LA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE

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Transcript della presentazione:

LA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE La Basilica di S. Maria Maggiore, unica tra le quattro Basiliche Patriarcali di Roma a conservare, seppur con successive aggiunte, l’originale struttura paleocristiana, è situata sulla sommità del colle Esquilino, ed è conosciuta anche con il nome di Basilica Liberiana e di Santa Maria della Neve. Voluta da Papa Liberio, fu costruita da Papa Sisto III tra il 432 e il 440 e successivamente dedicata al culto della Madonna, il cui dogma della sacra maternità era stato riconosciuto solo pochi anni prima durante il Concilio di Efeso (431).

Secondo la leggenda fu proprio Liberio, dopo un sogno premonitore ispirato dalla Vergine stessa, a tracciare, dopo una prodigiosa nevicata in agosto, il perimetro della chiesa. Dopo la prima costruzione, vennero aggiunti, in diverse epoche, il pavimento cosmatesco, il transetto, le due cappelle laterali, la copertura d’oro del soffitto (dopo la scoperta delle Americhe), e vennero riedificate l’abside (sec. XIV) e la facciata (sec. XVIII). Oltre ad essere una delle più belle chiese di Roma, la Basilica è un eccezionale paradigma di architettura di spoglio e di restauro “antico”. Masolino da Panicale, Miracolo della neve Museo di Capodimonte, Napoli

PARTE PRIMA La colonna esterna e le colonne ioniche interne: S. Maria Maggiore e l’architettura di spoglio

LA COLONNA DI S. MARIA MAGGIORE In mezzo alla piazza di S. Maria Maggiore sorge una grande colonna corinzia di marmo imezio, scanalata, alta oltre 14 metri, unica superstite delle 8 colonne della Basilica di Massenzio. La colonna fu posta nel 1613 su un alto basamento fregiato da aquile e draghi bronzei, opera di Carlo Maderno, che vi sovrappose una Madonna col bambino e vi accostò ai piedi un’elegante fontana. L’opera fu commissionata dall’allora Papa Paolo V Borghese. Come si può rilevare dall’iscrizione presente alla base del podio, la colonna era dedicata alla Vergine Maria perché “ex cuius visceribus princeps pacis donum dedit verae genitus est” (Il principe che dà la vera pace è venuto dal suo grembo). La colonna è per questo conosciuta anche come “Colonna della pace”, anche perché “Tempio della Pace” era il nome antico della basilica stessa. Un’altra colonna di spoglio proveniente dalla Basilica di Massenzio fu probabilmente donata a Caterina II di Russia per essere collocata a S. Pietroburgo.

LE COLONNE IONICHE INTERNE ALLA BASILICA L’interno della basilica è a tre navate, separate da 42 colonne ioniche monolitiche di spoglio. Ritenute appartenenti all’antico Tempio di Giunone, simboleggiano le generazioni che biblicamente si susseguirono da Abramo a Gesù.

ARCHITETTURA DI SPOGLIO L’architettura di spoglio consiste nell’utilizzo, più o meno massiccio, di elementi architettonici sottratti a costruzioni classiche, secondo un uso assai frequente nell’architettura medievale europea. L’impiego di materiale di spoglio (colonne, capitelli, pietre lavorate, ecc.) era pratica causata dagli elevati costi dei materiali da costruzione, dalle difficoltà di trasporto, dalla scarsità di maestranze e dal facile reperimento del materiale in loco. Difficilmente gli elementi di spoglio vengono usati con criterio unitario, che tenga conto della loro intrinseca qualità: in genere essi risultano accostati arbitrariamente, secondo le necessità funzionali dell’edificio (capitelli eterogenei, colonne di diversa qualità…). Un atteggiamento diverso è rintracciabile in epoca carolingia e romanica, quando la rinascita degli studi classici ed una rinnovata considerazione dell’architettura antica ebbero notevoli riflessi anche sulla scelta e l’impiego del materiale classico di spoglio, apprezzato per il suo valore estetico, storico e simbolico.

PARTE SECONDA I mosaici dell’arco trionfale e dell’abside: S. Maria Maggiore e il restauro

L’ARCO TRIONFALE L’arco trionfale è caratterizzato dalla vivacità dei mosaici e dal rapido susseguirsi delle scene, proprio dell’arte bizantina.

L’ARCO TRIONFALE: Primo registro Il primo registro ha come soggetto il dogma di Maria rivelato al popolo ebraico. Al centro è presente il trono della Vergine, a sinistra è visibile invece la doppia annunciazione e a destra vi è la presentazione al tempio. All’estrema destra è presente un angelo che appare in sogno a Giuseppe.

ARCO TRIONFALE: Secondo registro L’oggetto del secondo registro è la rivelazione della divinità di Gesù ai pagani. A sinistra è visibile l’adorazione dei Magi. A destra troviamo l’episodio apocrifo dell’incontro con Afrodisio.

ARCO TRIONFALE: Terzo e quarto registro L’oggetto del terzo registro è il rifiuto della divinità di Gesù. A destra e sinistra vi è Erode, da un lato i soldati sottraggono i fanciulli alle madri di Betlemme, dall’altro i soldati cercano nelle Sacre Scritture la profezia sulla nascita del Messia. Nel quarto registro sono presenti le rappresentazioni delle città di Betlemme e Gerusalemme.

IL RIFACIMENTO DELL’ABSIDE In epoca paleocristiana, l'abside era rivestita da un mosaico che raffigurava la Madonna con il bambino circondata da santi, del quale non rimane più traccia evidente. Nel tredicesimo secolo (1288), durante il papato di Niccolò IV, il mosaico originale è stato coperto dalla decorazione musiva ad opera di Torriti, visibile al giorno d’oggi. L'informazione è supportata dal cartiglio sul lato sinistro del catino absidale (Iacobus Torriti pictor hoc opus mosaicum fecit), vera e propria firma dell'autore. La copertura del mosaico più antico costituisce un esempio di restauro, sebbene nel medioevo quest’ultimo fosse concepito in maniera del tutto diversa dal restauro moderno.

I MOSAICI DELL’ABSIDE Dopo le modifiche volute da Niccolò IV, la nuova decorazione dell'abside fu eseguita da Jacopo Torriti ed i lavori vennero finanziati dai Cardinali Giacomo e Pietro Colonna. Il mosaico di Torriti si divide in due sezioni: nella conca absidale vi è l'Incoronazione della Vergine, mentre nella fascia sottostante sono raffigurati i momenti più importanti della Sua vita. Al centro della conca, racchiusi in un grande cerchio, Cristo e Maria sono seduti su un grande trono raffigurato come un divano orientale. Il Figlio sta ponendo sul capo della Madre la corona gemmata. Nel mosaico Maria non è vista solo come la Madre, ma piuttosto come la Chiesa Madre, sposa del Figlio. Ai loro piedi il sole e la luna, ed intorno cori di angeli adoranti a cui si aggiungono S. Pietro, S. Paolo, S. Francesco d'Assisi ed il papa Niccolò IV (sinistra); Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Sant'Antonio e il donatore Cardinal Colonna (destra).

I MOSAICI DELL’ABSIDE Nel resto dell'abside una decorazione germoglia da due tronchi posti all'estrema destra e all'estrema sinistra del mosaico. Nella fascia alla base dell'abside le scene della vita della Madonna sono disposte a destra e a sinistra della "Dormitio", collocata proprio sotto l'Incoronazione. Questo modo di descrivere la morte della Vergine è tipico dell'iconografia bizantina, ma si diffuse anche in Occidente dopo le Crociate. La Vergine è sdraiata sul letto e, mentre gli angeli si preparano a sottrarre dallo sguardo attonito degli Apostoli il suo corpo, Cristo prende tra le braccia la sua "anima" bianca, attesa in cielo. Torriti arricchisce la scena con due piccole figure di francescani e di un laico con il berretto duecentesco.

IL RESTAURO Nell'antichità l'attività di restauro era prevalentemente intesa come semplice manutenzione o aggiornamento dell'opera dettato dal gusto del tempo o da motivazioni ideologiche. Dalla seconda metà del Seicento si cominciano a diffondere dei manuali riguardanti la pulitura, la foderatura dei dipinti ed il consolidamento di intonaci di importanti proprietà private. Tra alcuni dei più celebri interventi su affreschi, descritti dai biografi degli artisti di quel periodo, è celebre il restauro di Palazzo Farnese avvenuto nel 1693, come quello dei restauri di Carlo Marratta su Logge di Psiche alla Farnesina e le Stanze Vaticane, opere di Raffaello. Si tratta soprattutto di rifacimenti e ridipinture che mirano al recupero dell'aspetto originale. Verso la fine del Settecento, grazie allo studio dei reperti ritrovati negli scavi di Pompei ed Ercolano, nonché a causa delle antichità rinvenute durante la campagna d’Egitto di Napoleone, si ha un cambiamento fondamentale del rapporto con le opere del passaggio: è in questo periodo che nasce la concezione moderna del restauro.

IL RESTAURO Tra la fine dell’Ottocento e tutto il Novecento, soprattutto grazie all’operato di Giovanni Secco Suardo, Camillo Boito e - nel secolo scorso - Max Dvorak, Alois Riegl e Gustavo Giovannoni, si formano le moderne correnti di pensiero riguardo la concezione del restauro. Le principali sono a tutt’oggi: Il restauro critico, nato nel secondo dopoguerra e sostenuto da Roberto Pane, Renato Bonelli e Cesare Brandi. Il restauro conservativo, nato negli anni settanta, basato sul rifiuto totale di qualsiasi integrazione stilistica, largamente sostenuto da Amedeo Bellini e Marco Dezzi Bardeschi. Il restauro critico-conservativo è il prodotto del recente compromesso fra le due precedenti teorie. Non mancano però voci contrarie, ancora favorevoli al restauro stilistico inteso come identico rifacimento delle parti mancanti di un’opera, con l’esclusione di qualsiasi distinzione tra originale e restauro.