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21.00

Lodano Dio coloro che lo cercano Monastero di S. Antonio Lodano Dio coloro che lo cercano

LA COMUNITA’ AGOSTINIANA Del Monastero S. Antonio di Padova, ti dà il BENVENUTO

Siamo MONACHE AGOSTINIANE DI VITA CONTEMPLATIVA, Siamo MONACHE AGOSTINIANE DI VITA CONTEMPLATIVA, figlie del Grande Convertito d’Ippona: AGOSTINO, padre e dottore della Chiesa.

Agostino una volta raggiunto da Dio… diede vita a una forma monastica che ha come modello la Prima Comunità di Gerusalemme… Fratelli che come i primi discepoli vivono insieme, fraternamente, cercando il volto di Dio… Attraverso una vita di amicizia sincera, nella meditazione continua della Parola di Dio, nella lode, nell’amore appassionato per la Chiesa e l’Uomo.

Agostino, monaco, non si allontanò mai dalla città, vi rimase… in luogo ‘appartato’, in disparte… I suoi monaci vivono per Dio solo e per l’uomo, mettendo a disposizione dei fratelli non beni materiali, ma la lode e la ricerca di Dio… Alla sua morte lasciò monasteri pieni di monaci e di monache che, dal IV secolo fino ad oggi, hanno fatto pulsare il suo cuore nella Chiesa.

Noi, figlie di Agostino, siamo qui, in questo monastero, posto su un’alta Rupe, dove la natura canta la bellezza di Dio, per dire a tutti che è bello vivere per Dio solo, e che vale la pena dare la vita per Lui …

che c’è un Padre che ci ha generato e ci ama, che grida oggi, come 1600 anni fa ad Agostino: “rivèstiti di Cristo (di amore)… torna al Cuore… in esso troverai degli spazi di vita degli spazi abitabili, delle profondità che rivelano l’uomo all’uomo degli spazi d’incontro veri…”

La LITURGIA è lo spazio dove possiamo incontrarvi in un ascolto profondo e accogliente e POTETE PARTECIPARVI IN OGNI MOMENTO CON LA NOSTRA GIOIA E GRATITUDINE, TOVANDO A VOSTRA DISPOSIZIONE IL LIBRO DELLA LITURGIA DELLE ORE; preghiera quotidiana di tutta la Chiesa.

La nostra piccola, ma ospitale chiesa, è il luogo dove si consuma la nostra lode, e come incenso sale a Dio, e DAVANTI A LUI PONIAMO NELLA PREGHIERA LE ANSIE, LE ATTESE, LE SPERANZE DI OGNI UOMO.

La nostra FORESTERIA è a disposizione di chi è in ricerca di Dio, di chi vuole incontrarlo nel Silenzio e nella Preghiera, e come noi vuole mettersi in ascolto di Lui, di se stesso e di ogni uomo.

di P. Pierangelo Casella Parrocchia Mater Ecclesiae di Campobasso Ritiro presso le Monache Agostiniane del Monastero di S. Antonio di Pennabilli (Rimini) 28 giugno - 2 luglio 2015 di P. Pierangelo Casella

Il vivere quotidiano ci permette di realizzare gli obiettivi che ci siamo prefissati e le scelte che facciamo sono consequenziali ai nostri progetti.

Anche se abitualmente compiamo gli stessi gesti, con la stessa cadenza degli orari, con le scelte che scandiscono la nostra giornata, si sente l’esigenza, specialmente al termine di periodi di lavoro o di stagione, di fare anche altre esperienze che possano arricchirci nelle nostre scelte e consolidare la nostra esperienza e la nostra ricerca.

Qualcosa suscita in noi l’esigenza a non restare fermi a quanto abbiamo realizzano fino a oggi, ma c’è un desiderio che sorge nel nostro cuore a continuare una ricerca che possa saziare ogni nostra sete di conoscenza, di esperienza, di incontro, di condivisione.

È l’esigenza che il profeta sente forte dentro di sé tanto da dire: “In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava” (Ez 2,2).

Dio parla con voce forte al profeta perché possa portare la sua parola a tutti, ma possiamo anche dire che lo Spirito, che riempie tutta la terra, apre anche il cuore di tutti gli uomini perché siano capaci di ascoltare ogni sussurro che ci guida ad aprire il nostro cammino alla Parola di Verità.

Non è forse vero che ognuno non si stanca di ricercare la verità, di scoprire qualche luce nuova che lo aiuti a vivere in una bellezza più profonda e gustare un amore che possa accogliere la sua vita e colmarlo di gioia?

Ma quello che il profeta dice può diventare anche la voce di una comunità che è in ascolto di Colui che parla in mezzo a loro, che è attenta alla voce del Signore e può quindi annunciarla con le sue scelte e la sua stessa vita.

Così il desiderio di ricercare un Monastero di clausura che possa essere il luogo in cui una comunità sia pronta ad alzarsi in piedi per ascoltare quanto il Signore vuole comunicare a ciascun uomo e a tutto il suo popolo, ci ha mossi a bussare, chiedere e dimorare con loro.

L’esperienza che il profeta fa in mezzo al suo popolo di noncuranza di quanto dice, non gli impedisce però di testimoniare quanto il Signore gli ha ordinato:

“Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito “Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: ‘Dice il Signore Dio’. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro” (Ez 2, 4-5).

Anche se molti non conoscono quanto avviene in monastero, tuttavia sanno che lì il Signore si rende presente nella vita di quella comunità. Entrare quindi nella loro vita significa scoprire la presenza del Signore come luce che dissipa ogni oscurità e verità che guida ogni ricerca.

Ma quanti si accorgono che il Signore continua ad essere sempre con noi e a prendersi cura del suo popolo? O siamo più attenti a denunciare i prodigi che ci aspettiamo da Lui e non avvengono ? Sembra che la sua presenza sia famigliare in quanto suoi discepoli, ma nello stesso tempo ci sembra di cercare altre cose che non stare con Lui.

Ci sentiamo anche noi coinvolti nell’esperienza degli abitanti di Nazaret nei confronti di Gesù: “Molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo” (Mc 6, 2-3).

Gesù diventa motivo di scandalo quando si volge il cuore altrove, non si cerca più la sua parola come fonte di vita. In pratica si lascia cadere la fede in Lui per cercare altri tesori che possano saziare i nostri desideri.

Sembra allora sentire la risposta di Gesù: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6, 4-6).

La nostra incredulità impedisce a Gesù di operare prodigi nei nostri confronti, di compiere la sua missione di salvezza. Il “Credo” che abbiamo professato con il Battesimo rimane lontano e più che aprire il nostro cuore ad una vita nuova, diventa un pretesto per allontanarci da Lui e legare coì le sue mani perché non le imponga più su di noi per guarirci.

Ritrovare luoghi in cui si vive la fede, comunità in cui il Signore Gesù possa continuare ad insegnare e imporre su ciascuno di noi le sue mani che liberano dal male e donano lo Spirito, ci permette di ritrovare la gioia di essere cristiani, di appartenere a Cristo ed essere creature nuove.

La gioia che traspare sul volto di ogni consacrato nella vita religiosa, sono la bella notizia, il Vangelo che raggiunge ogni persona, perché è la risposta di aver trovato “l’amato” di ogni nostra ricerca.

Sia di quanti vogliono ascoltare perché il Signore possa abitare in loro per mezzo della fede, sia di quanti non vogliono ascoltare perché possano scoprire nella vita dei consacrati quella gioia che riempie ogni cuore.

I percorsi della nostra vita e il vagare nella nostra ricerca ci portano a scoprire con S. Agostino che “ci hai fatti per te Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Affinché i nostri passi non si smarriscano nelle tante cose da compiere, e le nostre scelte rimangano senza frutto perché non ci portano a Lui, uniamo la nostra preghiera a quella di tutte le comunità che cantano con il salmista il desiderio di essere sempre con Dio.

“A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli “A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.” (Sal 122, 1-2)