Quando si é provato a volare nella vita con Gesú, dove possiamo andare per incontrare le parole che sono e danno vita, che entusiasmano e riempiono di.

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Transcript della presentazione:

Quando si é provato a volare nella vita con Gesú, dove possiamo andare per incontrare le parole che sono e danno vita, che entusiasmano e riempiono di speranza, che invitano e inquietano, che fanno vivere e non solo “sopravvivere”? Testo: Giovanni 6, 61-69 // Tempo Ordinario 21 –B-. Commenti e presentazione: Asun Gutiérrez Cabriada. Musica: García Caffi. Adagio.

Quanto chiede Gesù non é sempre facile. Giovanni 6, 61-69: Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Quanto chiede Gesù non é sempre facile. Chi non trova duro porgere l’altra guancia o concedere un perdono senza condizioni, il servire senza chiedere di essere serviti, il “non giudicare”, dare, senza aspettarsi niente in cambio, non solo quanti è possibile, ma anche quanto ci è necessario; preferire gli ultimi posti, collaborare nella costruzione di un mondo più umano...? Gesù chiede di vivere come Lui è vissuto: è quanto Lui promette e che ci dà la massima felicità. E’ la “esigenza” dell’amore.

Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? E’ comprensibile la sorpresa e il rifiuto di chi si é abituato a un dio fatto a propra immagine, o come altri hanno stabilito. L’incontro con Gesù suppone un processo di conversione personale, ampio e analitico. Siamo chiamati a celebrarlo per la gratuità, la gioia, la speranza...

È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Seguire Gesù é un fatto di Amore e di Spirito Santo. Gesù oppone lo “Spirito”, che é forza e vita, alla “carne”, che nella Bibbia significa morte, egoismo, codardia... La carne non rappresenta il corpo, come si tende a pensare riferendoci alla distinzione tra anima e corpo. Questa distinzione viene dalla filosofia greca, non da Gesú. Credere impegna. La fede non é un tranquillante. La fede in Gesú suppone accettazione di Lui e del suo stile di vita.

E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui. Come in ogni relazione d’amore, all’immenso e incondizionato amore che il Dio di Gesù ha per noi, deve corrispondere il nostro amore. Solo il quarto Vangelo lo ricorda ai Dodici in questa occasione e nel 20, 24. Per tutti risuona la domanda diretta e provocatoria di Gesù. E’ necessaria la nostra risposta. Una risposta libera e personale che è scelta, decisione di restare nella sicurezza del suolo o di lanciarsi a volare con la fiducia che Qualcuno ci sostiene e ci fa vedere, vivere e sentire la vita da altre altezze, con altra sensibilità, con piena fiducia in Colui che non sbaglia mai.

Il problema non é “dove” andare, ma “da chi” andare. Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eternanoi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Il problema non é “dove” andare, ma “da chi” andare. Le parole che Gesú ripete più volte come “felici”, “amore”, “alzatevi”, “vieni”, “non temere”, “guarda al tuo prossimo” “Abbá”... danno la vita, sono la vita. E’ la rivoluzione dell’amore in cui si trova immersa la persona che ha sperimentato l’incontro personale con Gesú. Non é un obbligo né un debito ma la risposta di una persona benedetta e grata che non comprende più la sua vita in assenza di Dio. E noi, da chi andremo? Benché non tutto ci sia chiaro, ci identifichiamo pienamente con l’abbandono amoroso di Pietro.

Nella tua luce imparo ad amare. Nella tua bellezza, a scrivere poemi. Danzi nel mio petto, dove nessuno ti vede. Io, invece, ti vedo, e questa visione diviene la mia arte. Rumi