CHIRURGIA ED ASSISTENZA INFERMIERISTICA

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Transcript della presentazione:

CHIRURGIA ED ASSISTENZA INFERMIERISTICA Il paziente che si sottopone ad intervento chirurgico deve essere seguito: nel periodo preoperatorio durante l’intervento nel periodo postoperatorio non solo in maniera attenta, scrupolosa ed assidua ma anche con estrema professionalità.

PERIODO PREOPERATORIO (Un’ora/giorni prima) 1 - Preparazione psicologica 2 - Preparazione fisica 3 - Preparazione dell’intestino 4 - Preparazione igienica 5 - Cateterizzazione vescicale

1 - Preparazione psicologica Ridurre l’ansia dovuta allo stress Dare informazioni reali sull’intervento

2 - Preparazione fisica Controllo delle condizioni generali Controllo della nutrizione (in relazione all’intervento) Controllo delle terapie specifiche Ginnastica degli arti inferiori Esercizi di respirazione e di tosse efficace

3 - Preparazione dell’intestino SOSPENDERE ALIMENTAZIONE Interruzione dell’assunzione di alimenti solidi per 12 h e di liquidi per 8 h prima dell’intervento.

PREPARAZIONE MECCANICA lassativi, clisteri e dieta (dieta a basso residuo di scorie nei 2 giorni precedenti all’intervento; purgante energico 24 ore prima dell’intervento e successivamente dieta idrica; 2 clisteri di 1 litro circa 12 e 4 ore prima dell’intervento); purganti osmotici (Macrogol 4000 -Isocolan/Selg-: 4 bustine in 2 litri di acqua; mannitolo al 10%, seguito da abbondante assunzione di acqua); whole gut irrigation (perfusione, attraverso un SNG, di soluzione isotonica di NaCl (2-4 l/ora) a velocità elevata per circa 6 ore ).

4 - Preparazione igienica Necessità di eliminare particelle sporche, peli, cellule desquamate, secrezioni, microrganismi Rasatura della parte prima dell’intervento Acne e lesioni infette: bagni antisettici, applicazione antimicrobici Bocca e gola: risciacqui antisettici, mattina e sera 5 - Cateterizzazione vescicale Posizionamento sterile di un catetere vescicale tipo Foley

INTERVENTO CHIRURGICO Paziente accompagnato nel complesso operatorio su di una barella dagli infermieri del reparto Nel blocco operatorio il paziente viene preso in consegna dagli infermieri di sala operatoria

GRUPPO INFERMIERISTICO DI SALA OPERATORIA: Infermiere strumentista Infermiere di sala Infermiere di anestesia

INFERMIERE DI ANESTESIA A. generale: condizione temporanea, indotta e reversibile, caratterizzata dall’abolizione della coscienza (ipnosi), della memoria (amnesia), del controllo dei riflessi e delle risposte motorie allo stress chirurgico e dalla miorisoluzione. A. locoregionale: blocco temporaneo della conduzione degli impulsi nervosi afferenti e/o efferenti in una zona limitata del corpo.

RUOLO DELL’INFERMIERE DI ANESTESIA Supporta l’anestesista nell’induzione dell’ anestesia e predispone gli strumenti di monitoraggio Monitorizza le condizioni del paziente durante l’intervento Registra i farmaci e le soluzioni endovenose

INFERMIERE STRUMENTISTA Predispone il tavolo operatorio, gli strumenti, i materiali di sutura, i supporti per il posizionamento del paziente, le dotazioni specifiche per particolari procedure chirurgiche Collabora alla predisposizione del campo sterile Organizza gli strumenti ed i materiali necessari, assicurandone la pronta disponibilità al chirurgo Al completamento dell’intervento e prima della sutura della ferita chirurgica controlla ferri ed aghi Confeziona la medicazione sterile Collabora al trasferimento del paziente sulla barella

Collabora alla preparazione dell’intervento INFERMIERE DI SALA Collabora alla preparazione dell’intervento Riceve il paziente e controlla i dati necessari Fornisce il sostegno emotivo Trasferisce il paziente sul tavolo operatorio, posiziona un braccio sull’apposito supporto (cateterismo venoso, bracciale per la P.A.) Blocca il paziente a letto con apposite fasce di contenzione Posiziona il letto a seconda dell’intervento Prepara ed accompagna il paziente nella sala di risveglio

Posizioni usate in chirurgia supina prona litotomia Trendelenburg laterale anti - Trendelenburg iperestensione del capo

PERIODO POSTOPERATORIO Immediato: prime 24 ore dopo l’intervento Intermedio: dal giorno dopo l’intervento fino alla dimissione Convalescenza: periodo necessario per il ritorno alla normale vita di relazione

PERIODO POSTOPERATORIO IMMEDIATO E’ necessaria un’attenta osservazione del paziente, sia in sala di risveglio che in reparto, fino a quando: permanga il pericolo di complicanze immediate, di tipo circolatorio o respiratorio; non sia stato ripristinato un sufficiente stato di coscienza; i principali parametri e segni vitali (polso, pressione arteriosa, respiro, sensorio) non siano considerati stabili.

PERIODO POSTOPERATORIO INTERMEDIO Possiamo distinguere tre fasi: I FASE astenia, anoressia, tre giorni dolori in sede della ferita, modico rialzo termico, nausea e vomito, alvo chiuso ai gas, diuresi contratta. catabolismo tissutale: numerose modificazioni del metabolismo glicidico, protidico e lipidico per la risposta metabolica e neuroendocrina allo stress chirurgico

RISPOSTA NEURO-ENDOCRINA E METABOLICA ALLO STRESS CHIRURGICO ORGANO ORMONE EFFETTO IPOFISI Posteriore ADH Ritenzione idrica Ossitocina Vasocostrizione Anteriore ACTH Cortisolo Aldosterone GH Antagonismo insulina Gonadotrooine Libido, Amenorrea Prolattina Aritmie SURRENE Corticale Cortisolo Iperglicemia Aldosterone Ritenzione sodio, kaliuresi Midollare Catecolamine Stimolazione cardiocircolatoria Iperglicemia PANCREAS Cellule beta Insulina Iperglicemia Cellule alfa Glucacone ACTH insulina GH TIROIDE Tiroxina Catabolismo TESTICOLE E OVAIO Testosterone Ridotta funzione sessuale Estrogeni

II FASE (dal 3°- 4° giorno): la temperatura si normalizza, l’alvo diviene aperto ai gas, la diuresi torna normale, i parametri biologici alterati tornano progressivamente nella norma. III FASE: è la fase “anabolica”

MONITORAGGIO NEL PERIODO POSTOPERATORIO IMMEDIATO ED INTERMEDIO E’ necessario valutare: 1 - Parametri e segni vitali 2 - Funzionalità cardiocircolatoria 3 - Funzionalità respiratoria 4 - Temperatura corporea 5 - Funzionalità renale e vescicale 6 - Funzionalità gastrointestinale 7 - Coagulazione del sangue 8 - Posizionamento a letto e mobilizzazione precoce 9 - Sorveglianza e trattamento della ferita chirurgica 10 - Somministrazione di liquidi ed elettroliti 11 - Ripresa dell’alimentazione 12 - Fisioterapia e riabilitazione

1- PARAMETRI E SEGNI VITALI Indicativi delle principali funzioni: cardiocircolatoria (polso, pressione arteriosa) respiratoria (frequenza e caratteristiche del respiro) renale (diuresi) neurologica (riflessi e stato di coscienza)

2 - FUNZIONALITA’ CARDIOCIRCOLATORIA Dopo tutti gli interventi: PA e polso Nei pazienti emodinamicamente instabili è necessario aggiungere: controllo dell’ECG, della pressione venosa centrale (PVC) e della pressione arteriosa (sistemica e/o polmonare) mediante catetere PVC: determinata mediante un catetere, la cui punta è situata a livello della vena cava superiore o dell’atrio destro PA: misurata mediante un catetere inserito in un’arteria periferica accessibile alla puntura percutanea PA polmonare: misurata mediante il catetere di Swan-Ganz inserito in arteria polmonare

3-FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA Nel postoperatorio insufficienza respiratoria per depressione del SNC da parte degli anestetici; depressione dei muscoli respiratori da parte dei miorilassanti; ostruzione parziale delle vie aeree causate dalla lingua o dalla mandibola che bloccano l’aria faringea, dall’eccessiva secrezione di muco o dall’edema faringeo post-intubazione.

Fattori aggravanti: malattie polmonari precedenti, dolore, distensione addominale (che eleva il diaframma). ATTENTO MONITORAGGIO CARATTERISTICHE DEL RESPIRO Modificazioni di quest’ultime autorizzano l’esecuzione di: Rx torace ed emogasanalisi.

CARATTERISTICHE DEL RESPIRO Condizioni fisiologiche: i movimenti respiratori si compiono in modo ritmico alla frequenza di 16-26 atti al minuto nell’adulto (nel bambino fino a 40 atti al minuto), con espansione simmetrica dei due emitoraci. Rientramenti espiratori: In condizioni patologiche possono essere visibili al giugulo, negli spazi sopraclaveari, all’epigastrio, negli spazi intercostali (si osservano nei casi di ostacolo al passaggio dell’area attraverso le vie aeree - stenosi laringee o tracheo-bronchiali - e di diminuita capacità aspirante degli alveoli - enfisema polmonare -).

Modificazioni della frequenza degli atti respiratori Bradipnea o oligopnea Tachipnea o polipnea eccitamento maggiore ventilazione polmonare centri bulbari del vago accelerare scambi gassosi alveolari per per collasso, stati agonici, manifestazioni dolorose della stati morbosi con aumento pleura e della parete toracica, pressione endocranica stati febbrili: azione diretta su - tumori, emorragie - centri del respiro delle tossine

DISPNEA RESPIRAZIONE DIFFICILE aiuto dei muscoli sensazione soggettiva respiratori ausiliari di fame d’aria Ortopnea: respiro in posizione seduta o semiassisa. Per ostacolato passaggio dell’aria nelle vie aeree, riduzione della superficie respiratoria, limitazione dell’escursione respiratoria da: manifestazioni dolorose, diminuita velocità di corrente circolatoria, diminuito contenuto di emoglobina nel sangue, febbre, intossicazioni acidosiche del sangue.

TIPI DI DISPNEA Inspiratoria: durata dell’inspirazione, rispetto all’espirazione, molto più lunga della norma; oltre che prolungata, l’inspirazione è difficile e rumorosa (intervento dei muscoli inspiratori ausiliari - s.c.m., scaleni, pettorali). Si osserva, in genere nei casi in cui esiste un ostacolo al passaggio di aria nelle prime vie aeree (stenosi laringee, tracheali, ecc. ). Espiratoria: espirazione notevolmente prolungata, difficoltosa, rumorosa, in cui si ha l’intervento attivo dei muscoli espiratori ausiliari, soprattutto gli addominali. Si verifica nei casi in cui sia ostacolata la fuoriuscita di aria dagli alveoli per spasmo dei piccoli bronchi (asma bronchiale) o per diminuita elasticità del parenchima polmonare (enfisema polmonare). Mista: la forzata attività respiratoria si manifesta a carico di entrambi i movimenti respiratori, con intervento dei muscoli ausiliari sia inspiratori che espiratori. Si ha nei cardiopatici o in gravi stati anemici.

Dispnea da intossicazione acidosiche del sangue Respiro periodico di Cheyne-Stokes: sospensioni del respiro intercalate a serie di atti respiratori, che, dapprima, leggeri e superficiali, diventano man mano più ampi e profondi sino a quando ricominciano a diminuire di nuovo, gradualmente, sino al successivo periodo di apnea (che può durare 30-40 sec.). Da diminuita eccitabilità dei centri bulbari del respiro. Prognosi grave. Intossicazioni uremiche, stati preagonici, emorragia cerebrale, stati tossi-infettivi gravi, fenomeni severi di insufficienza del circolo).

Respiro meningitico di Biot: periodi di apnea intercalati da periodi di dispnea; gli atti respiratori sono di ampiezza più o meno uniforme. Respiro boccheggiante di Kussmaul: inspirazione profonda forzata cui segue, dopo una breve pausa, una espirazione rapida e frequente. Acidosi diabetica, stati preagonici.

4 - TEMPERATURA CORPOREA In un decorso regolare il controllo deve essere effettuato almeno 2 volte al giorno (alle 8 e alle 20) Se compaiono segni di ipertermia è necessario misurare con una frequenza maggiore la temperatura (almeno ogni 6 h: 6 / 12 / 18 / 24)

5 - FUNZIONALITA’ RENALE E VESCICALE Tra le funzioni del rene quelle maggiormente impegnate in conseguenza del trauma chirurgico sono: il controllo osmolare e volumetrico dei liquidi extracellulari, la regolazione del pH ematico e l’eliminazione delle scorie azotate. Il monitoraggio biochimico di routine comprende: azotemia, creatininemia ed esame delle urine (pH, peso specifico, proteinuria, ematuria, bilirubinuria). Controllo della diuresi giornaliera (quantità normale circa 1.500 ml/die o 45-60 ml/ora).

6 - FUNZIONALITA’ GASTROINTESTINALE Negli interventi di chirurgia addominale o in chirurgia d’urgenza viene posizionato un sondino naso-gastrico. Rilevare il volume e le caratteristiche del ristagno gastrico (secreto gastro-biliare, presenza di sangue, presenza di liquido fecaloide). Verificare la ripresa della funzione gastrointestinale: comparsa di rumori di peristalsi, canalizzazione dell’alvo a feci e gas nonché frequenza e caratteristiche delle scariche.

7 - COAGULAZIONE DEL SANGUE Constatare l’assenza di sanguinamento a livello della ferita chirurgica, l’assenza di petecchie emorragiche a livello della cute e delle mucose visibili, l’assenza di emorragie dal tubo digerente, dalle vie respiratorie od urinarie. Controllo dei parametri della coagulazione: tempo di Quick, APTT, conta piastrinica.

CONTROLLO DEI PARAMETRI DELLA COAGULAZIONE PLASMATICA SCHEMA GENERALE DELLA COAGULAZIONE VIA INTRINSECA VIA ESTRINSECA XII VII XI IX VIII VIA COMUNE X V II (PROTROMBINA) FIBRINOGENO FIBRINA Fattori della coagulazione: proteine che circolano nel sangue o sono legate a cellule (piastrine, endotelio). Attivazione mediante attacco enzimatico in successione dei diversi substati. Il fibrinogeno, ultimo substrato, attivato dà la fibrina, che forma una massa inglobante globuli rossi e piastrine (coagulo). APTT PT

STUDIO DELLA COAGULAZIONE PLASMATICA - Tempo di protrombina (PT) o tempo di Quick Studia la via estrinseca e la via comune della coagulazione. Prolungato nei deficit dei fattori VII, X, V, II e fibrinogeno,epatopatie gravi, carenze di vit. K, terapia con anticoagulanti orali e CID. I risultati possono essere espressi in diversi modi (v.n.70-130%): - RATIO- rapporto tra il tempo del plasma in esame e quello del plasma normale: un rapporto maggiore di 1 indica un difetto nella coagulazione. - INR (International Normalized Ratio)- il rapporto tra il PT del paziente ed il PT di controllo ottenuto usando un metodo standard ed uno standard primario di tromboplastina umana dell’OMS (v.n. 0,8-1,3).

Studia la via intrinseca e la via comune. -Tempo di tromboplastina parziale attivato (APTT) Studia la via intrinseca e la via comune. I valori sono espressi in secondi (v.n. 25-46 sec.). Prolungato nelle carenze di tutti i fattori della coagulazione, esclusi i fattori VII e XIII (fibrinogeno) ed in presenza di eparina. - Prodotti della degradazione della fibrinogeno (FDP) Si formano per degradazione enzimatica della fibrina. In condizioni fisiologiche non sono rilevabili nel plasma;sono presenti in alcune malattie epatiche e renali e nella CID. - Fibrinogeno Diminuito od assente in condizioni congenite o per difetti acquisiti (v.n. 160-350).

CONTROLLO DELLE TERAPIE ANTICOAGULANTI Terapia con anticooagulanti orali Antagonisti della vit. K : con tale azione inibiscono la sintesi dei fattori VII, IX,X e della protrombina (II); per il controllo di questi farmaci si usa il PT. E’ importante che i risultati siano espressi come INR (v.n.0,8-1,3). Profilassi : Valore ottimale INR trombosi venose profonde,chirurgia ad alto rischio 1,5-2,5 interventi all’anca 2,0-3,0 Terapia: trombosi venose profonde,embolie polmonari, ischemie periodiche 2,0-3,0 trombosi venose profonde ed embolie polmonari ricorrenti 3,0-5,0 infarti, interventi cardio-chirurgia 3,0-5,0 Eparina : legandosi all’antitrombina (proteasi che inibisce l’azione di attivazione, da parte della trombina,del fibrinogeno) ne potenzia di almeno mille volte l’azione. La terapia viene controllata con l’APTT: un tempo di coagulazione pari a 1,5-2,5 volte il valore normale medio dell’APTT (25-46 sec) è considerato terapeutico. Le eparine a basso peso molecolare agiscono attraverso l’inibizione del fattore X attivato da parte dell’antitrombina.

Terapia con antiaggreganti Le piastrine forniscono il tappo emostatico iniziale nelle lesioni vascolari. Antagonisti delle funzioni piastriniche utilizzati per prevenire le trombosi (es.aspirina, dipiridamolo, ticlopidina). Sono utili i controlli del PT e dell’APTT ed, inoltre, della funzionalità piastrinica (prove in vitro). Terapia con trombolitici Il sistema fibrinolitico scioglie i coaguli intravasali grazie all’azione della plasmina, enzima che digerisce la fibrina. La plasmina deriva dal plasminogeno che viene attivato dal t-PA (attivatore tissutale del plasminogeno). I tombolitici agiscono su questo sistema, a diversi livelli, accelerando la reazione di attivazione della plasmina (es. streptochinasi, urochinasi, attivatore tissutale del plasminogeno). Controllo con determinazioni del fibrinogeno o del plasminogeno, dell’antiplasmina, della plasmina, ecc.

8 - POSIZIONAMENTO A LETTO E MOBILIZZAZIONE Far assumere una posizione che diminuisca il rischio di stasi venosa e di trombosi degli arti inferiori, di atelettasia polmonare e di piaghe da decubito. Invitare il paziente vigile e cosciente a cambiare ripetutamente posizione ed a muovere gli arti inferiori. Nel paziente non collaborante: mobilizzazione passiva, alternando sui due fianchi il decubito. Sollevare lo schienale del letto di 45°-50° per facilitare la respirazione ed i piedi di 15°-20° per favorire il ritorno venoso.

9 - SORVEGLIANZA E TRATTAMENTO DELLA FERITA CHIRURGICA E DEI DRENAGGI Controllo dei drenaggi: verificare al momento del trasferimento in reparto che i collegamenti dei tubi di drenaggio siano posizionati correttamente, che i drenaggi in aspirazione siano collegati alla depressione desiderata e che non vi sia sanguinamento importante o comparsa di materiale indicativo dell’insorgenza di possibili complicanze.

Controllo della ferita: la medicazione sterile non deve essere rimossa per i primi tre giorni, salvo comparsa di evidente sanguinamento. In 4^-5^giornata si sostituisce la medicazione, disinfettando con soluzione antisettica e riapplicando una nuova medicazione sterile. In 7^-8^ giornata si rinnova la medicazione, togliendo una parte dei punti di sutura. I rimanenti punti di sutura vengono asportati in 10^ giornata ed il paziente può successivamente lavarsi.

10-SOMMINISTRAZIONE DI LIQUIDI ED ELETTROLITI Le alterazioni del volume di acqua dell’organismo e/o dei vari elettroliti danno luogo a varie sindromi da squilibrio idroelettrolitico: - disidratazione ipertonica; ipotonica; isotonica; - iperidratazione ipertonica; ipotonica; isotonica; - alterazioni degli elettroliti (es. ipo- o ipernatriemia; ipo- o iperkaliemia); Manifestazioni cliniche della deplezione idrica sono: ipotensione, polso piccolo e frequente, anelasticità dei tegumenti, mucose asciutte, astenia, oliguria.

VALUTARE LO STATO DI IDRATAZIONE Il bilancio idrico dell’organismo dipende dall’equilibrio delle entrate e delle uscite. Entrate giornaliere: circa 2400 ml, di cui circa 2000 ml introdotti coi cibi e con le bevande e circa 400 di acqua endogena. Perdite: con le feci (circa 300 ml/die), con la perspiratio insensibilis (circa 600 - 800 ml/die) e attraverso le urine (circa 1-1,5 l/die).

Sintomatologia: sete intensa, mucose della cavità orale asciutte. DISIDRATAZIONE IPERTONICA Scarsa introduzione od abnorme eliminazione di acqua attraverso i vari emuntori (ostacolata ingestione di acqua, assenza del senso della sete, perdita di liquidi attraverso i polmoni o attraverso la cute, gastroenterite). Deplezione sodica è modesta, l’idropenia è rilevante ed induce notevoli alterazioni del quadro biologico. Sintomatologia: sete intensa, mucose della cavità orale asciutte. La quantità di urine è scarsa. Trattamento: somministrazione di acqua per os o per vena. Per determinare la quantità di liquidi da infondere: deficit di acqua in litri= 0,6 x p.c. x sodiemia/140 –1

Deplezione sodica superiore a quella idrica. DISIDRATAZIONE IPOTONICA Deplezione sodica superiore a quella idrica. Da vomito e diarrea protratta con abbondante perdita di sodio (stenosi pilorica, occlusione intestinale, fistole enteriche o sudorazione profusa). Sintomatologia: ipotensione, vasocostrizione periferica, astenia, cefalea, nausea, convulsioni fino ad arrivare al coma. Trattamento: somministrazione di Na+ secondo la formula: deficit di Na+ in mEq/l = 0,6 x p.c. x (140 – sodiemia attuale)

Sintomatologia: ipotensione arteriosa fino allo shock ipovolemico. DISIDRATAZIONE ISOTONICA Perdita di liquidi attraverso il tubo gastroenterico; acqua ed elettroliti si equivalgono. Sintomatologia: ipotensione arteriosa fino allo shock ipovolemico. Trattamento: reintegro delle perdite la cui composizione è simile al liquido extracellulare (plasma expanders).

IPERIDRATAZIONE IPERTONICA Per somministrazione rapida ed eccessiva di soluzioni saline ipertoniche, o per un errata composizione del bagno di dialisi, nei dializzati. Sintomatologia: sensazione di sete sino ai disturbi del sensorio, insufficienza cardio-circolatoria ed edema polmonare. Trattamento: diuretici o dialisi. Il volume escreto verrà rimpiazzato con soluzione glucosata.

Ritenzione di acqua in eccesso rispetto al sodio. IPERIDRATAZIONE IPOTONICA Ritenzione di acqua in eccesso rispetto al sodio. Per ingestione eccessiva di acqua in soggetti con normale funzione renale, sovraccarico idrico in pazienti con malattie che riducono il potere di diluizione urinaria (nefropatie, insufficienza cardiocircolatoria), inappropriata secrezione di ADH. Sintomatologia: dalla convulsione al coma. Trattamento: richiamo di acqua nelle cellule mediante la somministrazione di soluzione saline.

Ritenzione di acqua e sodio nella proporzione normale. IPERIDRATAZIONE ISOTONICA Ritenzione di acqua e sodio nella proporzione normale. Per sovraccarico di soluzioni isotoniche infuse e.v. (soluzioni fisiologiche, sangue intero, ecc.), ritenzione di sodio e acqua da parte di un rene funzionalmente integro o da parte di un rene funzionalmente compromesso. Sintomatologia: edema generalizzato fino all’anasarca. Trattamento: diuretici fino ad arrivare all’emodialisi.

VALUTARE IL QUADRO ELETTROLITICO SODIO (v.n. 136-150 mEq/l) IPERNATRIEMIE sindromi da ritenzione di H20 e Na+: scompenso cardiaco congestizio, cirrosi epatica ascitogena, sindrome nefrosica; eccessiva perdita di liquidi. IPONATRIEMIE perdite cutanee: sudorazioni profuse, estese lesioni essudative; perdite renali: insufficienza surrenalica, diabete mellito, diuretici, insufficienza renale; perdite gastrointestinali: vomito, diarrea, aspirazione gastrica, fistole digestive; ridistribuzione di sodio e acqua nell’organismo: ascite, peritonite, versamenti pleurici, occlusione intestinale.

POTASSIO (v.n. 3.8-5,0 mEq/l) IPERKALIEMIE eccessiva somministrazione: alimentare o medicamentosa; eccessiva mobilitazione intracellulare: crisi emolitiche, acidosi respiratoria o metabolica, ipercatabolismo proteico; ridotta escrezione renale: insufficienza renale o surrenale, iatrogena, sindrome adrenogenitale. IPOKALIEMIE insufficiente apporto esogeno; da eccessiva perdita attraverso il tubo digerente o attraverso il rene: vomito, diarrea, fistole, colite, neoplasie; iperaldosteronismo, sindrome di Cushing, coma diabetico, alcalosi metabolica e respiratoria; da captazione cellulare: alcalosi respiratoria; iatrogena).

Trattamento Introdurre per compensare le normali perdite: Na+ =circa 2 mEq/Kg/die; K+ = circa 0.5 mEq/Kg/die. Per l’iperkaliemia: gluconato di calcio, resine a scambio ionico. Per l’ipersodiemia: diuretici, diete ipo- o asodiche

VALUTARE IL QUADRO ACIDO-BASE L’equilibrio acido-base è definito dall’equazione di Henderson-Hasselbach: pH = pk + log (HCO3-)/(H2CO3). pH del sangue: tra 7,38 e 7,42 perché possano svolgersi regolarmente i principali processi metabolici. L’equilibrio acido-base viene solitamente determinato sul sangue arterioso, sul quale vengono valutati: pH, PCO2, PO2, BE, HCO3-.

A- ACIDOSI RESPIRATORIA Dalla valutazione di questi parametri si possono definire quattro sindromi cliniche: A- ACIDOSI RESPIRATORIA DEFINIZIONE: accumulo di acido carbonico nel sangue, secondario ad un aumento di CO2 (ipercapnia) da depressione acuta dei centri respiratori,ostruzione brusca delle vie aeree, improvvisa inefficacia della cassa toracica, rapida compromissione del parenchima polmonare. PH = acido (< 7,20 ); Bicarbonati = normali; CO2 = aumentata QUADRO CLINICO: sudorazione, tachicardia, aritmia, ipertensione arteriosa, turbe a carico del SNC (cefalea, agitazione, coma ipercapnico). TRATTAMENTO: Supporto di ventilazione artificiale

B - ALCALOSI RESPIRATORIA DEFINIZIONE: diminuzione della concentrazione di ioni H+ secondaria alla riduzione della CO2 plasmatica (ipocapnia) da stimolo diretto sui centri del respiro (neoplasie cerebrali, encefaliti), stimolo riflesso a partenza dai chemocettori carotidei ed aortici, sensibili all’ipossia (respiro a grandi altitudini, cardiopatie congenite), riduzioni del parenchima polmonare sufficienti a provocare ipossiemia (broncopolmoniti, infarti polmonari), respirazione meccanica. PH = alcalino Bicarbonati = poco ridotti CO2 = ridotta QUADRO CLINICO: ipereccitabilità, convulsioni, tetania muscolare, cefalea, riduzione della gittata cardiaca. TRATTAMENTO: se secondaria ad ipossiemia, miscele ricche di O2; se di origine centrale, farmaci deprimenti il respiro (es. morfina).

C - ACIDOSI METABOLICA DEFINIZIONE: accumulo di acidi fissi nel sangue, che determina una riduzione dei bicarbonati (eccessivo apporto esogeno: avvelenamento da ac.cloridrico, salicilico, borico, ecc.; da eccessiva produzione endogena: digiuno protratto, febbre elevata, ipertiroidismo, esercizio muscolare violento, shock, ecc.); talora è, invece, imputabile ad una perdita renale o digestiva dei bicarbonati (diarree profuse, fistole, enteriche). PH = acido Bicarbonati = bassi CO2 = poco ridotta QUADRO CLINICO: turbe della ventilazione (dispnea, respiro di Kussmaul), collasso cordiocircolatorio. TRATTAMENTO: apporto di basi (es. bicarbonato di sodio).

D - ALCALOSI METABOLICA DEFINIZIONE: è una condizione determinata sia da un eccesso di bicarbonati nel sangue, dovuto ad un eccessivo apporto di alcalinizzanti (bicarbonato di sodio, Ringer lattato e/o acetato) e/o trasfusioni massive (per la presenza di citrato), sia, più spesso, da perdita di ioni H+ ed altri elettroliti per via digestiva o renale (vomito protratto, fistole gastroenteriche, malattie renali con ipopotassiemia, diarrea cronica). PH = alcalino Bicarbonati = alti CO2 = lievemente aumentata QUADRO CLINICO: alterazioni cardiovascolari (capogiri, astenia, ipotensione in ortostatismo) e neurologiche (parestesie, spasmi carpotarsali). TRATTAMENTO: soppressione degli apporti alcalini, sospensione diuretici, ricostruzione del patrimonio di cloro e di potassio.

11- RIPRESA DELL’ALIMENTAZIONE Per os: avviene in modo graduale, in tempi variabili, iniziando dai liquidi e dai cibi semisolidi per poi far assumere al paziente anche cibi solidi di crescente complessità. Altre vie: nutrizione parenterale periferica, nutrizione parenterale totale e nutrizione enterale vengono scelte, di volta in volta, a seconda delle necessità e delle possibilità.

12 - FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE Ai fini della prevenzione delle complicanze respiratorie si deve: mobilizzare precocemente il paziente e fargli cambiare frequentemente posizione

utilizzare semplici strumenti per far esercitare il paziente a compiere atti respiratori profondi (soffiare in un guanto di lattice o in una bottiglia d’acqua; Respirex)

DOLORE POSTOPERATORIO TIPO NOCICETTIVO urente e ben localizzato interessamento della componente cutanea sordo in loco od a distanza interessamento della componente somatica profonda, sordo e scarsamente localizzabile interessamento della componente viscerale. Fattori che influiscono: tipo di intervento; tipo di anestesia; età; personalità; preparazione all’intervento. Farmaci utilizzati per ridurre il dolore: FANS, oppiacei, anestetici locali, PCA (patient controlled analgesia).

COMPLICANZE POSTOPERATORIE 1 - COMPLICANZE DELLA FERITA 2 - COMPLICANZE RESPIRATORIE 3 - ALTERAZIONI GASTROINTESTINALI 4 - INSUFFICIENZA RENALE ACUTA 5 - COMPLICANZE URINARIE 6 - SHOCK 7 - ALTRE COMPLICANZE (MOF; ARDS; EP; PA; Infarto; Emorragie; ecc.)

1 - COMPLICANZE DELLA FERITA Infezione Ematoma Raccolta sierosa Deiscenza Laparocele

2 - COMPLICANZE RESPIRATORIE Atelettasia Versamento pleurico Polmonite Pneumotorace Aspirazione di ingesti Embolia polmonare

3 - ALTERAZIONI GASTROINTESTINALI Ileo paralitico postoperatorio : scomparsa transitoria dell’attività peristaltica gastrointestinale. RIPRESA DELLA PERISTALSI a livello colico a livello gastro- duodenale a livello ileale 1^ giornata postoperatoria 2^ giornata 2^-3^ giornata Ileo paralitico tardivo occlusione meccanica per ascesso addominale; postoperatoria deiscenza dell’anastomosi; per formazione di aderenze; perforazione di ulcera peptica; angolazioni intestinali; ernie pancreatite acuta p.o. interne, invaginazione intestinale .

4 - INSUFFICIENZA RENALE ACUTA Diminuzione della funzionalità renale, caratterizzata da una riduzione della clearance della creatinina e/o da un aumento della concentrazione sierica della creatinina e dell’urea. La maggior parte dei casi di IRA si manifesta clinicamente con oliguria grave o anuria. L’IRA postoperatoria è solitamente conseguente a ipoperfusione del parenchima renale. Oliguria: produzione di meno di 400 ml di urina nelle 24 ore. Anuria: diuresi inferiore a 50-100 ml/24 ore

FISIOPATOLOGIA DELL’IRA Disidratazione Ipovolemia Necrosi tubulare acuta Emorragia Perdita di liquidi del III spazio Ipoperfusione corticale renale Filtrato glomerulare Sepsi Ipotensione Gittata cardiaca Ipertono arteriolare adrenergico Contrazione diuresi Shock Occlusione arterie renali IRA

5 - COMPLICANZE URINARIE Ritenzione acuta L’impossibilità di svuotare in parte o totalmente la vescica nell’immediato postoperatorio può dipendere da : 1) danno organico delle strutture nervose che controllano la minzione; 2) alterazioni funzionali dei meccanismi della minzione; 3) ostacolo meccanico dell’uretra. Ritenzione urinaria: mancata emissione spontanea di urina a distanza di qualche ora dall’intervento, con comparsa di sovradistensione (”globo”) vescicale. Trattamento elettivo: cateterismo vescicale estemporaneo; lo svuotamento della vescica va effettuato gradualmente, per evitare un’emorragia “ex vacuo”.

Infezioni Cause principali: manovre invasive; terapia antibiotica ad ampio spettro. Sintomi: febbre, irritazione uretrale, dolore sovrapubico, ematuria e piuria. Diagnosi: urinocoltura con conta batterica >100.000 colonie/ml.

6 - SHOCK una riduzione marcata e diffusa dell’apporto dell’ossigeno e di altre sostanze nutritive ai tessuti dà luogo a lesioni cellulari, inizialmente reversibili, in seguito, se questa situazione persiste, irreversibili cardiogeno, emorragico, settico e neurogeno

emorragico cardiogeno settico neurogeno Quadro clinico Diagnosi Hct;Hb Pallore Cute sudata e fredda Tachicardia Oliguria Ipotensione Aritmie Febbre Brividi Cute calda Alterazione della coscienza Diagnosi Hct;Hb CPK, LDH Segni dell’ECG Leucocitosi Colture + Patoge- nesi Perdita di sangue Riduzione gittata cardiaca Difetto cellulare di utilizzo O2 Vasoplegia Terapia Liquidi Sangue Antiaritmici Inotropi Vasopressori Vasodilatatori Antibiotici Drenaggio chirurgico Confusione Agitazione Coma

7 - ALTRE COMPLICANZE MULTIPLE ORGAN FAILURE (MOF) ADULT RESPIRATORY DISTRESS SYNDROME (ARDS) EMBOLIA POLMONARE COMPLICANZE CARDIACHE EMORRAGIE POSTOPERATORIE PANCREATITE ACUTA PAROTITE POSTOPERATORIA