Notre Dame de Paris… Una cattedrale del mistero che ha appassionato generazioni e generazioni dal Medioevo ad oggi, luogo magico nelle cui fondamenta si celano ancora segreti esoterici tutti da scoprire…
«Senza dubbio è ancora oggi un maestoso e sublime edificio, la chiesa di Notre-Dame di Parigi. [...] E anzitutto, per non citare pochi esempi fondamentali, ci sono, a colpo sicuro, poche pagine architettoniche più belle di quella facciata dove, l’uno dopo l’altro e insieme, i tre portali strombati a ogiva, la fascia scolpita e traforata delle ventotto nicchie regali, l’immenso rosone centrale affiancato dalle due finestre laterali come il prete dal diacono e dal sottodiacono, l’alta e fragile galleria di arcate trilobate che regge una pesante piattaforma sulle sue esili colonnette, infine le due nere e massicce torri con la loro copertura d’ardesia, parti armoniose di un tutto magnifico, sovrapposte in cinque piani colossali, offrono ai nostri occhi i loro molteplici dettagli di statuaria, scultura e cesello, potentemente in armonia con la quieta grandezza del tutto; vasta sinfonia in pietra, per così dire; opera colossale di un uomo e di un popolo, una e complessa come le Iliadi e i Romanceros di cui è sorella; prodotto prodigioso del concorso di tutte le forze di un’epoca, su ogni pietra del quale si vede fiorire in mille modi la fantasia del manovale disciplinata dal genio dell’artista; sorta di creazione umana in una parola, potente e feconda come la creazione divina a cui sembra aver sottratto il duplice carattere: varietà, eternità.” Citazione letteraria da “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo
…ma le mura nascondono qualcosa …o qualcuno… un demonio? un mostro? …semplicemente un trovatello un po’ particolare…
“E’ UN VERO MOSTRO DI ABOMINIO QUESTO PRESUNTO TROVATELLO”, ripeteva Agnès, “UNA BESTIA, UN ANIMALE, INSOMMA UNA COSA CHE NON E’ CRISTIANA CHE BISOGNA GETTARE O NELL’ACQUA O NEL FUOCO” aggiungeva Jehanne. Era questa l’opinione che di lui aveva il popolo parigino. Un vero essere diabolico, uno stregone che doveva essere arso al rogo, un mostro! Era l’incarnazione di una punizione divina per un peccato carnale commesso da due giovani parigini che in quella notte di 39 anni fa si erano amati in modo innocente. Lei di buona famiglia e lui un avventuroso borghese scomparso dopo poco tempo. La donna e il bambino, ripudiati da un ineffabile sistema feudale, conducevano una vita errabonda alla ricerca di quel padre ormai perduto.
All’età di 10 anni egli si ritrovò solo in quella cattedrale che era stata molto accogliente a sua madre e dove alcune popolane, ciarliere ma dal cuore buono, lo avevano allevato. Fin dal loro primo incontro il bambino era chiamato Gibbro a causa di quella colonna vertebrale arcuata che, per sua sfortuna, non era l’unico difetto fisico. “Quel piccolo diavolo aveva una verruca sull’occhio sinistro, la testa incassata tra le spalle, lo sterno prominente, le gambe storte; era orbo, gobbo, zoppo e balbuziente”.
Ma in realtà il suo vero nome era Baldo forse ad indicare quella vivacità e quella scaltrezza che la madre aveva intuito in quel fisico diverso . E’ difficile dire fino a che punto per lui si fosse resa familiare tutta la cattedrale nel corso di una così lunga e intima coabitazione. Quella dimora gli apparteneva, non c’era profondità che non avesse penetrato,né altezza che non avesse raggiunta. Ciò che amava più di ogni altra cosa nell’edificio materno erano le campane. Nessuno sapeva perché in certi periodi il campanaro lasciasse il suo compito; la cattedrale si ammutoliva per poi riempirsi di gioia al suo ritorno, dopo un viaggio , breve ma spettacolare, alla scoperta del mondo .Le méte dei suoi viaggi erano insolite per un medievale; erano in pochi ad aver aperto le frontiere dell’oriente lui ne aveva attinto un modo di vedere la vita del tutto nuovo. Molti pensavano che il suo carattere allegro e la sua forza d’animo derivassero da una demenza cerebrale, ma al contrario era un tentativo di evasione dal quel mondo che lo scherniva e lo additava indicandolo come un demonio.
Aveva abbracciato la dottrina cattolica ma rifiutava alcuni comportamenti della chiesa e degli ecclesiastici quali il concubinaggio e la simonia. Per cercare di correggere la vista era solito indossare due dischetti vitrei . E questi occhiali rudimentali erano uno dei tanti sofisticati marchingegni che produceva in quel buio sottoscala adibito a laboratorio. Infusi di erbe a scopo curativo, bilance, libri pieni di strani e incomprensibili simboli, che lui stesso definiva alfabeto Greco, una bussola che adoperava per orientarsi… Che tipo strano questo Gibbro! Solo lui era fiero del suo modo di essere, avrebbe voluto che qualcuno lo accettasse ma si trovava in quel caos in cui solo la pace, la tranquillità e il “calore” della cattedrale lo accoglievano.
Realizzato da: Caterina Leombruni Letizia Petracci Silvia Zengarini