La peggiore epidemia del virus Ebola da quando è stato scoperto il virus è iniziata attorno al mese di aprile 2014
Il cosiddetto serbatoio naturale del virus sono molto probabilmente le volpi volanti, grossi chirotteri che mangiano frutta e abitano le foreste tropicali; si pensa che il virus "viva" all'interno di questi animali da moltissimo tempo perché non causa in essi nessuna sintomo. Di solito il virus è molto infettivo e virulento, e quindi se colpisce una o due persone di un villaggio si diffonde con estrema rapidità e "consuma" tutte le persone che colpisce.
Per arrivare all'uomo il virus potrebbe essere passato dalle volpi volanti alle scimmie, o altri animali della foresta, e infine all'uomo attraverso il fenomeno del bush-meat, cioè la carne ricavata da animali selvatici come antilopi o scimpanzé. Il fenomeno si è aggravato da quando compagnie occidentali e cinesi sono penetrate nella giungla per il disboscamento e la ricerca di fonti di minerali. Mangiando la carne di questi animali gli uomini possono essere rapidamente contagiati.
La trasmissione del virus è molto rapida, attraverso i fluidi corporei, come muco o sangue, ma anche attraverso le lacrime o la saliva, il vomito o le feci e il contatto con aghi o coltelli usati dall'ammalato. La trasmissione può avvenire anche attraverso i rapporti sessuali. Fare sesso con un malato o con una persona guarita da Ebola. Sembra infatti che il virus rimanga attivo nello sperma anche a distanza di 3 mesi dalla guarigione. Nei villaggi o nelle zone più remote i contatti frequenti tra gli ammalati e i parenti aiuta la trasmissione del virus. Esempi di come si può contrarre il virus Ebola: Baciare una persona malata; Toccare qualcosa su cui è caduto del fluido corporeo di una persona malata, per esempio un cellulare, la maniglia di una porta o la tastiera di un bancomat. Come può accadere una cosa simile? Il virus Ebola sopravvive alcune ore all’esterno di un organismo; se si tocca la superficie infetta e poco dopo ci si toccano gli occhi o si mettono le dita in bocca potrebbe avvenire il contagio. Mangiare il cibo di un malato. Per la stessa ragione di sui sopra, può essere entrato in contatto con la saliva infetta. Essere punti dall'ago di una siringa usata per curare un paziente con Ebola. Pulire il cadavere di una persona morta a causa di Ebola. È una delle principali vie diffusione del virus nei Paesi africani dove si seguono particolari rituali durante i funerali.
I virus erpetici infettano la maggior parte della popolazione umana Herpes viruses I virus erpetici sono una delle principali cause di malattie virali umane, seconde solo all’influenza e al raffreddore Una volta che un individuo si infetta con un herpesvirus, l’infezione rimane per la vita. L’infezione iniziale è seguita dall’entrata in latenza del virus con successiva riattivazione. I virus erpetici infettano la maggior parte della popolazione umana La maggior parte della popolazione ha anticorpi contro la maggior parte degli herpesvirus
HERPESVIRIDAE Dal greco herpein= strisciare, insinuarsi Virus ubiquitari, con infezioni molto diffuse Sono stati isolati circa 100 Herpesvirus, almeno 1 per ogni specie animale Al momento attuale sono stati descritti 8 Herpesvirus umani Virus a DNA lineare a doppio filamento. Hanno dimensioni ampie: 180-200 nm. Hanno forma sferica con un pericapside lipoproteico e un capside icosaedrico (162 capsomeri). Famiglia diversificata e complessa di virus a DNA di grosse dimensioni; caratterizzati da: -comune morfologia del virione -strategia replicativa: replicazione del DNA e assemblaggio nucleare -codificano molte proteine che controllano la sintesi di DNA e RNAm virali e la regolazione della sintesi di DNA, RNA e proteine cellulari Possono causare infezioni litiche, persistenti, latenti/ricorrenti e, per l’HBV, immortalizzanti.
Classificazione
HERPES VIRUS SIMPLEX (HSV) L’Herpes virus simplex è suddiviso in due tipi, HSV1 e HSV2 distinguibili dal punto di vista antigenico. In linea generale si può dire che: il tipo 1 colpisce gli occhi, le labbra, e la mucosa del cavo orale; mentre il tipo 2 è responsabile di infezioni del tratto genitale. Ciò tuttavia non costituisce regola assoluta. Trasmissione: contatto diretto (soprattutto saliva per HSV1 e secrezioni genitali per HSV2) Infezione primaria……latenza …….recidive
Lesioni erpetiche Herpes labialis Gengivostomatite Vescicole erpetiche Cheratite erpetica Vescicole erpetiche Herpes genitalis Patereccio erpetico (herpes whitlow)
I virus HSV-1 e 2 infettano e si replicano in cellule mucoepiteliali, e stabiliscono poi una infezione latente nei neuroni che innervano l’area infettata. HSV causa malattia nel sito d’infezione.
INFEZIONE PRIMARIA L’ HSV viene trasmesso con il contatto di una persona suscettibile con un individuo portatore del virus che deve poter penetrare attraverso superfici mucose o di pelle lesa (la pelle intatta è resistente). Le infezioni da HSV1 di solito sono limitate all’orofaringe; il virus viene disseminato: - attraverso goccioline respiratorie o - dal contatto diretto con la saliva infetta. L’HSV2 viene invece trasmesso per via sessuale. La replicazione virale, in entrambi i casi, avviene nel sito dell’infezione: da qui il virus invade le terminazioni dei nervi locali e viene trasportato dalla corrente assonale retrograda alle radici dorsali dei gangli dove, dopo ulteriore replicazione, inizia una fase di latenza . Le infezioni HSV1 dell’orofaringe evolvono in infezioni latenti dei gangli del trigemino, mentre le infezioni genitali afferiscono ai gangli sacrali. Le infezioni primarie da HSV possono essere: - asintomatiche - causare una sintomatologia leggera - in alcuni casi (generalmente in pazienti immunocompromessi) si ha un interessamento diffuso di vari organi
INFEZIONE LATENTE Il virus risiede nei gangli infetti in uno stato in cui non è in grado di replicarsi e solo pochi geni virali vengono espressi. Il virus HSV persiste nei gangli infetti per tutta la vita; determinati stimoli sono in grado di riattivare il virus allo stato latente. Nelle infezioni secondarie il virus segue gli assoni in direzione centrifuga e si ha un ciclo di replicazione sulla cute o sulle mucose. Riattivazioni spontanee avvengono nonostante la presenza nell’ospite di immuntità umorale e cellulare che comunque limita la replicazione virale locale cosicchè le infezioni ricorrenti sono meno estese e meno severe. Molte infezioni ricorrenti sono asintomatiche e caratterizzate solamente da presenza virale nelle secrezioni. Sebbene la base molecolare della riattivazione non sia nota, si conoscono numerosi stimoli scatenanti quali: febbre, stress fisico o psichico, esposizione alla luce ultravioletta, traumi e variazioni ormonali. Più dell’80% della popolazione ospita HSV1 nella forma latente, ma solamente una piccola parte va incontro a infezioni ricorrenti (le cause di questa variabilità individuale non sono note).
Infezione latente e attiva nell’ herpes labiale
DIAGNOSI DI LABORATORIO INDAGINI VIROLOGICHE: isolamento del virus stesso in colture cellulari, oppure dimostrazione di antigeni o DNA virale negli strisci. - Il virus può essere isolato da lesioni herpetiche di pelle, cornea, SNC, ma anche da secrezioni respiratorie, saliva, liquor cerebrospinale. La sensibilità dell’isolamento virale dipende dallo stadio della lesione (lesioni vescicolari sono più sensibili di lesioni ulcerative), dalla fase dell’infezione (maggior sensibilità nell’ infezione primaria rispetto a episodi successivi) e dallo stato del sistema immunitario del soggetto (con massima sensibilità nel paziente immunodepresso). - I test di immunofluorescenza diretta sono oggi usati direttamente su materiale patologico (essudato delle vescicole) o sulle colture infettate con il materiale in esame impiegando anticorpi monoclonali specifici per i virus di tipo 1 e di tipo 2 rispettivamente. - Oggi, largamente disponibili i Test in Biologia molecolare per ricercare il DNA virale in campioni biologici INDAGINI SIEROLOGICHE: i test immunoenzimatici (ELISA) sono attualmente quelli più usati nella diagnostica di laboratorio. Il valore diagnostico di queste tecniche è limitato dal fatto che più antigeni sono condivisi tra HSV1 e HSV2; inoltre si può avere risposta crociata anamnestica al virus della varicella zoster e viceversa. In caso di infezione del sistema nervoso centrale la diagnostica deve essere effettuata con la ricerca del HSV nel liquor cerebrospinale. CHEMIOTERAPIA ANTIVIRALE SPECIFICA E’assolutamente indicata quando l’episodio primario è insolitamente grave quando vi è disseminazione, o se c’è la possibilità di un danno alla vista; quando HSV minaccia la vita di un paziente eczematoso o immunocompromesso e nel neonato. L’acyclovir (acicloguanosina) è il farmaco di scelta ( Attivo solo sul virus in replicazione e non in latenza)
Virus della Varicella Zoster (VZV) Determina una malattia esantematica molto contagiosa e diffusa(varicella) tipica dell’infanzia. Si trasmette con le secrezioni delle vie respiratorie o mediante contatto con i fluidi vescicolari. Il periodo di incubazione è di 14 giorni. Il virus si moltiplica inizialmente nelle vie aeree superiori e si diffonde ai linfonodi regionali. Qui c'è un'ulteriore amplificazione virale; segue una fase viremica con trasferimento dell’infezione agli organi interni (fegato, milza, reni ecc.) e quindi all’epidermide dove provoca macule ( in prevalenza nel capo e nel dorso) che evolvono in papule, vescicole e pustole. Il virus migrano nei gangli dei nervi sensitivi (dorsali) e rimane in uno stato di latenza che può durare anche tutta la vita. Se l’immunità decade sotto un livello soglia la riattivazione si manifesta clinicamente La riattivazione determina il trasferimento del virus, lungo l’assone, alle terminazioni nervose periferiche epidermali dove provoca una eruzione vescicolare dolorosa (herpes zoster o fuoco di sant’Antonio), generalmente localizzata nella regione toracica. Le vescicole presenti in un adulto in fase zoster sono la sorgente che comunemente dà l’avvio a un’epidemia varicellosa in una comunità di bambini suscettibili.
•L’immunità conferita dall’infezione primaria è duratura e protegge dalla reinfezione ma non dalle riattivazioni. •L’aciclovir è il farmaco di scelta sia nelle infezioni primarie che nello zoster (anche se qui è difficile intervenire sui sintomi della nevrite che accompagna spesso la riattivazione). •La diagnosi si effettua principalmente in base al quadro clinico. •Per conferma si possono evidenziare antigeni virali nelle cellule raschiate alla base delle vescicole (ad es. con immunofluorescenza) o isolando il virus in colture cellulari(fibroblasti umani, cellule di scimmia). Bisogna tenere presente la labilità del virus: i campioni vanno messia + 4°C e trasportati subito al laboratorio.
Citomegalovirus (CMV/HHV5) nell’individuo immunocompetente L’infezione è molto diffusa ma spesso asintomatica (nell’individuo immunocompetente) sia nell’infezione primaria sia in quelle ricorrenti. Quando la malattia si manifesta si possono avere sintomi aspecifici come febbre, linfoadenopatia, faringite accompagnati da linfocitosi(sindromi simil-mononucleosica). Ci può essere anche un coinvolgimento epatico. negli individui immunocompromessi L’infezione può manifestarsi con elevata gravità negli individui immunocompromessi, sia nell’infezione primaria, sia nella riattivazione. In queste situazioni possono essere coinvolti molti organi con conseguenze anche molto gravi: polmonite, epatite, nefrite, esofagite, colite, retinite, encefalite. Alcune localizzazioni sono tipiche di determinate patologie: ad es. la localizzazione oculare è osservata soprattutto in malati di AIDS (retinite da CMV).
infezione trasmissione -La sede cellulare dell’infezione primaria è multipla interessando cellule epiteliali sia di mucose che di ghiandole, oppure cellule linfoidi. -La sede della latenza non è ancora accertata, ma nelle fasi non attive il DNA virale è dimostrabile nei monociti e nelle cellule endoteliali. trasmissione -L’infezione si trasmette con secrezioni contaminate o tramite inoculazione di sangue o trapianti di tessuti infetti. -CMV è estremamente diffuso nella popolazione e l’infezione viene contratta in genere in età precoce e si può riattivare in epoca successiva. -Una notevole importanza riveste la trasmissione verticale, soprattutto nel primo trimestre di gravidanza: il virus può causare aborto o gravi alterazioni patologiche (splenomegalia, cecità, sordità, microcefalia).
diagnosi -L’infezione primaria da CMV può essere diagnosticata su base sierologica, accertando una siero conversione. -E’ possibile isolare il virus in colture di fibroblasti umani da vari materiali biologici: urine, saliva, sangue, broncolavaggio etc. -Un altro approccio sensibile è quello di ricercare gli antigeni virali direttamente nel materiale dei prelievi (per es. nei linfomonociti). -I test molecolari di PCR (reazione polimerasica a catena) impiegati devono essere Real Time, devono avere caratteristiche di elevata sensibilità e specificità e la performance analitica del sistema in uso deve essere verificata da adeguati programmi di qualità interni ed esterni terapia -Il Ganciclovir e il Foscarnet sono i due farmaci usati per il CMV e sono inbitori della sintesi del DNA virale. Se somministrati tempestivamente, consentono il controllo dell’infezione (soprattutto in soggetti immunocompromessi).
Virus di Epstein-Barr (EBV/HHV4) EBV è l’agente eziologico della mononucleosi infettiva, una malattia tipica dei giovani adulti. Di solito nell’infanzia è asintomatica. La malattia si manifesta con febbre, faringite, ingrossamento dei linfonodi, splenomegalia, alterazioni delle funzioni epatiche. -EBV viene trasmesso attraverso secrezioni faringee, spesso tramite scambio di saliva ( la mononucleosi è detta “ malattia del bacio”). -La sede del primo impianto sono le cellule epiteliali del faringe, dove si instaura un’infezione produttiva( nell’epitelio oro-faringeo il virus, dopo l’infezione primaria, può dar luogo a un’infezione litica persistente che può durare alcuni anni. Il soggetto infetto anche se asintomatico funziona da sorgente di infezione) . -Da qui il virus viene trasmesso ai linfociti B, dove instaura un’infezione non produttiva (latenza). EBV è associato con il Linfoma di Burkitt (bambini dell’Africa centrale e Nuova Guinea) e carcinoma nasofaringeo. EBV costituisce inoltre un grande problema per pazienti affetti da AIDS, nei quali si associa a linfomi policlonali diffusi, polmonite interstiziali, leucoplasia nella lingua.
Diagnosi di infezione da EBV Nella maggior parte dei casi di mononucleosi infettiva, la diagnosi clinica può essere effettuata dalla caratteristica triade di sintomi: febbre, faringite e linfoadenopatia per un periodo che varia da 1 a 4 settimane. Le alterazioni a carico del sangue includono: numero di leucociti circolanti normale o leggermente aumentato, aumentato numero di linfociti, numero di linfociti atipici maggiore del 10%, test di funzionalità epatica anormali, reazione positiva al test ‘monospot’. In pazienti con sintomi compatibili con il quadro clinico di mononucleosi, un test di Paul- Bunnel (anticorpi eterofili) positivo è diagnostico e non è necessario nessun altro test. Quando il risultato del monospot è negativo, sono necessari ulteriori test per distinguere l’infezione da EBV da una mononucleosi causata da Citomegalovirus (CMV), Adenovirus o Toxoplasma. L’identificazione diretta di EBV nel tessuto linfoide è un importante strumento di ricerca, ma non viene utilizzato per la diagnosi di routine. Invece, i test sierologici sono il metodo principale per la diagnosi di infezione primaria.
Diagnosi di infezione da EBV Diagnosi clinica febbre, linfoadenopatia, faringite per 1-4 settimane Diagnosi di laboratorio comparsa della linfocitosi nel sangue periferico; la linfocitosi è del 60-70%, con forte presenza di linfociti atipici. test sierologici con ricerca degli anticorpi eterofili e degli anticorpi contro antigeni virali ricerca e quantificazione del DNA di EBV eseguita mediante Real Time PCR
Evoluzione degli anticorpi durante la Mononucleosi Infettiva da EBV test sierologici Test di Paul-Bunnell (Monospot). Il 70-80% dei pazienti con mononucleosi infettiva acuta producono anticorpi eterofili che agglutinano eritrociti di pecora. Test sierologici specifici. Anticorpi specifici per il capside o per gli antigeni nucleari virali sono utili per confermare la diagnosi di IM acuta: · IgG e IgM per l’antigene del capside virale (VCA) sono individuabili precocemente durante la fase acuta · IgM per VCA sono presenti solamente durante la fase acuta · IgG per gli antigeni nucleari di EBV (EBNA) diventano individuabili solo tardivamente durante la convalescenza · Anticorpi per l’antigene precoce (EA) Evoluzione degli anticorpi durante la Mononucleosi Infettiva da EBV
Terapia della Mononucleosi infettiva acuta: Non esistono farmaci antivirali capaci di combattere il virus responsabile della mononucleosi. La mononucleosi è comunque una malattia autolimitante e nella maggior parte dei casi può essere agevolmente curata a casa: sono infatti disponibili vari farmaci per attenuare i sintomi (ad esempio gli antipiretici per combattere la febbre). Anche il riposo a letto è una parte molto importante del trattamento.
HHV6-HHV7-HHV8 Il virus HHV6 è associato a una patologia primaria nota (VI malattia: una malattia esantematica con febbre, tipica dell’età infantile). L’HHV6 infetta e replica nei linfociti T. Recenti dati sembrano indicare un ruolo di HHV6 alla patogenesi di neoplasie linfoidi; la sua presenza potrebbe avere un ruolo nella patogenesi della sclerosi multipla L’HHV7 per ora non è associato ad alcuna patologia nota, infetta in vivo linfociti T helper CD4+, ed in vitro anche i macrofagi in modo non produttivo. HHV6 e HHV7 sono ampiamente diffusi nella popolazione umana. L’HHV8 è associato con una neoplasia frequente nell’AIDS (sarcoma diKaposi). L’HHV-8 sembra avere una distribuzione molto più limitata e trasmissione prevalentemente sessuale.
VIRUS DELLA ROSOLIA La rosolia è una malattia acuta febbrile caratterizzata da rash e da linfoadenopatia ai linfonodi postero-auricolari e suboccipitali che infetta bambini e giovani adulti. È il più lieve tra gli esantemi virali. Un’infezione durante i primi mesi di gravidanza può portare a gravi anormalità fetali che includono malformazioni congenite e ritardo mentale Le conseguenze dell’infezione uterina di rosolia rientrano nella Sindrome Congenita della rosolia. Il virus della rosolia è un membro della famiglia dei TOGAVIRUS ed è l’unico membro del genere RUBIVIRUS. I togavirus hanno un virione tondeggiante, di 60 - 70 nm di diametro, formato da un pericapside con fini peplomeri, che racchiude un capside a simmetria icosaedrica. Il genoma è dato da una molecola di RNA a singola elica a polarità positiva In genere, i Togavirus di interesse medico sono trasmessi da Artropodi; però il virus della Rosolia (sebbene le sue caratteristiche morfologiche e le proprietà fisico-chimiche lo inseriscano nel gruppo dei Togavirus) non è trasmesso attraverso artropodi. ( Per chiarezza nella esposizione, la rosolia postnatale e la rosolia congenita saranno descritte separatamente.)
ROSOLIA POSTNATALE Patogenesi e Patologia L’infezione avviene tramite la mucosa delle vie respiratorie superiori. Il periodo dell’incubazione, che dura da 2 a 3 settimane. Una prima replica virale probabilmente avviene nel tratto respiratorio, seguita da una moltiplicazione nei linfonodi cervicali. La viremia si sviluppa dopo 5/7 giorni e dura fino alla comparsa di anticorpi (sieroconversione), circa al 13°/15° giorno. L’incremento degli anticorpi coincide con la comparsa del rash, Nel circa il 25% dei casi l’infezione primaria è subclinica. Diagnosi La rosolia di solito comincia con malessere, febbre bassa e un rush morbilliforme che appare lo stesso giorno. Il rush e la linfoadenopatia possono avvenire senza sintomi sistemici. Il rush comincia sul viso, si estende sul tronco e sugli arti e raramente dura più di tre giorni. Sono presenti linfoadenopatie postero-auricolari e suboccipitali. La diagnosi clinica della rosolia è inaffidanbile, perché molte infezioni virali producono sintomi simili a quelli della rosolia. Una diagnosi certa è basata su speciali test di laboratorio (isolamento del virus o prova di sieroconversione).
Diagnosi di laboratorio L’isolamento ed identificazione del virus è raramente usato per diagnosi di routine. Nella pratica quotidiana molto usati sono invece i test sierologici con ricerca di anticorpi anti-rosolia. Per diagnosticare accuratamente una recente infezione da rosolia, molto importante nel caso di una donna incinta, iI siero va esaminato in fase acuta ed in convalescenza. Sono indicativi di infezione recente o un aumento del titolo anticorpale di 4 o più volte, o la presenza di IgM. TERAPIA La rosolia postnatale è una malattia lieve ed autolimitata. Non esiste però alcuna terapia specifica per l’infezione in atto, né alcuna possibilità di prevenire la trasmissione materno-fetale del virus nel caso di infezione in gravidanza VACCINO La vaccinazione per la rosolia costituisce l’unica strategia efficace per la prevenzione della rosolia congenita. Il vaccino rubeolico è un vaccino vivo attenuato. Tutte le donne recettive devono essere vaccinate. E’ sconsigliata una gravidanza nei tre mesi successivi alla vaccinazione.
L’infezione durante i primi tre mesi di gravidanza è la più grave. SINDROME CONGENITA DELLA ROSOLIA La viremia materna associata all’infezione di rosolia durante la gravidanza può portare all’infezione della placenta e del feto. Solo un numero limitato di cellule fetali viene infettato. Sebbene il virus non distrugga le cellule, il ritmo della loro crescita è ridotto, portando ad un limitato numero di cellule negli organi infettati alla nascita. L’infezione può portare a sviluppo di organi ipoplastici e malformati. In generale, prima avviene l’infezione durante la gravidanza, più grande è il danno al feto. L’infezione durante i primi tre mesi di gravidanza è la più grave. I mese: anormalità nel 50% dei casi; II mese: anormalità nel 20% dei casi; III mese anormalità nel 4% dei casi Infezioni non manifeste nella madre possono ugualmente produrre anomalie fetali. L’infezione con rosolia può anche portare a morte del feto o ad aborti spontanei. Alla nascita, il virus è facilmente rintracciabile nelle secrezioni faringee, in vari organi, nel liquido cerebrospinale, nell’urina e in tamponi rettali. L’escrezione del virus può durare fino a 12/18 mesi dopo la nascita, ma il suo livello decresce gradualmente con l’età.
CLINICA La sindrome della rosolia congenita (SRC) non è una malattia statica. È stato dimostrato che ¾ dei bambini infetti sono asintomatici alla nascita e solo successivamente presenteranno delle sequele. Più della metà dei bambini sintomatici presenta alla nascita iposviluppo e continua a presentare un ritardo di crescita anche successivamente; questi bambini spesso presentano una serie di sintomi transitori come trombocitopenia, petecchie e porpora, anemia emolitica, epatite, ittero ed epatosplenomegalia. I sintomi non transitori più noti della rosolia congenita sono rappresentati da sordità, malformazioni dell’occhio, del cuore e del sistema nervoso centrale. Tre quarti dei bambini presentano sordità di tipo neurosensoriale, spesso bilaterale; questo sintomo può rappresentare l’unica sequela ASPETTI DIAGNOSTICI Durante la gravidanza lo screening degli anticorpi antirosolia ha lo scopo da una parte di determinare lo stato immunitario della paziente e dall'altra di fare, in caso di necessità, una diagnosi di infezione rubeolica primaria. Questa diagnosi si basa essenzialmente sull'individuazione di IgM specifiche. La misurazione dell'avidità delle IgG può essere di aiuto nel datare l'infezione. Quando l'infezione rubeolica compare nel corso dei primi 4 mesi di gravidanza si può cercare di porre una diagnosi prenatale di infezione congenita. Questa si basa sulla messa in evidenza di IgM nel sangue fetale o sulla presenza del genoma virale nel liquido amniotico. La diagnosi postnatale di infezione congenita viene posta in modo affidabile con la messa in evidenza di IgM specifiche nel sangue del neonato.