Celiachia: fattori di rischio e strategie di prevenzione

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Transcript della presentazione:

Celiachia: fattori di rischio e strategie di prevenzione Riccardo Troncone Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali e Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti Università Federico II, Napoli Capri Pediatria 6 maggio 2017

CD is a complex multifactorial disorder

Fattori di rischio e malattia celiaca Fattori genetici Geni HLA Geni non-HLA Fattori non genetici/ambientali Alimentazione nel primo anno di vita Infezioni Altri

HLA-DQ2 is the strongest genetic risk factor for CD Abadie et al. Annu Rev Immunol 2011

autoimmune and inflammatory diseases. Overlap between CD genetic risk factors and genetic risk factors identified for other autoimmune and inflammatory diseases. The set of AI diseases includes RA, SLE T1D, MS and psoriasis. The set of inflammatory disorders includes Crohn’s disease and ulcerative colitis. Abadie et al. Ann Rev Immunol 2011

Frequency distribution of non-HLA risk alleles in Cases and Controls It is possible to establish a “risk profile” Frequency distribution of non-HLA risk alleles in Cases and Controls Romanos J. et al. Gastroenterology 2009;137:834-40

Gene expression profile could represent an early biomarker of the disease Galatola et al, JPGN 2017

Lessons from prospective studies: miRNAs as early biomarkers of the disease Prevent-CD study miRNA profiles determined in 253 serial samples of 43 children enrolled: 32 developed CD vs 11 developing gliadin antibody but not CD 25 miRNA differentially expressed between the time of gluten introduction and the time of diagnosis miRNA may display a gradual increase or decrease until diagnosis and normalize on gluten-free diet Ineke Tan et al, ESPGHAN 2015

Fattori di rischio e malattia celiaca Fattori genetici Geni HLA Geni non-HLA Fattori non genetici/ambientali Alimentazione nel primo anno di vita Infezioni Altri

L’età di introduzione del glutine è importante ai fini dello sviluppo della malattia? Studi osservazionali L’introduzione al glutine, sia precoce (a meno di 3 mesi di età), sia ritardata (a più di 7 mesi di età), in bambini a rischio di sviluppare la celiachia ed il diabete mellito tipo 1, era associata ad un aumento del rischio di autoimmunità celiaca (Norris et al, JAMA 2005) Lo studio prospettico norvegese ha dimostrato che l’introduzione del glutine a più di 6 mesi di età era associata ad un marginale aumento del rischio di celiachia (Stordel et al, Pediatrics 2013)

Nessuna differenza statisticamente significativa tra gruppo trattato con placebo e gruppo trattato con glutine

Rischio maggiore nei soggetti con doppia dose di DQ2 (HLA class 1 risk): 14.9% a 3 anni e 26.9% a 5 anni

Altre variabili relative al pattern di alimentazione nel primo anno di vita Allattamento al seno Quantità di glutine

Allattamento al seno e celiachia L’allattamento al seno al momento dell’introduzione del glutine è importante per ridurre il rischio di malattia? Lo studio PreventCD ha dimostrato che allattare al seno al momento dell’introduzione del glutine non influenza significativamente lo sviluppo della malattia Analogamente, lo studio CELIPREV non ha evidenziato un effetto protettivo legato all’introduzione del glutine durante l’allattamento

Quantità di glutine nei primi 3 anni di vita e rischio di celiachia Napoli

Quantità di glutine nel primo anno di vita, HLA e rischio di celiachia

Introduzione dei solidi nella dieta: glutine Precedenti linee guida ESPGHAN Gluten to be introduced not before the 4° month and not after the 7° month of age Attuali linee guide ESPGHAN Gluten can be introduced into the infant’s diet between the ages of 4 and 12 completed months. The age of gluten introduction in this age range does not seem to influence the absolute risk of developing CDA or CD during childhood

Introduzione dei solidi nella dieta: glutine Attuali linee guide ESPGHAN Recommendations on breast feeding should not be modified due to considerations regarding prevention of CD. Introducing gluten while the infant is being breast fed cannot be regarded as a means of reducing the risk of developing CD. However, BF should be promoted for its other well established health benefits

Introduzione dei solidi nella dieta: glutine Attuali linee guide ESPGHAN No recommendations can be made regarding the type of gluten to be used at introduction Neither the optimal amounts of gluten to be introduced at weaning nor the effects of different wheat preparations on the risk of developing CD and CDA have been established. Despite the limited evidence regarding the exact amounts and with no RCT to support it, ESPGHAN suggests that consumption of large amounts of gluten should be discouraged during the first months after gluten introduction.

Viral infections as triggers of CD Increased incidence of CD in summer Ivarsson et al J Epidemiol Community Health 2003 Rotavirus infections increase the risk of celiac disease Risk of celiac disease Number of infections Adapted from Stene & al., Am J Gastroenterol. 2006 Genome-wide association studies have found genetic risk factors related to viral responses to be associated with celiac disease Dubois et al Nat Genet 2010

Could Reovirus break oral tolerance in CD? Virus infection ? Adopted from Jabri & Sollid, Nature Review Immunology 2009

Up-regulation of type-1 IFN pathway in small intestinal biopsies of Active CD RB: I think it would help if you mentioned “in SI biopsy” Nanayakkara et al. AJCN under revision (2017) Discepolo V. Unpublished data

T1L promotes loss of oral tolerance in a CD-relevant mouse model D0 D2 D4 D6 D8 Feeding D10 Gliadin +CFA sc/injection D18 Harvest PLN and 48h Gliadin re-stimulation DQ8 GF mice PBS (sham) Gliadin Glia + T1L T1L induce loss of oral tolerance in DQ8 mice fed Glia Th1 delayed hypersensitivity Finally to be closer to celiac conditions, we analyzed the effect of T1L infection in mice transgenic for HLA-DQ8 which is one of the HLA of susceptibility. We fed these mice with gliadin during 21 days and infect them or not with T1L. We observed several features of the immunopathology of celiac disease which are an increase of the IFNg response in the LP, an increase of the anti gliadin antibody response and the activation of TG2 in mice fed gliadin and T1L infected compared to gliadin fed mice. DQ8tg mice received 50 mg CT-gliadin orally for 2 days. At the start of feeding mice were inoculated 157! perorally with purified T1L. Two days after CT-gliadin administration, CFA-CT-gliadin was administered 158! subcutaneously between the shoulder blades as an emulsion of 100 μl CFA and 100 μl PBS containing 300 159! μg CT-gliadin under isofluorane gas anesthesia. Ear challenges were performed 14 and 24 days after 160! immunization. A volume of 20 μl of 100 μg CT-gliadin / PBS was injected under isofluorane gas 161! anesthesia. Ear thickness was measured on days 1, 2, and 3 after each CT-gliadin challenge using a digital 162! precision caliper (Fisher Scientific). Swelling was determined by subtracting pre-challenge from post163! challenge ear thickness. adopted from Bouziat R, Hinterleitner R, Brown JJ et al. Accepted manuscript. Science 2017

Reovirus infection and type-1 IFN have a role in CD pathogenesis Reovirus T1L and type-1 IFN can promote loss of oral tolerance T1L and type-1 IFN can induce production of anti-gliadin Ab and TG2 activation in a CD-relevant mouse model We provided mechanistic evidence for role of virus infection in initiating CD Do Reovirus infection associate with celiac disease? Bouziat R, Hinterleitner R, Brown JJ et al. Accepted manuscript. Science 2017

Increased Reovirus titer in CD patients adopted from Bouziat R, Hinterleitner R, Brown JJ et al. Accepted manuscript. Science 2017

Incidenza cumulativa tra chi ha episodi infettivi respiratori nei primi 2 anni e chi non ne ha L’incidenza di CD e’ molto maggiore nei soggetti con almeno un episodio infettivo respiratorio nei primi 2 anni di vita..

Conclusioni Dati più recenti non confermano precedenti evidenze in favore del ruolo svolto dall’età di introduzione del glutine e/o allattamento al seno Il pattern di alimentazione nel primo anno di vita perde importanza, o almeno pare svolgere un ruolo minore, rispetto alla genetica vero fattore di rischio Occorre tuttavia continuare ad esplorare i fattori di rischio ambientali (tipo di glutine, infezioni, microbiota) allo scopo di disegnare strategie di prevenzione nei soggetti a rischio

Ringraziamenti Renata Auricchio Luigi Greco Valentina Discepolo