31 -0,90 0,06 -1,00 0,09 -1,10 0,04 -1,20 -0,01 -1,30 Esp 1 Esp2 esp Millikan f (1014 hz) Vr 5,19 0,31 5,49 0,41 6,70 1,00 5,50 0,43 6,88 7,30 1,25 7,40 1,11 8,10 1,60 7,41 1,22 8,19 1,55 9,40 2,12 0,30 0,50 11,50 3,00

Esiste un potenziale d’arresto Caratteristico di ogni frequenza

• vengono emessi fotoelettroni esclusivamente al superamento di Esiste una certa frequenza soglia (fotoemissione istantanea) Esiste un potenziale d’arresto (correlazione con l’energia massima dei fotoelettroni) Non dipende dall’intensità luminoso Dipende dalla frequenza Intensità fotocorrente (numero elettroni fotoemessi) : dipende dall’intensità luminosa Aumentando l’Intensità della radiazione incidente L’energia massima dei fotoelettroni non cambia Aumenta il numero dei fotoelettroni Aumentando la frequenza della radiazione incidente: • vengono emessi fotoelettroni esclusivamente al superamento di una frequenza caratteristica (soglia). • l’energia massima dei fotoelettroni aumenta.

Vr = k f + q Vr = 0,4158 f -1,7821 Vr = k (f – fo) Esp 1 Esp2 esp Millikan f (1014 hz) Vr 5,19 0,31 5,49 0,41 6,70 1,00 5,50 0,43 6,88 7,30 1,25 7,40 1,11 8,10 1,60 7,41 1,22 8,19 1,55 9,40 2,12 0,30 0,50 11,50 3,00 Il potenziale di arresto ( energia massima fotoelettroni) è funzione lineare della frequenza: Vr = k f + q Vr = 0,4158 f -1,7821 Vr = k (f – fo) Da ipotesi Einstein: k =h/e h = k* e= 0,4158*10-14 1,6 10-19 = 6,65 10-34 J s 6,627 10-34 Js

1. Esiste per ogni frequenza eccitante , oltre un certo valore critico, una velocità massima sicuramente determinabile di emissione di corpuscoli. 2. Esiste una relazione lineare tra Vr e  3. la pendenza della relazione lineare Vr vs  è numericamente pari a una costante indipendente dal materiale catodo. 4. Che alla frequenza critica v. In cui v = o, p = HVO, i. e., che la intercetta della linea VV sulla asse v è la frequenza più bassa alla quale il metallo in questione può essere fotoelettricamente attiva. 5. Che la forza controelettromotrice contatto tra due conduttori è dato dalla equazione Contatto forza controelettromotrice = h / e (vo - ~ 0 ') - (V. - Vo').