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Transcript della presentazione:

Avviare la presentazione col tasto “Invio” Lezione V Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Ricapitoliamo: Abbiamo introdotto la dinamica dicendo che in sostanza, il problema della dinamica di un corpo (per semplicità un punto materiale) è determinare come si muove la particella, note le cause che agiscono su di essa. Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale lungo l’asse x, determinare la funzione x(t) in funzione delle cause che agiscono sulla particella. Abbiamo quindi definito queste cause: le forze che agiscono sulla particella, o più in generale la risultante F delle forze Fi che agiscono sulla particella. E abbiamo definito tre importanti Leggi: le Leggi di Newton

F = m a La I Legge di Newton: Ogni corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finché forze esterne ad esso non lo costringano a mutare questo stato. La II Legge di Newton: L'accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale e nella stessa direzione della forza agente su di esso, ed è inversamente proporzionale alla sua massa: F = m a La III Legge di Newton: Se un corpo A esercita una forza su un corpo B, il corpo B esercita su A una forza uguale e contraria.

Abbiamo visto che una interessante formulazione della II Legge è la seguente: a = F/m E’ interessante in questa forma in quanto ci permette di ricavare informazioni sul moto di un corpo una volta note le forze che agiscono su di esso. Rivediamo quali sono le implicazioni pratiche di questa Legge, nella risoluzione del problema della determinazione di x(t) in funzione di F 

a = F/m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at x(t) = v0t + ½ (F/m)t2 Le implicazioni sono molto interessanti: e si perché già in cinematica abbiamo imparato a determinare x(t) in funzione dell’accelerazione a e quindi se possiamo scrivere a = F/m siamo immediatamente in grado di determinare x(t) in funzione di F Quindi per esempio nel caso di un moto unidimensionale, dalle equazioni della cinematica che già conosciamo: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Ponendo: a = F/m Scriveremo: x(t) = v0t + ½ (F/m)t2 v(t) = v0 + (F/m)t

Ovviamente, non dimentichiamo che le equazioni che abbiamo appena scritto erano state derivate per il caso a = costante, e quindi valgono solo nel caso F = costante. Nel caso in cui F non è costante, lo vedremo più avanti, la derivazione delle equazioni del moto non è così semplice.

Ma perché sarebbe così complicato determinare x(t) nel caso in cui F non è costante ? Cioè nel caso in cui F = F(t) ? Forse in questo caso NON vale la II Legge di Newton ? NO, la II Legge di Newton vale sempre e quindi se F = F(t) risulterà a = a(t): a(t) = F(t) / m E allora? visto che possiamo comunque ricavare a(t) da F(t), e una volta nota a(t), nell’equazione del moto v(t) = v0 + at possiamo scrivere v(t) = v0 + a(t)t ??? NO!

Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!! Non dimentichiamo che l’accelerazione è una quantità ricavata dal calcolo differenziale: a(t) = dv(t)/dt Se conosciamo a e vogliamo ricavare v, possiamo certamente scrivere dv(t) = a(t) dt Il che, se a(t) = costante implica che ad ogni intervallo di tempo infinitesimo dt si osserva lo stesso incremento infinitesimo di velocità dv = a dt e quindi in un generico intervallo finito di tempo Δt si osserverà Δv = a Δt che altro non è che la precedente equazione del moto: v(t) = v0 + at Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!!

a(t) = F(t) /m a(t) = F(t)/m a(t) t Se invece a non è costante, per esempio nel caso generale che abbiamo immaginato in cui la forza F varia nel tempo, e quindi di conseguenza abbiamo una dipendenza di a dal tempo a(t) = F(t) /m come si fa a ricavare v(t) ? Per esempio: a(t) = F(t)/m a(t) t

dv(t) = a(t) dt Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1 Riconsideriamo la formula: dv(t) = a(t) dt Questa è una formula differenziale, ma certamente è applicabile con buona approssimazione nel caso di intervalli di tempo Δt abbastanza piccoli, e in cui si adotta per a(t) un valore costante pari al suo valore medio al tempo t1 nell’intorno dell’intervallo di tempo in questione. Potremo certamente scrivere che con buona approssimazione: Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1

Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt E in generale, per ogni intervallo relativamente piccolo Δt nell’intorno di un istante ti in cui l’accelerazione media vale a(ti), potremo scrivere Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt Δv(tN) = a(tN) Δt a(t) t

∫ v = v0 + ∑ a(ti) Δt N i = 0 N i = 0 t t = 0 Quindi, dato un valore iniziale della velocità v0 all’istante t=0, il valore di velocità ad un istante successivo di tempo tN tale che: tN – t0 = ∑ Δti sarà dato dalla relazione: v = v0 + ∑ a(ti) Δt Questa formula, nel caso di intervalli di tempo infinitesimi, e cioè per Δt  0 si chiama integrale di a (t) rispetto al tempo t ed è definito come segue: v = v0 + a(t) dt N i = 0 N i = 0 t ∫ t = 0

E’ facile rendersi conto che la sommatoria: v = v0 + ∑ a(ti) Δt i e di conseguenza anche l’integrale v = v0 + a(t) dt corrispondono all’area delimitata dalla curva a(t) e l’asse t nell’intervallo 0-t preso in esame ∫ a(t) t

Quindi per esempio, nel caso di a = costante, si osserva in funzione del tempo una cosa del genere: a(t) t v(t) t

v = a t (+ ovviamente un termine iniziale v0) Quindi: la formula che abbiamo scritto in cinematica per il caso semplice a = costante, è soltanto il caso particolare di una relazione più generale in cui la velocità è (istante per Istante) l’area (l’integrale) definita dalla curva nel piano a(t)-t. Nel caso particolare di un moto uniformemente accelerato, cioè a = costante, la velocità cresce linearmente, ma è sempre data (istante per istante) dall’area in questione che nel caso specifico è l’area del seguente rettangolo: v = a t (+ ovviamente un termine iniziale v0) a Area = a x t t

∫ a(t) = dv(t) / dt v(t) = a(t) dt Quindi velocità istantanea e accelerazione istantanea, cioè le funzioni v(t) e a(t) sono connesse dalle relazioni inverse: a(t) = dv(t) / dt v(t) = a(t) dt ∫ Questo ci dice che quando avremo a che fare con forze variabili (e di conseguenza accelerazioni variabili) dovremo inevitabilmente ricorrere a derivate e integrali, anche se in molti casi vedremo che le soluzioni sono semplici e spesso posso essere ricavate in base a dei grafici.

Le forze d’attrito

F = F1  a = 0 F = F2  a = 0 F = F3  a = 0 F = F4  a ≠ 0 Supponiamo di applicare una forza F1 ad un corpo posizionato su di una superficie non perfettamente liscia: F = F1  a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F2 > F1 F = F2  a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F3 > F2 F = F3  a = 0 Non succede niente ! Aumentiamo la forza: F4 > F3 F = F4  a ≠ 0

Chiameremo questa forza fs (Forza di attrito Statico) In base alle Leggi di Newton possiamo affermare che esiste una forza eguale a –F1 applicata al corpo cosicché essendo la risultante delle forze F1 – F1 = 0, risulta a = 0. F = F1  a = 0 F = F2  a = 0 F = F3  a = 0 Chiameremo questa forza fs (Forza di attrito Statico)

Chiameremo questa forza fk (Forza di attrito Dinamico) Se osserviamo in dettaglio il moto nel caso F4 scopriamo che se manteniamo applicata la forza, il corpo si muove di moto accelerato F = F4  a ≠ 0 Tuttavia, se facciamo delle misure scopriamo che a < F4 / m Evidentemente, esiste una forza contraria tale che la risultante Fr obbedisce alla relazione F r = m a Fr = F4 – fk = m a Chiameremo questa forza fk (Forza di attrito Dinamico)

Va da sé che una volta «sbloccato» il corpo dalla posizione di quiete, se vogliamo semplicemente che mantenga uno stato di moto uniforme (a = 0), dobbiamo smorzare la forza F4 fino a eguagliare in modulo fk F4 = - fk fk

Quindi, in sostanza, se misuriamo in funzione del tempo la forza F necessaria per sbloccare il corpo dalla sua posizione di quiete e poi mantenerlo in uno stato di moto rettilineo uniforme (a = 0), otteniamo un grafico di questo tipo: F > fs Forza F applicata fk 2 4 6 8 10 12 14 Tempo (s)

Si osserva che la forza di attrito f è proporzionale alla forza normale N che mantiene a contatto la massa in questione con la superficie su cui si trova. Di norma l’attrito è quantificato attraverso l’introduzione del cosiddetto coefficiente d’attrito μ Definiremo pertanto il coefficiente d’attrito statico in base alla formula: fs = μs N E definiremo il coefficiente d’attrito dinamico (o cinetico) in base alla formula fc = μc N

Dinamica del moto circolare uniforme Come abbiamo già visto, per moto circolare uniforme intendiamo in senso cinematico il moto lungo una circonferenza di raggio r con velocità costante in modulo. E abbiamo già studiato in cinematica che in un moto circolare uniforme esiste una accelerazione a, diretta sempre verso il centro della circonferenza il cui modulo è dato da: Accelerazione centripeta: a = v2 / r

Adesso di questo moto ne vogliamo studiare la Dinamica Adesso di questo moto ne vogliamo studiare la Dinamica. Applicando la II Legge di Newton risulta che la somma vettoriale di tutte le forze applicate alla massa m deve sodisfare la relazione: ∑ F = m a E poiché l’accelerazione a come abbiamo visto in Cinematica è diretta verso il centro della circonferenza, anche la forza risultante ∑ F sarà diretta verso il centro. Riguardo alla sua intensità (modulo) risulterà: │ ∑ F │ = m a = m v2 / r

Un esempio concreto: Un corpo di massa m collegato con una fune al centro di un tavolo tramite un chiodo, che si muove di moto circolare uniforme.

Quindi un moto di questo tipo:

La forza centripeta Fc è la forza con cui la fune agisce sul corpo di massa m ed è la forza totale applicata. Essa agisce sulla massa m e ne fa cambiare costantemente la direzione della velocità v. Il modulo di questa forza centripeta è m v2 / r

In base alla III Legge di Newton, l’agente che applica la forza centripeta sulla massa m (cioè la fune) sente una forza di reazione esercitata dalla massa m su di essa. Questa forza è definita forza centrifuga è ed eguale e opposta alla forza centripeta: −m v2 / r

di applicazioni delle Leggi di Newton ESERCIZI DI DINAMICA e di applicazioni delle Leggi di Newton

Esempio 1 Supponiamo di trascinare una cassa sul pavimento mediante una corda, come in figura. 38° F1 = 450 nt F2 = 125 nt I dati del problema sono i seguenti: La corda è inclinata di 38° rispetto al piano orizzontale ed esercita una forza di 450 nt in modulo Il pavimento esercita sulla cassa un forza orizzontale di attrito di 125 nt in modulo (come in figura) Quesito: Calcolare l’accelerazione della cassa supponendo che abbia una massa di 96 kg.

F x = F1x + F2 = F1 cos(38°) + F2 = 450 x cos (38°) −125 = 229,6 nt Per risolvere il quesito applicheremo la II Legge di Newton F = ma Dove F è la risultante delle forze applicate alla cassa e a è l’accelerazione che ne risulta. Possiamo trattare il problema vettoriale scomponendo i vettori nel componenti x e y Le forze applicate alla cassa hanno le seguenti componenti: F1x = F1 cos (38°) F1y = F1 sin (38°) Nelle ipotesi formulate dal problema non c’è alcun moto in verticale, quindi la componente verticale F1y semplicemente alleggerisce la cassa diminuendo la forza d’attrito dinamico che risulta nel valore citato nelle premesse. Riguardo alla componente orizzontale, la risultante delle forze è: F x = F1x + F2 = F1 cos(38°) + F2 = 450 x cos (38°) −125 = 229,6 nt Dalla II Legge di Newton: ax = Fx / m  ax = 229,6 / 96 = 2,39 m/s2

P Q Esempio 2 Immaginiamo di lanciare una freccetta orizzontalmente con velocità iniziale di 10 m/s puntando al centro P del bersaglio. La freccetta 0.19 sec dopo finisce sul bordo inferiore del bersaglio al punto Q. Quesiti: Qual è la distanza P-Q ? A che distanza dal bersaglio si trovava il lanciatore ? Q

Inquadriamo i dati del problema definendo un sistema di assi cartesiani x-y che individua un piano ortogonale al bersaglio e fissiamo l’origine nel punto da cui parte la freccetta: y x h d Indichiamo con d la distanza fra l’origine e il bersaglio e con h la distanza fra i punti P e Q

I dati iniziali ci dicono che in orizzontale (cioè lungo l’asse x) non agiscono forze: si parla solo di una velocità iniziale v0x = 10 m/s, quindi il moto risulterà rettilineo uniforme. In verticale invece, e cioè lungo l’asse y, agisce la forza gravitazionale e si avrà quindi un moto uniformemente accelerato. y d x -h

x f = v0x tf = 1,9 m d: risposta al primo quesito Possiamo quindi scrivere i dati iniziali e finali come segue: t0 = 0 x0 = 0 y0 = 0 v0x = 10 m/s v0y = 0 ax = 0 tf = 0,19 s xf = d yf = −h vfx = 10 m/s ay = -9,8 m/s2 Possiamo quindi scrive le equazioni del moto che sappiamo essere valide per a = costante: x f = v0x tf = 1,9 m d: risposta al primo quesito yf = − ½ g t2f = 0,177 m  h: risposta al secondo quesito

Esempio 3 Due forze F1 e F2 agiscono su un corpo di massa m come illustrato in figura. Posto: m = 5,2 kg; F1 = 3,7 nt e F2 = 4,3 nt, calcolare il vettore accelerazione a del corpo in esame. Applicheremo la II Legge di Newton alla risultante delle forze applicate Fris F1 F2 Scriveremo quindi Fris = ma In questo caso la risultante delle forze è la somma vettoriale delle due forze F1 e F2 il cui modulo è dato da: Fris = (F12 + F2 2) ½ = ((4,3)2 + (3,7)2 )1/2 = 5,7 nt e il cui angolo rispetto all’orizzontale è dato da: θ = arctan(F1/F2) = 40,7°

Esempio 3 Due forze F1 e F2 agiscono su un corpo di massa m come illustrato in figura. Posto: m = 5,2 kg; F1 = 3,7 nt e F2 = 4,3 nt, calcolare il vettore accelerazione a del corpo in esame. Applicheremo la II Legge di Newton alla risultante delle forze applicate Fris F1 F2 Scriveremo quindi Fris = ma In questo caso la risultante delle forze è la somma vettoriale delle due forze F1 e F2 il cui modulo è dato da: Fris = (F12 + F2 2) ½ = ((4,3)2 + (3,7)2 )1/2 = 5,7 nt e il cui angolo rispetto all’orizzontale è dato da: θ = arctan(F1/F2) = 40,7°

Lezione V – seconda parte Avviare la presentazione col tasto “Invio”

Lavoro ed Energia

Come abbiamo già visto, il problema della dinamica di un punto materiale è: determinare come si muove la particella, note le forze che agiscono su di essa. Con il termine come si muove si intende come varia nel tempo la sua posizione. Se per esempio il moto è unidimensionale, il problema è quindi determinare x come funzione del tempo x(t). Nel nostro primo approccio alla dinamica, nelle lezioni precedenti, abbiamo affrontato e risolto il problema semplice che si presenta quando le forze in gioco sono costanti, utilizzando essenzialmente la II Legge di Newton: F = ma

F = costante. a = F / m x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Rivediamo questo caso semplice che abbiamo già trattato e cioè quello di una forza F = costante. Se la forza F applicata sulla particella (o la risultante delle forze Fi) risulta costante, poiché in base alla II Legge di Newton possiamo sempre scrivere che: a = F / m Adottando come sistema di riferimento un asse x lungo la direzione della forza (direzione che NON cambia, in quanto la forza è costante), sappiamo già che possiamo ridurre la trattazione al caso scalare e che potremo scrivere le semplici equazioni del moto: x(t) = v0t + ½ at2 v(t) = v0 + at Dove appunto: a = F/m

x x(t) x(t) = v0t + ½ at2 t x x(t) t Il problema è un po’ più complicato quando la forza agente sulla particella non è costante, e si configura per esempio un moto del genere: x x(t) t

Ma perché sarebbe così complicato determinare x(t) nel caso in cui F non è costante ? Cioè nel caso in cui F = F(t) ? Forse in questo caso NON vale la II Legge di Newton ? NO, la II Legge di Newton vale sempre e quindi se F = F(t) risulterà a = a(t): a(t) = F(t) / m E allora? visto che possiamo comunque ricavare a(t) da F(t), una volta nota a(t), nell’equazione del moto v(t) = v0 + at possiamo scrivere v(t) = v0 + a(t)t ??? NO!

Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!! Non dimentichiamo che l’accelerazione è una quantità ricavata dal calcolo differenziale: a(t) = dv(t)/dt Se conosciamo la funzione a(t) e vogliamo ricavare v, possiamo certamente scrivere dv(t) = a(t) dt Il che, se a(t) = costante = a implica che ad ogni intervallo di tempo infinitesimo dt si osserva lo stesso incremento infinitesimo di velocità dv = a dt e quindi in un generico intervallo finito di tempo Δt si osserverà Δv = a Δt che altro non è che la precedente equazione del moto: v(t) = v0 + at Ma questo risultato è valido solo se a = costante !!!

a(t) = F(t) /m a(t) = F(t)/m a(t) t Se invece a non è costante, per esempio nel caso generale che abbiamo immaginato in cui è nota la dipendenza di F dal tempo, e quindi di conseguenza la dipendenza di a dal tempo a(t) = F(t) /m come si fa a ricavare v(t) ? Per esempio: a(t) = F(t)/m a(t) t

dv(t) = a(t) dt Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1 Abbiamo riconsiderato la formula: dv(t) = a(t) dt Questa è una formula differenziale, ma certamente è applicabile con buona approssimazione nel caso di intervalli di tempo Δt abbastanza piccoli, e in cui si adotta per a(t) un valore costante pari al suo valore medio al tempo ti nell’intorno dell’intervallo di tempo in questione. Abbiamo visto che potremo certamente scrivere che: Δv(t1) = a(t1) Δt a(t) a(t1) Δt t t1

Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt E in generale, per ogni intervallo relativamente piccolo Δt nell’intorno di un istante ti in cui l’accelerazione media vale a(ti), potremo scrivere Δv(t1) = a(t1) Δt Δv(t2) = a(t2) Δt ……………… Δv(ti) = a(ti) Δt Δv(tN) = a(tN) Δt a(t) t

∫ v = v0 + ∑ a(ti) Δt N i = 0 N i = 0 t t = 0 Quindi, dato un valore iniziale della velocità v0 all’istante t=0, il valore di velocità ad un istante successivo di tempo tN tale che: tN – t0 = ∑ Δti Sarà dato dalla relazione: v = v0 + ∑ a(ti) Δt Questa formula, nel caso di intervalli di tempo infinitesimi, e cioè per Δt  0 si chiama integrale di a (t) rispetto al tempo t ed è definito come segue: v = v0 + a(t) dt N i = 0 N i = 0 t ∫ t = 0

Nel seguito, limiteremo la nostra attenzione alle forze che dipendono dalla posizione della particella. Ve ne sono una varietà in Fisica: per esempio la forza gravitazionale, la cui intensità dipende dal quadrato della distanza, la forza esercitata da una molla deformata, su un corpo a cui è attaccata, etc… Lo studio di questi casi ci condurrà alla definizione di importanti grandezze fisiche come il Lavoro e l’Energia Cinetica, e di seguito alla definizione più generale di Energia e alla sua Legge di Conservazione.

Lavoro fatto da una forza costante Consideriamo ancora il caso di una forza F = costante, e di un moto rettilineo lungo la direzione della forza. In questo caso, come sappiamo possiamo ridurre nuovamente lo studio al caso unidimensionale (scalare) (moto lungo l’asse x) . E sappiamo già che la particella di muoverà di moto accelerato con accelerazione costante a = F/m F x Definiamo Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto del modulo della forza F per la distanza percorsa dalla particella L = F d

Consideriamo adesso il caso in cui la forza (sempre costante) non agisce però lungo la direzione di moto: F x Fx In questo caso definiremo il Lavoro fatto dalla forza F sulla particella come il prodotto della componente Fx della forza lungo la direzione di moto, per la distanza percorsa dalla particella L = Fx d L = F cos (θ) d Se θ = 0, il Lavoro è semplicemente F d, come per il caso precedente , mentre se θ= 90° il lavoro fatto dalla forza F sulla particella è nullo.

Il Lavoro è una quantità scalare ed altro non è che il prodotto scalare dei vettori F e d L = F • d

Unità di misura del Lavoro L’unità di misura del lavoro è il lavoro fatto dall’unità di forza nel muovere un corpo dell’unità di lunghezza nella direzione della forza. Quindi nel sistema SI l’unità di lavoro è 1 Newton-metro, detto joule. Un’altra unità di misura in uso è il kilogrammetro, definita come 1kgm = 9,8 joule

Lavoro fatto da una forza variabile Consideriamo il caso di una forza che varia soltanto in modulo, che agisce lungo la direzione x, e supponiamo di conoscere come varia il modulo F in funzione di x. Ci poniamo il quesito di calcolare il lavoro fatto da questa forza variabile quando il punto materiale si sposta da x1 a x2. Supponiamo per esempio di sapere che la funzione F(x) sia come in figura: F(x) x x1 x2

 ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo Dividiamo lo spostamento totale x1  x2 in tanti piccoli intervalli consecutivi Δx. Il lavoro fatto falla forza F nello spostare il punto materiale da xi a xi + Δx, assumendo che la forza sia costante nell’intervallo in questione , sarà dato da ΔL = F(xi) Δx F(x)  ΔL = F(xi) Δx = area del rettangolo x Δx x1 x2

Il lavoro totale fatto forza F nello spostare il punto materiale da x1 a x2, sarà dato approssimativamente dalla somma di un numero di termini come di seguito: L12 ≈ ∑ F(xi) Δx F(x) x Δx x1 x2

Per migliorare la nostra approssimazione, possiamo suddividere in intervalli Δx sempre più piccoli. L12 ≈ ∑ F(xi)Δx F(x) x Δx x1 x2

∫ L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 x1 F(x) x x1 x2 Otterremo un risultato esatto per il lavoro fatto dalla forza F(x) nello spostare il punto da x1 a x2, attraverso un processo al limite: L12 = lim ∑ F(xi) Δx = F(x) dx Δx  0 x2 ∫ x1 Questa relazione definisce l’integrale di F rispetto a x da x1 a x2 e numericamente è esattamente uguale all’area indicata in figura F(x) x x1 x2

k= costante elastica della molla Supponiamo di avere una molla attaccata ad una parete, e supponiamo che nel suo stato di equilibrio l’estremità della molla sia posizionata alla coordinata x0 x0 x La forza esercitata dalla molla quando è stata allungata fino ad un certo valore x dalla sua posizione di equilibrio x0, è data dalla cosiddetta Legge di Hooke: F = − k (x−x0) e il suo verso è sempre opposto allo spostamento da x0 F x0 x k= costante elastica della molla

Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x Quando la molla è allungata x > x0; quando la molla è compressa x < x0 La forza F è sempre diretta verso x0, e quindi cambia segno quando il suo estremo passa per la posizione di riposo x0 x0 x x0 x Possiamo assumere x0 = 0 e la formula diviene semplicemente F = − k x

∫ L = kxdx = ½ kx2 x F’(x) F’(x) = kx kx x Per deformare la molla, è sufficiente applicare alla molla una forza F’ esattamente eguale e contraria alla forza F esercitata dalla molla su di noi. La forza che applicheremo sarà quindi: F’ = kx. Il lavoro fatto da questa forza F’ per allungare la molla da 0 a x è: L = kxdx = ½ kx2 x ∫ Come calcolare un integrale così semplice, in modo grafico: (l’integrale è l’area….) F’(x) F’(x) = kx kx Area = ½ kx2 x

Conosciamo la dipendenza di F dallo spostamento, cioè conosciamo F(x) Il caso che abbiamo trattato è molto semplice, infatti abbiamo preso in esame: uno spostamento che avviene lungo un asse x una forza F che varia solo in modulo, ma ha sempre direzione lungo lo stesso asse x Conosciamo la dipendenza di F dallo spostamento, cioè conosciamo F(x)

Più in generale la forza F può variare sia in direzione che in modulo, e la particella su cui questa forza è applicata può muoversi lungo un cammino curvilineo. Per calcolare il lavoro in questo caso generale, dobbiamo conoscere l’angolo θ fra la forza F in un dato punto della traiettoria e lo spostamento infinitesimo ds in quello stesso punto. ds θ F In questo caso dovremmo integrare la seguente: dL = F • ds = F cos θ ds

P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: Potenza Fin qui non abbiamo considerato il tempo impiegato per compiere un dato lavoro. E in base alla definizione di lavoro, non c’è dubbio che per spostare un corpo ad una data altezza, compiamo lo stesso lavoro L, qualsiasi tempo t ci impieghiamo. Non c’è dubbio, tuttavia, che il tempo impiegato per compiere un dato lavoro, o meglio la rapidità con cui viene compiuto, può essere rilevante in alcune applicazioni. Rifacendoci al concetto di derivata che abbiamo già introdotto in diverse occasioni, definiremo la potenza P come la rapidità con cui il lavoro L è compiuto, quindi: P = dL / dt (potenza istantanea) <P> = ΔL / Δt (potenza media) Ovviamente, se la potenza è costante nel tempo: P = L t

Avendo adottato nel sistema SI il joule come unità di misura del lavoro, l’unità di misura della potenza sarà 1 joule /s denominato Watt.